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Autore: Frem Write    24/05/2013    7 recensioni
"Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente"
-William Shakespeare.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Al mio migliore amico, che c'è sempre per me.
Alla mia migliore amica, che amo da morire.
A Sihame, non so cosa farei senza di lei.
A tutte le nuove conoscenze, directioners e non. 
Ai miei idoli, grazie.


 



Killer.
 

"Dovremmo solo accettare che, quando qualcuno non si fa sentire,
è perché non vuole.
E dovremmo lasciar perdere
."

 
Aveva appena finito il turno da Costa Coffee; il freddo pungente di Marzo la colpì in pieno viso, si stava decisamente meglio dentro al bar. Sfregò le mani tra loro tentando di riscaldarle e si avvolse la sciarpa attorno al collo. Era possibile che a Marzo dovesse fare così freddo? Era sera, ma era pur sempre in primavera.
Non le piaceva passeggiare la sera tardi per quel quartiere, ma purtroppo non aveva ancora raggiunto i diciotto anni per la patente e sua mamma si rifiutava di venirla a prendere. La strada non era lunga, ma di certo non era tra le più trafficate di Londra. Forse era la zona meno frequentata di tutta la capitale, e ovviamente lei vi stava camminando da sola, di sera, alle undici e mezza, di venerdì diciassette.
Non che credesse a queste cose, però era abbastanza inquietante.
Per accorciare la strada decise di prendere una scorciatoia che aveva fatto la mattina precedente. Mise le cuffiette per ascoltare un po’ di musica: doveva distrarsi.
Infilò le mani in tasca mentre la canzone Wonderwall degli Oasis era riprodotta dall’iPod, prese il cellulare e controllò se qualcuno si era ricordato della sua esistenza, o meglio, del suo compleanno.
Accadeva tutti gli anni, doveva esserci abituata infondo. Aveva molti amici, ma non una volta si ricordavano del suo compleanno. Tuttavia non ci dava molto peso, sapeva che erano fatti così, ma questo non voleva dire che non le provocasse un vuoto allo stomaco. Erano pur sempre suoi amici, no?
Niente messaggi, niente auguri.
Sospirò e un alone bianco si formò attorno alla sua bocca.
Forse quello che più le faceva male era la consapevolezza di non essere nessuno per lui. Si aspettava almeno un suo messaggio, anche piccolo, anche semplice, tanto sarebbe stato capace di farla sorridere comunque. Harry era il suo migliore amico da un’eternità, ormai. O almeno era quello che credeva lui, per lei era molto di più. Insomma, si sa come vanno a finire queste cose.. un ragazzo e una ragazza fanno amicizia e alla fine uno dei due s’innamora dell’altro. Era esattamente quello che era accaduto a lei.
Quanto avrebbe voluto dirglielo, quanto avrebbe voluto urlargli in faccia quello che sentiva quando lui stava con lei e quando invece era con Jay, voleva dirgli quello che le provocava con un solo sorriso, un abbraccio o una parola, ma avrebbe solo rovinato tutto quello che avevano creato in quegli anni.
E non era pronta a perderlo solo per degli stupidi sentimenti.

There are many things that I
would like to say to you,
but I don’t know how.”

Svoltò l’angolo pensando ai suoi riccioli e al suo sorriso. Avrebbe voluto che fosse venuto a prenderla, avrebbe voluto abbracciarlo. Ma lui non era lì, e quel pensiero le provocò una fitta al cuore tanto intensa da farla accasciare a terra con la schiena contro il muro di un palazzo.
Era distrutta.
E alla sua pessima condizione d’umore si aggiunse anche una leggera pioggia che presto si trasformò in un diluvio universale.
Sono una cretina, pensò.
Sì, lo era davvero. Avrebbe potuto chiedere un passaggio a qualche sua amica o anche a Harry, oppure avrebbe potuto prendere un taxi o la metro. Perché non ci aveva pensato prima?
Si alzò dalla strada e affrettò il passo fin quando non s’imbatté in un gruppo di ragazzi non molto sobri.
– Ehi, ciao – uno dei ragazzi si avvicinò pian piano al suo corpo fradicio e tremante.
Rideva e puzzava di alcool.
Si allontanò voltandosi, ma dietro di lei trovò un altro dei tre.
Si guardò attorno: era in trappola.
Avvicinavano sempre di più i loro corpi sudici e puzzolenti, in quel momento non riuscì a pensare altro che a Harry. A quanto bello fosse e a quanto fosse stata sciocca a tenersi tutto dentro, forse era un segno: doveva cogliere l’attimo. Ma ormai era troppo tardi.
– Perché non togli questa giacca bagnata? Mh? – gli occhi le pizzicavano e le mani tremavano.
Aveva paura.
E se l’avessero stuprata? E se l’avessero picchiata? E si l’avessero.. uccisa?
Aveva ancora così tante cose da dire, da fare, da sperimentare, da realizzare che per un momento si pentì di non averle fatte prima.
Le mani del primo ragazzo si avvicinavano sempre di più al suo cappotto, e quelle degli altri lanciarono le bottiglie di alcolici a terra talmente forte che una scheggia le tagliò la caviglia.
Urlò  e subito un paio di mani le coprirono la bocca.
– Devi chiuderti quella bocca, puttanella.
Le tirarono i capelli e fu costretta a soffocare un altro urlo.
– Non mi toccate – urlò con la poca voce che le era rimasta in gola.
Aveva paura e aspettava che qualcuno venisse a salvarla, come nei film.
Ma sapeva che la vita reale non era un film.
Come risposta ricevette una sberla in pieno viso e cadde a terra. Non voleva aprire gli occhi: aveva paura di quello che avrebbe potuto trovare davanti ai suoi occhi.
In quel momento stava pensando solo a Harry, di nuovo. Cosa avrebbe pensato di lei se fosse morta? Gli sarebbe mancata?
Le mani di quei sudici ragazzi vagarono per il suo corpo, ormai aveva smesso di dimenarsi: non sarebbe servito a nulla. Lei era una, loro erano in tre.
Si abbandonò ai suoi pensieri, a tutto quello che aveva fatto in quegli anni.
Si era trasferita a Londra tre anni fa, aveva conosciuto persone fantastiche in quella città, aveva avuto discussioni, delusioni, aveva pianto ma aveva anche sorriso e tutto grazie ai suoi amici, a Liam, a Harry.
L’aveva conosciuto da Costa Coffee: gli aveva versato un frappuccino sulla felpa.
Un po’ le mancavano quei tempi, quando ancora era solo un amico, quando per lui non provava niente. Le loro chiacchierate durate ore, gli abbracci timidi ma sinceri, le parole confortanti e i “sei perfetta” che sempre le scriveva per messaggio quando la sua autostima era ormai volata via. Le mancava la loro amicizia, perché con il passare del tempo lo sentiva sempre più distante, sempre concentrato su Jay e a lei non dava neanche più conto.
La feriva tutto ciò, ma lui non lo notava, lui non c’era, non più.
A distrala dai suoi pensieri fu il rumore di uno sparo, seguito da un altro e un altro ancora. Aprì gli occhi terrorizzata e vide i corpi dei tre ragazzi che giacevano senza vita sull’asfalto.
Erano morti.


And maybe,
you’re gonna be the one that saves me.



Si portò una mano alla bocca sconvolta, per poi osservare il ragazzo davanti a lei.
Aveva in mano una pistola e il viso contratto, forse dal dolore che aveva provato nell’uccidere tre ragazzi –evidentemente suoi coetanei.
Si alzò di scatto mentre la testa prese a girarle.
La osservò con la stessa espressione di due minuti prima e poi ordinò: –Niall, Zayn, venite!
Quattro braccia possenti la presero e la portarono in un camioncino.
Chi erano queste persone? Cosa volevano?
Decise di parlare: meritava spiegazioni.
– Chi siete?
Gli occhi del killer la scrutarono curiosi dallo specchietto retrovisore nonostante stesse guidando.
Il ragazzo vicino a lei aveva il ciuffo alzato e fissava fuori dal finestrino, disinteressato.
– Allora? Mi volete rispondere? – chiese spazientita.
– Stai zitta e goditi il viaggio – le rispose il guidatore barra killer.
Inarcò un sopracciglio piuttosto infastidita dalla sua risposta. Chi si credeva di essere?
– Hai ucciso quei ragazzi.
– Avresti preferito morire? – questa volta fu il ragazzo accanto al guidatore a parlare.
Essere scorbuti era normale tra questi qui?
– Non c’era bisogno di ucciderli!
– Loro lo avrebbero fatto con te, quindi abbiamo evitato questo spiacevole evento.
Sbuffò.
– Dove mi state portando? Almeno questo potete dirmelo?
– A casa tua – il ragazzo silenzioso affianco a lei parlò.
– Non potete sapere dove abito.
Era ridicolo tutto questo! Come potevano conoscerla? La stavano pedinando?
Si passò una mano tra i capelli e vide il viso del killer irrigidirsi.
Era confusa, distrutta e la caviglia le sanguinava.
Il dolore alla caviglia divenne sempre più forte tanto da farla contrarre.
– Louis, sta sanguinando! – il moro vicino a lei si rivolse al killer.
Louis, ecco qual’era il suo nome.
Gli ordinò di prendere la cassetta del pronto soccorso e di aiutarla.
Il disinfettante a contatto con la ferita le provocò un bruciore tanto da farla lacrimare.
Mentre le toglieva i pezzi di vetro dal taglio si girò verso Louis e vide di nuovo quell’espressione sofferente, come se anche lui stesse provando il suo stesso dolore.
Le medicò la ferita e le mise un cerotto sul taglio dicendole di disinfettarlo ogni volta che si sarebbe fatta la doccia.
In pochi minuti arrivarono davanti a casa della ragazza, ma non poteva andarsene così.
– I vostri nomi? – chiese, aprendo la portiera.
Il ragazzo moro che si era preso cura della sua ferita si presentò come – Zayn –, sorrise presentandosi a sua volta. Mentre lo scorbutico biondo affianco a Louis si chiamava Niall.
Chiuse la portiera della macchina; non ebbe neanche il tempo di ringraziarli che già erano alla fine della strada.
Era fradicia dalla testa ai piedi, la ferita le bruciava e nessuno si era ricordato di lei.
Era il peggiore compleanno della sua vita.



Ehi! 
Questa è la mia prima FF che scrivo di questo genere, quindi non so cosa uscirà alla fine di tutto. 
Ci tenevo particolarmente a postare questa storia perchè mi sembrava carina come idea, no? 
All'inizio era nata come OS, poi c'ho riflettutto e ho detto: proviamo ad allungarla e quindi eccomi qua. 
Il primo capitolo è una sottospecie di prologo, quindi non si capisce molto, perciò prima di cestinare la storia,
aspettate che posti gli altri. 
Voglio ringraziare _Sam per il banner, è bellissimo, grazie.
Bene, credo di aver finito. 
Lasciatemi qualche parere, è importante. 
Alla prossima.

Frem.
  
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