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Autore: redeagle86    12/12/2007    1 recensioni
Due dolori diversi...due dolori che si cercano...forse solo la morte può appianare ogni cosa e cancellare il passato...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. VIII. Biglietto d’addio

 

Hilary abbassò la maniglia: nonostante le prediche, Kei non chiudeva mai a chiave la porta. Non che qualche malintenzionato avesse il coraggio di entrare: appena leggevano Hiwatari sul campanello, diventavano di colpo onesti.

Appoggiando a terra la valigia, respirò quella sensazione di pace che le invadeva l’anima: quella era casa sua. Era il luogo dove abitavano i suoi ricordi, i ricordi di un tempo che sembrava trascorso da secoli.

I ricordi di lei e Kei. Felici. Insieme.

La foto della loro vacanza in Russia la guardava dal mobile, accanto a quella dell’estate al mare con i ragazzi: il suo sorriso, i suoi occhi viola pieni d’amore per lei, il suo viso angelico. Chi non lo conosceva bene, non lo avrebbe mai considerato un angelo. Ma per Hilary era questo: il suo angelo custode, sempre pronto a salvarla. Sempre.

Le sue guance vennero attraversate dalle lacrime: perché? Perché proprio a loro?

Si gettò sul letto, stringendo le lenzuola tra i pugni serrati: voleva piangere tutte le sue lacrime, piangere fino alla fine dei suoi giorni, fino ad esaurire le forze.

Perché si era gettato? Perché aveva voluto fare l’eroe?

Conosceva benissimo la risposta, ma si ostinava a domandarselo, come se una soluzione avesse potuto restituirle Kei. In verità, però, non esisteva un perché: aveva seguito il cuore, non era stato un gesto razionale. Probabilmente non ci aveva neanche pensato.

 Sollevò il volto dal lenzuolo, incontrando lo sguardo del peluche sul cuscino: rammentava perfettamente il giorno in cui l’aveva comprato…

 

Le dispiaceva aver detto quelle parole a Kei: era stato un momento di rabbia, non le pensava veramente. Era passato un mese da quella sera e i due non si erano più guardati.

Era una situazione insostenibile e lei aveva torto marcio: doveva scusarsi con il blader. Il prima possibile.

Stava tornando a casa da scuola con le amiche quando lo vide nella vetrina del negozio: sì, era lui, era il regalo perfetto. Si bloccò davanti al vetro, ignorando i richiami delle compagne.

Doveva averlo, anche se questo significava togliere qualcosa ai suoi sudati risparmi: ma non c’era prezzo troppo alto per riavere l’amicizia di Kei.

 

(Due mesi dopo)

 

Il pacchetto era ancora lì sulla sua scrivania: non aveva trovato la forza per chiedergli perdono, facendo la pace con il ragazzo. Non che le occasioni le fossero mancate: gli amici erano arrivati a tentativi disperati pur di riappacificarli.

Ma era stato inutile: lui si buttava anima e corpo nel beyblade, mentre lei non faceva altro che studiare e lavorare.

Fino a che, una mattina, Hilary si imbatté nel giovane che usciva da casa Kinomiya. Si guardarono negli occhi e per un attimo sembrarono sul punto di aprire i loro cuori.

Invece entrambi presero la loro strada, rompendo la magia: la ragazza sparì oltre il cancello e Kei salì sull’auto che lo attendeva.

-Non sapevo che vi sareste allenati anche oggi. Dove sono gli altri?- chiese a Takao.

-Non c’è nessuno, Hila.

-Ho visto Kei e ho pensato…

-No, è venuto a salutarmi prima di partire.

Hilary si alzò di scatto, incapace di trattenere le emozioni.

-Parte? Dove, quando?

-Va in Russia. Il suo volo decollerà tra quindici minuti.

-Ma…perché?

-Preferisce tornare laggiù, almeno per un po’ di tempo. Si addestrerà con la Neo Borg.

-Sì, ma…così, all’improvviso?

-Hila, perché la cosa ti sconvolge tanto?

-Io…io…- tentennò.

Takao sorrise, appoggiando Dragoon sul tavolo.

-Senti, se corri c’è un autobus che passa dall’aeroporto fra due minuti. Fai ancora in tempo a sa…

Il ragazzo si interruppe, sentendola partire di corsa. Era l’ultima occasione: la sua parte l’aveva fatta.

Ora bastava che quei due mettessero da parte quel dannato orgoglio che abbondava in entrambi.

 

Aveva maledetto ogni automobilista e ogni vecchina che scendeva o saliva sul pulmino.

Con un occhio puntato sull’orologio, Hilary scese volando dall’autobus, entrando nell’aeroporto: si guardò disperatamente intorno, nella vana speranza di trovarlo.

Poi osservò il tabellone: l’aereo per San Pietroburgo era partito da un minuto. Per uno stupidissimo minuto non ce l’aveva fatta: quei voli erano sempre in ritardo. Sempre. Tranne quando le serviva che lo fossero.

Si sedette su una sedia, abbassando lo sguardo e stringendo i pugni: non poteva piangere per lui, avrebbe significato che era…

Che ne era innamorata. Mentre Kei pensava che lei lo odiasse…

Che stupida era stata e ora ne pagava le conseguenze: aveva perso l’occasione più importante, l’ultima.

Prese il cellulare e chiamò Takao.

-Pronto?

-Ciao…

-Hila? Cosa c’è?

-Sono arrivata tardi…è partito…per sempre- Le lacrime le impedirono di proseguire.

-Hila…

La ragazza non si accorse della figura che le veniva incontro, finché questa non le porse un fazzoletto.

-Grazie…

-Con chi stai parlando?- le chiese Takao.

-Prego.

-Con uno che…- Quella voce. No, non era possibile. O forse sì? Potevano accadere i miracoli?

Alzando lo sguardo, ebbe la sua risposta.

-Kei! Cosa…cosa ci fai qui? Io credevo che stessi parte…

-Non ho potuto.

-Non hai potuto? Perché?- domandò, dimenticando il cellulare sulla sedia.

-Una voce dentro di me mi ha detto che se fossi partito senza parlarti, sarei stato il più grande idiota di questo mondo…

-Kei, io…

Il ragazzo le mise un dito davanti alle labbra, fermandola.

-Hilary, mi dispiace per quello che è successo. E oggi, se non ti avessi rivista…

-Basta.- Fu il suo turno di interromperlo. –Ma quanto parli oggi?!

Gli passò le braccia attorno al collo, cercando le sue labbra. Un bacio disperato, desiderato, dolcissimo. Lo sentì lasciarsi andare, dopo il primo momento di stupore, cingendola in vita e ricambiando il suo bacio.

Quando Hilary si separò, lo abbracciò forte, come se non lo vedesse da centinaia di anni. Pianse ancora, tra le sue braccia, al sicuro, come un porto nella tempesta.

-Ti amo, Hilary.

Le dita di lei si chiusero intorno alla sua maglietta, tenendolo ancora più stretto a sé.

-Ti amo anch’io.

-Finalmente, ci voleva così tanto?!

La giovane sgranò gli occhi, interrompendo quell’intimità: aveva scordato Takao! Si avventò sul telefono, mentre Kei la guardava sorridendo e scuotendo la testa.

-Siamo rovinati- mormorò.

-Takao…hai sentito tutto, vero?

-Ogni sillaba, tesoro. E mi fa molto piacere.

-Cosa?

-Sono felice per voi due, no?! Cosa credevi?

-Che fossi felice per non aver perso nemmeno una parola.

-Questo è ovvio. Ho anche preso degli appunti per non sbagliare quando riferirò la scena agli altri.

-Perché non ti segni in che modo potrei ucciderti quando torno?!- replicò Kei.

-Cavoli, Kei, come sei permaloso!

-E tu sei un impiccione.

-Lo so, amico. Ci sentiamo.

-Takao, no, Takao, aspetta!

Ma l’amico aveva già riagganciato. Kei restituì il cellulare ad Hilary.

-Li sentirò a stare in Russia…- sussurrò abbattuto. Poi sorrise di nuovo, prendendo per mano la ragazza. –Ma non mi importa, perché tu sei la cosa più bella che mi sia capitata.

-Kei…- iniziò. Improvvisamente si ricordò del regalo. –Vieni a casa mia un attimo: devo darti una cosa.

-Come…- balbettò lui, arrossendo.

-Coraggio!

 

-Entra pure, non c’è nessuno.

La titubanza di Kei la fece sorridere: possibile che un tale iceberg fosse così impaurito da lei?

-Ehi, non ti facevo così timido- lo sorprese. –Tieni, questo è per te. L’avevo comprato per fare la pace…ora è un regalo per il viaggio, un portafortuna.

Il giovane aprì il pacchetto, tirandone fuori un peluche: era un aquilotto con delle striature rossastre. Somigliava vagamente all’Aquila Rossa.

-È un aquila…mi sei venuto in mente quando l’ho vista…

Le braccia di lui la avvolsero e Hilary si ritrovò contro il suo petto: sentì i battiti accelerati del suo cuore, i muscoli scolpiti da anni di allenamenti e la forza delle sue emozioni.

-Grazie, lo terrò sempre con me.

-Torna presto, Kei.

Si alzò sulle punte per baciarlo: era felice. Felice come non lo era mai stata.

 

Strinse a sé il peluche, avvertendolo improvvisamente scricchiolare. Osservandolo attentamente si accorse di una cerniera nascosta: cosa vi aveva infilato Kei?

Un foglio di carta sbucò dall’apertura. C’era scritto “PER IL MIO AMORE”.

 

20.6.2005

 

“Cara Hilary,

spero di esserti accanto quando leggerai queste parole.

In caso contrario, prendilo come il mio testamento. Sì, lo so: questi discorsi non ti piacciono, ma devo farli.

Per noi.

Lo scontro con Brooklyn di quattro mesi fa mi ha permesso di riflettere sulla mia vita, su quanto sia fragile. Tu sai quanto io ti ami, da quanto conto i giorni che mi separano dal mio diciottesimo compleanno, data in cui finalmente potrò sposarti e dividere con te tutto ciò che possiedo.

Ma se mi accadesse qualcosa prima di allora, ricordati che tu sei Hilary Hiwatari, la mia consorte, l’unica persona con cui voglia trascorrere l’esistenza.

La casa e il conto in banca sono intestate anche a tuo nome: avrei dovuto parlartene, lo so, ma ti saresti arrabbiata. Mi avevano sempre detto che non sono i soldi a fare la felicità, ma non ci avevo mai creduto: io ci vivevo in mezzo da sempre e avevo fatto ogni cosa volessi.

Ma non era quella la vera felicità: quella l’ho conosciuta solo quando mi sono innamorato di te.

Mi hai dato tanto in questi anni, molto più di quanto mi meritassi…voglio ricompensarti in qualche modo: regalarti il sogno di poter studiar medicina e di riprendere a ballare.

Non ho mai avuto dubbi sui tuoi sentimenti: ami me, non il mio denaro. E io invece credo di non essere mai riuscito a farti capire quanto sei importante per me: sei la mia luce, il mio tesoro, la sola persona per cui darei la vita.

Se ti sarò vicino, ora cominceremo a litigare, per poi riderci sopra; ma se così non fosse, asciuga le lacrime e continua a vivere: tu sei una ragazza forte. Non sei mai dipesa da me.

E comunque, qualsiasi cosa accada, io sarò con te.

Per sempre.

Kei Hiwatari

 

  
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