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Autore: Ely 91    23/05/2013    3 recensioni
"Prendete pure posto, popcorn alla mano.
Stiamo per shakerare un po’ di vite… mischiate una rossa un po’ sensitiva con due migliori amici, aggiungete una brunetta sexy e un professore un po’ impacciato, con un pizzico di dolcezza bionda (o ipocrisia?). Mescolate e non dimenticate l’ingrediente finale: una buona dose di misteriosi occhi chiari.
Cos’hanno in comune tutte queste persone? Un biglietto.
Signori e signore…nulla è come sembra a Red Country, e un po’ di maschere stanno per cadere, perché questa…è una vita terribile!"
Un nuovo anno scolastico sta per cominciare, ma per Grace, Brandon,Finn e i loro amici, ogni cosa sta per cambiare: è giunto il momento di affrontare i propri sentimenti, le paure ben radicate e il passato mai dimenticato.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Red Country '
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It’ s a terrible life!
 

2- LOST

“Sono fuori di me e sto in pensiero
perché non mi vedo tornare”

Luigi Tenco



La mano di Grace tremò leggermente. Sbarrò gli occhi, atterrita, e si guardò attorno innervosita. Nessuno la stava guardando, nessuno stava studiando la sua reazione.
Strinse il bigliettino tra le mani, ora lo sguardo infuocato, risentito, ferita com’era.
Qualcuno le scansò i capelli da dietro, per poi lasciarle un morsetto sul collo.
“Ciao amore” le parole vennero pronunciate con fare sensuale.
Grace si voltò di scatto, accennando un sorriso tirato.
In un’altra occasione avrebbe riso, ma la lettura di quel bigliettino l’aveva turbata.
Perry la guardò perplessa.
“E’ così che accogli la tua focosa amante?” domandò ironica, scrutandola apprensiva.
Grace scosse la testa e sorrise.
“Scusami, mi hai colta alla sprovvista”disse, per poi darle un bacio sulla guancia.
“Solo sulla guancia?” si lamentò Perry.
“Oh, non essere impaziente, è solo una piccola anticipazione” scherzò Grace, stando al gioco.
Perry si passò la lingua sul labbro, poi scoppiò a ridere.
Grace lanciò nuovamente un’occhiata innervosita alle sue spalle. Tutti sembravano tranquillamente presi dalle loro faccende.
“Si può sapere che cavolo hai?!?” domandò Perry, quasi esasperata.
La campanella suonò.
Grace la guardò seria.
“Andiamo in classe, ne riparliamo dopo” affermò, scoccando un’occhiata a Brandon e Finn che stavano ingaggiando una finta lotta rincorrendosi per il corridoio.
“Che bambini” asserì Perry, roteando gli occhi.
“A me fanno ridere, sono teneri, a modo loro” rispose Grace, rilassandosi leggermente.
Le parole che aveva letto bruciavano di meno se aveva accanto a sé Brandon, Finn e Perry.
Poteva metterle da parte più facilmente, così.

“Dove se ne va adesso?” Si informò la vecchia vedova Sanders, sistemandosi gli occhiali sul viso.
“In ufficio, ho già messo in ordine  tutto!” affermò Logan, rubando una ciambella dal tavolo della cucina.
“Ma non doveva entrare domani in servizio?” continuò la donna, con fare sospettoso.
“Voglio ambientarmi un po’… Signora Sanders, anche se mi ha affittato un stanza, non è diventata mia madre” protestò l’uomo.
La donna schioccò la lingua in segno di disappunto e gli diede le spalle per versare del thè nella sua tazza.
“Signor Combs, lei è un impertinente! Ora sparisca. Si pranza a mezzogiorno, se le interessa”
Logan sorrise. La vecchietta lo guardò ancora in malo modo, poi si sciolse in un sorriso materno.
“Grazie!” disse il ragazzo, rubando un’altra ciambella e sparendo oltre la soglia.
“Che tipo” asserì la signora, scuotendo la testa.
Tuttavia non le dispiaceva averlo attorno per un po’. Da quando suo marito era passato a miglior vita, quel luogo sembrava fin troppo spento per i suoi gusti.
Aveva passato 50 anni della sua vita con lui, e non rimpiangeva nemmeno un secondo del tempo trascorso insieme.
Sospirò e andò a sedersi in veranda, la tazza di thè tra le mani e la mente pronta a rispolverare qualche vecchio ricordo.

Finn mordicchiò il tappo della penna, guardando perplesso il problema di fisica applicata che il professore stava risolvendo alla lavagna, spiegando ogni passaggio.
Come prima lezione dell’anno non era affatto leggera.
Odiava la fisica. Odiava il professor Smith. Per l’esattezza, tutti odiavano il professor Smith.
Un uomo dall’aria saccente, i capelli costantemente unti e un gusto per il vestire decisamente discutibile, come diceva sempre Grace.
Si voltò istintivamente verso di lei.
Era seduta in fondo, vicino la sua amica fuori di testa, Perry.
Se Brandon definiva Grace un’isterica, insieme a Perry, diventavano un duo di schizofreniche da ricovero.
Erano ingestibili, a volte, nelle reazioni. Impulsive e facilmente irritabili.
Diede di gomito a Brandon.
“Quanto è da sindrome premestruale Grace oggi? Tu sei il medium della SPM”
Brandon ridacchiò e la guardò di sottecchi.
“Avverto delle deboli vibrazioni” disse, fingendosi serio “il livello da sindrome premestruale è davvero basso. In una scala da 1 a 10…direi 3,  o 4”
Finn sghignazzò.
“Se ci sentisse, il livello salirebbe a dismisura” asserì, per poi captare, casualmente, lo sguardo di una biondina puntato su Brandon.
Era carico di malizia, una malizia che mai prima di allora Finn le aveva visto rivolgere all’amico.
“Ehm…perché Alyssa White ti sta spogliando con gli occhi?”
Brandon sorrise sghembo e si voltò verso di lui, l’espressione soddisfatta.
“Oh amico, diciamo che prima di partire per la California le ho regalato una nottata in paradiso…sui sedili posteriori della mia auto”asserì, concludendo con tanto di occhiolino.
“Ti stimo, bro” Finn battè il pugno chiuso contro quello dell’amico.
Perry intravide quel gesto e richiamò l’attenzione della compagna di banco.
“Che hanno quei due?” chiese, indicandoli con lo sguardo.
“Sono maschi, avranno agganciato qualche poveraccia e si crederanno fighi” spiegò Grace, come se la cosa fosse ovvia, tornando a scarabocchiare con la penna un angolo del suo quaderno.
Era troppo nervosa per badare ai gesti di Brandon e Finn.
Il malumore aveva di nuovo preso il sopravvento.
Sbuffò e si decise a passare il bigliettino chiuso all’amica.
Al diavolo. Non voleva tenersi tutto per sé. Era come avere un macigno sullo stomaco.
Perry la guardò interrogativa, poi aprì il biglietto. Era scritto al pc, in grassetto e in stampatello.
La sua espressione mutò da sorpresa a irritata. Da irritata ad infuriata.
“Chi diavolo è stato?” sbottò, non regolando il tono e attirando su di sé l’attenzione dei compagni e del professor Smith.
Quest’ultimo sbuffò e incrociò le braccia, tenendo ancora il gesso stretto tra le dita.
“Signorina Hall, vuole condividere con il resto della classe l’argomento della conversazione con la signorina McQueen?” chiese, con fare ironico.
Perry si ammutolì, mentre Grace intercettò lo sguardo di Brandon, confuso.
Gli scoccò un’occhiata che sarebbe equivalsa ad una scrollata di spalle.
“Visto che non ha niente da condividere e predilige il silenzio, non le dispiacerà restare per la punizione dopo le lezioni”
Perry aprì la bocca per ribattere, quasi indignata, ma la voce di Grace prese il sopravvento.
“Ma ci siamo scambiate giusto qualche parola, è ingiusto!”
Finn le fece segno di zittirsi, ma sapeva già quanto fosse inutile.
Grace era incapace di restarsene zitta. Odiava le ingiustizie, odiava non avere l’ultima parola.
A volte la definivano “arrogante”, facendola andare su tutte le furie.
“Signorina McQueen, vedo che invece a lei la parola non manca. La invito a restare per fare compagnia alla sua amica. Se non l’ha compreso, è in punizione anche lei.
Vi attendo in biblioteca alle 15”
L’uomo si voltò, troncando di netto la conversazione, e tornò a scrivere sulla lavagna.
“Stronzo” sussurrò Grace, a denti stretti.
Perry la guardò dispiaciuta.
“Scusami, è colpa mia, ma quel biglietto mi ha sconvolta. E’ troppo….insomma è qualcuno che ti conosce davvero bene”
“Lo so”
“Hai dei sospetti? Ti sei fatta delle idee su chi possa essere stato?”
Grace scosse la testa.
Non aveva la più pallida idea di chi potesse aver scritto quelle parole.

Grace sbuffò, afferrò un altro libro dallo scatolone e lo ripose sullo scaffale.
Perry stava facendo altrettanto, tre scaffali più avanti.
Udiva il tonfo dei libri poggiati malamente. Perry stava facendo il possibile per manifestare il suo disaccordo.
Il professor Smith sarebbe tornato un’ora dopo, alle quattro, per controllare che tutto stesse procedendo per il meglio e che le due recluse stessero svolgendo il loro “lavoro”.
Udì dei passi percorrere le file colme di libri, per poi fermarsi alle sue spalle.
Si voltò di scatto e sorrise.
Brandon fece altrettanto e prese posto a terra, accanto lo scatolone colmo di volumi.
Ne afferrò uno casualmente e ne lesse il titolo.
Ragione e sentimento. La Austen non è certo famosa per l’originalità dei suoi titoli” asserì ironico, lasciandolo cadere nuovamente nello scatolone.
Grace ridacchiò e si sedette a gambe incrociate accanto a lui.
“Che ci fai qui?” gli domandò.
Gli occhi chiari di Grace brillavano particolarmente in quel momento. Brandon li fissò qualche attimo, quasi incantato, poi parve riscuotersi da quello stato di trance.
“Oggi abbiamo parlato pochissimo! E visto che tu e la schizzata numero due siete in punizione…”
“Guarda che ti sento!” urlò Perry nel frattempo.
“….sono venuto a farti visita durante la prigionia” concluse il ragazzo, ridendo.
“Non ricordavo fossi così tenero prima che partissi per la California” asserì ironica Grace, suscitando un finto broncio nell’altro.
“Ma se non faccio altro che sopportarti!”
“Ehi!” protestò la rossa, dandogli un pugnetto scherzoso sulla spalla, per poi accoccolarsi tra le sue braccia.
“Nemmeno io ricordavo fossi così tenera” la punzecchiò il ragazzo. “Si può sapere di cosa stavate parlando in classe tu e Perry?” le chiese.
Grace si ammutolì di colpo. Brandon poté avvertire il corpo dell’amica irrigidirsi.
Infine la udì sospirare.
“Nulla di importante” una breve pausa “ e tu e Finn cosa stavate confabulando?”
Brandon sghignazzò.
“Alyssa White mi stava mangiando con gli occhi… beh, d’altronde la capisco, insomma anche io mi mangerei con gli occhi”
Grace gli diede una gomitata nelle costole.
“Oh!”
“Così impari, sbruffone! E poi che cavolo vuole quella da te?!?” sbottò Grace, voltandosi verso di lui, e incatenando il suo sguardo al proprio.
Le mani di Brandon le scivolarono dalle spalle ai fianchi.
Guardò Grace leggermente sorpreso. Erano mai stati così vicini?
Si.
Eppure quella volta c’era qualcosa di diverso. Ma non avrebbe ancora saputo dire esattamente di cosa si trattasse.
“Beh…all’inizio dell’estate me la sono fatta” disse Brandon, come se fosse ovvio.
Grace lo guardò qualche secondo, inespressiva, poi si allontanò di scatto e ricominciò a sistemare i libri sullo scaffale.
“Che ti prende?”
“Niente”
Brandon scattò in piedi.
“A me non sembra proprio che sia niente!”
“Sono infastidita, ok?”
“Infastidita? Grace, guardami!” l’afferrò per la spalle, costringendola a voltarsi per poterla guardare negli occhi.
“Che accidenti vuoi?”
“Voglio sapere che ti prende…eri strana prima che partissi, stamattina sembrava fossi te stessa, ora ti stai comportando di nuovo come una pazza isterica!”
“Non mi prende un bel niente, ok?” sbottò lei, in tutta risposta.
“Ecco, tipica risposta di una schizzata! Me ne vado!” esclamò Brandon, infilandosi le mani nelle tasche e dandole le spalle, allontanandosi.
“Ecco, bravo! Fai la cosa che ti riesce meglio: andartene!” gli urlò dietro Grace.
Qualche attimo dopo, Perry spuntò da dietro lo scaffale.
“Che accidenti era?” chiese.
Che accidenti era cosa?” domandò Grace, portandosi una ciocca di capelli rosso rame dietro l’orecchio.
“Quello. Le vostre parole”
“Non capisco cosa intendi”
Perry roteò gli occhi e le si avvicinò.
“Oh si che lo capisci,ed anche molto bene.. tu e Brandon…sembrava che dal litigio sareste passati a togliervi i vestiti”
“Perry, tu vedi del sesso ovunque!” rispose Grace, arrossendo furiosamente.
“Oh no, cara mia. Hai appena fatto una scenata di gelosia, se non te ne sei resa conto! E poi Brandon ha detto delle cose vere…sei strana con lui, fin da prima che partisse per la California. Grace…provi qualcosa per lui?”

Alexandrà entrò in casa canticchiando e, togliendosi le ballerine, si gettò sul divano, accanto al fratello intento a giocare con l’X-box.
“Sei di buon umore” constatò il ragazzo, non distogliendo gli occhi da Speed for Life.
“Si, è stato un buon inizio” asserì la ragazza, sbadigliando stancamente.
Non aveva chiuso occhio tutta la notte per la tensione, ed ora si sentiva svuotata, priva di forze.
“Hai fatto pace con Betty e le altre pettegole del tuo club di ginnastica artistica?”
“No” dichiarò Alexandra asciutta “ma ho fatto amicizia con una ragazza davvero simpatica”
“Conoscendo i tuoi standard, sarà una pettegola bionda e superficiale”
Alexandrà ridacchiò.
“Bionda lo è, ma credimi, ti piacerebbe davvero…”
“Ne dubito” ribatté Finn, salvando il gioco e spegnendo l’X-box.
“Tu invece? Passato il tuo perenne malumore estivo ora che hai rivisto l’amore della tua vita?” lo punzecchiò la sorella, mettendogli un piede in faccia.
“Smettila!” protestò il ragazzo “e comunque Grace non è mica l’amore della mia vita”
“Ma infatti non parlavo di lei…mi riferivo a Brandon!”
Finn arrossì e la fulminò.
“Ma quanto sei cretina?!?”
Alexandra rise.
“Dai, scherzavo! E’ che questi tre mesi senza il tuo migliore amico ti avevano reso un tantino irritabile” constatò la sorella.
“Uhm” Finn diede una scrollata di spalle “è che è stata una gran noia senza di lui” si limitò a dire.
Alexandra sorrise.
Se ci fosse stata un’anima gemella anche per l’amicizia, avrebbe osato dire che Finn l’aveva già trovata.

Logan osservò qualche istante la scrivania spoglia del suo nuovo ufficio.
Era il suo primo incarico da sceriffo e mai poi mai avrebbe voluto deludere le sue stesse aspettative. Lo doveva anche a chi aveva sempre creduto in lui. A lei che, sorridendo, dopo una delle tante notti in cui avevano condiviso lo stesso letto, gli aveva detto che lui avrebbe potuto essere chiunque volesse se solo lo avesse desiderato, perché credeva in lui.
Il ricordo gli provocò un’ondata di nausea, che ricacciò indietro strizzando gli occhi e cercando di svuotare la mente da quei residui dolorosi di quella che era stata la sua vita fino a qualche mese prima.
Il tonfo di alcuni fascicoli gettati malamente sulla scrivania lo fecero sobbalzare.
Era uno dei suoi uomini.
“Sono John, sceriffo Combs. Questi sono i fascicoli dei casi a cui stava lavorando il precedente sceriffo”
“Grazie John” rispose, lasciandosi cadere sulla sedia girevole, facendo un mezzo giro con nonchalance, quasi fosse stato un ragazzino, e aprendo il primo della pila.
Parlava di una rapina in una villetta dei quartieri alti del posto.
“Noioso” sentenziò, gettandolo malamente di lato e aprendo il secondo.
John, a qualche scrivania di distanza, scosse la testa e diede di gomito al suo collega.
“Sicuro che sia lui il nuovo sceriffo?”
Logan lesse il cognome “MCQUEEN” scritto a caratteri cubitali e osservò alcune foto di un auto incenerita.
I coniugi McQueen erano morti nella loro auto, che aveva preso fuoco all’improvviso, per cause all’apparenza ancora inspiegabili.
Era avvenuto esattamente tre anni prima*, eppure il vecchio sceriffo doveva aver lottato affinché il caso non venisse ancora chiuso. Tuttavia, Logan sapeva benissimo che adesso la vicenda sarebbe stata accantonata ufficialmente dalla legge.
Si portò le dita sul mento e rilesse nuovamente i documenti allegati.
C’era qualcosa, qualcosa che gli impediva di passare oltre. Probabilmente la stessa cosa che aveva portato il suo predecessore a lottare affinché il caso non fosse considerato un semplice incidente o un cosiddetto “cold case”.
 
Avrebbe davvero voluto preparare la cena.
Lo desiderava. Desiderava preparare qualcosa di elaborato e gustoso, per non deludere il palato di nessuno né, tanto meno, lo stomaco.
Ma non ce l’aveva fatta.
Samuel si guardò le mani.
Non erano abbastanza pulite. Quella sera non lo erano mai.
Era seduto a terra, la schiena poggiata alla vasca da bagno, lo sguardo atterrito fisso sulle sue mani.
Cercò di convincersi che era stata solo una giornata stressante a scuola,per questo non riusciva ad agire lucidamente.
Qualcuno bussò alla porta.
Non rispose. Sapeva che si trattava di sua sorella.
“Sammy…” la udì dire, con fare melanconico.
“Posso entrare?”
Di nuovo non le rispose.
La maniglia si abbassò e la porta si aprì.
Grace gli sorrise, debolmente, per poi sedersi accanto a lui.
“Cosa è successo?” gli domandò, poggiando il capo sulla sua spalla.
“Volevo lavarmi le mani per preparare la cena..ma non mi sembravano mai abbastanza pulite…le ho lavate dieci volte…e ancora le sento sporche” asserì Samuel, lo sguardo turbato ancora fisso sulle sue mani.
Grace avrebbe voluto piangere, ma cercò di restare serena.
“Oh non preoccuparti,Sammy… preparerò io la cena” disse, per poi afferrare la sua mano.
“E’ morbida,e pulita..non devi più lavarle, va bene?”
Samuel annuì, per portarsi la mano sul volto, coprendo le lacrime che lo avevano colto inaspettatamente.
Grace diede libero sfogo alle sue, ma si voltò dall’altro lato.
“La nonna?” domandò.
Samuel non le rispose immediatamente.
“E’ già a letto” disse infine.
Grace tirò su col naso e si alzò.
“Vado a cucinare allora…ti preparerò una cena con i fiocchi!”
“Mi raccomando, vorrei ritrovare la cucina intatta” si limitò a dire Samuel,accennando un debole sorriso.

Si lasciò cadere stancamente sul letto,lo sguardo perso nel vuoto, la mente alla giornata appena trascorsa e stretto nel pugno il bigliettino di carta.
La domanda di Perry le risuonò nella testa.

“Grace…provi qualcosa per lui?”
“No…non credo” aveva risposto, innervosita.
“No o non credi?” Perry l’aveva guardata in maniera scettica.
“Non lo so, ok?”


Sospirò per poi riaprire il bigliettino.
Le parole bruciavano.
Chiunque lo avesse scritto, doveva conoscerla proprio bene. Uno degli aggettivi usati non era casuale, non era una semplice offesa: era qualcosa che lei aveva confidato a pochi intimi.
Dalla notte della morte dei genitori, aveva compreso che la sua non era solo fantasia sfrenata, ma davvero le sue sensazioni, i suoi sogni fin troppo vividi, avevano un riscontro nella realtà. Qualcuno lo avrebbe solo chiamato sesto senso, ma a lei piaceva pensare semplicemente che alcune persone avessero una sensibilità diversa dalle altre, e lei era fra quelle.
Ma con quel bigliettino, era come se qualcuno le avesse impresso un marchio sulla pelle, rendendo sgradevole anche quell’aspetto della sua vita.
Sapeva quanto fosse difficile credere a determinate cose. Perry, ad esempio, la prima volta le aveva detto che doveva smettere di fare l’eccentrica, Finn invece aveva preso a leggere le controindicazioni dei tranquillanti che le avevano prescritto subito dopo l’incidente dei suoi, cercando la parola “deliri”. In seguito, avevano dovuto ammettere, seppur malvolentieri, che le piccole predizioni di Grace, avevano sempre un riscontro nella realtà.
Eppure ora quella sua piccola dote, nota a pochi, era stata violata, assumendo una connotazione imbarazzante, se non ridicola. Avrebbe tanto voluto conoscere l’artefice di tutto ciò.

“SEI SOLO UN’ISTERICA VISIONARIA”

Non era solo un bigliettino. Era un’etichetta.



Esattamente un mese dopo dalla pubblicazione del primo capitolo/pilot di "It's a terrible life!", eccomi qui con il secondo capitolo. In realtà, lo so, sono stata fin troppo lenta e vi ho fatto attendere anche troppo, ma purtroppo con gli impegni universitari, trovare un po' di tempo è davvero difficile. 
Il terzo capitolo, comunque, è già pronto, quindi arriverà per metà giugno, non più tardi ;)
Passando al capitolo, finalmente sono state introdotte nuove tematiche, riguardanti i diversi personaggi. Spero che sia all'altezza delle vostre aspettative e che si riveli una piacevole lettura!
Ringrazio chi ha inserito la storie tra le preferite, le seguite e chi ha recensito lo scorso capitolo (a breve risponderò alle vostre recensioni <3).

Un bacione,
Ely 91

 

   
 
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