Cap. IX. Un amico speciale
Restò con quel foglio in mano per un tempo indefinito, incapace
di fare qualsiasi cosa non fosse piangere.
Aveva sempre saputo che lo scontro con Brooklyn aveva lasciato
un segno profondo in Kei: dopo un’adolescenza fatta di pericoli e rischi
affrontati con leggerezza, l’incontro con la morte gli aveva aperto gli occhi
sulla precarietà della vita umana.
Ma non si sarebbe mai immaginata questo: non voleva quel denaro,
non l’aveva mai voluto. Kei non le doveva niente. Ogni secondo della loro
storia era stato un regalo…
Sdraiandosi sul letto, pensò che lì era iniziato tutto tre anni
prima; su quel letto dove poteva sentire ancora il suo profumo, dove avevano
consumato il loro amore.
Perché la vita era così ingiusta? Perché il destino aveva
giocato loro quel brutto scherzo? Perché le aveva strappato il suo unico amore?
Rei passò una mano sulla lapide, pulendola dalla neve. Era
assurdo: il suo migliore amico era morto…e lui non riusciva ancora a crederci:
lo rivedeva ragazzino, quando insieme avevano girato il mondo, oppure quando
stava appoggiato al muro della casa di Takao. Era difficile convincersi che non
l’avrebbe più rivisto, che mai più si sarebbero sfidati…
-Kei.
Le lacrime di Takao lo avevano scosso: il suo capitano era stato
forte fino al funerale, ma dopo aveva continuato a piangere ogni volta che
nominava il compagno. Erano stati sempre rivali, sempre a tentare di superarsi
a vicenda, sempre a cercare l’occasione per battersi. Sconfiggere Takao: era
questo il grande sogno di Kei. Un sogno destinato a restare irrealizzato.
-Rei, ciao.
Il cinese si volse, incontrando la sagoma di Hilary.
-Ciao Hilary. Come stai?
-Non bene, se vuoi la verità- rispose lei, appoggiando un fiore
rosso sulla tomba e accarezzando la foto con dita tremanti. –Anzi, non potrei
stare peggio.
-Lo capisco. Io devo venire qui per essere certo che sia
successo davvero.
Notò il fiore. Un giacinto. I giacinti porpora indicavano una
supplica di perdono. In cuor suo si interrogò sul motivo. Perdono per cosa? Per
non riuscire a superare la sua morte?
-Ti va di fare due passi?- gli propose.
-Sì.
Camminarono a lungo, senza dirsi una parola. Entrambi avevano le
loro ferite chiuse nel cuore, ferite che non volevano far venire a galla.
-Rei, tu eri il suo migliore amico: sapevi tutto di lui.
-Bhe, mi sarebbe piaciuto che Kei si fosse confidato con me,
come io con lui. Anche se spesso i suoi occhi parlavano al suo posto- ribatté
il ragazzo. –Perché questa domanda?
-Sono stata a casa sua- continuò, porgendogli un foglio. –E ho
trovato questo.
-No, Hila, non posso leggerlo. È una cosa fra voi due.
-Ti prego: io non so cosa fare.
A Villa Hiwatari, intanto, un uomo chiuse a chiave una porta:
nessuno sarebbe più tornato in quella stanza.
-Alfred, hai sigillato la palestra?- chiese.
-Cero, signore.
-Prendi le chiavi e rinchiudile in cassaforte.
-Come desidera.
Una volta solo si sostenne alla porta: erano appena riusciti a
chiarirsi dopo tre anni…
-Kei…
Rei restituì la lettera alla giovane.
-Cosa ne pensi?
-Che era un sentimentale, nonostante non volesse ammetterlo-
rispose lui.
-Non intendevo questo…
-Lo so. Hilary, sono le ultime volontà di Kei…
-Io non voglio quei soldi, Rei. Dimmi la verità: tu lo sapevi?
-No, non sapevo niente di queste sue disposizioni, ma me lo
aspettavo: tutti abbiamo temuto di perderlo quando ha affrontato Brooklyn.
Immaginavo che anche lui ci pensasse ancora. Specialmente per te.
-Te lo ripeto: non voglio quei soldi. Potrei ridarli a suo
nonno…
-Vai a dare l’acqua al mare, Hila?
-Erano di Kei e quindi di suo nonno, anche se credo che
preferisse bruciarli piuttosto che darli a Hito.
-Già, visto il loro bel rapporto- commentò il ragazzo.
-Che tipo è?
-È difficile da dire: certamente è un uomo autoritario e dalla
disciplina rigida. Basta vedere com’è venuto su Kei: freddo, solitario,
introverso…
-Sì, ma cosa è successo esattamente per causare la rottura dei
loro rapporti?
-Quattro anni fa, quando siamo andati in Russia, Kei ha
ritrovato il suo passato: ha scoperto di essere stato usato da suo nonno fin da
bambino, di essere stato trasformato in un cacciatore di bit- power, di aver
vissuto nella menzogna- raccontò l’amico. –Così si ribellò e decise di non
avere più niente a che fare con quell’uomo. Si sentiva tradito, deluso,
pugnalato alle spalle dai suoi affetti.
-Ora capisco perché litigavamo ogni volta che lo nominavo: lo
avevo pregato di parlargli, di convincerlo a trascorrere il Natale con noi. Ero
sicura che un giorno si sarebbe pentito per non aver riallacciato quel
legame…ero anche riuscita a convincerlo a tornare alla Villa…
-Kei era un gran testardo orgoglioso.
-Allora, mi dai un consiglio?
-Ho l’impressione che la tua sia una scusa. No, non
fraintendermi: capisco i tuoi desideri, ma credo che tu voglia incontrare Hito
anche per altre ragioni.
Hilary restò in silenzio, abbassando il viso.
-Kei aveva ragione: sai leggere le cose nelle sfumature della
voce. L’ho visto al funerale, Rei: questo qualcosa vuol dire. Forse che era
pentito, o addirittura che soffriva per la sua morte.
-Hilary…non è per essere pessimista, ma non ti ostinare a
cercare il buono dove non c’è.
-L’ho trovato anche in Kei- disse.
-Non avevi bisogno di cercare a lungo. Ma con Hito potrebbe
essere solo tempo perso.
-Ci voglio provare, Rei. Sento di aver bisogno di sapere, di
confrontarmi con lui. Anche per Kei.
Rei sospirò rassegnato. Per certi versi lei e Kei erano simili:
entrambi dei grandissimi testardi. Se riuscivano a cacciarsi in testa qualcosa
non c’era verso di far cambiare loro idea.
-Va bene, ma lascia almeno passare le feste. E soprattutto non
dirlo a Takao: ho idea che non approverebbe affatto questa decisione.
La giovane si volse sorridente. Poi, di colpo, perse i sensi.