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Autore: Sintesi    23/05/2013    2 recensioni
La magia del mondo di Minecraft non si può assaporare finché non ci si lascia affogare all’interno, esteriormente infatti può sembrare davvero un gioco scarno [...]. Rimango, però, estasiata dalle sensazioni che, ogni volta, riesce a ricreare in me questo videogame, dall’atmosfera immersiva che sprigiona questo semplice mondo cubico dalla grafica lineare, sì, ma fantastica. Un altro esempio di come quest’ultima conti ben poco per me, se non è sostenuta da una trama avvincente o da un gameplay stimolante.
Ci sarebbero quindi milioni di storie su cui poter fantasticare prendendo spunto da questo gioco, ma questa in particolare è dedicata ad una persona per me indispensabile.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sunrise





L’altra notte, al tramontare del sole, ero lì.
Aspettavo nel silenzio il saluto delle prime stelle, irraggiungibili, bellissime, luminose nella notte appena nata.
Sulla cima di quello strapiombo sull’oceano, godevo dell’aria frizzante del vespro, mentre spingevo il mio sguardo oltre l’orizzonte. Uscire di notte è pericoloso, il buio cela spiacevoli sorprese, ma l’istinto era troppo forte, la sensazione che mi donava il pericolo, i brividi di adrenalina che mi scendevano lungo la schiena e sulle braccia, i muscoli tesi, la paura nascosta dentro di me erano impulsi a cui non potevo resistere.
Era quella l’ora in cui gli incubi facevano la loro prima comparsa, in cui il mondo luminoso a cui i miei occhi s’erano abituati per tutto il giorno scompariva e rimaneva solo l’angoscia di essere soli. Il rumore di esplosioni lontane, il verso cupo della morte, lo scricchiolio sinistro delle ossa che sfregavano tra di loro in un andirivieni continuo, in cerca di un corpo da uccidere. Il mio corpo.
La luna era alta nel cielo ormai, e ho notato, nella vasta valle alle mie spalle, inquietanti occhi rossi che mi fissavano in silenzio.
Paralizzata sul ciglio del precipizio, ho avvertivo la spiacevole sensazione di essere in trappola.
Stringere i pugni, mi dicevi spesso, è un po’ come impedire alla propria anima di far trasparire i nostri punti deboli, i nostri sentimenti più vivi.
Ti ho quindi ascoltato, amico mio.
Ho stretto le dita in due pugni chiusi, armata solo della mia volontà di non cercare di fuggire, ho fissato gli occhi vermigli davanti a me, ho seguito i movimenti del corpo a cui appartenevano, ed è proprio grazie ad esso che ho scoperto, semi nascosta dalla folta vegetazione degli alberi della giungla, una piccola rientranza naturale in una parete rocciosa.
Mi hanno allora sommerso le tue parole, come se mi fossi buttata nell’oceano che circondava quella piccola isola sperduta: “Non sai cosa darei, davvero, per rimanere in una grotta con te, mentre fuori piove, ad aspettare l’alba”.
Incredibilmente, come se l’avessi invocato, un potente tuono ha rotto il silenzio della notte. Persino le mie paure sono scattate a quel suono improvviso, dandomi così il tempo di poter intraprendere una frenetica corsa fino al mio riparo, mentre ha iniziato a piovere intensamente.
Ho raggiunto lo stretto cunicolo della caverna, facendomi spazio tra le foglie degli alberi e la terra smossa dal passare di qualche strano essere, sono riuscita a penetrare all’interno di quella cavità che mi concedeva appena lo spazio per costruirmi un riparo per la notte.
Ho ampliato l’area in cui mi trovavo, scavando un po’ di roccia intorno a me, ho acceso un piccolo fuoco per riscaldarmi, ho mangiato qualcosa, perché la fame iniziava a tormentarmi e sentivo la vita scivolarmi via dalle membra.
Avvertivo la stanchezza di un viaggio apparentemente interminabile, ma non volevo andare a coricarmi in un letto. Volevo sentire. Volevo vedere. Volevo piangere insieme al cielo, nella mia solitudine di umano in mezzo a delle creature ostili, senz’anima.
Così ho aspettato e ho pensato a te.
A te, che eri da qualche parte, in quel mondo infinito, senza curve, ho pensato a te, a quanto, in fondo, fossimo vicini.
Ho pensato che forse, anche se in biomi diversi, stessimo aspettando lo stesso, fatidico momento.
 
E poi, improvvisamente, è sorto il sole.
Il punto debole dei miei nemici, che bruciavano scossi da violenti tremiti di dolore.
Ho sentito il mio corpo rigenerato da una nuova forza, la stessa che ci sprona ad andare sempre avanti, a continuare quest’avventura.
Abbiamo atteso l’alba insieme tante volte, lo sapevo, ma al sole appena generato ho rivolto comunque un sorriso incoraggiante.
Ho deciso, quel giorno, che continuerò a farlo, fintanto che non troveremo l’alba giusta, quella di un giorno nuovo e diverso da tutti gli altri.
 
Nel frattempo ho stretto i pugni, perché così non uno di quegli occhi nascosti nell’ombra della notte potesse scavare dentro di me e trovarti.
Trovare il mio punto debole.
 
 
 
 
 
 
 

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... Uh, sì, sono un’inguaribile nerdona XD ma la magia del mondo di Minecraft non si può assaporare finché non ci si lascia affogare all’interno, esteriormente infatti può sembrare davvero un gioco scarno e con pochi spunti di divertimento e intrattenimento. Rimango, però, estasiata dalle sensazioni che, ogni volta, riesce a ricreare in me questo videogame, dall’atmosfera immersiva che sprigiona questo semplice mondo cubico dalla grafica lineare, sì, ma fantastica. Un altro esempio di come quest’ultima conti ben poco per me, se non è sostenuta da una trama avvincente o da un gameplay stimolante.
Ma comunque.
Contando che ci sarebbero milioni di storie su cui fantasticare prendendo spunto da questo gioco, questa in particolare è dedicata ad una persona per me indispensabile. Lui, che merita più di molti altri un’alba migliore di quelle che ha visto finora e che, sì, è il mio punto debole più nascosto.
 
Per augurarti buon viaggio, insomma, nella ricerca della felicità in questo vasto mondo pieno di insidie.
Senza rischio non vi è avventura, ma sono pronta ad affrontare ogni pericolo. Coi pugni chiusi, ovviamente.
Ti voglio bene, Scott.
   
 
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