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Autore: lilyhachi    25/05/2013    5 recensioni
(STORIA IN REVISIONE)
(What if; Killian Jones/Ariel; spoiler seconda stagione)
Visto che la Sirenetta dovrebbe apparire nella terza stagione e che adoro Hook, ho provato ad immaginare cosa sarebbe potuto succedere se le strade di questi due personaggi si fossero incrociate prima (precisamente sull'Isola che non c'è) e su come la presenza di Ariel potesse "incastrarsi" con gli eventi della prima e della seconda stagione. Spero tanto che vi piaccia e vi auguro buona lettura.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ariel, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI

It's a end, not a beginning

 
I'm dead in the water, still looking for ya.
I'm dead in the water. Can't you see, can't you see?”.
(Dead in the water-Ellie Goulding)
 

 
“Sii forte, Ariel” esclamò baciandole la fronte.
Questa era stata l'ultima frase che sua madre aveva avuto modo di dirle, prima che le capitasse qualcosa di terribile, qualcosa che nemmeno suo padre, a distanza di anni, era riuscito a superare.
La morte di sua madre aveva lasciato un vuoto incolmabile nel cuore di tutti. Ariel avrebbe voluto con tutta se stessa avere più ricordi di lei ma era soltanto una bambina allora e a stento ricordava il suo viso. Ariel riusciva a vederla. Stava certamente sognando ma non poteva esserci sogno più dolce. Le accarezzava dolcemente il viso, ripetendole quanto fosse cresciuta e che ormai era diventata una donna bellissima. Ariel allungò una mano cercando di sfiorarle il viso ma nel momento esatto in cui si avvicinò a lei, la figura di sua madre cominciò a sgretolarsi tra le sue mani.
Era come se fosse fatta di sabbia. Poteva sentirne la consistenza tra le mani.
Ariel provò a chiamarla ma non riusciva a parlare. Si portò le mani alla gola, terrorizzata, e per quanto si sforzasse non riusciva a proferire parola: era una sensazione orribile. Sperava con tutto il cuore che fosse un sogno, nonostante sembrasse così reale da far paura. Continuava a cercare di parlare, ma invano. Guardò dinanzi a sé e vide Pocahontas, immobile. Non parlava ma aveva alzato il braccio indicando qualcosa alle sue spalle. Ariel si voltò e vide soltanto l'oceano. Cosa stava cercando di dirle? Intanto, la gola prese a bruciarle: si sentiva come se stesse andando a fuoco, letteralmente.
Si accasciò a terra, consumata dal dolore che stava provando, e tentando disperatamente di urlare con tutta la forza che aveva in corpo ma non ci riusciva. Una voce familiare la chiamava ma lei non era in grado di rispondere.
“Marina, svegliati!”.
Ariel si alzò in piedi, guardandosi attorno e cercando di dare un volto a quella voce. Non appena si rimise in piedi, sentì le gambe cederle, accasciandosi nuovamente a terra: le sue gambe erano sparite...era tornata ad essere una sirena.
“Marina!”.
Ariel aprì gli occhi, terrorizzata. Stava sudando freddo e respirava velocemente, guardandosi intorno come se non sapesse dove si trovava in quel momento.
Il suo sguardo si fermò su colui che aveva davanti: Killian. Sul suo viso c'era una nota alquanto evidente di preoccupazione ma non appena la vide aprire gli occhi la sua espressione divenne più tranquilla e le sue labbra si distesero in un sorriso appena accennato.
“Stai bene?” domandò cauto.
Ariel riuscì soltanto a fare un cenno con la testa, si sentiva ancora troppo frastornata per riuscire a mettere insieme una frase di senso compiuto. Era a terra, sul ponte della Jolly Roger e di fronte alla porta della cabina di Hook. Doveva essere svenuta. Cercò di rimettersi a sedere ma non appena tentò di farlo, un dolore lancinante alla testa la invase, contorcendo il suo viso in una smorfia di dolore, che non sfuggì al capitano.
La mano di Hook le sfiorò leggermente la fronte, facendole segno di non sforzarsi.
“Sei pallida e hai anche la fronte calda” constatò lui con voce turbata, “Forse hai la febbre”.
La ragazza non aveva ascoltato nemmeno una parola di ciò che aveva detto, continuava a cercare di realizzare se fosse effettivamente sveglia oppure no. Si portò una mano alla gola e si sgranchì la voce, per capire se fosse in grado di parlare, poi portò la stessa mano sulle sue gambe: tirò un sospiro di sollievo quando realizzò di non avere la coda.
Hook l'aveva seguita in ogni suo movimento, osservandola crucciato.
“Marina” la richiamò con tono placido, “Stai bene?”.
Ariel si voltò verso di lui, guardandolo nei suoi occhi blu...le ricordavano la sua casa: l'oceano.
“S-sì” balbettò lei, “sarà stata la stanchezza”.
“Sì, sei svenuta” aggiunse osservandola, “Sarà meglio che tu stia a riposo, d'accordo?”.
“Buona idea” rispose la ragazza, riprovando ad alzarsi.
Hook la fermò subito “Stai ferma!”, esclamò con voce decisa. Senza darle il tempo di ribattere la prese di peso e la portò nella sua stanza, adagiandola sul letto: quella scena le ricordava il primo giorno in cui era stata sulla nave, poiché era successa quasi la stessa cosa.
“Adesso fai il gentiluomo, capitano?” domandò lei con voce debole ma con una punta di ironia abbastanza evidente da far sorridere Hook.
“Tesoro” cominciò lui con tono blando e abbassando il viso su di lei, “mi stai facendo prendere un po' troppo spavento in questi giorni, non trovi?”.
Ariel gli rivolse un sorriso scherzoso “Sono contenta di essere sempre al centro dei tuoi pensieri”.
Il capitano sospirò pesantemente, “Cerca di riposare, invece di darmi ogni tipo di seccatura! E poi io sono sempre un gentiluomo”. Detto questo, uscì dalla sua stanza, lasciando la ragazza sola con i suoi pensieri.
Ariel si portò una mano alla testa, ancora dolorante. Cosa diamine le era successo?
Hook ormai era convinto su quale sarebbe stato il suo prossimo obiettivo: lasciare l'isola. Ora che aveva trovato il fagiolo, andarsene sarebbe stato un gioco da ragazzi. La cosa che più lo entusiasmava, anche se non l'avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, era che la ragazza sarebbe tornata insieme a loro. Si chiese se la sua presenza non lo stesse rendendo un rammollito. Scosse immediatamente la testa. Oramai si era affezionato alla sua presenza, come anche gli altri membri della nave, ma questo non voleva certo indicare che aveva dimenticato Milah e la sua vendetta. Sarebbe tornato indietro, e sarebbe arrivato all'Oscuro. Ripensava spesso e volentieri alla scena di lui che lo uccideva con il suo pugnale o che gli strappava il cuore, cosa che probabilmente non avrebbe funzionato. Tuttavia, Killian Jones avrebbe venduto l'anima pur di poterlo uccidere nello stesso modo in cui aveva ucciso Milah: strappando il suo cuore nero come il carbone.
“Allora...abbiamo una rotta?”.
Hook si voltò verso Grimsby, che dopo l'assalto all'Isola del teschio aveva ben capito le intenzioni del suo capitano.
“Direi proprio di sì”, rispose rigirando il fagiolo tra le sue mani, dopodiché si voltò ad osservare tutta la sua ciurma sul ponte. “Domani mattina si torna a casa!”.
Dalla nave si levarono un insieme di risate e grida felici. Da un lato, Hook si sentì quasi dispiaciuto per averli costretti a seguirlo in quella folle impresa, ma adesso sarebbero tornati indietro.
Cominciò ad immaginare lo stupore di Ariel nel vedere quel mondo completamente nuovo che lui le avrebbe mostrato, sicuramente molto più grande dell'Isola.
Vivere all'Isola che non c'è, per lui, era stato un po' come trovarsi in un'ampolla di vetro: era come imprigionato. Non poteva invecchiare, ma che vita c'era lì? Non ce ne era per lui ed i suoi uomini che erano adulti e per i bambini era anche peggio.
Era tutto divertimento per loro, ma la notte cominciavano a sentire la mancanza dei loro genitori, che avevano abbandonato perchè erano troppo presi dal desiderio di non crescere. Il loro mondo era diverso, anche se ugualmente pericoloso, e certamente Ariel non avrebbe tardato a mettersi nei guai, come era solita fare da quando era piombata nella sua vita.
Con l'arrivo della sera, Hook controllò gli ultimi preparativi per poi recarsi sul ponte principale. Potevano usare il fagiolo in qualsiasi momento, ma lui voleva godersi l'ultima vista del luogo in cui aveva trascorso parte della sua vita. Osservò l'isola in lontananza, la cui cima era avvolta da qualche nube: vedeva il fumo proveniente dall'accampamento indiano e si chiese cosa poteva aver spinto gli indiani a liberare Ariel. Dopo essersi concesso la visione di quel panorama notturno, si recò nella sua stanza, chiedendosi se la ragazza stesse meglio. La trovò seduta sul letto a gambe incrociate, che si mordeva nervosamente il labbro e giocherellava con una ciocca di capelli rossi, con lo sguardo perso a fissare un punto indefinito della stanza. La luce della stanza le illuminava il viso: era bella da togliere il fiato.
Gli sembrava così strano che non l'avesse trattata come le altre donne con cui aveva avuto a che fare prima di allora; non che non ci avesse pensato, ma in cuor suo sentiva che lei era decisamente diversa dal tipo di donne che aveva conosciuto.
Non appena si accorse della sua presenza, Ariel sussultò.
"Mi aspettavi?" domandò lui sorridente.
Ariel gli fece una smorfia di disapprovazione, avendo colto la sua solita ironia, e scosse la testa. Non appena vide che Hook aveva iniziato a slacciare il gilet rosso, si alzò subito dal letto, voltando le spalle. Lui rise per l'evidente imbarazzo di lei.
"Puoi anche guardare, non mi dispiace". La sua voce era divertita.
Ariel non rispose, e si limitò ad incrociare le braccia al petto, in attesa che lui finisse.
"Ecco fatto", esclamò ad un tratto lui.
"Vado subito via", rispose lei, e fece per voltarsi, ma non appena si girò, si accorse che Hook aveva messo delle coperte e un cuscino a terra, vicino al letto, e vi si era steso.
Ariel lo guardò interdetta, "Cosa fai?".
"Mi metto a dormire", rispose lui con espressione ovvia.
La ragazza lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.
"Lo vedo", rispose stizzita. "Perchè dormi a terra?".
"Per lasciarti il letto, ci hai dormito tutta la mattina, tanto vale lasciartelo", rispose lui stiracchiandosi. "Scommetto che è più comodo del tuo".
Ariel rimase sorpresa."Grazie", mormorò, "Non era necessario".
"Stai dicendo che preferisci che ti faccia compagnia?", le propose guardandola sorridente.
"Davvero divertente", rispose lei canzonandolo.
"Dormi così?" domandò Hook mettendosi a sedere e facendole notare che portava ancora i vestiti.
Ariel arrossì leggermente e si diede della stupida per non essersene accorta prima, dato che aveva la camicia da notte nella sua cabina
"Non andare in panico, dolcezza" esclamò lui, con voce garbata. "Puoi anche prendere la mia camicia, non mi offendo...e non sbircio, tranquilla".
Ariel si assicurò che fosse steso ai piedi del letto e si cambiò velocemente, nascondendosi dietro l'armadio in modo che lui non avesse modo di vedere. Intanto, Hook faceva di tutto per non alzarsi e guardare. Scosse la testa velocemente, dandosi un colpetto sulla fronte, anche se la curiosità era molta.
La sentì mettersi sotto le coperte, e poi la vide: si era praticamente avvolta nelle coperte, raggomitolata, per poi spostarsi sul bordo del letto, così da poterlo vedere disteso a terra.
Il capitano scoppiò a ridere, come non faceva da molto: la scena di lei che spuntava dal bordo del letto, avvolta nelle coperte quasi fino alla testa, gli era sembrata davvero buffa e non riuscì a trattenersi dalle risate.
"Stai ridendo di me?" domandò lei offesa.
"Perdonami, ragazzina", rispose lui tornando serio "ma eri decisamente buffa".
Ariel imitò la sua risata, prendendolo in giro, poi tornò seria.
"Ho sentito che domani si parte" affermò guardandolo.
"Così sembra" rispose lui, mettendo le mani dietro la testa e osservandola dal basso.
"Come mai sei venuto qui...di preciso?" domandò Ariel, curiosa.
Hook trasse un lungo sospiro. Ormai una "parte" della storia gliel'aveva raccontata, e forse informarla dell'altra non sembrava un'idea così cattiva. Tuttavia, non era ancora del tutto convinto: era giusto metterla a corrente del fatto che una volta tornati, lui avrebbe fatto di tutto per uccidere una persona? Decise che per quello era ancora troppo presto.
"Te l'ho detto", rispose lui vago, "Per trovare un modo per vendicarmi. Tu perchè hai chiesto di rimanere a bordo?", domandò cambiando argomento.
Ariel rise. Lui avrebbe fatto di tutto pur di spostare l'attenzione su qualcosa che non gli riguardasse.
"Io e mio padre avevamo idee contrastanti sul mio stile di vita", rispose la ragazza, cercando di non far trapelare troppe informazioni.
Hook si voltò subito a guardarla, incuriosito.
"Voleva obbligarti a sposare qualcuno che non amavi?", chiese di getto.
Ariel lo fissò attonita. "No, come ti viene in mente?".
"Ehi, ho solo avanzato un ipotesi", rispose lui tornando a guardare il soffitto. "Eri innamorata?", domandò senza nemmeno rendersi conto di cose le aveva chiesto.
"No", rispose lei in un sussurro e affondando il mento nel cuscino, come se sperasse che quella conversazione non stesse avvenendo davvero. Non che non volesse averne una con lui, ma quell'argomento la metteva palesemente in difficoltà e sperava che lui non se ne accorgesse.
"Lo sarai un giorno", rispose lui con voce quasi affettuosa, provocando l'interesse di Ariel. "Ti renderai conto di avere qualcuno, che ti capisce, che ti desidera, che vede in te una versione migliore di te stesso, è il dono più grande di tutti". La sua voce aveva assunto un tono malinconico.
Ariel lo guardava: i suoi occhi azzurri erano persi ad osservare il soffitto.
"Eri innamorato". Non era una domanda.
"Cosa te lo fa pensare?" domandò lui, fissandola.
"Non sono mica nata ieri, sai?" rispose lei di rimando.
"Sei piuttosto perspicace per non essere mai stata innamorata" (1), esclamò lui con tono evidentemente derisorio, come se l'avesse smascherata.
"Forse", rispose la rossa in un bisbiglio. Continuava a tenere gli occhi verdi fissi nei suoi. Una mano le penzolava dal letto, non molto lontana da Hook.
Il capitano osservava i contorni delle dita bianche e affusolate. Non capiva il motivo ma il suo desiderio primario fu quello di stringerle. Sapeva soltanto che quella ragazza aveva uno strano effetto su di lui: lo faceva sentire vivo, come se fosse ancora ricco di speranze, come se il Coccodrillo non fosse mai entrato nella sua vita. Senza pensare minimamente a ciò che stava facendo, intrecciò la mano destra con la sua e lei la strinse, con lo sguardo sorpreso e lievemente spaventato. Non esisteva forse momento più bello per due persone: le loro mani erano intrecciate, sembrava quasi che si stessero entrambi affacciando su un mare di possibilità. Hook si sollevò e si protese verso di lei, trovandosi ad un centimetro dal suo viso.
La ragazza inspirò profondamente e gli portò una mano al petto.
Hook sentiva il suo respiro sulle labbra. Era una bella sensazione averla così vicina e così stretta a lui: era come se non fossero più in grado di staccarsi. Aveva dimenticato cosa significava avere una donna fra le braccia. Sicuramente Milah non era stata l'ultima donna con cui aveva avuto a che fare, ma era stata l'ultima per cui aveva provato qualcosa di più profondo.
Ariel continuava a guardarlo, sospirando, poi si abbassò leggermente sulle sue labbra, mentre lui le prese il viso con dolcezza. Continuavano a cercarsi con le labbra, come se nessuno dei due avesse il coraggio di farsi avanti e annullare le distanze.
Hook decise di farsi coraggio, sollevandosi maggiormente, e la baciò, portandole un braccio intorno alla vita. C'era qualcosa in quel bacio che lo stava lasciando tramortito: era come se il sangue fosse arrivato al cuore in grandi quantità, lo sentiva battere come non mai. Sentiva l'effetto del suo bacio...come se lei lo stesse riportando alla vita. La verità era che lei poteva cambiarlo, poteva riportare una piccola luce in lui, rendendolo vivo come mai prima di allora.
Dopo tanto tempo, per la prima volta sentiva qualcosa: la sentiva nelle vene, sentiva il suo sorriso mentre lo baciava, sentiva le sue mani dietro la nuca.
"Marina", sussurrò il suo nome non appena si staccò da lei per un breve lasso di tempo. La vide sorridere, come se non aspettasse altro.
D'un tratto il pensiero di Milah gli attraversò la mente: si sentiva come se lei lo stesse osservando da lontano. Si alzò di scatto, lasciando la ragazza sorpresa e confusa con una mano sospesa a mezz'aria. Guardava Hook con aria preoccupata: lo sguardo di lui era perso, come se si fosse appena svegliato da un incubo.
"Devo uscire" esclamò velocemente, senza nemmeno guardarla negli occhi.
Corse fuori sul ponte principale, per prendere aria. Aveva davvero baciato quella ragazza? Aveva davvero sentito qualcosa nel farlo? Hook stentava a crederci. Era stato bello...fin quando il viso di Milah non era apparso nei suoi sentimenti, come a sollevare il suo senso di colpa. Si appoggiò al timone, sedendosi per terra, cercando di calmarsi e prendere fiato più che poteva. Cosa gli stava succedendo? Stava dimenticando la sua vendetta? Mentre la baciava, non era esistito nulla. Persino Tremotino sembrava un ricordo lontano.
D'altronde, Milah avrebbe desiderato che lui fosse felice dopo la sua morte. Non lo avrebbe mai spinto a fare ciò che stava facendo da quando Tremotino le aveva distrutto il cuore davanti ai suoi occhi. Forse si stava comportando da stolto. Forse quella ragazza era la sua occasione per andare ben oltre la vendetta e la rabbia. Forse era il suo lieto fine.
Sorrise a quel pensiero tanto assurdo quanto bello. Si alzò, così da poter tornare da lei.
Non appena si voltò, rimase sorpreso nel trovare davanti a sè una donna che non aveva mai visto in vita sua: era bella e anche un pò inquietante, soprattutto per il modo in cui lo fissava.
“E voi chi sareste?” domandò portando la mano al fianco, per poi accorgersi di non essere armato.
La donna rise, mostrando i denti bianchi, circondati da labbra rosse come il sangue. Portava un vestito nero molto elegante: non aveva l'aspetto di una donna qualunque, era certamente una nobile.
“Buonasera, capitano” esclamò con un ghigno, avvicinandosi a lui.
“Ripeto: chi siete?” domandò Hook con un tono di rabbia nella voce. Odiava questi giochetti.
“Non importa chi sono”, rispose lei incrociando le braccia al petto, “ma cosa ho da offrirvi”.
Hook la guardò alzando un sopracciglio.
La donna si inumidì le labbra per poi riprendere a parlare, “Vendetta.” sussurrò al suo orecchio.
Il capitano rizzò la schiena. Il suo sguardo si fece più cupo e più interessato. Era come se Hook dentro di lui si fosse “risvegliato”, mettendo Killian da parte.
“Vendetta contro Tremotino” precisò la donna, senza staccarsi da lui, e scandendo ogni parola.
Hook rimase come paralizzato: quella donna sbucata dal nulla gli stava offrendo la sua occasione di vendicarsi proprio dopo che aveva quasi deciso di metterla da parte. Il destino faceva brutti scherzi.
“Io posso aiutarvi ad ucciderlo, se voi decidete di unire le vostre forze con le mie”.
La donna si allontanò da lui, continuando a fissarlo, “Qualche problema?” domandò.
“Come?” chiese lui con voce ferma.
“Per i dettagli vi informerò quando sarete tornato nel nostro mondo” rispose lei divertita.
Hook non sembrava ancora deciso, e alla donna non sfuggì.
“Cosa vi trattiene?” chiese con un sorriso quasi crudele, “La bella ragazza dai capelli rossi che vive sulla vostra nave?”. Il suo tono era derisorio.
“Non c'è nulla che mi trattiene!” rispose lui con voce rabbiosa.
“Sarebbe comprensibile.” esclamò lei guardandolo con espressione suadente, “Capisco il fascino”. Cercò di portargli una mano al petto ma Hook le bloccò immediatamente la mano con l'uncino.
La donna rise nuovamente. C'era qualcosa di maligno in lei.
“Mi aspetto di rivederla, capitano” rispose lei, allontanandosi, “Quando tornerete nel nostro mondo, recatevi pure da me: Regina”.
Hook si voltò, seguendola con lo sguardo, e vide che c'era qualcun altro insieme a lei: un uomo con in mano un cappello. Il capitano rimase di sasso non appena quest'ultimo agitò il cappello, permettendo a lui e alla donna di sparire in un vortice di luce. Si diede qualche colpetto alla testa per assicurarsi che fosse sveglio e non stesse sognando. Voleva riflettere su quanto fosse accaduto ma c'era davvero poco su cui riflettere: probabilmente sarebbe andato a far visita a quella donna molto presto. Per un secondo si odiò per la sua decisione, ma al capitano bastava sentire le parole “Tremotino” e “vendetta” messe insieme per fargli dimenticare qualsiasi cosa.
Il mattino dopo, Hook era fermo sul ponte a guardare il mare, rigirando il fagiolo fra le mani. Decise di non stare troppo a rimuginare e lo rimise nella sacca che portava alla cintura. Quando era tornato nella stanza la notte prima, Ariel si era completamente addormentata, e lui aveva deciso di non disturbarla, così si era rimesso a terra: non aveva chiuso occhio tutta la notte. Alle prime luci del mattino, si era vestito, facendo attenzione a non svegliare Ariel e si era recato fuori, sul ponte principale. I suoi uomini ormai erano pronti a partire, doveva soltanto lanciare il fagiolo in mare ma c'era qualcosa che lo tratteneva in effetti: voleva dire ad Ariel la verità, voleva informarla su cosa aveva intenzione di fare una volta tornato indietro.
La ragazza uscì dalla stanza, stiracchiandosi, e osservando il panorama intorno a lei. Lo vide e gli si avvicinò titubante ed evidentemente imbarazzata per la sera precedente.
“Killian, i-io...”, il suo tono era timido, come se volesse scusarsi.
Hook la fermò, prendendole una mano.
“Marina”, cominciò guardandola negli occhi, “tra poco partiremo”.
“Lo so” rispose lei con un sorriso calmo.
“Ascolta, quando torneremo...c'è una cosa che dovrò fare” esclamò lui convinto, mentre lei continuava ad osservarlo con gli occhi pieni di curiosità, come se pensasse che ciò che doveva fare non avesse nulla a che vedere con un omicidio.
“Cosa?” domandò.
“Vendicarmi” rispose il capitano con voce ferma e decisa.
“Come?”, la voce della ragazza iniziava a diventare vagamente sospettosa.
“Uccidendo colui che mi ha portato via la mano...e l'amore”, esclamò lasciando cadere lo sguardo sul suo uncino, e una lieve rabbia gli attraversò l'animo.
“Killian”, cominciò lei con voce compassionevole, “la vendetta non ti renderà felice”.
Ariel sapeva quanto la vendetta lo avrebbe reso soltanto più vuoto e solo di quanto non fosse già.
“Puoi ricominciare a vivere”, continuò come se la sua fosse una supplica.
Hook si allontanò leggermente da lei. La sua espressione era diventata oscura, le labbra erano serrate e gli occhi ridotti a due fessure. La ragazza allungò una mano verso di lui, prendendogli l'uncino, e avvicinandolo a sé, all'altezza del cuore: lo guardava in modo implorante.
“Che scena stucchevole”.
Il capitano si girò di scatto, parandosi davanti ad Ariel, mentre tutti gli altri uomini avevano sguainato le spade, pronti a combattere. Regina li fissava con un ghigno divertito, alle sue spalle c'era di nuovo l'uomo con il cappello.
“Allora avevo ragione a pensare che qualcuno vi stesse trattenendo” constatò guardandosi le unghie.
Ariel era terrorizzata alle sue spalle: quella donna non le sembrava molto amichevole.
“Pensavo fossi andata via”, esclamò Hook alzando l'uncino a mezz'aria.
“Volevo soltanto assicurarmi che non faceste sciocchezze” rispose con pungente ironia.
“Non è un tuo problema, lasciaci in pace” rispose lui avanzando leggermente.
Regina scoppiò in una forte risata, che aveva una leggera nota di sadismo.
“Capitano, mettereste da parte la vostra vendetta per lei?” chiese con evidente sarcasmo.
Hook non le badò e si voltò verso Ariel, prendendole le mani.
“Marina, io devo fare questa cosa” esclamò con voce risoluta, “Ti prego, resta con me. Dopo che l'avrò ucciso, potremmo vivere una vita nuova”.
La sua espressione era disperata, come se fosse un naufrago in cerca di un'isola.
Ariel cominciò a sentire le lacrime invaderle gli occhi. Lei doveva guarirlo, non alimentare la sua oscurità. Pocahontas aveva detto che poteva aiutarlo, ma di certo non gli sarebbe stata accanto mentre cercava di uccidere un uomo.
“Credimi, Killian, è la cosa che desidero di più” rispose lei con voce rotta, “ma so che tu non diventerai mai la persona che io spero”. Ariel si allontanò da lui.
“Posso cambiare...per te. Lo sto già facendo” rispose lui, cercando di avvicinarla di nuovo.
“No, non è vero”, esclamò la ragazza con un sorriso amaro.
“Marina...”, sussurrò piano. “Non deve finire così. Puoi venire con noi...basta dirmi che lo vuoi”.
“Le tue sono solo parole, perchè ti importa soltanto di te stesso. Sei e resterai sempre Hook”.
Ariel lo spinse indietro: il suo viso era contratto in una smorfia e gli occhi pieni di lacrime (2).
“Forse non voglio essere più Hook”.
“Sappiamo entrambi che non è così”.
Hook si allontanò da lei, consapevole del fatto che non lo avrebbe seguito.
“Io voglio che tu stia con me”, continuò lui con sguardo malinconico.
“Anche io...ma non in questo modo”, rispose la ragazza scuotendo il capo.
Regina, intanto, aveva alzato gli occhi al cielo in una smorfia annoiata.
“Vi state struggendo tanto per una donna che vi ha mentito?” intervenne la donna, facendo voltare sia Hook che Ariel, e sul viso di quest'ultima la preoccupazione era evidente.
“Cosa?” domando Hook, sconcertato.
Regina, stanca di parlare, roteò gli occhi e fece un gesto veloce con la mano.
Ariel cadde a terra, avvolta da una nube di fumo viola, incapace di muoversi, e quando guardò le sue gambe, per poco non si sentì male: era tornata una sirena, e quella donna sapeva che lo era.
Hook la osservava: il suo sguardo era indecifrabile, sembrava confuso e spaventato quasi.
“In cosa l'hai trasformata?” ringhiò, avanzando verso Regina, che in tutta risposta sembrava che si stesse godendo un gran bello spettacolo.
“L'ho solo riportata alla sua forma originale, nulla di più”, esclamò la donna con tono innocente.
“Forma originale?”. Lo sguardo si Hook sfrecciava da lei a Regina. “Marina?”.
“Marina? Nome appropriato, ma falso”, continuò Regina, senza guardarli.
Ariel abbassò lo sguardo. Non avrebbe mai pensato che la verità un giorno sarebbe venuta fuori, ma forse era proprio ciò che Pocahontas aveva cercato di dirle.
Tu appartieni all'oceano, anche se hai le gambe continuerai ad appartenere ad esso, per sempre. Non esiste magia in grado di cambiare questa cosa, rammenta”.
La frase della ragazza, insieme al sogno che aveva fatto il giorno prima, rimetteva insieme i pezzi.
Ariel si voltò verso Hook, ormai non poteva nascondergli più nulla.
“E' tutto vero”, esclamò facendo voltare il capitano “Il mio nome è Ariel, non Marina”.
“Tu...tu mi hai mentito. Mi hai mentito su di te, sul tuo nome”.
La sua voce era chiaramente offesa, sembrava che facesse fatica a crederci.
“Sono sempre io”, intervenne lei, “Guardami, Killian...sono io”.
“Perchè mi hai mentito?”.
“Non potevo dirti la verità su di me, mi dispiace”.
Lo sguardo di Hook cadde sul suo collo e vide che portava una collana che lui aveva perso qualche tempo fa. Come faceva ad averla? L'ennesima risata di Regina lo fece distrarre. La guardò scomparire, esattamente come aveva fatto la sera prima. Anche se non la conosceva, già odiava quella donna: faceva guai e poi fuggiva.
Hook tornò ad osservare Ariel. Era arrabbiato. Si sentiva tradito e preso in giro. Erano bastati pochi secondi per annullare tutto ciò che aveva condiviso con quella ragazza: gli aveva mentito sul suo nome e sulla sua vera natura, indossando una maschera.
Senza guardarla, si girò verso Flynn. “Gettala in mare”.
La sua voce era fredda, completamente diversa da quella che Ariel aveva sentito prima.
Flynn si avvicinò ad Ariel e si voltò verso Hook, come se sperasse che annullasse l'ordine, ma il capitano non sembrava intenzionato a farlo, così prese in braccio la ragazza.
“Mi dispiace, Ariel”, le sussurrò sottovoce.
“Non mi lascerai andare!”, esclamò Ariel, guardando Hook da dietro la spalla di Flynn.
“Perchè non dovrei?”, domandò lui allargando le braccia.
“Tu sei un codardo, Killian Jones!”. La voce di Ariel era piena di rancore. “Nel tuo cuore, non c'è spazio per l'amore ma solo per la vendetta, e quando l'avrai ottenuta, non avrai più nulla da bramare...la tua vita sarà vuota, così come il tuo cuore. Sarà una fine, non un inizio!” (3).
Hook continuava a tenere lo sguardo basso, come avesse paura di incontrare i suoi occhi pieni di lacrime e di odio verso di lui. Voltò le spalle, avvicinandosi al timone. Non appena sentì il tonfo nell'acqua, chiuse leggermente gli occhi.
Ariel si sentiva persa e ferita. Il cuore era pieno di rabbia per quella donna e di dolore per ciò che Killian aveva appena fatto. Avvertiva un vuoto all'altezza del petto come se il cuore le fosse stato strappato. Si voltò, e vide la nave in superficie, poi un varco di luce viola si aprì nell'acqua: il portale. La nave stava avanzando verso esso, e Ariel sapeva che ormai non c'era più niente per lei all'isola. Se avesse attraversato il portale, avrebbe avuto modo di rifarsi una vita, anche se non sapeva di preciso come, ma l'avrebbe scoperto.
La sirena aspettò che la Jolly Roger iniziasse la sua traversata, dopodiché la seguì, senza indugiare ulteriormente: forse per lei non era ancora troppo tardi per ricominciare.


 
Note:
 
  • (1) frase tratta dalla puntata 2x06 “Talahassee”;
  • (2) questa scena si ispira leggermente a quella tra Bae ed Hook dell'ultima puntata;
  • (3) questa frase è tratta invece dalla 2x20 “The Evil Queen”, la dice Hook a Regina.

Dopo un po' di assenza, sono riuscita a pubblicare il sesto capitolo. Non sapevo se portare avanti o meno questa storia e vorrei dedicare questo capitolo a Pikky, perchè grazie alle sue recensioni confortanti, mi sono risollevata e ho deciso di continuarla :). Spero che non faccia troppo schifo, anche perchè questo capitolo è senza betaggio, quindi spero di non aver fatto troppi “orrori” (se li vedete, fatemeli presente xDD). Onestamente non so quale sia il risultato, dovete dirmelo voi :). Spero che vi sia piaciuto, se vi va lasciatemi un commento anche piccino piccino :3.
Alla prossima C:
   
 
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