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Autore: MissMugnimugni    23/05/2013    4 recensioni
"I can't sleep tonight, wide awake and so confused
Everything's in line, but I am bruised
I need a voice to echo, I need a light to take me home
I kinda need a hero, is it you?"
Era davvero lui il mio eroe?
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Non riesco a dormire stanotte, sveglia e così confusa
Tutto è a posto, mentre io sono livida
Mi serve una voce a cui far eco, ho bisogno di una luce che mi porti a casa
Ho bisogno di un eroe, sei tu?
[Demi Lovato-Nightingale]
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ehi Demi, vieni stasera da Fleur? Dicono che ci sarà da divertirsi…- mi chiese Connie, mentre tentava disperatamente di infilzare due fagioli particolarmente scivolosi con una forchetta di plastica. Faceva una smorfia davvero buffa quando si concentrava su qualcosa: incrociava gli occhi, si mordeva la lingua e la mandibola le scivolava leggermente in avanti.
-No, non credo, ho da fare.- mi alzai per andare a gettare gli avanzi della poltiglia di dubbia provenienza che avevo appena consumato, mentre Connie si lamentava di quanto io fossi asociale e di come mi rinchiudessi in casa ogni “strasanto” venerdì sera. Tornai a sedere al tavolo appiccicaticcio della mensa, come se niente fosse, e le domandai da quanto tempo fosse amica di Fleur. Fleur Leroy era la classica biondina estremamente popolare che ogni liceo ha. Con un’unica sottile differenza: lei non era la stronza che chiudeva in bagno le secchioncelle o le chiamava con nomignoli assurdi. Lei non era per niente stronza. Lei era buona, fin troppo buona. Era innegabilmente dolce e caritatevole, in quel modo che fa arrapare i ragazzi e provoca istinti omicidi nelle altre ragazze. Fleur adottava i cuccioli senza casa, Fleur aiutava gli scout della chiesa locale a vendere biscotti al gusto di cane bagnato, Fleur inaugurava centri ricreativi per ragazzi con disabilità. Fleur ti faceva sentire un rifiuto della società.
-Non siamo amiche, mi ha invitata Sarah, che a sua volta è stata invitata da Charlie. Tutto un giro, insomma. Credevo che ci avrebbe fatto bene non essere solo “Demi e Connie” per una volta… vabbè. Andrò da sola.-. Masticava distrattamente uno di quei fagioli che l’avevano tormentata per i due minuti precedenti.
–Non c’è niente di male nell’essere solo “Demi e Connie”, non ti pare? Sono in ritardo per la lezione di Chimica, scusa. Ci vediamo all’uscita, ti accompagno a casa.- mi alzai, presi la borsa e mi incamminai verso l’uscita della mensa. Non era mai stato un problema essere Demi e Connie. Eravamo “Demi e Connie” da più di dieci anni e lo saremmo state per altrettanti a venire, fine della storia.
 I miei passi veloci ticchettavano nell’atrio, cazzo se ero in ritardo. Il professor Fitch non mi sopportava, diceva in continuazione che ero portata per la sua materia ma che non mi applicavo. Non riusciva a capire che a me delle sue pozioni magiche interessava meno di zero, frequentavo il suo corso solo perché Spagnolo era già al completo.
-Scusi… il…rit…ardo, signor…Fitch!- boccheggiai.
-Non si preoccupi, signorina Lovato. La sua, a quanto pare, è diventata un’abitudine. Prenda pure posto dove lo trova, non disturbi coloro che sono arrivati puntuali, per favore. Lei fa già benissimo da sola, giusto?- sputò il professore, mentre decifrava una qualche formula contorta alla lavagna. Presi posto e cominciai ad osservare ciò che facevano gli altri: scrivevano appunti. Ottimo, un’altra pallosissima lezione teorica. Se non altro avrei avuto il tempo di dormire un po’; a questo proposito mi misi comoda e, cercando di non farmi notare, chiusi leggermente le palpebre.
-…ina Lovato! La mia lezione non le sembra abbastanza interessante?- mi svegliai di soprassalto.
-Che?! Oddio, no scusi, io… la prego mi perdoni, non succederà più.-
-Siccome ritiene di non aver bisogno di ulteriori spiegazioni, potrebbe venire qui ed illustrarci l’esperimento di Rutherford. Anzi, potrebbe direttamente condurlo lei stessa! Prego, si avvicini al tavolo…- detto questo, il professore si appoggiò alla cattedra e, con finto entusiasmo, mi esortò ad alzarmi. Così feci. Mi avvicinai all’aggeggio che avrei dovuto usare per l’esperimento, ricordava vagamente un narghilè, e cercai di capire come funzionasse. “Parlami, o dio della chimica. Illuminami, dimmi cosa devo fare.”, pregavo silenziosamente. Ma chi volevo prendere in giro? Non sapevo neanche cosa dovessi sperimentare. Mi girai verso il professore, presi un lungo e profondo respiro, aprii la bocca e:-Non lo so. Non so neanche cosa si aspetta che io faccia. Non lo so perché non mi interessa. Non mi interessa sapere di cosa siamo fatti, io sono viva, lei è vivo. Respiriamo e pensiamo, cos’altro vuole? Mi dica, di grazia, cosa vuole da me?-.
Ecco questo era esattamente ciò che gli avrei detto, se solo avessi avuto un briciolo di coraggio in più. A sapere che mi sarei ritrovata in presidenza comunque, gliel’avrei detto di scuro: tanto cosa avevo da perdere? Ero seduta su una scomodissima sedia di plastica dura marrone e dall’altra parte della cattedra che avevo davanti c’era una donna minuta, magrissima e con due occhiali rotondi da topo ballerino che le conferivano un’aria piuttosto lunatica o idiota, non so bene quale prevalesse. Blaterava con la sua voce nasale della mia condotta, che era calata inesorabilmente negli ultimi due anni, del fatto che ero sempre stata un’alunna modello e tante altre stupidaggini. Voleva anche vedere i miei genitori.
-No, i miei genitori no, la prego. Farò quello che vuole… servizi sociali, comitati studenteschi, prenderò ottimi voti, tutto, ma la prego, non convochi i miei genitori.- se lo avesse fatto davvero mi avrebbe fottuta alla grande. Game over.
-Perché non dovrei…- venne interrotta da un brusco “Ehm ehm”. Mi girai e constatai con stupore che la voce apparteneva ad un ragazzo parecchio “avvenente”: alto, capelli ricci, occhi verdi, mani grandi, belle braccia, spalle piuttosto larghe.
-Scusa mamma se ti interrompo, ma dovrei parlarti di una questione urgente.- disse nervoso con una voce leggermente roca e nasale.
-Sì, dimmi pure.- rispose la Preside, con un tono decisamente più dolce di quello che aveva usato con me fino a trenta secondi prima.
Il ragazzo non parlò, si limitò ad accennare a me con la testa.
-Oh, certo..capisco. Lovato, torni in classe. Se la caverà con un’ammonizione, ma faccia in modo che non accada più, o sarò costretta ad avere una certamente interessantissima chiacchierata con i suoi genitori.
-Ok grazie, grazie mille. Arrivederci.- dissi alzandomi, ringraziando effettivamente più il ragazzo che sua madre. La campana suonò, segno che l’infernale lezione di Chimica e l’intera giornata scolastica erano finite.
Mi incamminai verso l’aula di Geografia, aspettai Connie e, come tutti i giorni, ci dirigemmo verso il parcheggio e la accompagnai a casa con la mia scrausissima caffettiera bianca.
 
  -Grazie mille, signora Parker, senza di lei sarei davvero persa. Le prometto che non appena troverò un lavoro stabile le ridarò tutti i soldi che le devo, lo giuro. Grazie ancora e buona serata…ciao ometto, comportati bene!- salutai la signora Parker e Francis. La prima era una signora sulla sessantina, vedova ed amante degli animali, si offriva sempre di tenere Francis i venerdì ed i sabato sera e non chiedeva mai un centesimo. Le ero davvero riconoscente, ma l’idea di dover accettare della carità da qualcuno mi disgustava, così mi autoconvincevo che prima o poi sarei riuscita a pagarle tutto il baby-sitting che aveva fatto da due anni a quella parte. Entrai nella mia macchina gelida e guidai fino al Vinci’s, un pub al centro di Holmes Chapel, il mio paese. Salutai il signor Vinci, il mio “boss”, come mi piaceva chiamarlo, e andai nel retro a cambiarmi. Cominciai a pulire il bancone ed a prepararmi per l’apertura del locale e alcuni clienti cominciarono ad entrare. Diedi il solito scotch al signor Aberly, qualche mojito a dei ragazzi del liceo di East Holmes Chapel, alcune patatine fritte a delle ragazze della mia vecchia squadra di pallavolo e poi mi presi la mia “pausa dei dieci minuti”, nella quale chiamai la signora Parker per sapere se fosse tutto OK e bevvi qualche sorso d’acqua. Quando tornai al bancone, un ragazzo riccioluto era incantato dal bicchiere di Baileys che il mio collega Liam gli aveva portato. Alzò gli occhi verdi e mi sorrise, mi fece cenno di avvicinarmi e mi disse che mi aveva riconosciuta.
-Sono Harry, piacere.- si presentò con voce ingenuamente sexy.
-Demi…piacere mio.-
-Demi sta per…?- il suo sguardo era tanto penetrante, che mi sembrava che le sue iridi verde smeraldo stessero cercando di scavare nella mia anima. Mi ricordava vagamente Cal Lightman, il protagonista della mia serie preferita, “Lie to me”. Questo Dr. Lightman era uno psicologo specializzato nello smascherare menzogne ed emozioni.
Non mi piaceva chi cercava di smascherare le mie emozioni.
-Demi sta per Demi. Ti porto qualcos’altro?-

Spazio autrice:
HELLO EVERYBODY! Allora, nuova fanfic un po' diversa dal solito e piuttosto drammatica. Non ho un banner, quindi se a qualcuno ne avanzasse uno non mi dispiacerebbe se me lo regalasse, anche perché io non li so fare.  Grazie a Chiara, la mia "editor", che purtroppo non scrive più e ciò mi rende molto triste... grazie di cuore <3. Spero di ricevere un po' più di responsi (negativi o positivi che siano) rispetto alle altre fanfic, quindi se leggete, un commentinoinoinoino potreste anche lasciarmelo, no?
Grazie in ogni caso <3
xx Chiara
  
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