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Autore: Ulysses    24/05/2013    2 recensioni
Pensai per un paio di minuti alla risposta giusta insieme a Daniele, il primo che mi aveva avvertito del tradimento di Flavia. Alla fine optai per un serenissimo messaggio di chiusura: “Io no. Vaffanculo”.
Che classe. (Nuda, Capitolo 1)

Un viaggio in prima persona nelle menti di adolescenti napoletani della medio-alta borghesia tra feste, crisi d'identità, primi amori, problemi in famiglia, alcool e droga.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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Non sono il ragazzo più bello di Napoli. Nemmeno il più brutto. Non sono il più simpatico. Nemmeno quello più noioso. Non sono il più intelligente, né il più stupido. Non vado in una scuola particolarmente importante, né in una pessima. Non sono il più popolare, ma nemmeno uno sfigato. Non sono il più alto, né il più basso. Non sono ricco, ma nemmeno povero. Non sono il più spericolato del mio gruppo, né quello più tranquillo. Non ho tantissimi amici, ma non sono solo. Non sono il più bravo a calcio, né quello più scarso, anzi io non pratico proprio calcio. Non faccio nessuno sport. 

Sono un ragazzo qualsiasi, con un nome anonimo, che vive a Napoli e che ha 18 anni come tanti. Sono uno qualsiasi. Se dovessi scrivere un libro o anche solo tenere un diario con le storie su di me più interessanti, non saprei cosa scrivere. Non ho nulla da offrire, nulla da dire al mondo. La mia voce è soffocata da quelle di ragazzi più belli o più popolari o più intelligenti. Io non ho nessuna attitudine particolare. Nessun interesse in particolare.

Non sono solo, questo è vero. Ho diversi amici. Peccato che non sono il miglior amico di nessuno. Nel senso che sono amico di cinque, sei ragazzi, con i quali esco il sabato sera regolarmente, fingendo di divertirmi e che tutto vada bene. Ma nessuno mi considera il suo migliore amico. Non sono bravo nelle relazioni, non sono sincero, ho paura di esternare i miei pensieri, non sono portato a dare consigli giusti. E di conseguenza, nessuno mi vede come un fratello di madre diversa. E io non vedo nessuno di loro come il mio migliore amico. La cosa che più odio è che preferirei essere totalmente solo, per esempio come quel matto di Vincenzo in classe con me. Quel ragazzo, è solo, non esce mai, addirittura non è rimasto alla festa all’Accademia per il MAK TT della nostra scuola. Che cosa triste? Be’, non tanto. Due mesi prima si era svegliato, si era lavato i denti, aveva fatto colazione, aveva salutato i genitori e stava per uscire di casa, quando il telefono di famiglia squillò. La madre alzò la cornetta e lo passò al figlio. Era la London School of Economics. Era stato chiamato perché aveva superato anche il colloquio orale, il ché, combinato a ottimi risultati nella prova di ammissione scritta, gli avrebbe permesso di frequentare Economia dopo il liceo. Vincenzo è uno sfigato, in vita sociale intendo, ma ha un futuro. Era bravissimo in matematica e informatissimo su borse, titoli di stato e tutta questa roba qui. Se non mi sbaglio, una volta ha detto che volesse diventare un broker. Credo, non ne sono sicuro perché non sono nemmeno un ragazzo particolarmente attento. Quanto avrei dato per essere come Vincenzo. Avere un sogno, proteggerlo, inseguirlo e realizzarlo.

E così, mi ritrovo anche ad invidiare gli sfigati. Invidio anche quei tipi alternativi, magari che sono pure bellocci, ma preferiscono stare sulle loro perché hanno visioni del mondo diverse da ragazzi di 18 anni che pensano a sballarsi il sabato sera e scopare con una ragazza. Ne conosco un paio di tipi così e sembravano tutti più felici di me. Probabilmente pensano che io e gli altri miei amici, o altre persone come noi, siamo gli sfigati. Gli idioti. In effetti, almeno io lo sono.

Mi sento sempre solo, anche quando non lo sono. Non sono bravissimo con le ragazze, ma ne ho avuta una e in generale sono uscito con delle ragazze più di una volta. Non avevo niente da offrire a loro. Non ho niente di interessante, non so trovare le parole giuste per farle abboccare all’amo. Mi stupisco di come sia stato per cinque mesi con Melissa, ma alla fine anche lei mi ha lasciato. Forse si è resa conto che sono troppo anonimo, non ero uno speciale. 

Manca un mese all’esame di stato, non ho un’idea per il futuro. Andrò all’università, questo è sicuro. Ho fatto il liceo scientifico, quindi mi pare ovvio. I miei genitori nemmeno sono interessati granché alla mia vita. Non mi capiscono. Quando mi guardano, vedono un ragazzo normale che ha amici, che porta voti sufficienti a casa, che sembra felice della sua vita normale. E poi, non sono il loro primogenito. Nemmeno l’ultimo nato. Sono quello di mezzo. Quanto odio essere quello di mezzo. Maria, mia sorella maggiore, sta per laurearsi in Medicina, è l’orgoglio di mamma e papà. Giovanni ha appena otto anni, ed è quello più coccolato. Io voglio bene ai miei fratelli e ai miei genitori, questo sia chiaro. E questo aumenta il mio dispiacere dell’essere consapevole di non poter offrir niente nemmeno a loro.

Ogni tanto, proprio come ora, mi stendo sul mio letto, nella mia camera, senza un poster o una libreria con romanzi particolarmente interessanti, e fingo di dormire. In realtà, chiudo solo gli occhi e penso. Penso, rifletto sulla vita. Sulla mia vita. Non sono brillante, non arriverò a nessuna conclusione, ma è l’unica cosa che mi intrattenga. Magari prima o poi, steso su quel letto di una piazza e mezzo, nel buio della stanza, mi verrà un’idea. Tipo facebook per Mark Zuckerberg. Lo spero, così non sarò più uno qualsiasi. 

  
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