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Autore: Bruli    26/05/2013    2 recensioni
Un temporale improvviso, e poi il gelo. Cinque ragazzi si svegliano improvvisamente in una spiaggia, un luogo che non ha nulla a che fare col paesino in cui vivono. Si conoscono, ma non sono amici, o almeno non più. In realtà non vogliono avere nulla a che fare l’uno con l’altro, ma ben presto saranno costretti a collaborare per poter tornare a casa, trovandosi a solcare i Sette Mari sulla stessa imbarcazione, e gustando quella libertà tanto agognata riprodotta tra le vignette di One Piece. Un viaggio cominciato per necessità, ma che li porterà a scoprirsi a vicenda e a trovare il luogo cui appartengono.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SOMEWHERE I BELONG



CAP. 3 - Parte Seconda


Un dolore lancinante alla testa lo fece destare, come tanti spilli appuntiti che pungessero la pelle al di sotto delle tempie. Quando aprì gli occhi, impiegò qualche secondo per riuscire a mettere a fuoco ciò che aveva davanti. Nella penombra che lo immergeva, distinse pareti giallognole percorse da sottili crepe. Un debole fascio di luce, proveniente da una piccola finestrella rettangolare sbarrata, illuminava lievemente l’ambiente, permettendogli di distinguere i contorni di quella stanza umida e spoglia.
Qualcosa gli sfiorava piano il capo, insinuandosi lento tra i capelli sottili. Era un tocco delicato e piacevole, come le carezze che la mamma gli faceva quando era bambino prima di metterlo a letto. Chiuse gli occhi, beandosi per qualche istante di quella sensazione pacifica che gli donava. Ben presto, però, la realtà ritornò cruenta a farsi sentire, insieme ai ricordi di prima che perdesse i sensi.
Aprì nuovamente gli occhi e si mise a sedere di scatto, movimento che fece peggiorare il mal di testa.
<< Attento! Hai preso una brutta botta! >>
Si accorse solo allora della ragazza bruna inginocchiata accanto a lui, che lo scrutava preoccupata con i suo occhioni color cioccolato.
<< C- che è successo? >> chiese con voce strascicata. Si sentiva ancora un po’ frastornato e aveva la bocca tanto impastata da far fatica a parlare.
<< Dopo che ti hanno colpito alla testa, ci hanno trascinato qui >> rispose lei. Alzò le spalle e sospirò, << Non mi hanno voluto dire niente, né io ho insistito molto. Mi fanno davvero paura quegli uomini >> ammise.
Marco spalancò gli occhi sorpreso: era davvero difficile che qualcosa riuscisse a zittire la ragazza, solita a dar fiato a tutto ciò che le passava per la testa, mettendosi, spesso e volentieri, anche nei pasticci per questo aspetto del suo carattere. Per aver tenuto chiusa la bocca, pensò, doveva essere davvero molto spaventata.
<< Hanno fatto del male anche a te? >> chiese, improvvisamente allarmato.
<< No >> . Fece una risata amara << A quanto pare basta davvero poco per rendermi inoffensiva, senza aver il bisogno di tramortirmi o altro >>
Marco la guardò comprensivo, ma non disse nulla. Qualsiasi parola sarebbe risultata solo superflua.
<< Mi dispiace non essere riuscita a far nulla >> continuò lei, sussurrando con rammarico. << Eri lì, riverso a terra privo di sensi, e non sono stata capace di far nient'altro che tremare terrorizzata. Se fossi svenuta io, sono sicura che ora non saremmo in questa situazione, perché avresti già trovato il modo per tirarcene fuori >>
Il ragazzo scosse la testa.
<< Non dire così. Non sarebbe cambiato niente, e lo sai>>
Sara fece un’espressione scettica, ma non ribatté.
Marco sospirò stancamente. Sapeva perfettamente quali pensieri stessero passando in quel momento per la sua testolina castana, nonostante fossero trascorsi anni da quando condividevano i sussurri nelle notti passate sulla spiaggia.
Osservò attentamente la ragazza. I capelli castani le ricadevano scompigliati sulle spalle, e i segni della stanchezza e della paura erano ben visibili sul viso leggermente abbronzato dal caldo sole di quel luogo : con lui, in quella situazione, non c’era alcun motivo di nascondere i brutti pensieri sotto ad una maschera di spensierato ottimismo. Anche se non lei non l’avrebbe mai ammesso apertamente, lui sapeva leggerle l’anima.
Avvertì allo stomaco una sensazione che non conosceva, o che forse, semplicemente, aveva dimenticato volutamente in quegli anni.
Alzò una mano e la fece scivolare lievemente sul braccio scoperto di lei sentendolo tremare al tocco, indeciso se arrendersi all'istinto che lo spingeva a stringerla forte tra le sue braccia, lo stesso che gli comandava di non allontanarla più, di tenerla legata stretta a sé.
No. Non ne aveva più il diritto. Proprio quello che un tempo aveva desiderato, ora gli si stava ritorcendo contro.
Tolse bruscamente la mano e se la passò stancamente sul viso. Si alzò e prese a gironzolare per la stanza, valutando le possibili vie di fuga. Dopo un’attenta analisi, constatò che l’unico modo per uscire era passare per la porta, la quale era ovviamente chiusa a chiave.
Sara, nel frattempo, lo guardava muoversi come un animale in gabbia, notando quanto fosse cambiato rispetto al moccioso che ricordava: non era più un bambino mingherlino pauroso di tutto, ma un uomo dalle spalle larghe e il fisico massiccio, frutto degli allenamenti costanti a cui si sottoponeva ogni giorno con passione. Nonostante lo vedesse tutte le mattine a scuola, non si era mai soffermata a lungo sul suo aspetto, decisa a non farsi male più del necessario: non riusciva a guardarlo in faccia quando lo incontrava per i corridoi, tanto era forte il dolore che provava per la loro amicizia perduta. Ci aveva creduto. Ci aveva creduto a lungo, e vi aveva investito tutte le sue forze. Ma ora si chiedeva quanto fosse valso tutto il tempo che gli aveva dedicato.
<< Secondo te potremmo riuscire a sfondare la porta? >> chiese la ragazza, interrompendo il flusso di pensieri.
<< Stavo cercando di capire proprio questo >> rispose Marco. << La porta sembra piuttosto vecchia, ma ancora abbastanza salda. In ogni caso, tentar non nuoce, giusto? >>
Detto questo, indietreggiò di qualche passo, preparandosi allo scontro con la porta. Proprio in quel momento, però, un rumore di chiavi provenne da fuori, e la serratura scattò. La porta fu spalancata e sulla soglia comparve un grosso omone. Indossava una canottiera che doveva aver avuto tempi migliori, come lui, del resto. Il viso, infatti, era solcato da profonde rughe e piccole cicatrici, mostrando un’età differente rispetto alla limpidezza dei suo occhi. Li scrutò con uno sguardo impenetrabile, poi li incitò a seguirli. I due ragazzi non poterono fare a meno che obbedire e, appena messo piede fuori dalla stanza, furono subito affiancati da un altro uomo gigantesco.
<< Ma sono tutti così enormi, qui? >> sussurrò Sara a Marco, beccandosi un’occhiataccia da entrambi i carcerieri.
Li scortarono lungo un corridoio stretto e semibuio, poi per una rampa di scale. Sara avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma l’occhiata eloquente che il ragazzo le rivolse quando si accorse delle sue intenzioni, la fece desistere.
Terminati i gradini, si ritrovarono in un altro corridoio, più ampio e luminoso. Una sensazione di familiarità colpì Sara guardando quelle pareti di cemento armato piene di crepe e le mattonelle violate da coraggiose piante selvatiche, ma questa preferì non darvi peso : quella situazione era già fin troppo strana e spinosa, meglio occuparsi di una cosa per volta. In primis, dove li stavano portando?
La sua legittima curiosità venne soddisfatta quando si fermarono davanti ad una porta verde piuttosto malandata. Si udivano delle voci provenire dall’interno, ma era difficile capire cosa dicessero.
Il tizio robusto bussò ed entrò senza aspettare risposta. La porta rimase socchiusa alle sue spalle, permettendo, così, di distinguere meglio le parole.
<< … ragazzino mi sto innervosendo, ti avverto >> stava dicendo una voce con tono irritato. << Sono una persona molto comprensiva, ma tu stai consumando tutta la mia pazienza! >>
<< Calmo, calmo >> intervenne un’altra, molto più tranquilla rispetto alla prima, ma decisamente più inquietante. << Il ragazzo sa che non molleremo molto facilmente, vero? >>
<< Ho già risposto alla vostra domanda, non è colpa mia se siete così duri di comprendonio >> disse una terza voce.
Sarà spalancò la bocca sorpresa: quel tono saccente e sfacciato l’avrebbe riconosciuto ovunque! Ma che ci faceva lui lì? Domanda stupida, si disse, dal momento che doveva essere stato catturato anche lui.
“Quella faccia di schiaffi…” fu quello che comunque non riuscì ad
impedirsi di pensare.
Marco la guardò interrogativo, accorgendosi dello shock sul volto della ragazza, ma non capendone il motivo. Sguardo che Sara comunque non notò, troppo presa dal tentativo di organizzare i pensieri confusi.
“Non siamo soli! Non siamo soli!” urlava intanto una vocina nella sua testa.
La porta fu aperta di nuovo, e il carceriere ordinò loro di entrare. Dalla stanza sembrava non provenire più alcun suono. Obbedirono e seguirono i due uomini all’interno. Questa era quasi totalmente occupata da un tavolo rettangolare in plastica dura, attorniato da diverse sedie in ferro battuto. Un uomo molto alto e magro stava all’in piedi, appoggiato contro il muro giallo ocra, lasciando trapelare dagli occhi nocciola tutta la sua irritazione. Capelli lisci e neri gli ricadevano ai lati del viso, e si toccava nervosamente il pizzetto sul mento.
Un secondo uomo stava, invece, seduto. Era molto grosso e sembrava essere anche parecchio alto. Indossava una camicia rossa a quadroni, e tra le mani si rigirava un cappello di paglia. Non si voltò a guardare i nuovi arrivati, come aveva fatto il compagno, ma era troppo impegnato a scrutare con sguardo divertito la persona che gli sedeva di fronte. Dall’altro lato del tavolo, infatti, un ragazzo dai capelli biondo cenere sosteneva impassibile i suoi occhi, trasudando una sicurezza che appariva inadeguata alla situazione, sembrando completamente a suo agio seduto a quel tavolo.
Marco osservò il coetaneo, capendo finalmente il motivo dello shock della ragazza. Incredulo, cercò la conferma in lei, la quale annuì lievemente senza farsi notare.
<< Signore >> fece quello più grosso dei due carcerieri.
L’uomo seduto si voltò, dando finalmente attenzione ai nuovi arrivati.
<< Quante volte ti ho detto che mi devi chiamare per nome, Joe? >> disse.
L’altro arrossì – un tizio della sua stazza che arrossisce! – e scrollò le spalle.
<< Earl, questi sono i due che abbiamo trovato nel bosco >>
Earl si mise a guardarli con interesse quasi scientifico, osservandoli dalle dita dei piedi alle punte dei capelli. Il ragazzo biondo, invece, strabuzzò gli occhi sorpreso alla vista dei due. Sara avrebbe pagato per potergli fare una foto in quel momento: non capitava spesso riuscire a sbalordirlo.
<< Sara! >> esclamò lui prima di potersi impedire di aprire bocca.
La ragazza si aprì in un sorriso sincero: nonostante la brutta situazione, era davvero felice di averlo ritrovato.
<< Giovanni! >> disse lei di rimando.
Earl sembrava guardarli ancora più interessato se possibile, muovendo gli occhi vispi dall’uno all’altra.
<< Hai ritrovato la tua fidanzatina, ragazzino? >> fece maligno lo spilungone che, da quando erano entrati loro, ancora non aveva aperto bocca.
I due ragazzi si guardarono e poi scoppiarono inaspettatamente in una risata fragorosa. Marco scosse la testa, sul viso dipinta la stessa espressione di una mamma che ha appena beccato i figli a combinare le solite marachelle, mentre i restanti dei presenti avevano la bocca spalancata dall’incredulità: come potevano mettersi a ridere in una situazione del genere? Solo Earl non mostrava un minimo pensiero sul volto, continuando a fissarli imperscrutabile, come se niente lo toccasse.
<< Che diamine c’è da ridere?! >> esclamò l’uomo col pizzetto, sempre più infastidito.
Giovanni scosse la testa, come per dire che era un qualcosa di poco conto. Questo lo fece irritare ancor di più. Ora era livido di rabbia e i pugni chiusi lungo i fianchi tremavano vistosamente.
<< Tu, brutto … >>
<< Tieni a freno gli istinti, Gustavo! >> tuonò Earl.
L’altro si zittì immediatamente, ma la sua ira era ancora palpabile. Earl si rivolse ai ragazzi.
<< Dunque vi conoscete >> constatò. << Posso sapere il motivo di tanto divertimento? >>
Sara guardò Giovanni in cerca di aiuto, il quale non si fece problemi a rispondere. 
<< È  che siamo cugini, ma capita piuttosto spesso che ci scambino per una coppia di fidanzati >> disse tranquillamente, come se stesse dialogando tra amici.
L’uomo rise seriamente divertito da quella situazione. In tanti anni non gli era mai capitato davanti qualcuno con una faccia tosta come quel ragazzo dall’aria sbarazzina. Era terribilmente sfacciato, e probabilmente questo prima o poi gli sarebbe costato caro, ma per sua fortuna ad Earl piaceva avere a che fare con gente del genere: aveva trovato pane per i suoi denti!
D’altro canto la ragazzina, seppur impaurita, sembrava esser sempre sul punto di contestare qualcosa, ma finiva ogni volta col mordersi la lingua per non parlare, mostrando chiaramente la sua frustrazione. Il ragazzo bruno accanto a lei, invece, aveva gli occhi scuri alzati verso il soffitto, come se fosse abituato a scene del genere.
Si, decisamente quei tre avevano catturato la sua attenzione.
<< Interessante >> disse. << E dal momento che ho reso possibile, grazie ai miei uomini, questa piccola riunione di famiglia, posso sapere chi siete? >>
<< Te l’ho detto, Earl >> fece il biondo con tono di sfida, schioccando rumorosamente la lingua e calcando il nome dell’uomo. << Mi chiamo Giovanni >>
L’uomo alzò un sopracciglio. << E i miei nuovi giovani ospiti? >>
I due dissero rispettivamente i nomi.
<< Allora? Come siete finiti qui? >> continuò allora Earl, capendo che avrebbe dovuto tirar loro le parole di bocca.
I tre si guardarono, indecisi se dire la verità. In quel momento entrò un altro uomo e si avvicinò ad Earl, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
<< Che cavolo gli diciamo? Io non mi fido! >> sussurrò Sara ai due ragazzi, approfittando di quel momento di distrazione.
<< Io credo sia meglio rischiare, in un modo o nell’altro dobbiamo capire che diamine è successo dopo il temporale! >> disse Marco. Giovanni convenne con lui, beccandosi un’occhiata di traverso da Sara.
<< E se ci uccidono, dopo? >> ribatté lei.
<< Se hanno intenzione di ucciderci, a maggior ragione lo faranno se non parliamo, genio! >> la zittì Marco.
<< Se posso dire la mia, sono d’accordo col ragazzo >>
Si girarono contemporaneamente nella direzione della voce, guardando impietriti Earl che li fissava tranquillamente.
<< In ogni caso, >> continuò lui << questi due appartengono alla vostra combriccola? >>
In quel momento i due carcerieri – di cui non avevano notato l’assenza prima di quel momento – rientrarono seguiti da due figure.
<< Non ci credo! >> esclamò Sara incredula. Qualcuno lassù si doveva stare divertendo davvero tanto.




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ANGOLINO DELL'AUTRICE

Saaalve gente! =)
Ecco a voi la seconda parte del terzo capitolo. Spero che non vi siano errori, purtroppo ho potuto dedicare poco tempo alla correzione. Avverto già che le prossime settimane non sarò puntale poichè sono in periodo d'esami. Il quarto capitolo è già pronto, ma è tutto da rivedere e correggere. Prometto che cercherò di aggiornare il prima possibile!

Passando alla storia ... Diciamo che la trama si sta cominciando a muovere! Ovviamente sarò sempre felice di ricevere le vostre opinioni, sia negative che positive! 

Grazie a tutti coloro che leggono, e in particolare a chi recensisce! 
A presto, 
Bruli =)



 

  
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