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Autore: Fanelia    23/05/2013    6 recensioni
Storia introspettiva. Viaggio attraverso le emozioni del protagonista.Una leggera ascesa prima di una caduta a picco nella valle della disperazione. Riuscirà a riprendersi e andare avanti?
Perdetevi con lui sulle vie del suo inferno personale.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Terrence Granchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Un cuore che ama attende fino all’ultimo respiro;
contro ogni logica; contro ogni volontà della ragione, contro un tempo
che scorre avaro di doni.
Un cuore che ama rimane appeso ad un filo di ragnatela,
che ondeggia lento sul deserto dei sogni,
in attesa del miracolo.”
-Barbara Brussa -

 
E’ l’alba di un nuovo giorno,
il mondo dorme, fuori  è ancora buio.
Che ore sono? Credo le 5.30.
Spero tu abbia dormito bene.
Ti chiedi come abbia passato la mia notte? Oh mi spiace, ma non ti è ancora dato saperlo.
Non essere curioso, ti prometto che ti svelerò ogni mio più intimo segreto.
Quanti anni ho? Oh caro lettore, dovrai pazientare, non posso rispondere nemmeno a questo.
Riuscirai a resistere alla tentazione e a non sfogliare le prossime pagine spinto solo dalla tua curiosità?
Ti ricordo che ti sto affidando i miei dolori e la mia anima, sei il consegnatario di quanto mi è accaduto, dovrai prendertene cura.
Dovevo raccontarti della sera in cui mi ubriacai vero?
Ah che stolto fui!
Le feci correre dei rischi inutili e fui così ingrato da andarmene senza attendere il suo ritorno.
In realtà, ma questo non credo che lei lo capì, me ne andai perché temevo per lei, se mi avessero scoperto nella sua camera sarebbe stata la fine.
Che ci facevo nella sua stanza? Ah di certo non ciò che pensi tu!
E dire che sei quasi riuscito a strapparmi un sorriso.
Perdonami, mi stanno chiamando, tornerò a breve.
Chi mi chiama? …
Dicevamo? Sì, quella sera decisi di contravvenire alle regole. Stavo così male che credetti che tuffarmi abbandonarmi all’alcol mi avrebbe salvato e fatto dimenticare. Cercavo della pace mentale, tranquillità e serenità per il mio cuor, ma la mia capacità di giudizio era alterata dalla mia giovane età.
Mi rifugiai nella bottiglia … e ne conseguì una rissa. Volevo provare a me stesso chi fossi, scaricare la rabbia che provavo contro l’intero mondo … e poi la rissa degenerò.
Vuoi sapere cosa pensai? Che se fossi morto non l’avrei più rivista, non le avrei mai potuto dire ciò che provavo.
E poi un angelo venne in mio soccorso. Proprio lui. Il destino lo mise sul mio cammino appositamente,solo che avrei capito solo a posteriori i motivi delle macchinazioni frenetiche del fato.
Mi riaccompagnò in collegio.
Sbagliò dormitorio e mi ritrovai sul balcone di Candy.
Sì la mia venere, hai ragione è la prima volta che mi decido a chiamarla con il suo nome.
Fa male anche solo pronunciarlo. La amo così tanto da sentire dolore. Ti è mai successo di amare una persona corpo ed anima e di sentirti un tutt’uno con lei? Di sentirti inutile senza di lei, vuoto? Di sentire e trovare un senso alla tua esistenza solo nella vita di lei?
E’ come mi sono sentito io da quel 31 dicembre del 1912!
Eh sì lo so, sono passati tanti anni.
Troppi anni per amarla ancora così incondizionatamente? Oh no caro mio, lo dici solo perché non l’hai conosciuta. Alla fine del mio racconto potrai dirmi se tutti questi  anni sono poi troppi come credi. Non dare un giudizio affrettato. Credi che se fosse una donna come le altre, una di quelle che si incontrano tutti i giorni, mi sarei dato tanto pena per lei?
Dammi un po’ di credito, non sono mica, o meglio, non ero mica così sciocco e sprovveduto da perdere la testa per una donna qualunque.
Ma torniamo a noi … quella sera lei si prese cura di me. Io invece la trattai male e come mio solito cercai di allontanarla. Eh sì hai ragione a chiederti cosa ci vide in me. Quanti anni sono passati? Ah già mi ero ripromesso di svelarti il mistero più avanti. Beh lasciati dire che ne sono passati tanti e non c’è mattina in cui io mi svegli e non mi chieda cosa abbia visto in me.
Ma la ringrazio, tutti giorni, per aver guardato oltre, per avere scorto dietro ai miei modi burberi e al mio fare altalenante e incoerente il mio bisogno di essere amato, di essere capito.
Oh sì, lei mi comprendeva come nessun altro.
Il nostro rapporto?
 Molti silenzi, incroci di sguardi, dialoghi fra le nostre anime, scambio tacito di pensieri, nessun bisogno di parlare per essere capiti, compresi e sostenuti. Nessuno.
Ti sto convincendo di quanto lei fosse, anzi sia, speciale? Caro mio, te lo sto dicendo sin dalle prime righe di questo delirio.
Durante il suo lungo errare la mia anima ha incontrato la luce.
 Oh no, non la luce eterna, non la luce di Dio, non vi ho mai creduto, ma la luce dell’amore e della speranza.
Cercavo sollievo,  un semplice stordimento temporaneo, un momentaneo annebbiamento del dolore, per poter riprendere fiato e proseguire nel mio peregrinare.
La mia destinazione?
Non credo che ne ebbi mai una realmente.
Forse dapprima vagavo alla ricerca dell’amore, ma quando lo incontrai, seppur la mia anima continuò a tormentarsi, trovò un appagamento, la sua ragion d’essere.
Quando persi la mia Tutte Lentiggini, quando mi fu strappata ingiustamente, il mio spirito, come un cavaliere errante, riprese il suo cammino e si immerse nel tormento più totale.
Era come se qualcuno mi tenesse il capo sott’acqua e non mi permettesse di respirare, come se stessero dando fuoco al mio cuore. Lo sentivo bruciare, scoppiare, andare in mille pezzi che finivano inesorabilmente per  ardere e diventare cenere che veniva spazzata via dal vento, e con essa anche il mio essere.
Come la persi?
Pazienza caro, pazienza.
E’ una storia lunga, fidati di me se suggerisco di rievocarla lentamente.
Se vuoi che arrivi alla fine del mio racconto, non chiedermi  di rivivere tutta la sofferenza in una sola volta, potrebbe essere un duro colpo per  un vecchio cuore provato come il mio.
Mi hai sentito ridere? Sì, perdonami, ti sarò sembrato un pazzo. Non alterno dolore e risa senza motivo.
E’ solo che ho visto … ma questo te lo racconterò dopo.
Lascia che ricordi con te di quella sera in cui piombò nella mia stanza.
Non per niente l’avevo ribattezzata Tarzan, amava lanciarsi di albero in albero,  e le riusciva piuttosto bene. Non chiedermi perché fosse venuta quella notte, ero talmente arrabbiato quando la vidi stringere fra le mani una foto di mia madre che persi la ragione.
Lei lesse la dedica e non ci impiegò molto a trarre le giuste conclusioni.
Mi feci guidare dall’impeto della rabbia trattandola malissimo -  ti ho sentito sai che dicevi “Ancora?”!
Avevo, forse ho, un pessimo temperamento, credevo che ormai l’avessi capito.
E poi che fai, mi giudichi? Ti avevo chiesto di ascoltarmi, senza pregiudizi.
Apri nuovamente il tuo cuore e lascia che le mie parole lo sfiorino.
Dicevo, la trattai in maniera pessima! La strattonai con forza e poi le feci giurare di tacere e di mantenere il segreto. Penso di averla spaventata quella notte. Sperai di non averla delusa trattandola come solo un bruto avrebbe fatto.
Ho già accennato a quella notte in cui lei mi chiamò Anthony nuovamente?
Provai una tale esplosione di rabbia nel mio cuore che …
Lanciai Teodora a tutta velocità, e la sentii chiamare il suo nome con una tale disperazione . Il tono da lei utilizzato e il dolore che potevo percepire nella sua voce mi ferirono come un fendente.
Ma chi era questo Anthony? ( no, a quell’epoca non sapevo, non sospettavo!)
Forse lei lo amava? E se c’era già lui nel suo cuore, non ci sarebbe mai stato posto per me?!
Non potevo accettarlo, non volevo.
Quando la trovai svenuta infondo alle scale, la raccolsi, la presi in braccio e la portai in infermeria.
Chiamò questo Anthony nuovamente. Non posso nemmeno spiegarti il dolore e la delusione profonda che provai. Forse in cuor mio speravo che fosse di me che sognava la notte, che fossero le mie labbra che lei desiderava sfiorassero le sue, che fosse il mio cuore che lei bramasse.
Non le lasciai il tempo di svegliarsi e di vedere che ero stato io a portarla al riparo.
L’avevo tenuta stretta al mio petto e l’avrei protetta da chiunque avesse tentato di farle del male.
Mi sarei preso cura di lei per l’eternità  se avessi potuto. Sarei rimasto così per sempre, l’avrei abbracciata, avrei sfiorato i suoi bellissimi occhi con le labbra, avrei potuto baciare una ad una le sue lentiggini.
Ma lei forse aveva lui nel cuore e … avrei dovuto farmene una ragione? No mai. Avrei lottato per lei. L’avrei conquistata. Sì, l’avrei conquistata.
Mi chiedi se ce l’ho fatta, se sono riuscito nel mio intento?
Permettimi di sgridarti, non stai prestando attenzione. Ti ho detto in precedenza che il mio amore fu ricambiato.
Mi chiedi perché mi tormento? Oh tu non sai, non hai proprio idea di cosa successe. Ma te lo racconterò, da’ tempo al tempo.
   
 
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