NDA chiedo scusa se non sto
aggiornando spesso ma sono molto impegnata in questo periodo!! Grazie a tutti
quelli che leggono o commentano, ma soprattutto un abbraccio e un grazie
particolare ad Aqua Princess
che segue la mia storia con entusiasmo e commenta ogni capitolo. Grazie!!! Mi fa
davvero piacere, continua a seguire la storia per favore ^^!
Cap23
“Sara,
Sara apri gli occhi! rispondimi!” Coco era sconvolta ma consapevole che in quel
momento non poteva abbandonarsi alle lacrime. Sara stava bene, era soltanto
svenuta, piuttosto, doveva occuparsi di Seira. Doveva
darle la perla arancione.
Seira aveva visto
sua sorella cadere e perdere conoscenza. Si era pietrificata, non riusciva più
a muoversi, il terrore di quella scena l’aveva bloccata. Nascosta dietro a un’ampia
colonna, la piccola sirena arancione tremava di paura.
“Come sta Sara?” domandò Noel a Coco.
“Non preoccupatevi” rispose quest’ultima,
rialzandosi velocemente e lasciando il corpo di Sara, “è solo svenuta, si
riprenderà”.
Quelle parole rincuorarono le sirene, ma
più di tutte rincuorarono Seira, che ebbe il coraggio
di farsi avanti e correre ad abbracciare sua sorella, ancora a terra. Niente lacrime,
non c’era tempo. La principessa Coco le porse l’oggetto più ambito da ogni
sirena, ma a cui Seira non aveva mai pensato, mai
rivolto i suoi desideri… Ora però toccava a lei:
nella sua mano stringeva la preziosa perla arancione.
Stava sognando? Davvero qualcuno la
stava chiamando? Era davvero quel qualcuno?
No, aveva immaginato tutto. Forse le mancava così tanto che ora le sembrava di
sentirlo vicino. Eppure…
“Hanon!”
Sì! Ne era certa! Non stava sognando,
era LUI!
“Tarou! Tarou! Sono qui, Tarou! Aiutami!”
Tale era stata la gioia nel risentire la sua voce che si era completamente
dimenticata di quello che era successo con Grangelus,
dei suoi sentimenti, di cosa avrebbe dovuto dire a Tarou
e come lui l’avrebbe presa. Per il momento non le importava: voleva solo uscire
dalla sua prigione e correre fra le braccia del ragazzo che amava tanto, o che
aveva tanto amato. I due ragazzi si ritrovarono, ma uno spesso, gelido muro li
divideva.
“Stai bene?” le chiese Tarou.
“Si, ma voglio uscire di qui, però non
ci sono porte, né finestre abbastanza grandi da permettermi di fuggire.”
“Deve esserci un’apertura!” insistette
lui.
“Se solo vessi la mia perla!” sospirò
lei. “Forse potrei cantare e vedere se il potere che mi tiene prigioniera si
affievolisce! Ma probabilmente è andata perduta, e io non potrò cantare mai
più.”
“La tua perla è qui con me!” la informò Taoru.
“Davvero?”
“Sì,” la rassicurò lui, “non me ne sono
mai separato dal giorno del suo ritrovamento, poco dopo la tua scomparsa”. Lacrime incontrollabili salirono
agli occhi di Hanon.
“Se solo riuscissi a fartela avere, se
solo riuscissi a trovare anche un piccolo buco, un misero spiraglio…”
disse il ragazzo osservando disperato la parete liscia, e…
non poteva crederci! Quello spiraglio c’era! Era lì, sopra la sua testa,
nascosta dall’ombra!
“Hanon!”
gridò, “Guarda in alto! Ti restituirò il tuo potere!”
La perla blu oltrepassò il minuscolo
passaggio.
“Voce di perla arancione!”
Per la prima volta quelle parole furono
pronunciate da Seira e per la prima volta la
sirenetta cantò, e la sua voce era stupenda e potente, tanto da lasciare Grangelus esterrefatto e quasi inerme dallo stupore, quando
un’altra melodia si insinuò nella sua testa, un’altra voce a lungo agognata,
che ora cantava per lui.
La canzone aveva abbattuto il muro che
imprigionava la principessa. Probabilmente, più che il potere della sua perla,
era stato quello dei suoi sentimenti a liberarla. Desiderava davvero con tutte
le sue forze che tutto finisse, di smettere di soffrire.
Hanon e Tarou si riabbracciarono piangendo.
“Se tu sapessi quanto mi sei mancata e
quanto fossi in pena per te!” disse lui tra le lacrime, un attimo prima di
baciarla dolcemente.
“Anche tu mi sei mancato tanto” rispose
lei, sincera, dopo aver assaporato quel bacio delicato e piacevolmente salato
dal sapore delle lacrime. Le vennero in mente tante sensazioni e tante cose che
avrebbe voluto dirgli, o magari non dirgli, anche se nei lunghi giorni di
reclusione si era ripromessa che se avesse rivisto di nuovo il suo Tarou gli avrebbe raccontato la verità, tutto ciò che era
successo, tutto. Però in quel momento
non poteva lasciarsi tormentare dai dubbi: Tarou le
aveva detto che le sue amiche stavano combattendo contro Grangelus,
e lei doveva aiutarle! Voleva impedire che il tritone facesse loro del male….o che loro ne facessero a lui. Doveva cantare.
Straziante. Così bello da essere
doloroso. Non sentiva quella voce da giorni, e da quando era lì non aveva mai
cantato. Ma adesso quella melodia incantevole, il suono cristallino delle
parole, l’ordito e la trama d’un tessuto di suadenti emozioni, nascevano e si
incrociavano per torturarlo, consapevoli della sua debolezza, del suo
masochismo, dell’estasi di quella passione bruciante per lei, ardente nelle sue
viscere come non mai. Sentirla cantare… quale oblio
più dolce?
Grangelus sembrava
caduto in una specie di stato di trance… Non
combatteva più, non parlava più, il suo sguardo era vuoto. Se fosse morto in
quel momento la sua unica consolazione sarebbe stata quella di sentire per
ultime quelle vivide note e la sua unica pena quella di non poterle riascoltare
mai più. Il canto si fece sempre più intenso e più vicino. Grangelus
ebbe la sensazione che stesse passando attraverso di lui per svuotarlo della
sua volontà. D’improvviso il canto cessò. Un’apparizione onirica di luce,
angelica, splendente, era di fronte a lui. Una piccola mano affusolata si posò
sul suo viso. Due occhi incredibilmente belli e sereni, tanto vicini al suo
volto, lo guardavano. La mano accarezzò la sua guancia, lui era come
ipnotizzato.
Tutto diventò silenzio. La stessa mano
che poco prima lo accarezzava era scivolata sul suo petto. Erano soli. Intorno c’era
il buio e tutti erano scomparsi. Era la sua immaginazione? Perché non si
ribellava a quel tocco? A quegli occhi? perché? Solo un lieve fremito, stava
riuscendo a smuovere il suo corpo, sotto il tocco di quella mano che scendeva
ora insieme alla sua compagna, tracciando inevitabili scie bollenti sulla sua
pelle. Ogni centimetro, ogni millimetro sfiorato da quelle dia sembrava
scottare, e quelle miriadi di percezioni venivano registrate e impresse una ad
una nella sua mente. Quanto tempo era passato? Minuti? Ore? Poi le mani
arrivarono alle sue, che stringevano forte la fonte di ogni potere, ogni
angoscia e ogni bramosia: il libro. Quelle mani ora toccavano il libro, l’avevano
afferrato, gliel’avevano strappato. Non gli importava, purchè
tornassero presto a posarsi su di lui.
Nessuno aveva osato dire nulla. Lo stupore
generale fu intenso. La principesse erano felici di rivedere finalmente Hanon sana e salva, persino Sara aveva riaperto gli occhi ed
era riuscita a mettersi seduta, benché solo grazie all’aiuto di Madame Taki e della parete a cui si era appoggiata, ma nessuno
ebbe il coraggio di fare o dire nulla, di interrompere quella scena. Avevano guardato
Hanon avvicinarsi al nemico con eccezionale tranquillità,
toccarlo e guardarlo dritto negli occhi, per poi strappargli in un attimo un
oggetto dalle mani senza che questi, seppur immensamente forte, opponesse la benché
minima resistenza. Egli resto immobile anche quando lei parlò.
“Dobbiamo distruggere questo libro!”
annunciò Hanon rivolgendosi alla altre sirene. “E’ questo
libro la fonte del potere e della malvagità di Grangelus.
Senza di esso, non ci sarà bisogno di combattere ancora contro di lui.” L’emozione
i rivedere la sue amiche riuscì quasi a sopraffarla manifestandosi in piccole
lacrime di gioia scintillanti, ma mantenne la calma e la freddezza consone alla
situazione e continuò: “Probabilmente la cosa migliore sarebbe bruciarlo”.
“Ma come faremo? Siamo sott’acqua, dove
troveremo del fuoco?” chiese Luchia.
“Ci penserò io” intervenne Madame Taki, “i miei poteri serviranno a qualcosa, dopotutto. ”
E così pronunciò una strana formula, e
il libro diventò un’ardente sfera infuocata, fino a ridursi in insignificante
cenere.
Per Grangelus
fu come risvegliarsi da un lungo sonno; tutto il suo rancore, la sua rabbia,
erano svaniti per sempre. Solo l’amore per lei
era rimasto immutato.
Ma non era ancora finita. Qualcun altro
aveva assistito a quegli aventi, e ora si mostrava ai presenti.
“Non crediate che tutto si sia risolto
così facilmente!” esclamò la figura avvolta in un mantello scuro.
“Finalmente sei uscito allo scoperto, Mintas.” disse Madame Taki.