Qualcosa di sbagliato
“Che
seccatura!”. A parlare era stato un ragazzo appollaiato su un
masso.
Se c’era una
cosa che mal sopportava era aspettare. E se c’era una cosa che proprio
non sopportava era aspettare una donna.
E dire che, se viceversa era un uomo ad arrivare in ritardo ad un appuntamento, quest’ultimo poteva considerarsi fi-ni-to!
Invece loro, le
femmine, quando tardavano, venivano correndo agli incontri, trafelate dalla
corsa, e chiedevano scusa, sorridendo con i loro visini angelici e le gote
arrossate. Ti guardavano con quegli occhi brillanti e tu, come uno scemo, ci
cascavi.
“Vedrai che tra
poco sarà qui” lo rassicurò un uomo alto dai capelli scuri, dando l’ennesimo
tiro ad una sigaretta.
Shikamaru gli scoccò un’occhiata annoiata. Nemmeno Asuma era convinto di quello che aveva appena detto e anche un neonato l’avrebbe capito.
“Donne, tsk”
sbottò nuovamente. Lui non aveva tempo da perdere! Da quando era diventato
chuunin e Tsunade-sama la Godaime, gli venivano rifilati tediosissimi incarichi
diplomatici, che lo occupavano anche per giorni
interi.
Shikamaru,
nonostante non lo ammettesse apertamente, amava il suo team: erano insieme da
anni, dal periodo in cui lui, Choji ed Ino erano semplici genin, e non avrebbe
cambiato i suoi compagni di squadra per nulla al mondo. Allenarsi con loro era
sempre divertente. Ritrovarsi tutti al ristorante e mangiare assieme era
piacevole. Ed era molto affezionato anche al suo sensei, Asuma Sarutobi: un uomo
straordinario, oltre che un adulto davvero
figo.
Shikamaru
inconsciamente voleva essere come lui. Per tutto questo e altro ancora, il
ragazzo riusciva sempre, tra i suoi vari impegni, a trovare tempo per stare con
il suo team.
Ma non
tollerava assolutamente e in alcun modo i ritardi di Ino. Insomma, lui faceva i
salti mortali per incastrare tra loro gli incarichi affidatigli e lei con i suoi
maledettissimi ritardi gli incasinava i programmi. E per cosa poi? Un capello
fuori posto?
“Oh, eccola”
avvertì Choji, accartocciando il sacchetto di patatine consumate nel
frattempo.
Shikamaru alzò
lo sguardo. Questa volta l’avrebbe sentito!
Come previsto,
Ino correva verso di loro. Quando infine arrivò, era trafelata e si appoggiò
alle ginocchia, piegata in due, per riprendere
fiato.
“Ino, alla buon
ora!” commentò Asuma, spegnendo la sigaretta sotto la
scarpa.
La ragazza
rizzò la schiena, giungendo le mani come in preghiera. “Mi perdoni, sensei! Mia
madre aveva bisogno di una mano in negozio e non potevo
lasciarla”.
Non si berrà
questa cavolo di scusa, pensò il ragazzo con il codino, guardando verso
l’uomo.
“Va bene, Ino”.
La bionda in questione fece un ampio sorriso. “Ma cerca di essere puntuale d’ora
in poi” concluse Asuma, chiudendo gli occhi e
sospirando.
Ecco: le donne
l’avevano sempre vinta. Bastavano due occhi dolci e un risolino ed il gioco era
fatto!
“Ora andiamo,
ragazzi”.
La kunoichi e
il ragazzo paffuto si scambiarono uno sguardo in segno di saluto e si avviarono
dietro al loro sensei.
Shikamaru li
guardò camminare, fissando in particolar modo la compagna. Scese dal masso e li
raggiunse.
“Ehi, Ino” la
chiamò, affiancandola. “Non ti farebbe male essere puntuale una volta tanto” le
fece notare. Con lui non l’avrebbe passata liscia.
La ragazza
aggrottò le sopracciglia, sbuffando sonoramente. Ci mancava solo che il genietto
Nara la rimproverasse! Aveva già avuto una mattinata pessima ed ora ci si
metteva pure lui a scocciarla.
“Non rompere,
Shika. Ho chiesto scusa” disse stancamente, senza obbiettare
oltre.
Che le prendeva
ora? Non era da lei rispondere così. Di solito lo faceva urlando. E gli spaccava
anche un timpano.
Furono questi
gli immediati pensieri del giovane chuunin, che tuttavia decise di finirla lì e
prese ad osservare la bionda di sottecchi. A prima vista sembrava la solita Ino:
stesso modo provocante di vestire, stessa acconciatura e … forse, ora che
guardava meglio, era un po’ pallida.
Cercò l’amico
con lo sguardo e, una volta ottenuta la sua attenzione, gli indicò Ino, con un
cenno impercettibile del capo. Vide Choji scrutare attentamente la
ragazza.
“Voi! La
piantate di fissarmi?!” sbottò la bionda, arrabbiata. “Cosa state guardando? Si
può sapere?” chiese, incrociando le braccia.
“Niente”
risposero i due all’unisono, tornando a guardare la strada
davanti.
Ino li squadrò
entrambi, per riuscire ad intuire quello che passava loro per la testa. Perché
la stavano guardando in quel modo? Aveva qualcosa fuori posto? Abbassò lo
sguardo su di se. Di certo avevano notato che era ingrassata, pensò. Si osservò
la pancia scoperta: che schifo! Aveva un ventre disgustosamente flaccido. Doveva
smetterla di mettere quel top che le copriva solo il seno. D’ora in poi avrebbe
nascosto quell’addome raccapricciante!
E anche le
braccia, ora che ci pensava: sembravano due mortadelle, da quanto erano grosse.
Orribile.
Lei faceva di
tutto per sembrare carina, ma quello era il
risultato.
Quella mattina
Asuma li spremette come limoni: oltre al solito esercizio fisico, decise di fare
anche un combattimento, in cui i tre chuunin avrebbero dovuto catturarlo.
Nonostante l’intelligenza di Shikamaru, la forza di Choji e la determinazione di
Ino, ci impiegarono parecchio tempo prima di riuscire ad acciuffare il loro
sensei.
“Va bene,
ragazzi. Siete stati bravi, ma… ce l’avreste fatta già da un pezzo se tu, Ino,
non avessi commesso quell’errore all’inizio. Allena di più il tuo ninjutsu”
commentò l’uomo, sorridendo. Il suo tono non era severo: non la voleva
rimproverare, ma solo dare un consiglio alla sua
allieva.
Un altro
sbaglio e sempre io… sbaglio solo io…
“Sì, sensei”
rispose la bionda, sorridendo.
“Ora slegatemi
e andiamo a pranzare”. L’uomo era seduto a terra con le mani legate dietro la
schiena. E l’immancabile sigaretta in bocca.
“Siiii! Avevo
proprio fame!” gridò Choji di gioia.
Tutti si
voltarono nella sua direzione e lo guardarono con gli occhi a mezz’asta. E
quando mai non hai fame, pensarono
contemporaneamente.
“Sensei, ti
sleghiamo solo se offri tu il pranzo” propose la
ragazza.
“Sì, offri tu”
le diede man forte Shikamaru, ghignando. Prima o poi quell’uomo sarebbe andato
in banca rotta, a forza di pagare loro il pranzo (soprattutto
all’Akimichi).
“E va bene!”
sbottò Asuma, con espressione sconfitta.
Poco dopo si
avviarono tutti al solito chiosco.
Mentre
camminavano, però, Ino rimase indietro.
Non aveva più
forze. Si sentiva debolissima. Le gambe le tremavano e i suoi passi divenivano
sempre più incerti. La ragazza si concentrò per riuscire ad avere un’ andatura
decente. Doveva solo resistere: tra poco si sarebbe seduta e avrebbe riposato.
Poi avrebbe mangiato qualcosina, giusto per non svenire. Anche se era a dieta,
se le fosse successo qualcosa per questo motivo, i suoi l’avrebbero
sgridata.
Choji si voltò
verso l’amica, volendo intimarle di sbrigarsi, dato che aveva una fame da lupi.
Tuttavia, quando la vide così pensierosa, non disse
nulla.
“Ehi, Shika”
sussurrò all’amico, che gli stava di fianco.
Un occhio pigro
si voltò nella sua direzione.
“Non ti sembra
che Ino sia strana oggi?” gli disse, preoccupato.
“Forse ha le
sue cose” rispose quello, dopo averci pensato un
po’.
Choji annuì,
anche se non ne era molto convinto.
Una volta
arrivati al chiosco, incontrarono i membri del team Kakashi, seduti ed intenti a
pranzare.
Ino prese
subito posto vicino a Sakura, facendosi spazio tra lei e Naruto, che riemerse
per un secondo dalla sua ciotola di ramen fumante, solo per lanciarle uno
sguardo contrariato.
Come da copione
le due kunoichi cominciarono a spettegolare del più e del
meno.
Shikamaru e
Choji presero posto vicino a Sai, che molto compostamente consumava il suo
pasto.
Era molto
divertente vedere insieme lui e quella testa quadra di Naruto: erano così
diversi! Il primo tutto compito e preciso, mentre il secondo esattamente
l’opposto: il biondo si abbuffava con il cibo, mentre il giovane dai capelli
scuri mangiava in modo… beh, normale, come ogni persona (tutti meno uno,
ovviamente).
Quando fu il
momento di ordinare, i ragazzi e Asuma chiesero ognuno una porzione di carne
(Choji quattro, per l’esattezza), tranne Ino che volle solo un’insalata
scondita.
“Ino, ancora
con le tue diete, eh?” commentò Sakura,
scherzosamente.
Io
almeno ci tengo alla linea…ti sei mai guardata allo specchio, tu?! Sembri un
elefante, un enorme elefante con i capelli
rosa…
“No, è che oggi
non ho appetito”.
“Ino, sforzati
di mangiare qualcosa in più, o dopo non ce la farai a sostenere l’allenamento”
le disse Asuma, premuroso.
Ino si
innervosì, ma si trattenne dall’urlare in faccia al suo sensei di farsi gli
affari suoi. Insomma, perché nessuno capiva che lei era grassa? Perché tutti la
volevano ingozzare a quel modo?
Le mani di Ino
strinsero spasmodicamente la gonna che le copriva le cosce. Le sue grosse
cosce.
“Ino, mangia il
ramen! Non c’è niente che nutra di più del ramen!” proclamò Naruto d’un
tratto.
“Non dire
cavolate, baka” disse Sakura, mostrandogli un
pugno.
Questo provocò
una risata generale.
La bionda si
calmò e sorrise, lasciando andare la stoffa del suo vestito. Avrebbe chiesto
qualcos’altro da mangiare e poi… avrebbe fatto come al solito, si disse. Non
doveva complicare tutto, in fondo. Bastava agire così e sarebbe andata bene,
come sempre.
Di nuovo,
nell’arco di quella giornata, Shikamaru e Choji si scambiarono uno sguardo
allusivo.
Dopo pranzo, il
gruppo si spostò nel prato lì vicino, per riposarsi un
poco.
Asuma li
lasciò, dicendo che doveva sbrigare una commissione e che sarebbe comunque
tornato presto.
“Ah… Ho
mangiato tantissimo!” sospirò Choji soddisfatto, mentre si buttava steso
sull’erba.
“Cho, tu mangi
sempre tanto” gli fece notare Ino, seduta affianco a
lui.
“E tu troppo
poco Ino”.
Era stato Shikamaru a parlare. La ragazza lo guardò male, ma lui non se ne accorse, troppo impegnato a scrutare le nuvole in cielo.
Possibile che non capisse? Perché nessuno ci arrivava? La stavano prendendo tutti in giro alle sue spalle?
“Io… fatti gli
affari tuoi, Shika” replicò lei, raccogliendo le gambe al petto e poggiandovi
sopra la testa.
“Non ti
arrabbiare, Ino” intervenne Choji, che nei loro battibecchi aveva sempre
interpretato il ruolo del paciere. “Shikamaru era solo preoccupato,
no?”.
“Tsk” fece
quello, borbottando anche altre cose, che nessuno
comprese.
Figuriamoci se
quel pigro ed indolente ragazzo poteva essere in pensiero per
lei!
Anche se
crescendo era diventato meno apatico di quando era bambino, Ino dubitava
pensasse a qualcun altro tranne che a se stesso.
Lei e il
ragazzo non erano legati da una profonda amicizia, come lui e Choji, anche se si
conoscevano da una vita per via dei loro genitori, che erano amici e compagni di
missioni.
Da piccoli
giocavano spesso insieme. Cioè, per meglio dire, lei e l’Akimichi giocavano e
Shikamaru poltriva o li osservava annoiato.
Però,
nonostante questo, a loro mancava un rapporto basato sulla confidenza reciproca.
Ino sapeva che, in quanto compagni di team, poteva fidarsi di lui ed, inoltre,
stimava le sue doti di shinobi, anche se non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto
tortura.
Shikamaru, nel
complesso, era perfetto: eccellente chuunin, godeva della piena fiducia della
Godaime, anche se la sua prima missione, quella come leader della squadra di
recupero di Sasuke Uchiha, era fallita.
Lui era
intelligente, l’erede del clan Nara, stimato dagli amici e con una bellissima
fidanzata: Temari della Sabbia.
Mentre lei,
Ino, cos’era? Cos’aveva di bello? Nulla.
Invidiava
Shikamaru, la cui vita pareva perfetta. E forse, per questo, cominciava anche ad
odiarlo…
Ormai era quasi
il tramonto: il sole stava morendo dietro le montagne e lasciava lungo tutto
l’orizzonte una scia rosso sangue.
Gli allenamenti
per quel giorno potevano considerarsi finiti.
Asuma era
soddisfatto dei suoi allievi.
Certo, Choji
avrebbe dovuto mangiare un po’ meno (anche per il bene del suo portafoglio),
Shikamaru essere meno brontolone ed Ino meno attenta a non rovinarsi le unghie,
ma, tutto sommato, era soddisfatto. Alla fin fine, ogni essere umano possedeva
almeno un difetto, in quanto tale: lui, per esempio, aveva il vizio del
fumo!
“A domani” li
salutò, prima di sparire tra le chiome degli
alberi.
I tre rimasero,
quindi, da soli nel campo di allenamento.
“Andiamo anche
noi?”.
Shikamaru
rispose all’amico con una specie di grugnito. Poi lo raggiunse camminando con la
sua solita andatura svogliata, le mani conficcate nelle tasche dei
pantaloni.
“Ino, che fai?
Non vieni?” chiese Choji alla ragazza, che in quel momento era seduta per terra,
la schiena contro il tronco di un albero.
“Tra un po’…
voglio godermi questo tramonto da qui” disse,
sorridendo.
Il chuunin con
il codino alzò un sopracciglio. Certo che Ino era davvero
strana!
“Vuoi che ti
aspettiamo?”.
Shikamaru
fulminò prontamente l’Akimichi con lo sguardo: lui doveva ancora recarsi
nell’ufficio dell’Hokage, prima di avviarsi finalmente a casa. Non voleva anche
dover aspettare i comodi di quella seccatura di
Ino.
“No, andate
pure! A domani” li salutò.
Quando fu sola,
tirò un sospiro di sollievo. In realtà si sentiva ancora le gambe molli. Questa
volta non ce l’avrebbe fatta a mettere un piede dietro l’altro. Si sarebbe
riposata un po’, proprio come dopo pranzo.
Sospirò
nuovamente. Doveva trovare un modo per non perdere così drasticamente le forze,
quando si allenava. Oppure, presto o tardi, qualcuno se ne sarebbe
accorto.
Oggi è successo solo per colpa di Asuma sensei che si è intromesso…
Se non l’avesse costretta a mangiare più della sua semplice insalata, lei non l’avrebbe fatto.
La Signora
Yamanaka guardò fuori dalla finestra e scrutò la strada
buia.
“Non si vede
ancora?” le domandò il marito dal divano.
“No… Inoichi,
forse dovremmo andare a cerc… oh, la vedo!” gridò la moglie, lasciando andare la
tendina.
Poco dopo la
porta di casa Yamanaka si aprì.
“Sono tornata!
Scusate il ritardo” disse la kunoichi, schioccando un bacio alla
madre.
“Tesoro, come
mai avete finito a quest’ora? Asuma non vi starà facendo allenare troppo? Si
dovrebbe ricordare che tu hai anche i jutsu medici, a cui dedicarti” borbottò
suo padre.
“Ma no, papino.
È che sono andata da Sakura per chiederle quando dobbiamo andare da Tsunade-sama
e poi ci siamo messe a parlare e…”.
“Immagino il
resto” commentò il padre, scuotendo sconsolato la
testa.
Ino rise e gli
buttò le braccia al collo.
“Cara, vieni in
cucina. Ti ho lasciato la cena in caldo” le disse la madre, osservandoli con
dolcezza.
Ino si
ricompose.
“Veramente ho
un po’ di mal di stomaco, preferirei non mangiare,
mamma”.
A quelle
parole, Inoichi fissò preoccupato la figura magra della
figlia.
“Ma
tesoro…”.
“Non
preoccupatevi… se mi sento meglio, ceno più tardi” li rassicurò
sorridendo.
Salì in camera
sua e si chiuse la porta alle spalle.
Era stanca.
Molto stanca. Decise di farsi una doccia e andare a
dormire.
Depose il suo
equipaggiamento ninja sulla scrivania e buttò i vestiti su una sedia, restando
così solo con la biancheria.
Si sciolse la
lunga coda bionda ed entrò nel bagno adiacente la sua
stanza.
Ora era davanti
ad un grande specchio, che la rifletteva
interamente.
Si osservò a
lungo.
“Non va
bene”.
Le sue guance
erano ancora eccessivamente paffute.
“Che
schifo”.
Quei rotoli di
ciccia erano davvero disgustosi.
“Sono
orribile”.
Aveva un sedere
enorme e dei polpacci troppo grossi.
“Perché…?”
sussurrò, soffocando un singhiozzo. “Perché sono
così?”.
Note
personali:
Cosa ne dite? Spero di essere
la prima ad affrontare questo tema. Volevo creare una fic diversa, singolare,
quindi per favore commentate numerosi!
Ne approfitto per ringraziare quelli che hanno commentato la mia one-shot
"Madness"!!
Queen