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Autore: Ezzy O    26/05/2013    1 recensioni
"Quando fu sicuro di non sentire più niente se non la roccia sotto la pelle e l'aria che scivolava nei polmoni, aprì gli occhi.
La creatura era lì.
Sembrava aspettarlo.
La vide avviarsi, lentamente e senza nascondersi.
Non si alzò, non la rincorse.
Quella se ne accorse e si fermò dopo pochi passi silenziosi.
Rimase a fissarlo dritto negli occhi.
"Vieni." disse con la sua voce roca, e riprese a camminare.
Questa volta, Loki la seguì."
Dall'Inferno, sorgerà di nuovo il Caos pieno di rancore, assetato di vendetta e, questa volta, non sarà solo...
Genere: Angst, Dark, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Outcast'
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II
ΕΙΔΟΛΟΝ 
Eidolon
 
"Better to reign in Hell, than serve in Haev'n." 
John Milton, Paradise Lost
 
Λ
"Ti ei?" ripetè la creatura con rabbia.
Loki era bloccato a terra dalla sua stretta; sentiva la pressione delle falangi ossute sulla spalla e, nonostante il dolore, non riuscì a staccare gli occhi dai suoi.
Scintille di furia le danzavano nelle iridi nere, selvagge come fiamme, mentre la luce verde chiaro illuminava il volto magro, rendendolo se possibile ancora più sinistro.
La creatura lo osservò a lungo, senza spostare l'arma che gli aveva puntato alla gola.
Lo studiava con curiosità morbosa.
"Æsir?" sibilò infine, dopo un silenzio lungo e snervante.
A quella parola, Loki ebbe un fremito.
Solo allora la creatura scostò lo sguardo dai suoi occhi, liberandoli dalla morsa gelida in cui li aveva costretti.
Scrutava il volto del dio, le iridi saettavano da una parte all'altra, irrequiete. 
Poi si posarono sulla bocca, sui fili neri coronati di sangue che la serravano, e un sorriso crudele le attraversò il volto.
Con terrore, Loki vide la mano dell'essere avvicinarsi alle sue labbra, la luce fioca ne illuminava le unghie lunghe, nere e scheggiate. 
Capì che cosa voleva fare.
Provò a scuotere la testa, cercando di sfuggirgli.
Un pugno proprio sulla bocca lo lasciò intontito e senza fiato.
Le dita dell'essere sfiorarono le cuciture sulle sue labbra, indugiarono tra ognuna di esse, frementi.
Loki tremava, il cuore gli stava scoppiando nel petto.
Avrebbe parlato, ma non poteva.
Si sarebbe liberato, ma la forza che lo teneva inchiodato al suolo non lasciava via di scampo.
Attese, trattenendo il respiro ogni volta che le dita fredde toccavano un filo per troppo tempo.
Non servì divincolarsi: l'essere infilò le unghie tra le sue labbra, arpionando il primo filo con forza.
Tirò.
Il filo, strattonato, segava i muscoli, lacerava la carne lentamente, spingendosi sempre più all'esterno, finchè non si staccò, portandosi via un pezzo di labbra. 
E poi un altro, e un altro ancora.
Il sangue prese a scorrergli sul mento, e poi giù sul collo, insinuandosi sotto la casacca.
Colava violento in gola e bruciava sulla pelle.
Loki urlava e scalciava, ma la presa non si allentò, alle sue proteste seguirono solo ginocchiate tra le costole.
Un paio di queste scricchiolarono sotto i colpi.
Quando finalmente la pressione sul suo petto si sciolse, si voltò di lato con uno scatto.
Vomitò sangue e bile, che gli bruciò le nuove ferite.
Il sapore dei due liquidi mescolati lo fece rigettare ancora.
Si sentì tirare su a forza; la creatura lo spinse contro le rocce, puntando di nuovo quello che sembrava un rudimentale coltello sulla sua gola. 
Caricò il colpo.
Con uno schianto sordo che rimbombò nell'aria, nella roccia e nel suo corpo, il coltello trafisse la pietra a pochi millimetri da lui.
Gli occhi della creatura trafiggevano i suoi.
"Se puoi morire..." ringhiò l'essere nella lingua di Asgard "Fallo adesso!"
E scomparve.
 
Loki si lasciò andare contro la parete, sfinito, incurante dei tagli.
L'aria fischiava, passando tra le labbra lacerate ma libere.
Il sangue continuò a scorrere in piccole gocce lungo il mento per qualche tempo ancora, prima di fermarsi.
E si seccò piano, gli pizzicò la pelle.
Gli squarci, però, non si stavano riavvicinando.
Sapeva che ci sarebbero volute altre cuciture, o del fuoco per cauterizzarli, così invece non avrebbero certo avuto un bell'aspetto e...
Improvvisamente si rese conto del pensiero appena formulato, e una risata amara gli scosse il petto: era davvero ironico pensare all'aspetto di qualcosa in quel buio eterno!
Poi l'immagine della creatura passò davanti ai suoi occhi.
La risata si affievolì.
Ironico o no, era meglio continuare a vivere e darsi l'illusione che esistesse un dopo, visto che in ogni caso non poteva morire.
Il coltello dell'essere doveva essere ancora infilato nella roccia al suo fianco; dopo un paio di tentativi, riuscì a stringere le dita intorno al manico.
Lo strappò via, tenendolo davanti al volto anche se non poteva vederlo.
Ghignò.
Aveva un'idea e l'avrebbe messa in pratica, anche se... non sarebbe stato per niente piacevole.
 
Ε
Non aveva alcuna intenzione di allontanarsi.
La curiosità si agitava dentro di lei, come tutte le volte in cui la monotonia del Limbo era stata spezzata da qualcosa. 
Scrutò il nuovo prigioniero avidamente, nascosta dalle rocce. Stringeva tra le dita il piccolo cristallo verde, la sua luce, in modo che non la tradisse; dopo gli dei soli sanno quanto tempo laggiù, si era abituata a vedere anche nell'oscurità più completa, forme poco più che vaghe ma sufficienti.
Quindi rimase a osservare in silenzio.
Si chiedeva quanto tempo ci avrebbe messo a morire, e, se non poteva morire, quanto prima che impazzisse. In entrambi i casi, si sarebbe divertita un mondo a guardarlo strisciare nella sua disperazione. 
Forte in quell'aria asettica, il profumo di sangue le stuzzicava le narici e lo stomaco.
Era tanto che non mangiava, un'eternità.
Sì, se fosse morto almeno le sarebbe stato utile: un pezzo di carne non si rifiutava mai e in caso di sua indecisione nell'uccidersi, sarebbe stato molto piacevole squartarlo lentamente.
Continuò a osservarlo per lungo tempo.
Aveva pazienza, aveva imparato ad averla.
Ormai aveva già deciso di aprirgli il torace con le unghie e finirlo sbattendogli la testa contro le rocce, quando lo vide muoversi.
Tese le orecchie, scattando leggermente in avanti: cercava il coltello che gli aveva lasciato.
Lo trovò dopo qualche tentativo.
La curiosità aumentò quando scorse il nuovo prigioniero sfilarsi di dosso la pesante casacca; la posò a terra, tenendo sempre una mano sopra di essa per non perderla nel buio, poi, con sommo stupore della creatura, cominciò a sfregare il coltello contro la pietra.
Con fastidio pensò che dovesse essere già pazzo: avrebbe dovuto fermarlo prima che rovinasse l'unica arma che fosse riuscita a procurarsi, con enorme fatica, oltretutto.
Fece per uscire dal suo nascondiglio, ben decisa a squarciargli la gola, quando una piccola scintilla di luce diradò il buio con un sibilo.
A quella ne seguì un'altra e un'altra ancora; tutte cadevano sulla casacca.
Non riusciva a crederci: quell'Æsir stava davvero cercando di accendere un fuoco? E per farci cosa, poi?
Benchè fremesse di rabbia nel vederlo trattare a quel modo la sua arma, s’impose di aspettare per un altro po'.
Voleva capire cosa avesse in testa.
Incredibilmente, la fiamma attecchì presto alla stoffa della casacca; prima fu solo odore di fumo, poi un fuoco vivido e sfrigolante illuminò il sorriso insanguinato del prigioniero.
La creatura, si riparò gli occhi, improvvisamente accecata da quel bagliore che non vedeva da troppo tempo.
Un sibilo carico di odio e invidia le uscì dai denti: anche lei aveva bruciato parte dei suoi vestiti al suo arrivo. 
Era stata la sua ultima vera luce.
Quando si fu abituata al fuoco, fissò il volto sfregiato del prigioniero, contratto in un ghigno amaro. 
Capì cosa pensava di fare appena scorse il suo coltello diventare lentamente rosso tra le fiamme.
Un sorriso di piacere le attraversò il volto.
Vide la mano dell'Æsir tremare leggermente, assaporò il fremito nelle sue iridi chiare.
Quando estrasse la lama incandescente dalle fiamme, lei già si beava della sua sofferenza: non vedeva l'ora di sentire le sue urla e l'odore pungente della carne bruciata, di vedere i muscoli contrarsi in spasmi e poi, infine, di assistere alla sua rinuncia.
Perchè non sarebbe sicuramente riuscito a cauterizzarsi tutte quelle ferite da solo e più alti sarebbero stati i suoi lamenti, più lei avrebbe gioito!
 
Λ
Il coltello brillava di rosso davanti ai suoi occhi.
Aveva maturato, pian piano, una più profonda consapevolezza di ciò che si apprestava a fare: cauterizzando quei tagli, sfregiando per sempre le sue labbra, Loki avrebbe vinto.
Vinto sulla sua condanna, vinto sul buio, vinto sulla paura.
Perciò tremava: era agitato, una nausea dolorosa gli martellava nel petto, ma per la gioia di essersi reso conto che non era ancora battuto.
E sorrideva, sperando che lo sguardo di Heimdall potesse arrivare fino a lui.
Il suo desiderio più grande, in quel momento, era che il Guardiano vedesse e riferisse agli Æsir, gli dicesse che il mostro ancora si dibatteva, che avrebbero potuto piegarlo... ma spezzarlo mai!
Loki era libero, pur rinchiuso nel peggiore degli inferni.
Passò la lingua sui tagli; il sangue aveva il sapore di quella libertà, lo facevano fremere di felicità e sofferenza. 
L'odore della carne ustionata sarebbe stato ancora meglio.
Ancora esitava.
Con rabbia, si ribellò a un corpo che chiedeva tregua dal dolore.
Non si sarebbe sottomesso mai più a nessuno, nemmeno a se stesso.
Mai.
Tolse la lama dalle fiamme, che andavano via via estinguendosi mentre consumavano i suoi abiti.
Con il respiro affannato e il cuore che sembrava sul punto di sfondargli la cassa toracica, portò il coltello alle labbra.
Il calore era insopportabile già a qualche millimetro di distanza.
Alzò gli occhi verso le tenebre sopra di lui; il suo sorriso era insanguinato e amaro ma vittorioso.
"Dedico questo sfregio a Odino Allfather!" gridò e, tenendo insieme i primi due lembi della ferita, ci appoggiò sopra la lama senza indugi.
Fu come se milioni di aghi gli si piantassero nella carne tutti nello stesso momento.
La sua mano provò a spostarsi di riflesso. 
Loki la trattenne, in una lotta disperata tra mente e corpo.
Non avrebbe ceduto.
Non se lo sarebbe permesso.
Trattava i tagli con precisione quasi chirurgica: prima la parte superiore, poi le labbra, infine curvava la lama verso l'interno per chiudere definitivamente la ferita. Quella era la parte peggiore.
Al terzo sentì di stare cedendo al dolore.
Frustrato, tirò un pugno alla roccia e le schegge che penetrarono profonde nelle sue nocche gli diedero nuova forza.
Ancora uno.
I muscoli tremarono e la lama bruciò anche lì dove non serviva.
Un altro.
Cominciò a perdere concezione di sé: le fitte avvolgevano pian piano la sua coscienza, un velo scarlatto dietro gli occhi.
La parte superiore era finita, passò sotto.
Mentre lottava per mantenersi sveglio, sentì una voce che lo chiamava.
Ne mancavano quattro ormai, la vittoria era a pochi passi.
"Loki! Loki!" chiamava la voce e lui la conosceva: faceva parte di un passato che gli sembrava ormai lontanissimo, che credeva di aver dimenticato per sempre.
Gli dette la forza per affrontare l'ennesima ferita.
La voce si trasformò in immagine. 
Danzava nel fuoco e dietro le sue palpebre serrate.
Ancora due, ancora due dannati tagli.
La figura bianca era sempre lì a protendere le braccia verso di lui.
Uno solo.
Per un secondo, al posto dell'odore di carne bruciata, sentì anche quello del mare.
Ad un tratto, tutto cessò.
La luce scomparve, il dolore non divenne altro che una sorda pulsazione che gli rimbombava in ogni muscolo del corpo. 
Stringeva ancora la lama.
La lasciò cadere e il tintinnio di pietra contro pietra echeggiò nel Limbo.
Poi ci furono solo il suo respiro e il suo cuore, esattamente come prima.
Tremava ancora; alla precedente euforia si era aggiunta una profonda stanchezza.
Un fruscio nell'aria, il coltello stridette piano sul terreno.
Quando aprì gli occhi il fuoco era ormai spento, la figura bianca sparita, ma la creatura era lì davanti a lui e lo fissava con i suoi grandi occhi neri.
Di nuovo, ci lesse una furiosa tempesta di emozioni discordanti.
Fece appena in tempo a rendersi conto della piccola pietra luminosa che le ciondolava al collo, poi l'essere si dileguò in silenzio e le tenebre lo avvolsero.
 
Restò nella fossa a lungo, cercando di riprendere forza.
Cominciava ad abituarsi al buio; il freddo scomparve poco a poco e così il dolore.
Ogni ora lottava contro se stess.
Da una parte si aggrappava alla sua vittoria, dell'altra la disperazione aleggiava spesso intorno a lui, tentandolo.
Alla fine, decise di ignorarle entrambe.
Viaggiò indietro nel tempo, cercando tra i suoi ricordi uno in particolare.
La figura bianca si ripresentò a lui.
Ne ammirò il viso in ogni minima sfaccettatura, si strinse a quell'immagine con tutte le sue forze e aspettò.
Quando fu sicuro di non sentire più niente se non la roccia sotto la pelle e l'aria che scivolava nei polmoni, aprì gli occhi.
La creatura era lì.
Sembrava aspettarlo.
La vide avviarsi, lentamente e senza nascondersi.
Non si alzò, non la rincorse.
Quella se ne accorse e si fermò dopo pochi passi silenziosi.
Rimase a fissarlo dritto negli occhi.
"Vieni." disse con la sua voce roca, e riprese a camminare.
Questa volta, Loki la seguì.



 
 
Spazio dell’Autrice:
 
Quando si dice “cominciamo bene”! 0_0
Certo che questi due sanno perfettamente come iniziare una convivenza, eh?
L’identità del nuovo “”””coinquilino””””” di Loki è ancora avvolta nel mistero, ma non lo sarà a lungo!
Chi sarà mai la creatura?
E la figura bianca?
E anche… che diavolo c’entra il mare?
La risposta a queste e altre domande la troverete nei prossimi capitoli! **
E, mi raccomando, recensite!
A domenica prossima! ^^ Ezzy O
 
Vi segnalo anche la mia pagina di Facebook! 
http://www.facebook.com/EzzyOEfp?fref=ts
 
- Il titolo di oggi!!
La traduzione in italiano del titolo odierno è “ombra”, ma può essere tradotto anche come “fantasma” o “riflesso”.
- La citazione di oggi!!
La citazione a inizio capitolo viene dal poema “Paradiso Perduto” dell’inglese John Milton e la traduzione è “Meglio regnare all’Inferno che essere schiavo in Paradiso”; sono le parole pronunciate dal personaggio di Satana al suo arrivo nel regno assegnatogli da Dio come punizione per essersi ribellato a Lui. In più la frase di Loki “Dedico questo sfregio a Odino Allfather” è una semi-citazione dal romanzo “American Gods” dello scrittore americano Neil Gaiman.

Infine, per sdrammatizzare un po', ecco un piccolo video crossover fatto da me!
(Avete mai notato quanto Loki e Thor somiglino a Izma e Krok? *w*)
http://www.youtube.com/watch?v=iMoL9zLBEUY
  
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