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Autore: Alexandra e Mac    25/05/2013    6 recensioni
Chi è realmente Lady Sarah? E perché ha abbandonato l'unico uomo che le aveva fatto conoscere l'amore?
Come procede la storia tra Harm e Mac?
Per chi ha seguito con passione Giochi del Destino regaliamo (da brave STREGHE - o BEFANE!!!) il seguito della storia...
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Clayton Webb, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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Capitolo XV

Trame misteriose





Castello della Famiglia Montagu
Beaulieu, Inghilterra

14 Maggio 2005

Harm e Mac varcarono la soglia del parco del Castello di Beaulieu dopo una breve attesa per consentirle di acquistare il biglietto. Lui aveva insistito per pagare, ma Sarah era stata irremovibile.

Molte persone affollavano l’ingresso, ma data l’estensione del parco la gente sciamava subito via e la ressa si disperdeva immediatamente. Sullo sfondo la mole chiara del castello risaltava contro il grigio plumbeo del cielo.

Mac alzò lo sguardo e notò un trenino sopraelevato che percorreva l’intero perimetro del parco.

“Curioso” osservò divertita, ma Harm già la stava trascinando via verso un largo spiazzo di cemento dove erano esposte numerose vetture d’epoca. Alcune in pessimo stato di conservazione, altre meglio tenute.

Sembrava un bambino alle prese con una torta al cioccolato e glielo disse.

“Mi sono sempre piaciute le auto d’epoca” le rispose ammirando una Jaguar MK2, “ma negli Stati Uniti non c’è nulla di paragonabile a questo” terminò indicando la vasta distesa degli stand.

Nell’aria, oltre al profumo dell’acqua e dell’umidità che si sprigionava dall’erba, anche il sentore di hamburger, patate fritte, caffé. Numerosissimi chioschi per rifocillarsi erano disposti in punti strategici della fiera. Quando vide un bar che vendeva gelati, Mac scoppiò a ridere di cuore: “Questi inglesi sono davvero unici!” esclamò. “Il tempo fa assomigliare la giornata ad un giorno di Ottobre e loro aprono un chiosco per vendere gelati!!!”

“Perché non hai visto il tizio laggiù” le fece eco Harm.

Seguì l’indicazione dell’amico e vide un uomo in calzoncini corti, Birkenstock e maglietta a mezze maniche mangiare tranquillamente un gelato sotto la pioggia che nel frattempo era ripresa a scendere. Qualche metro più in là un signore, non più giovanissimo, vestiva galosce di gomma alte fino al ginocchio, cerata e cappellino impermeabili e camminava serafico bevendo da una tazza una bevanda bollente.

I due si guardarono e in coro esclamarono: “Sono pazzi questi inglesi!” ridendo a crepapelle.

Proseguirono quindi nel loro itinerario e per un po’ curiosarono fra le bancarelle di autoricambi e automobilia, Mac più attratta dalle stranezze (un cartello poneva in vendita un’autentica cabina del telefono inglese), Harm, invece, più impegnato nella ricerca dei pezzi di ricambio che gli occorrevamo per ultimare il restauro della Austin Healey.

Stavano bene insieme, si stavano divertendo e Harm raccontava cose molto interessanti circa la sua auto. A Mac non sembrava vero di poter avere una normale conversazione con lui. Si ritrovò a desiderare spasmodicamente che quella giornata, nonostante il tempo inclemente, non terminasse mai.

Ad un certo punto, deviarono dal percorso che stavano seguendo e decisero di tornare all’ingresso, verso il National Motor Museum, una costruzione semisferica di spiccato gusto moderno, in netto contrasto con il castello che, a poca distanza, si ergeva a silenzioso guardiano del parco.

Entrarono e ciò che videro li lasciò a bocca aperta. Persino Mac, che non si era mai interessata di auto d’epoca, rimase senza fiato.

Ogni spazio disponibile della superficie era occupato da vetture: si andava dalla replica esatta del primo triciclo a motore ideato da Gottlieb Benz alle macchine da F1 degli anni ’70 e ’80, passando per i tipici autobus londinesi a due piani e a prototipi talmente bizzarri che nessuno mai li avrebbe acquistati, fino alle più moderne, ma non meno prestigiose e classiche, Rolls Royce e Jaguar, alcune appartenute anche a star del cinema.

“Bella la collezione di Milord” osservò Mac mentre giravano fermandosi di tanto in tanto ad ammirare ora questa ora quella autovettura.

In una parte del Museo erano stati ricostruiti degli scorci di una città inglese e in questi scenari erano inserite delle vetture: si andava dal furgone del lattaio a quello del panettiere per terminare con le auto incidentate e ricoverate da un carrozziere.

Ciò che li divertì maggiormente fu la ricostruzione, peraltro assai fedele, di un’officina meccanica degli anni ’20, con tanto di macchinari funzionanti e un finto gatto accoccolato sulla sedia dell’ufficio del proprietario. Quando uscirono Mac era a dir poco stupefatta, mai avrebbe pensato di divertirsi così. Infatti, mentre erano all’interno, Harm le aveva fatto da cicerone commentando le caratteristiche più significative delle macchine che vedevano o raccontandole aneddoti sulle case costruttrici. Era un ottimo narratore e sapeva come catturare l’attenzione.

Ma, soprattutto, Sarah aveva scoperto un lato nuovo di lui che non sospettava esistesse. In nove anni Harm non le aveva mai fatto cenno di questa sua passione per le auto d’epoca e lei mai avrebbe pensato che avesse una simile cultura in materia.

Quest’uomo non finirà mai di sorprendermi, pensò guardandolo di sottecchi.

All’uscita del Museo notarono una targa in marmo: vi si diceva che la prima pietra di quella costruzione era stata posata nel “lontano” Dicembre del 1970 in onore dei trustees del Beaulieu Museum Trust, di cui facevano parte anche Milord e Milady.

Si incamminarono nuovamente verso la fiera per fare un giro prima di fermarsi per il pranzo. Tuttavia la pioggia che prima scendeva leggera, ora s’era fatta più insistente e pertanto decisero di “rifugiarsi” al castello.

Percorsero così un grande viale costeggiato da ippocastani in fiore, purtroppo sfioriti a causa della pioggia.

Harm la prese per mano e lei non sollevò obiezioni.

Si sentiva felice e leggera come non le capitava da tempo, il cuore era sgombro da pensieri grevi e Clayton Webb, il matrimonio, Belinda e tutto il resto erano lontani mille miglia.

Guardò Harm e lo vide sorridere. Ma non era un sorriso freddo e di circostanza: affatto, gli brillavano gli occhi. Anche lui, come lei, era felice.


Castello della Famiglia Montagu
Beaulieu, Inghilterra

14 Maggio 1858

La luce dell’alba filtrava attraverso le pesanti tende blu, stemperando l’oscurità della notte e delineando, poco alla volta, forme e colori nella stanza.

Lentamente Lady Sarah si svegliò da un sonno breve, ma profondo. Mentre le immagini confuse dei sogni lasciavano pian piano il posto alla consapevolezza della realtà, si mosse leggermente e nel farlo si rese conto che un braccio la tratteneva alla vita.

Sorrise, ricordando con dolcezza la notte appena trascorsa a far l’amore con suo marito.

Era così felice…

Proprio lei, Lady Sarah Jane Montagu, si era follemente innamorata. Era innamorata e felice di esserlo. Ma soprattutto felice di appartenere completamente ad un uomo.

Proprio la donna che aveva creduto di non esserne mai capace… proprio la stessa donna che era stata convinta per anni di non potersi mai fidare degli uomini ora giaceva tra le braccia dello stesso uomo che aveva accusato d’averla voluta sposare con l’inganno.

Con delicatezza spostò il braccio posato di traverso sul suo corpo nudo, ottenendo solo un debole mormorio dalle labbra di suo marito, che continuò a dormire profondamente.

Si voltò su un fianco e rimase ad osservarlo a lungo.

Lasciò vagare lo sguardo sul suo corpo muscoloso, che il lenzuolo aggrovigliato attorno ai fianchi lasciava parzialmente scoperto; osservò le sue mani, così grandi e tenere al tempo stesso… avrebbe dovuto prestare più attenzione a quelle mani.

Mentre lo guardava, lasciò che i sentimenti che provava per lui la invadessero completamente, colmando finalmente la voragine che aveva avuto nel cuore sino a pochi giorni prima.

Credeva di essere preparata a ciò che avrebbe provato tra le sue braccia, quando lo aveva desiderato finalmente nel proprio letto. Invece ciò che aveva provato andava ben oltre ogni immaginazione.

Dolcemente gli sfiorò il volto, osservando che la benda all’occhio si era spostata, probabilmente a causa dei movimenti del sonno e nella foga della loro passione, ed ora gli lasciava quasi scoperto il viso: fortunatamente nessuna cicatrice ne deturpava la bellezza.

Decise di levargli la benda nera, facendo attenzione a non svegliarlo. Ma egli scelse proprio quel momento per aprire gli occhi.


Castello della Famiglia Montagu
Beaulieu, Inghilterra

14 Maggio 2005

Camminarono lentamente tenendosi per mano e giunsero in breve al castello.

La strada che avevano scelto li aveva condotti non all’ingresso principale, ma verso uno dei lati della costruzione, a fianco della quale si ergeva una bassa casa. A tutta prima la scambiarono per l’abitazione del custode, ma ben presto, avvicinandosi, si accorsero che si trattava di un museo: lì, proprio a Beaulieu, durante la Seconda Guerra Mondiale, era nata una scuola di addestramento per uomini e donne che, volontari, avevano scelto di arruolarsi nell’esercito di Sua Maestà e operare come spie nell’Europa occupata. I pannelli raccontavano la storia di questi eroi, alcuni sopravvissuti, altri caduti nell’adempimento del dovere.

Harm e Mac, ufficiali, provarono commozione leggendo le gesta di quelle persone e si appassionarono alle spiegazioni delle tecniche di addestramento presentate negli  altri pannelli, appresero la complessità dei codici criptati in uso, ammirarono i cimeli esposti e si stupirono non poco nell’apprendere che, in tempi non sospetti, quando ancora l’attacco a Pearl Harbour era lontano, molti loro compatrioti si erano addestrati proprio lì.

“Spero che adesso avrai un’opinione migliore delle spie” gli disse Mac quando uscirono.

“Non ho mai pensato male delle spie” le rispose serio, “solo di una” precisò poi.

“Non conosci Clay” replicò. “È un uomo buono e dolce. Basta saper guardare al di là delle apparenze. Ma tu non lo hai mai fatto, esattamente come con Mic, ti sei limitato a giudicare quello che vedevi senza approfondire.”

Harm si fermò e si voltò verso di lei: “Mac, lo sai che con te sono sempre stato onesto e non ti ho mai nascosto nulla”.

Lei annuì.

“Quando ti dicevo che quell’uomo non mi piaceva avevo le mie buone ragioni. Non ero geloso…”

Sarah alzò un sopracciglio, quasi a dire “”Ah no?” e lui si corresse: “Non del tutto almeno. Webb ti aveva presa di mira da subito. Ti voleva e avrebbe fatto carte false pur di averti”.

“Non ti è passato per la testa che potesse essersi innamorato di me?” domandò con fare provocatorio Mac.

“Webb?! Innamorarsi?!” esclamò. “Andiamo Mackenzie, sai essere molto sveglia quando vuoi. “Webb non si può innamorare perché gli manca un cuore.”

E tu ce l’hai un cuore per innamorati Harmon Rabb?, fu tentata di chiedergli, ma si trattenne.

“Sediamoci su quella panchina” propose e la condusse verso un sedile di pietra di fronte all’ingresso dal quale erano appena usciti. La pioggia, per fortuna, era cessata e sembrava che un timido sole volesse squarciare il velo delle nubi e affacciarsi a scaldare la terra inumidita.

Si sedettero e Harm le prese entrambe le mani, giocherellando con l’anello di fidanzamento: “Quando ti dico che non parlo solo per gelosia, devi credermi. Se solo fossi certo che tu saresti felice con lui o con qualsiasi altro uomo non esiterei un attimo a lasciarti andare, anche a costo della mia stessa felicità. Questo devi averlo ben presente Sarah. Se in tutti questi anni mi sono intromesso nelle tue scelte sentimentali è stato perché io vedevo più in là di te. Eri talmente ansiosa di ricevere attenzioni e amore da un uomo che ti sei sempre limitata alle superficie delle cose, senza andare oltre, e ti sei accontentata”.

Mac sgranò gli occhi. Quelle parole la ferivano perché erano la verità nuda e cruda, si rendeva conto che Harm aveva ragione. Tuttavia si stupiva anche di tanta franchezza: non le aveva mai parlato così. Quelle, si rese conto, erano le parole di un amico vero, sincero ed interessato solo alla sua felicità. Ma erano anche le parole di un uomo innamorato.

Nondimeno non poté esimersi dal giustificarsi: “Volevo essere amata, volevo che un uomo accettasse di correre tutti i rischi che una relazione comporta, non uno che si trincerasse dietro la scusa dell’amicizia per non impegnarsi”.

Touchè” le rispose. “Hai ragione. Ma io ti ho sempre detto la verità e non ti ho mai rifiutata del tutto. Ti chiedevo del tempo…”

Mac si alzò: non voleva iniziare un’altra non-conversazione. Avrebbero finito con il rovinarsi la giornata.

“Facciamola finita prima ancora di cominciare Harm” lo interruppe. “Conosco le tue posizioni e tu conosci le mie. Perché stare qui a ripetere cose già dette un milione di volte?”

Lui l’afferrò per un polso, costringendola a sedersi nuovamente. Notò la sua espressione affranta, ma continuò imperterrito: “Se avessimo iniziato una storia e poi avessimo rotto, come avremmo potuto lavorare insieme e fare finta che nulla fosse accaduto? Io non avrei sopportato di vederti accanto ad un altro e tu? Avresti sopportato di vedermi con un’altra?”.

“No” ammise Mac anche se con riluttanza. “Ma almeno avremmo potuto provarci. Avresti potuto dirmele allora queste cose” lo rimproverò.

“Lo sto facendo adesso. Meglio tardi che mai” rispose disarmante.

Sospirò. Quell’uomo era davvero impossibile ma per quanto facesse per farselo venire in odio non ci riusciva. L’avrebbe amato fino alla consunzione, le piacesse o no.

Si alzarono e percorsero gli ultimi metri che li separavano dall’ingresso principale del castello.

  
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