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Autore: Aki_Saiko    25/05/2013    2 recensioni
ATTENZIONE! Alcune di queste storie potrebbero contenere spoiler per chiunque non abbia finito di vedere tutti i 25 episodi dell'anime.
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Pensavo che non sarebbe male: alcuni pensieri e riflessioni di Kirito, in marcia verso un villaggio, subito dopo aver salutato Klein.
Sediamoci sul prato, ti va? : uno scambio di battute tra Rika e Suguha, la prima che cerca di aiutare la famosa "sorellina" con il suo amore non corrisposto per Kirito.
Innocence: one shot KiritoxAsuna sulle note della canzone di Avril Lavigne (warning: fluff!)
Non sono un'altra fottuta principessa: missing moment incentrato sulla prigionia di Asuna.
[Sospesa fino a: data da destinarsi -probabilmente sempre, anche se un ritorno in questo fandom mi farebbe molto piacere]
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Personaggi: Asuna Yuuki, Sugou 'Oberon'
Collocazione temporale: questa storia si svolge in diversi momenti, che vanno dal crollo di Aincrad fino ad un imprecisato momento durante la prigionia di Asuna.
Generi: introspettivo, leggermente malinconico. [Missing moments]  [Leggera presenza di molestie da parte del Re delle fate]
Note: sono consapevole che il titolo sia un po' forte, ma boh, quando ho concepito questa fic ero parecchio scazzata causa scuola, quindi suppongo che la colpa sia da imputare a ciò. Ho voluto postarla ora, perchè nei prossimi giorni avrò zero tempo per dedicarmi a queste cose, e sarà una settimana infernale, quindi alè ohohh.
L'idea per questa shot m'è venuta per caso, non ricordo nemmeno come o dove, ma mi ha colpita subito, e in preda all'ispirazione mi sono messa a scriverla di getto... spero che sia riuscita bene nonostante tutto ^^
Sono appena tornata dall'esame scritto del PET, mi aspettano minimo due ore e mezza di esaltante et avvincente studio del latino, quindi vedrò di non dilungarmi troppo. E' solo che ci tenevo a non toppare l'aggiornamento di maggio; sto tenendo una media di un capitolo al mese e la cosa mi soddisfa alquanto :3
Grazie a tutte le persone che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e anche a quelle anime pie che mi recensiscono, veramente, siete tutti quanti un toccasana per la mia autostima ç.ç
Infine, spero che vi piaccia questa shot, Asuna è molto ma molto più cazzuta di quanto non ci venga mostrato in ALO, perchè per la mia mente lei è così <3





Sia che lo vogliamo oppure no, quel mondo farà sempre parte di noi.

 
 
 
 

Non sono un’altra fottuta principessa.
 

Asuna guardava quel mondo, sì meraviglioso, ma allo stesso tempo terribile, sgretolarsi come fragile argilla secca, e ancora non poteva credere che fosse tutto finito.
Perché sì, finalmente, dopo due anni passati in SAO, il momento di tornare a casa era finalmente giunto: avrebbe potuto riabbracciare i suo familiari, i suoi amici... Kirito –avrebbe dovuto iniziare a chiamarlo con il suo vero nome, a proposito- e cercare di continuare a vivere la sua vita con un minimo di normalità, se ne era rimasta.
Sorrise, mentre per l’ultima volta si stringeva all’avatar del ragazzo, l’ultima dannatissima volta prima di poter finalmente toccare lui.
E stavano lì, Kirito e Asuna, senza dirsi nulla,perché di parole da dire ormai non ne erano rimaste, aspettando con gioia e trepidazione di svanire senza lasciar traccia.
 
La ragazza percepì distintamente la sensazione di vuoto che li colse, entrambi, senza preavviso; e non poté fare a meno di pensare che, in fondo, era anche piacevole morire in quel videogioco: dopo che il tuo corpo si frantumava in piccole scaglie azzurre, ti libravi nel cielo come se non avessi peso, come se potessi volare. E Asuna, per la prima volta da quando quel gioco era iniziato, ebbe la certezza che sarebbe tornata a casa.
 

****

 
Un tonfo. Qualcosa –qualcuno, avrebbe scoperto in seguito- aveva arrestato il processo del log out.
Era tutto buio, tutto nero, non una luce in tutta la stanza –perché Asuna sentiva di star poggiando i piedi su un pavimento anche abbastanza freddo, e dove c’è un pavimento solitamente c’è anche una stanza.
Cosa stava succedendo? Perché non poteva semplicemente risvegliarsi nel morbido letto di un ospedale? Perché non poteva riaprire gli occhi e tornare nel mondo reale? Cosa la tratteneva in quel luogo?
Iniziava ad avere freddo, lì, si sentiva completamente nuda e nonostante fosse abbastanza sicura che non ci fossero finestre, la pelle d’oca cominciava a manifestarsi.
Voleva correre, voleva urlare, voleva fare qualsiasi altra cosa che non fosse stare lì ferma a congelare, ma non ne aveva il coraggio. Temeva che quella già stramba e precaria situazione sarebbe ulteriormente peggiorata, se si fosse azzardata a fare alcunché.
Improvvisamente, una fioca luce verde si accese a qualche metro di distanza da dove si trovava, e iniziò a soffiare una leggera brezza.
Asuna provò a raggiungerla, ma una misteriosa forza la attirava verso l’alto, sempre più potente ed inesorabile. Illusa, lei, che ancora sperava in un ritorno.
Quando il rumore di tempesta che risuonava tutto intorno divenne troppo forte e assordante la ragazza, frastornata, cadde nell’oblio.
 

****

 
Una tiepida luce si posò sulla guancia della giovane, risvegliandola. Ella aprì lentamente gli occhi, mettendo a fuoco le tende di un letto a baldacchino, e balzò subito a sedere, incredula.
Ma ciò che vide, le mise solo una gran voglia di piangere: una stanza, anzi, una specie di veranda per la precisione e... sbarre. Era in una gabbia –una gabbia per uccelli, si sarebbe detto- con attorno rami e nient’altro che rami, che lasciavano intravedere appena una piccola e lontana porzione di cielo limpido.
Che posto era mai quello? E... cos’era quella fastidiosa sensazione di intorpidimento che provava dietro la schiena?
Con orrore Asuna si tastò la zona delle scapole, trovandoci nientemeno che delle ali!, e con ancor maggior raccapriccio constatò di avere delle orecchie innaturalmente lunghe e puntute. Che scherzo era mai quello?
Si alzò dal letto per esplorare quel poco spazio che la stanza offriva: oltre al letto c’erano un tavolo, una cassettiera e un mobile con specchio per la toeletta.
Con un groppo in gola e –forse- una malsana piccola punta di curiosità si incamminò in direzione delle sbarre della gabbia. Erano sottili, ma sembravano incredibilmente forti.
Provò a mettere una mano fuori e vi trovò un campo di forza che la tratteneva.
Sconsolata, tornò in direzione del tavolo e, dopo essersi seduta sulla sedia, sprofondò la testa fra le braccia. Tutto ciò non aveva senso, non aveva il minimo senso!
Provava ora uno stratosferico desiderio di piangere, ma aveva anche la sensazione che chiunque la tenesse prigioniera ci provasse gusto a vederla triste ed abbattuta. E lei non poteva assolutamente permettere che chicchessia la trovasse in lacrime.
«Titania. Perdonami se ti ho fatta aspettare»
Ad Asuna si accapponò la pelle: conosceva quella voce, la conosceva bene. No, non poteva essere vero. Non lui.
«Sugou» sibilò la ragazza.
«Non sei felice di vedermi, Titania?»
«Sei l’ultima persona che desidererei vedere in questo momento» quasi sputò. Non le piaceva Sugou, per niente. Aveva sempre pensato che si fosse fatto adottare dal padre chiedendola in sposa solo per prendere il suo posto nell’azienda. L’aveva sempre considerato un essere viscido come pochi. Era sempre stata convinta del fatto che quando la minaccia di un’unione si fosse seriamente manifestata, lei si sarebbe opposta con tutta se stessa. E ora, nel vederlo indossare una veste verde bosco ed una corona splendente, tutto nella mente di Asuna acquistava chiarezza. Tranne un particolare: perché?
«Mi dispiace sentirti dire questo, anche se rispondere così ti rende oltremodo affascinante» fece l’uomo con un sorriso che lei trovò disgustoso.
«Cosa ci faccio qui Sugou? Perché non posso tornarmene a casa?»
«Perché io qui sono il Re delle fate, Oberon, e tu sei la mia regina, Titania»
«Pazzo»
Lui sorrise compiaciuto e, prendendole una ciocca di capelli tra le mani, sussurrò: «Sì, pazzo di te»
Asuna non si trattenne dal cercare di tirargli un pugno, che quello bloccò per tempo.
«Mi piace questo tuo carattere, Titania, non sai che soddisfazione sarà quando mi accetterai come compagno» continuò a parlarle lentamente nell’orecchio, quasi le stesse confidando un segreto. Ma a lei tutto ciò faceva semplicemente ribrezzo.
Rilassò il corpo solo e soltanto dopo che l’uomo fu uscito dal cancello della sua prigione, digitando un codice che, ahimè, lei non poteva vedere.
Affranta, la ragazza si gettò sul letto, sprofondando nel cuscino con la faccia per nascondere quelle poche lacrime che, invano, aveva cercato di trattenere: senza dubbio quello non era il ritorno che si era aspettata ed in cui aveva sperato.
 

****

 
Quanto tempo era passato? Una settimana? Due? Un mese?
Non ne aveva idea, Asuna, perché ogni giorno le sembrava dannatamente uguale al precedente, e avrebbe tanto voluto avere qualcosa con cui lasciare una tacca sui decori in legno del letto: credeva che le cose non potessero continuare così per sempre, e magari avere la cognizione del tempo l’avrebbe potuta aiutare a tirare avanti anche solo un poco più facilmente di quanto non stesse facendo.
Non aveva nulla da fare da mattina a sera, odiava quegli abiti frivoli e pieni di pizzi che coprivano giusto il necessario e qualcosa in più, odiava stare rinchiusa in quella gabbia e, più di tutto, odiava le visite di Sugou, perché le ricordavano quanto lei fosse impotente, oltre che quanto lui fosse malato e perverso. Le annusava i capelli, le carezzava la pancia ed era sempre lì lì per slacciarle il top o scostarle la gonna –senza tuttavia farlo mai. Era una tortura, una vera tortura, e anche se avrebbe voluto ribellarsi, opporsi in qualche modo; la maggior parte delle volte era semplicemente pietrificata dal disgusto.
Sapeva che doveva almeno provare a scappare. Errare è umano, e sicuramente ci doveva essere qualcosa in quella stramaledetta gabbia per uccelli che poteva giocare a suo favore e che Sugou non aveva messo in conto. Qualsiasi cosa. E lei avrebbe fatto di tutto per trovarla.
 

****

 
 “Togliti quello sguardo pensieroso, Titania, il tuo eroe non verrà a salvarti”
Asuna continuava a rimuginarci sopra. Come faceva a sapere di Kirito? L’aveva incontrato? Gli aveva fatto qualcosa? E, soprattutto, il giovane era all’interno del gioco in questo momento?
Troppe domande che non facevano altro che aumentare le sue preoccupazioni, ma in fondo non le importava di cosa dicesse Sugou: lei era certa che il ragazzo l’avrebbe raggiunta, l’avrebbe aiutata. E lei, da parte sua, avrebbe fatto di tutto per farsi trovare.
Una speranza era rinata in lei, quando aveva pensato a Kirito, e l’aveva aiutata ad andare avanti combattendo –quasi come se avesse ancora la sua spada- ad alzarsi ogni giorno per osservare e cercare senza sosta qualcosa con cui poter evadere o segnalare la propria presenza. Era caparbia, era determinata, era anche incazzata, se proprio vogliamo dirla tutta. Non avrebbe permesso a Sugou di portare a termine il suo folle progetto, né su di lei, né su altre persone. I suoi ricordi erano troppo preziosi per venire compromessi, e al momento erano tutto ciò che le restava.
Come una rivoluzionaria principessa, dunque, attendeva che il suo principe in nero, scuro come la notte, giungesse, e non era infrequente che, prima di addormentarsi, ella pronunciasse il suo nome, aggrappandosi a quel tenue bagliore che la incoraggiava a non rassegnarsi come una semplice damigella indifesa: Asuna Yuuki non era certo Biancaneve.(*)



N.d.A. Sottile gioco di parole tra Biancaneve e "Yuki" che in giapponese vuol dire appunto "neve". Scusate, non ho resistito, non picchiatemi <3

  
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