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Autore: Dernier Orage    26/05/2013    0 recensioni
Raccolta di testi, di frammenti, di poesie e di deliri. Dediche a noneroi, visi dimenticati. Ostalgie.
Genere: Poesia, Slice of life, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Gran colpi giungevano dall'atrio. Il pesante portone risuonava, l’aria vibrava, e sicuramente nella strada della notte qualcuno stava scorticandosi le mani.
Nevio illuminato dai riflessi del vetro colorato sembrava non percepire nulla.
I colpi scandivano i secondi, a volte sincopati, a volte regolari, il mese crudele scorreva ancora ed ancora fino a quell'ora inquietante e fissa, lenta nella notte, lenta a fare giorno.
Le quattro di Majakovskij.
I materassi alle pareti si strappavano aggrappati alle schegge di legno, bolle di noia si sollevavano sotto la mia pelle.
Nevio bianco costellato illuminato dalle lacrime immobile davanti al muro le mani dietro la schiena.
Cadeva sulle ginocchia. Si piegava sul ventre. Abbassava il capo.
L’acqua delle rogge tornava a scorrergli nella gola. La vita per la morte.
I colpi si affievolivano filtrati dalla nebbia, dall'abitudine, dalla stanchezza.

Il sonno.
Il fucile tracciava una diagonale sul torace del milite.
Controllava i documenti – vestito scuro e scialbo il volto, involgarito dalla foga e dall'errore.
I documenti falsi. La fuga. Il freddo. Il caldo. La morte per la vita.
Il risveglio.

L’odore del pane la mattina nella strada, quello del caffè.
Leninisti inni sui pannelli di legno dell’università.
Invocazioni a nordici dèi. Numeri. Indirizzi.

L’odore del caffè che copre l’umidità, ricorda l’infanzia quando nella luce non si sentono parole solo il fischio della caffettiera e i primi passi sul marmo freddo verso i genitori che non parlano, silenti attendono il caffè.

E poi tuo padre metteva su un disco e ti prendeva in braccio e danzavate ondeggiando jazz.

E poi andava al porto. I turni erano tre. Otto sedici ventiquattro.
Era capace a farne due su tre.
E tu temevi la stanchezza.
La tarda notte ritornava con una latta di zucchero di canna.
Carne argentina, caschi di banane. Sigarette e bottiglie senza monopolio.
Tesori sepolti nelle stive. Omaggi dal nuovo mondo.

La città stava crollando come richiamata al suolo e sconfitta dal cielo.

Alcuni nei rifugi portavano pile di materassi. Altri morivano calpestati, la testa contro il pavimento in terra battuta. Soffocati dalla polvere e la vernice fluorescente. Morte calda e scura. Nel ventre della propria madre – terra.

Miro, ti salvò un vecchio? Che fece? Ti strinse a sé, lo sconosciuto, in una nicchia. Come fu quando usciste? Com'era l’aria? Conosci l’odore del nitrile? Tremavi? Le lacrime vi si congelavano sugli zigomi? Conoscevate le vittime? I loro nomi erano sul giornale che trovasti su una scalinata?

Rimane una targa, il marmo si sfoglia.
Dimenticando.











   
 
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