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Autore: strawberryfield_A    24/05/2013    2 recensioni
Ho creato questa One shot in onore del mio personaggio preferito, Neville Paciock, che ha sofferto tanto, ma nonostante questo non ha mai smesso di combattere e alla fine si è rivelato essere un ragazzo davvero coraggioso ** Per questo si merita una famiglia, e io, nella mia immaginazione, gliela voglio dare :)
Le recensioni sono sempre gradite, naturalmente ;))
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alice Paciock, Frank Paciock, Neville Paciock
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Neville si alzò presto, quel giorno. Era felice, senza un motivo preciso… Sentiva dentro di sé che quella sarebbe stata una magnifica giornata.

Tutto contento e saltellante, svegliò Seamus, Dean, Harry e Ron.

-È tardi!- continuava a ripetere. Nonostante i mugolii di protesta, non si arrese.

Dopo mezz’ora era finalmente riuscito a svegliarli.

Scesero tutti nella Sala Grande, fecero colazione e… arrivò la posta.

Un immenso stormo di gufi entrò e consegnò lettere e pacchetti ai rispettivi padroni.

Neville non si aspettava di ricevere una lettera, invece… Era di sua nonna, naturalmente.

La aprì e sfilò il foglio dalla busta. Dopo aver letto il contenuto, il ragazzo sbiancò.

Tutti quei sorrisi, quei saltelli, quella sensazione fantastica che aveva avuto alzandosi dal letto… Tutto svanì di colpo.

-Neville, va tutto bene?- Hermione si era preoccupata vedendo il viso dell’amico completamente pallido.

Il ragazzo annuì, non con molta convinzione però. Guardava un punto indeterminato del muro di fronte a lui, pensando a chissà cosa.

Andò nell’ufficio di Silente, camminando come un Babbano che aveva appena visto un fantasma.

Quando entrò il preside stava leggendo tranquillamente un libro, che Neville non riconobbe.

-Signor Paciock! Cosa ti porta durante una giornata bella come quella di oggi in una stanza chiusa e opprimente come questa?

Il ragazzo non era dell’umore giusto, e parlare con un professore lo metteva sempre a disagio, ma nonostante questo sorrise: la voce del preside lo faceva stare bene.

-Io non trovo che questa stanza sia opprimente…- mormorò.

Adesso fu Silente a sorridere. –Apprezzo il tuo buon gusto, Neville. Sì, anche a me questo ufficio piace molto.

Neville si avvicinò lentamente verso la scrivania: non doveva dimenticarsi il motivo per cui era lì.

-Professor Silente, mia nonna mi ha mandato la solita lettera e volevo chiederle se…

-Sì.- rispose il preside, prima ancora che il ragazzo finisse la frase. -Puoi andare al San Mungo con tua nonna.

Neville trattenne il respiro quando pronunciò il nome di quel posto infernale.

Il San Mungo. L’ospedale dove i maghi venivano curati. Non proprio tutti, però.

Neville e sua nonna entrarono e un’anziana signora li salutò. Probabilmente era un’infermiera che sua nonna conosceva bene.

Raggiunsero il solito corridoio dove si trovava la stanza che Neville odiava e amava allo stesso tempo. Ma dentro non c’era nessuno. Sarebbero arrivati a momenti, e i due li aspettarono seduti lì fuori.

E arrivarono, scortati da due medici: uno non era mai abbastanza per una coppia di matti.

Neville riconobbe l’uomo magro e alto, con i capelli corti e grigio scuro; la donna era un po’ più bassa, anche lei teneva i capelli corti, ma sembrava molto più giovane dell’uomo.

Quante volte Neville li aveva visti nelle fotografie che sua nonna teneva in casa... In tutte sorridevano. Ma lui non li aveva mai visti sorridere di persona. I loro sguardi erano sempre stati vuoti, almeno da quanto si ricordava; la bocca si apriva e si chiudeva senza emettere suoni.

Frank e Alice Paciock passarono davanti al loro figlio, ma sembrarono non vedere niente, come se fosse invisibile.

Neville abbassò lo sguardo quando passarono: non riusciva a mantenere il contatto visivo, con loro.

Scoppiò a piangere, all’improvviso.

Adesso i suoi genitori sembrarono notarlo, ma lo guardavano incuriositi, come se vedessero delle lacrime per la prima volta.

Il dottore li condusse verso la loro stanza, ma Neville non resistette. –No, mamma! Papà!- strillò. Prese loro le mani. –Vi prego…- adesso era appena un sussurro. Sua nonna cercò di staccarlo, ma lui era più forte. –Non potete dimenticarmi!- urlò ancora.

Gli occhi di Alice e Frank s’illuminarono all’improvviso. Prima si guardarono le mani che il ragazzo li aveva toccato, poi lui.

–Neville…- la donna sembrava incredula, come se si fosse appena svegliata. Poi si rese conto che quello non era un sogno. –Neville!- gridò lei. –Oh mio dio! Neville!- Gli gettò le braccia al collo.

Il ragazzo aveva le lacrime agli occhi, non aveva la minima idea di come quel miracolo fosse potuto accadere.

Anche suo padre era tornato in sè e lo abbracciò, continuando a ripetere il suo nome.

Le strilla che si udirono quel giorno al San Mungo, non erano strilla di dolore o di sofferenza, ma di gioia e felicità. Perché una famiglia si era nuovamente unita.

  
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