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Autore: Hope it    26/05/2013    1 recensioni
Abbie è una ragazza forte, che nasconde i suoi sentimenti dietro ad un sorriso.
Lei è coraggiosa, orgogliosa.
Lei sa perfettamente cosa vuol dire il dolore, visto che l'ha provato molte volte.
Lei è bellissima, ma non sa di esserlo.
Lei è dolce, quando vuole
Lei sa amare, ma non lo fa da tempo, per paura di essere ferita.
Ma sarà proprio un ragazzo, ad entrare nella sua vita casualmente, riuscirà a sconvolgerla a tal punto da cambiarla, per sempre.
Capiranno, insieme, l'importanza del vero amore, diquello che significa amare, dare la vita per una persona, capiranno l'importanza della vita e di tutto ciò che ne fa parte.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Quel mattino mi svegliai di cattivo umore. Avevo fatto il solito incubo orribile. Rimasi immobile sul letto, decidendo se alzarmi oppure no.  Ah dimenticavo, non mi sono nemmeno presentata. Mi chiamo Abbie, ho 17 anni, vivo a Londra da quasi quattro anni, ma sono italiana. Vivo in una specie di catapecchia in uno dei quartieri più malfamati di Londra, ma questa è l’unica casa che posso permettermi, visto che nel bar dove lavoravo come cameriera lo stipendio non era molto alto. Decisi di alzarmi, e iniziai a camminare sul legno duro e freddo. Prima o poi mi sarei presa una scheggia, ma non me ne importava. Mi diressi al bagno. Mi lavai il viso con la poca acqua che c’èra e mi vestii. Rimasi a guardarmi allo specchio sporco, appeso sopra la mensola. I miei capelli, scuri, di un non so quale colore preciso, marrone merda, direi, erano arricciati sulle punte. I miei occhi, cosi blu, come il mare, apparivano spenti, mentre sulla pelle, c’èrano due profonde occhiaie nere. Misi un po’ di cipria sul viso, per coprire le occhiaie. rimasi a guardarmi allo specchio, cercando di pettinarmi i capelli in modo decente. Li spostai da una parte, pettinando il ciuffo ribelle dalla parte destra del viso. Uscii dal bagno, infilai un paio di scarpe da ginnastica, presi un borsa con dell’acqua, cellulare e portafoglio. Aprii la porta di casa, giubbotto in mano, e uscii. Mentre camminavo per le vie di Londra ripensai al mio sogno. Ripensai all’oscurità e a quel senso di vuoto che avevo appena provato. Forse quel sogno è solo la metafora della mia vita. Priva di senso e non degna di essere vissuta. Non sono nessuno. Proprio come nel mio sogno. Sono il niente, quel granellino di polvere al centro dell’infinito.
 
 
Attraversai il centro abitato di Londra, fermandomi ogni tanto, nei negozi di vestiti di marca, ammiravo gli accessori, gli abiti, che non avrei mai potuto comprare. Camminai fino ai grandi magazzini ‘Harrods’ svoltai a destra, in una piccola vietta, quasi nascosta dall’intero e maestoso edificio. Continuai a camminare, fino a quando arrivai davanti ad un piccolo edificio, con alcuni manifesti sbiaditi attaccati alle vetrate sporche. Era la mia palestra. Li mi allenavo, o meglio, ballavo, con altri ragazzi come me. loro avevano storie difficili alle spalle, la nostra unica distrazione era la danza. Entra, sospirando. Attraversai il lungo corridoio, aprii una porta laterale e davanti a me, si estendeva un largo spazio di palque, con quattro pareti di specchi. C’èrano dei ragazzi,  facevano parte del mio gruppo. Erano miei amici, ormai.
‘’ehilà, Abbie!’’ mi salutò la mia amica, Kate.
‘’ciao Kate.’’ Risposi.
Mi sorrise. Lei era più piccola di me, aveva 16 anni. La vidi girarsi e scuotere i suoi lunghi capelli biondi. Era bella e sapeva di esserlo, vanitosa, orgogliosa, egocentrica, ma sapeva ascoltare, c’èra sempre, nel momento del bisogno. Mentre la guardavo, mi avvicinai allo stereo, lo attaccai al mio ipod, pronta per iniziare le prove. Avremo dovuto provare per le regionali di hip hop, che si sarebbero tenute tra due settimane, qui a Londra. Volevamo vincere. In palio c’erano un milione di euro, volevamo quei soldi, ad ogni costo.
Abbie, cominciamo?’’ chiese Dan, il mio ex ragazzo.
‘’si, iniziate a fare riscaldamento, risposi.
Dan era il mio ex ragazzo, eravamo stati insieme un’ anno, ma poi scoprii che lui mi tradiva ripetutamente, ogni volta che andava in discoteca, e io non c’èro per il lavoro. È un tipo violento, aggressivo, ma anche dolce e sensibile. Non posso dire di non provare più niente per lui, perché non sarebbe vero. Una fitta di dolore mi pervase, quando pensai a quello che mi aveva fatto. Ma scacciai il pensiero e accesi la musica.
‘’eeh, cinque, sei, sette, otto!’’
Iniziammo a ballare, a provare la coreografia.  Mi divertivo sempre quando ballavo, era un modo per non pensare a niente, pensare solo alla musica e ai passi. Adoravo ballare, non c’èra niente di meglio, muoversi ascoltando la musica, sentendo quel ritmo, era tutto.  Provammo una decina di volte, quasi fino a mezzogiorno, poi decisi che per oggi bastava cosi. Gli altri se ne andarono,   anche io uscii dalla palestra con Kate. Girammo un po’ per le strade di Londra, mentre lei parlava a vanvera di ragazzi, di feste eccetera. Io non la stavo a sentire, annuivo ogni tanto, per farle credere che la ascoltavo. Ma non avevo proprio voglia oggi, di stare a sentirla quando mi raccontava che si era limonata Dan all’ultima festa in discoteca. Stavamo quasi insieme, qui due.  Fingevo semplicemente che non m’importasse di quello che combinavano, anche se faceva cosi male.
‘’ ora vado, ci vediamo oggi, se vuoi uscire, oppure sta sera, c’è una festa da sballo, al Roads!’’ disse Kate, tutta entusiasta.
‘’no, grazie lo stesso, ma devo lavorare. ‘’ risposi, era solo una scusa, ma io di feste non ne potevo proprio sapere.
‘’an, va bene, a domani allora.’’ Tagliò corto Kate.
La salutai con un cenno. Mi girai, andai verso il bar dove lavoravo. Era brutto, rozzo. Odiavo lavorare li, nessuno mi rivolgeva mai la parola, tutti erano sgarbati e cattivi. Prima o poi mi sarei licenziata, lo sapevo. Andaii nel vicolo chiusi dietro al bar. Tirai fuori dalla borsa un pacchetto di Marlboro rosse, ne presi una  e la accesi. Rimasi un quarto d’ora, con la sigaretta in mano, anche dopo che l’avevo finita. Non avevo voglia di entrare al bar. Sarebbe iniziato un estenuante turno che sarebbe durato fino al tardo pomeriggio. Sospirai e m’incamminai lentamente verso il bar dove lavoravo. Camminavo a testa bassa, persa tra i miei pensieri quando mi scontrai con qualcosa di duro. Caddi a terra, presa alla sprovvista.
‘’ehi, ti sei fatta male?’’ disse qualcuno, mentre cercavo di alzarmi.
‘’ma che cazzo fai? Sta un po’ attento!’’ sbottai, ignorando la sua mano che voleva aiutarmi.
‘’veramente, sei tu che mi  sei venuta addosso.’’ Disse una voce maschile
Lo guardai in viso, per un attimo rimasi a bocca aperta. Era un ragazzo biondo, con il ciuffo sparato in aria, splendenti occhi azzurri come il cielo. era girato di spalle al sole, che lo illuminava completamente. Sembrava un angelo. Rimasi senza parole, mentre in mio cuore iniziò a battere più forte, quasi volesse uscirmi dal petto. Mi alzai, incapace di dire una parola, corsi verso il bar.
‘’ehi aspetta!’’ urlò lui.
Lo ignorai.
Non avevo mai provato qualcosa di simile per una persona, soprattutto dalla prima volta che l’avevo vista.

 
 
  
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