Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
Segui la storia  |       
Autore: Clarrie Chase    26/05/2013    6 recensioni
Dal 4° capitolo:
« Perché ti comporti da bambina?? », le gridò contro, ormai privo di pazienza.
« Perché non so nemmeno il tuo nome, e questo non è giusto perché tu sai il mio! » gridò altrettanto forte lei, scendendo dal tavolo. « Mikan… io ti ho già detto il mio nome. » mormorò lui, stupito.
« Che cosa? Non è vero! » negò lei, spaventata. Il ragazzo si fece serio: « Come sei finita dentro stavolta? », le chiese nuovamente.
Mikan iniziò a piangere: « Io… non me lo ricordo. »
SPOILER ALERT!
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Feels like I’m waken from the dead
And everyone’s been waitin’ on me
‘Least now I’ll never have to wonder
What it’s like to sleep a year away
 
 
« Signore… signore, si svegli. »
Natsume sobbalzò, aprendo gli occhi sul fagottino rosa che stringeva ancora tra le braccia: rinsaldò la presa, ed alzò lo sguardo sull’infermiera a pochi passi da lui.
« … Mi dica. » disse, con la voce un po’ impastata dal sonno. « Dovrebbe andare a casa. Non può dormire in pronto soccorso. » sussurrò a bassa voce la donna, un po’ dispiaciuta.
Quella frase bastò a far rinsavire del tutto Natsume, che nuovamente strinse le braccia attorno a Yuka, e poi guardò Mikan, addormentata nel letto di fronte a lui, del tutto inconsapevole della sua vicinanza. Da addormentate, Yuka e Mikan avevano la stessa espressione distrutta.
« … Non posso andare a casa. Questa bambina… è sua figlia. Non posso portarla a casa con me. E non voglio lasciare sola lei. ». Ogni singola parola gli era costato uno sforzo immenso. Anche lui, dopo aver passato 9 ore seduto su quella rigidissima sedia, era distrutto. Anche se, a distruggerlo, erano state le troppe scoperte delle ultime ore.
« Potrete tornare domattina alle 8, non appena la signorina si sarà svegliata. Se adesso non se ne va da solo, sarò costretta a chiedere alle autorità di scortarla. » insistette l’infermiera.
« D’accordo. » sbuffò Natsume, alzando gli occhi al cielo. L’infermiera annuì con approvazione e si allontanò nuovamente, uscendo dalla saletta dove si trovava Mikan.
Natsume si alzò lentamente, facendo attenzione a non fare troppo rumore, e nuovamente lasciò che i suoi occhi si posassero sul profilo di Mikan: i suoi capelli castani erano sparsi sul cuscino intorno al suo viso estremamente pallido, le sue labbra erano rosse e sotto gli occhi aveva delle scure occhiaie violacee. Tenendo Yuka con un braccio solo, Natsume abbassò l’altro fino a sfiorare con la punta delle dita quelle di Mikan; quanto gli faceva male il braccio! Se l’era addormentato, a tenerlo fermo per così tante ore. Il ragazzo fece scorrere le dita lungo l’avambraccio di Mikan, fino a giungere ad alcune cicatrici traslucide, che risaltavano sulla sua pelle chiara.
Yuka si mosse tra le sue braccia, sistemando la testa tra il suo gomito e il suo petto, senza emettere un suono. Quante cose da accettare, in così poco tempo.
Con la mano ancora libera, Natsume si sfilò il cellulare dalla tasca e scrisse un sms a Ruka, che venne a prenderlo poco dopo. Nonostante fossero le 10, per strada c’era ancora tanto traffico.
Natsume iniziava ad odiare sinceramente Tokyo.
 
***
 
Non appena varcarono la soglia di casa, Yuka iniziò a lamentarsi tra le braccia di Natsume.
« Ruka… tu che lavori in un ambulatorio veterinario, secondo te che cos’ha? », chiese all’amico, guardando un po’ spaventato la bambina lanciargli un’occhiataccia, senza fiatare.
Ruka rise: « Un ambulatorio veterinario, non pediatrico! ».
Hotaru li raggiunse in soggiorno pochi secondi dopo, gli occhi un po’ arrossati e lo sguardo fisso sulla bambina. « Deve andare in bagno. » sentenziò poco dopo, guardando Natsume con fare accigliato. Natsume la guardò con ammirazione: « Come fai a dirlo? ».
La bambina si portò una mano alla bocca, con fare annoiato, incurante dell’attenzione che aveva su di sé: ed ecco che Natsume avvertì una sensazione strana, si sentiva… bagnato. E caldo.
« Non-è-vero. » sillabò, mettendo le mani sotto le ascelle della bambina ed allontanandola da sé: dai suoi pantaloni sgocciolava ancora pipì.
Ruka fece un piccolo passo indietro, tappandosi il naso, mentre Hotaru a stento tratteneva un sorriso. « Portala immediatamente in bagno! » lo ammonì poi, facendosi da parte per far passare Natsume.
Portò la bambina in bagno e la fece sedere nella vasca da bagno. Si tolse la maglietta imprecando a gran voce, per poi zittirsi nel vedere dallo specchio che la bambina si era messa in piedi e lo osservava interessata dal bordo vasca.
« Tu!  - le disse, indicandola – perché non mi hai detto che dovevi fare pipì?? », le domandò, incredulo. Udendo Ruka e Hotaru ridere sommessamente al di la della porta, il ragazzo dagli occhi cremisi si zittì, mordendosi le labbra.
Persino Yuka rise, in un modo quasi fastidiosamente squillante. Guardando il suo sorriso, nella mente di Natsume fece inevitabilmente capolino quello di Mikan.
Mikan. Quante cose avrebbe voluto domandarle.
Dopo essersi messo una baglietta pulita – ed aver bruciato quella che indossava poco fa, tornò a dedicarsi alla bambina nella vasca.
Oltre ad avere il pigiama bagnato dalla vita in giù, aveva una mano immersa in un barattolo di balsamo al cocco e un'altra in bocca. Gli occhi rossi di Natsume di dilatarono dalla sorpresa: «
Ferma lì! » la bloccò lui, tentando di imitare la voce severa di suo padre. La tirò fuori dalla vasca e la tenne ferma al suo fianco con un braccio, mentre con l’altro la sporse verso il lavandino, lavandole le mani. La piccola Yuka si lamentò a gran voce dell’acqua fredda, e poi dell’acqua bollente. Natsume era esasperato, e la bambina era sull’orlo delle lacrime.
Lo guardava con la stessa espressione offesa di Mikan. Quanto era difficile guardarla negli occhi.
Anche dopo averla lavata e cambiata – in realtà indossava la maglietta più piccola che Hotaru riuscì a trovare -  Yuka non smise di piangere.
« Che cosa devo fare?? », chiese Natsume disperato, agli amici. Ruka e Hotaru non erano più preparati di lui in materia bambini, ma tentarono di calmare la bambina giocando con lei. E funzionò, per circa un quarto d’ora. Poco dopo erano di nuovo punto a capo.
In quel breve tempo che avevano trascorso insieme da quando si era svegliata, Natsume aveva capito un po’ di cose di lei: non parlava, non camminava, voleva stare sempre tra le braccia di qualcuno.
Ce l’aveva Hotaru tra le braccia, quando la vide sporgersi verso Ruka, che stava addentando con voracità una mela verde.
« Ma certo! » sbottò Natsume, in contemporanea con Hotaru: « Ha fame! ».
Hotaru strappò la mela dalle mani del ragazzo e la piazzò di fronte alla bambina: Yuka la afferrò con le sue piccole manine grassottelle, e quasi le cadde per terra. Natsume giunse in suo soccorso sostenendole la mela ed avvicinandogliela alla bocca. Il risultato? Una mela morsa da Ruka da un lato e sbavata dall’altro. Ben presto persino Yuka manifestò la sua frustrazione, riprendendo a piangere copiosamente. « Ragazzi, non credo che sia in grado di mangiare qualcosa di così solido. », ipotizzò Ruka, guardando la bambina allontanare la mela dal viso e mettersi un ditino in bocca.
« No, cattiva Yuka! » disse Natsume, con la voce più strana che Hotaru e Ruka gli avessero mai sentito usare. Lo guardarono basiti, e lui quasi arrossì, prendendo la bambina dalle braccia di Hotaru. Ad ogni modo, l’ammonimento ebbe l’effetto desiderato perché la bambina si tolse le dita dalla bocca e prese a piagnucolare a bassa voce, soffiando tra le labbra piccole bollicine di saliva.
« Ci penso io a te. »
 
***
 
« Akari Miho? Sono venuti a prenderti. »
Mikan alzò lo sguardo lentamente, tenendo la testa bassa: dall’altro lato delle sbarre, oltre la scrivania del poliziotto, un ragazzo dai capelli rossi e gli occhi viola la guardava con aria abbattuta. Oh, com’era stanca di essere guardata in quel modo, da tutti.
Cercò di alzarsi, ma la cella intorno a lei prese a girare e ricadde nuovamente sul materasso spoglio per terra. Il poliziotto disse qualcosa tipo “è troppo fatta per parlare”, e aprì la porta di inferriate, che battè contro il muro. Che rumoraccio!
Mikan si portò le mani alle orecchie, cercando di scacciare dalla testa quel rumore stridente, e quando le dita grassocce dell’uomo si strinsero attorno al suo avambraccio iniziò a gridare e scalciare. Il ragazzo dai capelli rossi venne in aiuto del poliziotto e la immobilizzò contro il suo petto, mentre lei continuava imperterrita a battergli i pugni sulla schiena.
« E’ una micetta arrabbiata! » esclamò l’odioso poliziotto, come se ci trovasse qualcosa di divertente in quella situazione.
Il ragazzo che teneva Mikan non rise, mentre le sussurrava all’orecchio qualcosa per farla calmare invano.
« La cauzione è sulla scrivania. Grazie per averla tenuta dentro fino al mio arrivo. », disse lui, uscendo dalla stazione di polizia con la ragazza che ancora si ribellava tra le sue braccia.
Entrarono in un taxi, che li lasciò nelle vicinanze dell’appartamento di lui; a quel punto Mikan aveva smesso ormai da un po’ di ribellarsi, e camminava un po’ fiaccamente al fianco del ragazzo. Salirono le scale fino al suo appartamento ed entrarono, nonostante le luci spente Mikan seppe raggiungere il divano letto in salotto e si stese lì sopra.
Il ragazzo la raggiunse, in piedi accanto al letto.
« Akari. »
Mikan non disse niente, il volto nascosto tra le braccia. « Andiamo… Devo visitarti. ».
« Perché? », domandò lei, con voce soffocata.
Anche lui non aveva un’espressione troppo felice. « … Mikan. ».
Lei, a sentirsi chiamare per nome, sbirciò verso di lui: era in piedi di fronte al letto, la guardava tristemente. La ragazza sbuffò e si alzò in piedi, prendendo la mano di lui, che la condusse in cucina, dove la fece sedere sul tavolo.
« Come stai? » le chiese, mentre la sua voce riprendeva il solito suono pratico che aveva sempre. « Ho mal di testa. Mi fa così male che non riesco a pensare. » si lamentò lei, mentre il ragazzo le illuminava gli occhi con una piccola torcia che aveva appesa al porta chiavi.
« Evidentemente hai bevuto troppo. » la ammonì il ragazzo, sospirando.
« Bere mi fa passare il mal di testa. » ribatté lei, testarda. « Anche quando ti passa la sbronza? » le domandò retoricamente il ragazzo dai capelli rossi, mentre le contava le pulsazioni. « Per questo non vorrei smettere di bere. », disse Mikan, con gli occhi bassi.
« Come sei finita dentro stavolta? », le chiese lui, prendendola per le spalle senza finire di contarle le pulsazioni. Mikan sobbalzò sorpresa,di solito lui evitava di toccarla quando non era costretto. « Io… non te lo dico. » si ribellò lei, stringendo i denti.
Allora lui fece qualcosa che la spaventò: dette un calcio alla gamba del tavolo su cui era seduta.
« Perché ti comporti da bambina?? », le gridò contro, ormai privo di pazienza.
« Perché non so nemmeno il tuo nome, e questo non è giusto perché tu sai il mio! » gridò altrettanto forte lei, scendendo dal tavolo. Il ragazzo fece l’espressione più strana che Mikan gli aveva mai visto assumere: sembrava che lo avessero schiaffeggiato. A vederlo così spiazzato, lei si pentì immediatamente di avergli gridato contro in quel modo, nonostante lui lo avesse fatto con lei. « Mikan… io ti ho già detto il mio nome. » mormorò lui, stupito.
« Che cosa? Non è vero! » negò lei, spaventata. Il ragazzo si fece serio: « Come sei finita dentro stavolta? », le chiese nuovamente.
Mikan iniziò a piangere: « Io… non me lo ricordo. »
 
***
 
Mikan aprì gli occhi lentamente; intorno a sé vedeva solo contorni sfocati.
« Si sta svegliando. » sentì dire da una voce femminile. « Che facciamo con lui, lo svegliamo? » disse ancora la voce di poco fa. « No, lascialo dormire. La bambina lo ha tenuto sveglio tutta la notte. », rispose a bassa voce un ragazzo. « Guardali… dormono come bambini. Anche lui, cioè. ».
Finalmente fu capace di mettere a fuoco la stanza, e i suoi sensi si riattivarono uno alla volta: udì il rumore in lontananza di un ventilatore da parete, sulla pelle il sentore ruvido delle coperte e negli avambracci la fastidiosa presenza di aghi. Poi un  bip bip bip che si faceva sempre più frequente.
Aprì gli occhi spaventata, e la prima cosa che vide fu Yuka, la sua bambina, tra le braccia di uno sconosciuto, un ragazzo della sua età dai capelli neri e le spalle grandi.
Eppure, non aveva l’aspetto di uno sconosciuto.
 
 
Mi sento come se mi fossi svegliata dal mondo dei morti
E tutti mi stessero aspettando
Almeno adesso so come ci si sente
Ad aver dormito per un anno intero
 
***
 
Ciaooo! Questa volta mi ci è voluto di più per l’aggiornamento xD Ho deciso di fare questo capitolo il più piccolo possibile, perciò questo è quel che mi è venuto fuori ^^
Grazie mille delle recensioni! Continuate a seguirmi e commentare supportandomi, perché sto perdendo l’ispirazione ^^””” 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice / Vai alla pagina dell'autore: Clarrie Chase