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Autore: distantmemory    23/05/2013    7 recensioni
Heather e Courtney si conoscono da quando sono bambine e odiano i maschi per questioni amorose passate. Cominciano a frequentare le scuole superiori, ma riusciranno a stare alla larga dai ragazzi? E inoltre, qual è il segreto dei loro genitori?
Dal capitolo 20 (Parte III):
«Bè, mi amor, adesso sai che se ti dico qualcosa è solo per avvertirti, perché non vorrei mai che ti succedesse qualcosa. Se ti succedesse qualcosa, non me lo perdonerei mai,» avvicinò le sue labbra al mio orecchio ed abbassò il volume della voce, in modo da non far udire le sue parole al fratello. «perché tu sei la cosa più importante che ho.»
***
E in quel momento l’unica cosa che volevo era Duncan, l’unica persona di cui mi fidassi era Duncan. In quel momento mi dissi che se mi avessero privato di lui, sarebbe stato peggio della mancanza d’ossigeno. Duncan era tutto ciò di cui avevo bisogno.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Heather, Nuovo Personaggio | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Courtney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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«Non parlare troppo con mio fratello. Anzi, non parlargli affatto. Qualunque cosa ti dica o ti faccia, dimmelo. Tu sei di mia proprietà.»
Non ricordo quanto tempo passò da quando Alejandro mi disse quelle parole.
So solo che all’inizio non lo ascoltai. L’avrei potuto fare se non mi avesse fatto un succhiotto dietro la schiena.
Quella cosa mi fece arrabbiare. Bè, non era solo quello il motivo. Tutto ciò che faceva o diceva mi faceva arrabbiare. Quando diceva che ero sua, quando mi chiamava mi amor, querida o cose simili, quando mi parlava troppo e quando non mi parlava affatto, quando ripeteva che ero innamorata di lui e quando si vantava di tutte le ragazze che aveva avuto e che, facilmente, cadevano ai suoi piedi.
Mi ripetevo mentalmente che non mi importava affatto, nonostante tutte queste parole mi causassero un improvviso rossore. Mi giustificavo dicendo che ero arrabbiata. Già, ma perché lo ero? Cavolo, sai bene che non ne sei innamorata. Dicevo sempre questo, ma ovviamente non era vero.
Avevo ricominciato a parlargli come se niente fosse successo. Mi ero improvvisamente dimenticata del fatto che volesse farmi soffrire. Eppure, qualche volta, mi ritornava in mente ma mandavo quel pensiero in un angolo della testa e lo rinchiudevo lì. Non mi interessava. Sapevo che Alejandro non voleva più farmi stare male. O almeno me ne convincevo. Preferivo che mi facesse soffrire piuttosto che vivere senza di lui, perché non volevo né potevo farlo.
Parlavo anche con Mark. Avevo dimenticato anche che era stato il mio ex e che mi aveva tradita. Potevo anche sbatterglielo in faccia all’improvviso e litigare con lui, non me ne sarebbe importato. Non come se sarebbe successo con Alejandro.
Il messicano mi chiedeva sempre di cosa discutevamo. Io ridevo e gli chiedevo se fosse geloso. No, non erano vere e proprie domande, erano delle affermazioni. Lo facevo per ridere, per vedere la sua faccia paonazza, imbarazzata. Non sapevo – non sapevamo – che io gli sbattevo in faccia la verità e che lo dicevo anche perché mi faceva stare bene sapere che era geloso degli altri ragazzi. Gli importava di me, e gli importa ancora.
Quel periodo fu bellissimo. Ricordo ogni minimo particolare, ogni minima parola che dicevo ad Alejandro o che lui diceva a me. Ricordo la mia felicità che provavo nel solo stare con lui, che ovviamente ho ancora tuttora. Ma i periodi belli non durano a lungo.
Mia madre mi mandò a fare la spesa. Avevo appena finito di fare i compiti, Courtney aveva una questione importante da svolgere – che non voleva assolutamente dirmi – e Alejandro non si era fatto sentire, quindi dissi di sì.
Leggendo la lista delle cose da comprare, non prestai attenzione al carrello che aveva preso velocità con una mia spinta e che ora stava correndo per il lungo corridoio. Quando me ne accorsi l’aveva già quasi percorso tutto ed era troppo veloce, non potevo raggiungerlo. Un ragazzo sbucò da dietro l’angolo e il carrello finì addosso a lui. Volevo scomparire, che figura avevo fatto! Corsi da lui e lo aiutai a rialzarsi con una mano sulla spalla.
«Oh, scusami, davvero, sono mortificata!» dissi, ma lui non disse nulla. Si limitò a guardarmi e a sorridermi, come l’ultima volta.
«Querida, a quanto pare il destino vuole che ci incontriamo sempre.» si rialzò e dovetti alzare lo sguardo per fissargli il volto. «Sempre in malomodo.»
«Sei tu che non fai attenzione. E scusa, ma ora devo andare.» mi girai per rimettere le mani sul mio carrello, ma invece di due ne spuntarono tre. «Potresti lasciarmi in pace?»
«Cosa succede? Mio fratello ha fatto qualcosa di male?»
«Non nominare tuo fratello! So che lo odi, cerchi sempre un modo per farlo stare male, e stai cercando anche di allontanarlo da me, vero?» lo guardai con gli occhi semichiusi.
«E allora? Ti sta davvero così simpatico mio fratello?»
«Sicuramente più di quanto me ne sia tu.»
Presi la corsia per andare alla cassa e Josè mi seguì. Diceva qualcosa ma io non l’ascoltavo. Quando ebbi finito di pagare, uscii dal supermercato con due buste strapiene in entrambe le mani.
«Ehi, vuoi che ti aiuti a portarle?» mi propose lui con un tono gentile. A quei tempi, nonostante le parole di Alejandro, credevo davvero che fosse almeno un po’ buono e un bravo ragazzo, ma non era affatto così.
«No, dovrei andare a casa e abito molto vicino.»
«Già vuoi andartene?»
«E dove dovrei andare, scusa?»
«Volevo invitarti a uscire. Che ne dici? Oppure non ti va bene perché non sono Alejandro?»
«Smettila di inserirlo in ogni dialogo! A me non piace tuo fratello!»
«Io non ho mai detto questo.»
Con la coda dell’occhio vidi un ghigno formarsi sul suo viso.
«E va bene, accetto, ma solo per farti capire che a me non interessa minimamente tuo fratello!»
«E questo cosa centra?»
Sospirai con aria arrabbiata e gli allungai le braccia con le pesanti buste. Lui mi sorrise e le prese entrambe, come se avessero il peso di una piuma. Roteò su se stesso e si diresse alla parte opposta e io non potetti far altro che seguirlo.
«Dove mi stai portando?» chiesi sempre con un tono alterato.
Lui invece aveva sempre il suo finto carattere solare. «A casa mia.»
Aggrottai un sopracciglio. «Non avevi detto che volevi invitarmi a uscire
«Preferisco far portare una pizza a casa.»
«E chi ti ha detto che voglio rimanere da te a mangiare?!»
Mi guardò con il suo solito sorrisetto fastidioso ed ebbi la voglia di picchiarlo. Era molto più antipatico di Alejandro. Oppure era solo che mi ci ero abituata a lui, alla sua voce e alle sue battutine, e forse non sopportavo che qualcuno avesse il suo stesso carattere. Nessuno poteva prendere il suo posto.

***

Non sapevo se era uno scherzo, un modo per farmi andare via, per farmi capire che aveva cambiato idea o un modo per farmi restare lì per il resto della mia vita. Io sarei rimasto lì fino alla mia morte se Courtney avesse indossato sempre e solo il suo intimo.
«D-Duncan…» balbettò, diventando rossa come un peperone, eppure io non avevo detto nulla. Non ancora. «Oh, cavolo! Mi ero dimenticata! Dobbiamo…»
«Ehi, non ti preoccupare, se vuoi possiamo fare prima un altro tipo di servizio e poi parlare con tua madre.» ghignai e la squadrai da capo a piedi per la millesima volta.
«Tu… non guardare, porco!»
Mi sbattette la porta in faccia talmente forte che il rumore si sentì per l’intero palazzo. Corrugai la fronte e aspettai che la ragazza mi aprisse. Non mi aspettavo che la prendesse così. E infatti dopo due soli secondi mi riaprì.
«Scusami, è solo che…» fece una pausa. Era nascosta dietro alla porta, potevo scorgere solo il suo bel viso rosso. «Aspettami in cucina.»
Io entrai e guardai solo con la coda dell’occhio Courtney, cercando di non farmi notare. Probabilmente non ci ero riuscito perché mi urlo un’altra serie di insulti.
La casa era calda, fin troppo. Appena entrati, c’era il salone ad accogliere le persone, con un divano di pelle beige e un tavolino basso e lungo di fronte, a ambedue i lati vi erano due poltrone dello stesso modello del sofà; una televisione e dei quadri vivaci completavano il tutto. La cucina era a sinistra del salotto ed erano collegati senza alcuna porta. Era piccolina, ma abbastanza grande perché potesse contenere un tavolo grande con quattro sedie, i fornelli e il frigo, un microonde e un forno. Sopra, inchiodati al muro, vi erano degli armadietti e riposti all’interno vi erano le posate, i piatti, i bicchieri, le pentole e ogni altro tipo di utensile. Tra queste due stanze c’era il corridoio. Alla sua fine vi era la porta del bagno, alla sua sinistra il ripostiglio. Le altre camere erano nascoste dal muro, ma sapevo che in ordine c’erano la camera di Courtney, quella dei suoi genitori e un altro bagno.
Mi accomodai sul divano del salone e solo una volta seduto vidi la madre di Courtney in cucina, seduta in modo da potermi osservare. Mi osservava e quindi mi alzai.
«Salve.» dissi, cercando di avere un tono educato. «Non l’avevo vista.» mi portai una mano dietro la testa.
«Ciao, Duncan.» mi sorrise. «Mia figlia ha detto che dovete parlarmi.» annuii e lei fece un gesto con la mano, segno che mi stava invitando a sedermi, e così feci. «Scommetto che dovete parlarmi della vostra parentela, vero? Volete sapere la verità.»
Feci di nuovo sì con la testa. «Sì, io e Courtney non sembriamo fratelli né vogliamo esserlo.»
«Lo so.» rise. «Vedo come ti guarda, mia figlia, e vedo come tu guardi lei.»
«Io la guardo come guardo ogni ragazza.»
«No, non è vero. È lo stesso modo in cui tuo padre… cioè Drew guardava me, e lui mi amava.»
«Ma io non…» lasciai la frase in sospeso, non sapendo come continuare. Era davvero quella la verità? Non mi piaceva Courtney?
«Io vi dirò tutta la verità. Non voglio che mia figlia soffra. Ma devi promettermi che nemmeno tu sarai la causa della sua sofferenza. Courtney ti ha difeso molte volte con Roberto, sia dopo sia prima che scoprisse che eri suo figlio. Ha detto che non sei come Drew solo perché sei cresciuto con lui e con l’idea che fosse davvero tuo padre. Spero che abbia detto sul serio.»
Non potetti replicare. L’ispanica era arrivata, in pantaloncini azzurri e una maglietta fucsia, scarpe da ginnastica bianche. «Scusatemi, non c’era nulla di buono da mettermi.» Solita scusa di una ragazza che ha paura di scoprire se il ragazzo che ama è sul serio suo fratello. Nel frattempo, io ragionavo su ciò che mi aveva detto Carla. Courtney mi aveva difeso in presenza di suo padre, ciò significava che mi voleva bene. Anch’io le volevo bene, era ovvio, ma era solo amore fraterno e amichevole?
«Allora, mamma…» la ragazza si sedette tra me e sua madre. «Io… cioè, noi… volevamo sapere se… oh, insomma, sono davvero la sorella di Duncan?!»
Carla ci guardò. La tensione faceva da padrona in quella stanza e lei ci guardò, prima me, poi Courtney e deglutì.
«Visto che ci siete, vi racconterò tutto ciò che dovete sapere.»

***

La casa di Josè era normale, fin troppo normale per lui. Perché? Semplice, era il fratello di Alejandro, e la casa di quest’ultimo era una baracca sempre sottosopra. Quella no, era ben arredata e ordinata.
«Sei davvero il fratello di Alejandro?» sussurrai quando ero già a metà del corridoio e lui era molto più avanti, per questo non mi sentì. Per fortuna, altrimenti chissà cosa avrebbe detto.
Appena entrata, un’ondata di accoglienza e calore mi travolse. Il corridoio era lungo e largo, allestito con tappeti persiani e quadri di ogni colore, uno specchio con una cornice dorata appesa al muro e un sacco di altre decorazioni. Vi era anche una coppa a forma di pallone di calcio, ma mi sembrò strano che Josè ancora non si fosse vantato di essa.
C’erano due porte a destra, due a sinistra e una in fondo. Entrammo nella prima a destra: era la cucina, grande, un piccolo tavolo per solo due persone, una tv e tutto ciò che di solito c’è in una cucina. La stanza successiva era il salone e ci accomodammo lì.
«E le altre tre camere? Non me le fai vedere?» chiesi, sia curiosa che sospettosa.
«Sono le mie camere da letto. Una mia, una per i miei amici che vengono a dormire, e quella in fondo è il bagno.» mi spiegò sempre con il sorriso stampato sul volto. Che sorriso falso.
Avevo dimenticato il telefonino a casa e quindi mia madre non sapeva che ero lì, né potevo chiamare Courtney. O Alejandro. Grande sbaglio non portare il cellulare quando puoi rischiare di trovare il fratello del ragazzo di cui sei inn… con cui sei andata a vivere e che odia.
Sedetti sul divano a gambe accavallate e mi guardai intorno. Sentii un clic provenire da non so cosa ma non ci feci caso.
«Muoviti a ordinare quella pizza, mia madre sarà in pensiero.» sbottai, guardandolo finalmente. Il suo sorriso si era trasformato in un ghigno perfido.
«Che fretta c’è? Puoi restare qui tutta la notte se vuoi.»
La paura si impossessò di me ma rimasi calma, tranquilla, per non destare sospetti.
«Domani devo andare a scuola, non posso fare tardi, mi dispiace.»
Si avvicinò a me e mi presi per i polsi. Cercai di scrollarmelo di dosso, ormai stesa sul divano con lui sopra ghignante, ma era troppo forte. Mi portò le braccia all’insù.
«D-devo andare…» mormorai chiudendo gli occhi.
Lui non mi rispose. Sentivo il suo calore e il suo respiro addosso. Si avvicinò e mi baciò con foga. Avrebbe potuto baciare benissimo, anche più di Alejandro, ma mi avrebbe fatto schifo comunque. Le sue labbra non mi piacevano, il loro sapore era amaro. Mille ragazze sarebbero volute stare al mio posto, lo so, e gliel’avrei ceduto subito.
Infilò nella mia bocca anche la sua lingua e gliela morsi. Lui si staccò di me e si portò le mani al viso. Io me ne approfittai e gli diedi un pugno facendolo cadere di dietro. Mi alzai velocemente e corsi verso la porta. Capii cos’era stato quel rumore di prima: aveva chiuso la porta a chiave. Cercai di sfondarla, invano.
«Non credo che una donna fragile come te possa aprire quella porta a spallate.» disse. Sentii i suoi passi dietro di me e mi prese per la vita, girandomi verso di lui. Il suo tocco era diverso da quello di Alejandro: più selvaggio, più cattivo, più falso. Alejandro era più delicato, più dolce, più sincero. Quando era lui a voltarmi in quel modo e a guardarmi negli occhi era diverso. Sapevo che voleva significare qualcosa… E puntualmente mi baciava. Non come Josè, che mi mise le mani dietro la schiena e posizionò di nuovo la sua bocca sulla mia. Tenni la mia chiusa, cercando di non fargli usare anche la lingua. Mi fece scivolare a terra insieme a lui e finimmo entrambi a pochi centimetri dalla porta. Lo morsi di nuovo ma non si staccò. Anzi, mi prese i lembi della maglietta e cercò di sfilarmela, ma tenni ferme le mani vicino ai miei fianchi. Mi guardò e ghignò.
«Vuoi arrivare direttamente al sodo, eh?»
Deglutii. Sentii le lacrime scorrermi per il viso mentre mi divaricava le gambe e mi sbottonava i jeans.
«Fermati, stronzo!» singhiozzai.
Lui non si fermò. Non credo mi sentì. Mi fece scivolare i jeans fino a sotto al ginocchio. Gli diedi una spintonata e barcollò, ma era sulle ginocchia a non cadde. Cercai di levarmelo di dosso in qualunque modo, ma non ne voleva sapere.
«Stai ferma, troia!» mi urlò.
Alejandro aveva ragione. Non dovevo ascoltare suo fratello, né tantomeno andare a casa sua!
Mi prese i lembi dell’intimo. Li abbassò…
E sbattette la nuca contro la porta. Qualcuno l’aveva aperta ed era entrato nella camera.
Un ragazzo alto, magro, muscoloso, con gli occhi color verde smeraldo e i capelli castani. Dannatamente bello, eppure…
«Josè, cabron…» disse come se gli era affezionato. «Quando la smetterai di infastidire le donne di tuo fratello?»













Angolo dell'Autrice!
Sono ritornata subito, avete visto? Questa storia mi sta appassionando, ma credo che manchino pochi capitoli (pochi capitolo: una decina di capitoli).
Carla racconterà tutta la storia a Duncan e Courtney. Come ha conosciuto Drew? E come mai conoscono anche i genitori di Alejandro?
Abbiamo scoperto anche le intenzioni di Josè. Cioè, noi le conoscevamo, Heather no. E chi sarà quella persona che è entrata in camera, "salvandola"?
Inoltre, perchè Heather parla al passato e lo paragona al presente?
Ok, sembro un'idiota, lo so, ma voglio solo farvi incuriosire.
Vi ringrazio per tutte le recensioni e ringrazio anche le lettrici silenziose!
E ringrazio anche chi ha letto e recensito anche la mia nuova long: Misfits!!
Al prossimo capitolo! :)

   
 
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