“Sei solo un diavoletto e non potrai MAI cambiare!”
La lattina gli cadde dalle mani pietrificate. Il rumore metallico che
produsse nel toccare il pavimento -freddo come il suo corpo
attraversato dai brividi- gli riecheggiò nella
testa. Testa vuota, senza cervello, stanza priva di calore, circondata
da pareti disadorne. “Egoista”.
Non importava che fosse Natale, non importava che per la prima volta la
sua famiglia stesse festeggiando insieme quella sacra ricorrenza
immersa un un’allegra, finalmente serena atmosfera: le sue
gambe si mossero quasi automaticamente in direzione della porta, la
mente svuotata, il cuore in tumulto. I battiti nel suo petto erano
sempre più indomabilmente veloci, proprio come la sua corsa
sfrenata, dolorosa ed inarrestabile, priva di una meta…o
meglio, di una consapevole meta.
I pulsanti colpi che gli squassavano il torace non facevano che
rimbombargli nella testa, andando a sbattere con un unico, solitario
pensiero, una parola, un’immagine: lui, lei,
“egoista”. Questo vocabolo sembrava cozzare
continuamente contro le spoglie mura della sua mente sgombra formando
angoli infiniti. “Egoista”. Le lacrime di Sana ora
poteva sentirle sulle labbra come sue. “Egoista”.
L’accusa meschina che aveva scagliato contro la persona che
gli aveva salvato la vita ogni giorno da quando si conoscevano gli
risuonava dentro sempre più forte, sempre più
amara. A poco a poco si sentì pronunciarla di nuovo, prima
come un sussurro, poi, in un crescendo di disperata consapevolezza,
come un grido rabbioso, violento… stavolta rivolto a se
stesso.
La miriade di sensazioni, ricordi, momenti, anni che era rimasta ferma
per tanto - forse troppo - tempo nel cervello, d’un tratto,
ed impetuosamente, era precipitata più giù,
dritta nel cuore, che ora sembrava come impazzito e lo trascinava
chissà dove, comandando alle gambe di non fermarsi.
Fino a che, ormai stremato dalla fatica, dal freddo, dal senso di vuoto
e di irrimediabile, Heric si arresta; alzando lo sguardo di ghiaccio
-impercettibilmente meno fermo del solito- si accorge che ancora una
volta il luogo dove riprendersi, respirare, tornare a vivere
è quello che lo ha visto crescere e sentire con lei.
Quel parco. Quel gazebo.
Lacrime, sorrisi, baci, carezze, abbracci, corse, piccoli martelli,
sfuriate, confessioni e smentite, prorompenti come sangue che scorre
nelle vene turbinavano in ogni parte di lui.
Una festa, un cucciolo abbandonato, un dinosauro, un pupazzo di neve.
Un pupazzo di neve.
Che idiota. Come aveva fatto a dimenticare, a non capire, a tradire e
poi tirarsi indietro non una sola volta, come aveva creduto fino a
pochi minuti prima, ma anche una seconda: non l’aveva
compresa, e l’aveva addirittura accusata di una colpa che non
avrebbe mai saputo commettere.
“Egoista”. Forse perché lo aveva
lasciato solo? Perché si era rimangiata le sue confessioni
per non complicare le cose, perché aveva preferito lasciare
intatto il rapporto tra lui e Funny invece di distruggere tutto
tornando all’improvviso? O magari perché dopo
averlo visto all’aeroporto mano nella mano con la sua
migliore amica, si era finalmente decisa a voltare le spalle alla sua
ambiguità per rivolgerle ad un cristallino Charles?
Tutte le ragioni per cui aveva emesso quel miserabile giudizio erano
crollate su se stesse, franando prepotentemente contro di lui, ora che
tutto era chiaro. Si rendeva conto di essere stato l’unico
vero, cieco vigliacco egoista.
Sana aveva rinunciato ad ogni cosa pur di non farlo soffrire, di non
metterlo in difficoltà, di non privarlo di una
serenità raggiunta in modo così sofferto.
Ed era giunta, dopo aver rinnegato l’amore e gli amici, a
dire no persino alla carriera, l’ultimo grande appiglio
rimastole per continuare a dare un senso alla sua vita.
E lui l’aveva chiamata egoista. Lei che consapevole di trarre
la sua forza, la sua caratteristica vitalità proprio dallo
stare con gli altri, aveva scelto di prendere su di sé il
macigno di solitudine di lui, preferendo scambiare i loro ruoli che
vederlo ancora infelice.
Avrebbe voluto picchiarsi a morte, sfogare il suo odio per se stesso
con tutta quella violenza che era riuscito a reprimere per
più di un anno grazie a lei …ma non ci
riuscì. Lo aveva cambiato davvero, allora..
Così, come per discolparsi, come per urlare silenziosamente
al mondo, a Sana -il suo mondo- che non avrebbe mai voluto ferirla, che
desiderava tornare indietro nel tempo per poter andare avanti con
l’anima, cominciò quasi meccanicamente a plasmare
nella neve un nuovo, piccolo grande omino, solo per lei.
Che si materializzò in quel parco sola, come era diventata
per far sì che lui non lo fosse più.
La vide. Così bella, innocente, e stridentemente triste. Si
alzò lentamente, le si avvicinò piano.
“Ma non capisci” cominciò, quasi
anch’ella fosse al corrente dei pensieri su cui aveva
rimuginato fino a quel momento, o come se stesse riprendendo il filo di
una conversazione mai portata a termine, iniziata forse ad una gita in
montagna, forse fuori dall’infermeria scolastica o dopo un
allenamento di karate, forse ai piedi di un gazebo, o forse mai; ma che
aveva acquistato un diverso, nuovo significato dopo
l’illuminante visione del film natalizio. E il tanto atteso
attimo giusto per concluderla era arrivato.
“Non capisci” -continuò- “che
non ho bisogno della compagnia di Funny, della presenza degli amici,
della stima dei professori o dell’affetto della mia famiglia
se mi manca ciò a cui tengo di più al mondo? Non
capisci che non posso essere sereno per tutto quello che ho conquistato
cambiando se non ho accanto la persona che mi ha permesso di
farlo…” -esitò qualche secondo, poi
riprese, a bassa voce- “ e che continua a starmi vicino nella
lontananza, a proteggermi anche se non lo merito… Insomma
Sana, come fai non renderti conto di quanto ho bisogno di
te?” -E ora gridò, più per un impeto di
ribellione verso la propria incapacità di esprimere le
più profonde note del cuore che per la rabbia ed il timore
che lei non fosse realmente in grado di comprenderlo.
Ma aveva capito, Sana, a fondo come può farlo solo qualcuno
che è parte di te, che ti sente, come può
riuscirci soltanto chi ti ama.
“Heric…Io…”
La guardò fisso negli occhi, la vide sola, spaurita,
tremante più per l’emozione, la tensione, ed il
filo di speranza nella lunga attesa -forse ormai giunta
all’agognato giro di boa-, che per il freddo pungente. E non
riuscì a trattenersi dall’istinto di stringerla
forte a sé. Voleva trasmetterle tutto il suo amore, il suo
pentimento, la sua gratitudine e farle sentire che c’era, che
finalmente avrebbe potuto contare sempre su di lui, che avrebbe voluto
essere -e sarebbe stato- il suo punto di riferimento per
l’eternità.
Questo turbinio di sentimenti, promesse e speranze si tradusse in
poche, semplici frasi che Heric pronunciò con la sua
consueta, eloquente concisione, ad una Sana singhiozzante fra le sue
braccia, aggrappata saldamente al suo amore come se egli rappresentasse
l’ultimo appiglio prima del baratro -e l’unico
appiglio che ella avrebbe mai desiderato-.
“Grazie”.
“Mi spiace”.
“Ti amo”.
Sana lo fissò con stupore, incredulità, e
un’ombra di luce negli occhi e nel cuore, ancora
-incredibilmente- senza parole. La piccola diva logorroica perdeva ogni
capacità dialettica di fronte alla profondità
dello sguardo di Heric, alla sua disarmante capacità di dire
così poco esprimendo così tanto.
“Se vuoi salvarmi davvero, se vuoi rendermi davvero felice,
non devi rinunciare a ciò che rende felice te. Se vuoi
salvarmi…amami. Amami e basta. Salvami, Sana.”
Il sapore delle labbra di lei, diffondendosi con l’improvviso
contatto, dilagò nelle sue vene come essenza di vita,
lasciandolo imbambolato, incapace di realizzare ciò che
stava accadendo, completamente pervaso com’era dal noto
inebriante profumo dei lunghi, morbidi capelli della rossa del suo
cuore, l’unica ragazza che avesse -e avrebbe- mai amato. Era
rimasto a dir poco sbalordito da quel bacio improvviso, così
sincero, spontaneo, intenso…anelito di una passione infine
sbocciata.
Per una volta era riuscito a parlare, non importa quanto, ma lo aveva
fatto. E per tutta risposta Sana, tanto sorpresa quanto felice, aveva
agito. Il miracolo era accaduto. Le loro personalità
così diverse avevano trovato il coraggio di prendere
l’una dall’altra quel qualcosa che mancava per
raggiungere l’obiettivo da entrambi a lungo agognato.
Chissà quanto prima ciò sarebbe potuto avvenire
se da subito Heric avesse trovato il modo di esprimere ciò
che provava, se Sana avesse superato la sua ingenuità per
affrontare la realtà…o forse in quel caso nulla
sarebbe successo, non potendo i due apprezzare lo sforzo fatto per
riuscirvi, non dovendo crescere e maturare insieme?
Ma tutto questo non importava più a quei due ragazzi stretti
l’uno all’altra in modo così saldo da
apparire fusi in un’unica persona, una sola anima, sotto il
leggero tocco romantico della neve natalizia e lo sguardo intenerito di
un candido omino, espressione di mille momenti, emozioni e
ricordi…di una sola, immensa parola:
“Amore”.