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Autore: redeagle86    12/12/2007    1 recensioni
Due dolori diversi...due dolori che si cercano...forse solo la morte può appianare ogni cosa e cancellare il passato...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. XI. Una notizia inattesa

 

Dicembre e le sue festività non erano che un ricordo lasciato alle spalle. Hilary l’aveva trascorso da sola, nella casa di Kei, nonostante in molti si fossero dati da fare per invitarla: i ragazzi, Yuri, Mao, Emily, Olivier…

Ma aveva rifiutato tutti gli inviti: un po’ perché non voleva vedere la pietà sui loro volti, e un po’ perché non si sentiva più sicura di sé stessa. Ultimamente non faceva altro che svenire e vomitare: all’inizio lo aveva attribuito al dolore, allo shock per la morte di Kei…ora, però, cominciava a preoccuparsi. Che diavolo le stava succedendo?

 

-Cosa voleva Hilary?- domandò Takao a Rei, appena questi rientrò nella sala.

Grande era stata la sorpresa del capitano dei Bladebreakers quando aveva risposto al telefono e la ragazza gli aveva chiesto di passarle il blader cinese.

-Signore, e adesso cosa gli racconto?!- pensò.

Non poteva certo dirgli la intenzioni di Hilary; non poteva rivelargli che quel pomeriggio l’amica si sarebbe recata a Villa Hiwatari per conoscere Hito. Takao sarebbe andato in escandescenza.

Già, ma allora cosa poteva inventarsi?

-Solo scusarsi per essermi svenuta fra le braccia…- incespicò lui.

-È successo un po’ di tempo fa. Ci stava pensando ancora?

-Non aveva più avuto l’opportunità di farlo.- Era penoso: si vedeva lontano un miglio che stava raccontando una balla.

Ma Takao parve non accorgersene, oppure preferì sorvolare e lasciargli i suoi segreti.

Max, invece, non fu altrettanto indulgente: squadrò il compagno, ipotizzando cosa mai stesse nascondendo.

Una storia con la giovane? Da escludere: Rei era innamorato di Mao, e in qualsiasi caso non si sarebbe mai messo con la ragazza dell’amico defunto. Che Hilary stesse male? Bhe, non era a cento, ma perché dirlo solo a lui? No, anche questo era da scartare.

Odiava quella situazione: doveva assolutamente convincere Rei a parlare, anche se era più difficile che scassinare Fort Knox.

 

Villa Hiwatari si ergeva imponente oltre il cancello, dopo metri e metri di parco.

Era diversa dall’ultima volta che l’aveva vista, molti anni prima: i rampicanti crescevano senza controllo, la ruggine stava attaccando rapidamente il ferro battuto ed ogni cosa era lasciata all’abbandono. Tutto era triste e tetro.

Un’atmosfera strana aleggiava su quel luogo: non si sarebbe stupita se un fantasma le fosse passato davanti al naso. L’ambiente era l’ideale.

Si appoggiò all’anta e per poco non cadde a terra: il cancello si era aperto al solo tocco della mano.

Era strano: Kei le aveva sempre detto che suo nonno teneva molto alle apparenze e soprattutto che la Villa era sigillata come un bunker.

In quel momento non corrispondeva proprio all’idea che si era fatta.

Attraversò il viale, spazzato di fresco dalla neve, accertandosi ad ogni passo della decadenza di quel luogo: non era Villa Hiwatari, almeno non quella di un tempo.

Anche la porta non oppose resistenza e in un attimo si ritrovò nell’atrio. Era un po’ violazione di domicilio, ma di fronte a quello che voleva scoprire, cos’era un piccolissimo reato?

Si stava giusto guardando intorno, cercando di raccapezzarsi, quando una voce le ghiacciò il sangue nelle vene.

-Cosa cerchi, ragazzina?

Hilary volse lentamente la testa alla sua sinistra e lo vide, in cima alle scale: Hito Hiwatari, l’uomo più ricco e potente del Giappone, l’ultimo sopravvissuto della sua dinastia.

La giovane mosse un passo, poi crollò al suolo svenuta.

 

Non aveva più i riflessi e i sensi di una trentina d’anni prima, ma era certo di aver sentito il cigolio leggero della porta d’ingresso. Ma chi avrebbe potuto entrare? I ladri non si derubano fra loro, Alfred era in casa e lui non attendeva nessuno.

Avviandosi verso le scale, Hito Hiwatari si appoggiò al bastone: la sua salute era notevolmente peggiorata in quell’ultimo periodo ed era sicuro che non gli restasse molto da vivere. La morte di Kei era stata l’ultima goccia: il suo cuore non avrebbe retto ad altri dolori.

Quando notò la fanciulla nell’atrio, gli ci volle un attimo per riconoscerla: era l’amica dei Bladebreakers e…

La fidanzata di Kei.

Si era sempre chiesto come avesse fatto quel mucchietto di ossa a domare il grande Kei Hiwatari: doveva essere una vera forza della natura se aveva trionfato dove sia lui che Borgof avevano fallito.

-Cosa cerchi, ragazzina?

Per poco non si sentì male nel vederla accartocciarsi a terra come un castello di carte.

-Afred! Alfred!

-Ha chiamato, signore?- rispose un uomo.

-Presto! Portala in camera e poi chiama un’ambulanza!

-Subito, signore.

 

Per la seconda volta in poco tempo, Hilary si risvegliò in un letto non suo. Cominciava a diventare un vizio.

Avvertiva un borbottio sommesso, provenire dalla stanza a fianco: riconobbe la voce di Hito, ma non quelle delle altre persone.

-Come sta, dottore? È qualcosa di grave?

Dottore?! No, era svenuta di nuovo: che figura del cavolo…

-No, signor Hiwatari. Nel suo stato qualche svenimento è normale.

-Bhe, il dolore per la morte di Kei è stato grande…

-Non mi riferivo a questo: quella ragazza è incinta. Ad occhio e croce di cinque settimane.

-Come?!

-Mi scusi, io credevo che lei sapesse…

Hilary spalancò gli occhi, rizzandosi a sedere: incinta?

Ecco perché la nausea e gli svenimenti…Si portò una mano al ventre: un bambino, un esserino che era lei e Kei insieme. Era incredibile, meraviglioso, drammatico e terribile allo stesso tempo.

Un figlio. Un figlio dal ragazzo che aveva amato con tutta sé stessa. Un figlio che sarebbe stato il frutto del loro amore. Un figlio che non avrebbe mai conosciuto suo padre.

Si sentì schiacciare da tutti quei pensieri: cosa doveva fare? Doveva tenerlo? Bhe, su questo di dubbi ne aveva pochi: era una parte di Kei, del suo Kei. Non poteva certo gettarlo come un sacco della spazzatura.

Ma sarebbe riuscita a crescere un bambino da sola? Certo, Takao e gli altri ne sarebbero andati matti: desideravano un nipotino che corresse per casa chiamandoli zii.

-Kei…amore mio…perché non sei qui con me?

Una lacrima rotolò lungo la guancia: lo rivedeva a terra, nel sangue, morto per salvarla. Anzi, salvarli.

E Hito? Cosa avrebbe pensato? L’avrebbe considerato suo nipote o se ne sarebbe lavato le mani?

Non che si aspettasse qualcosa da lui: non era andata lì per quel motivo.

La porta si aprì di colpo, e l’oggetto dei suoi pensieri entrò nella camera.

-Scusami, non intendevo spaventarti. Non sono più abituato ad avere altre persone in casa. Ti senti meglio?

-Sì, grazie. Mi perdoni per esserle piombata in casa come una ladra, non so cosa mi sia preso…

-Forse il dolore ne chiama a sé altri.

Quella frase venne pronunciata con una tale spontaneità che Hilary fu costretta ad alzare lo sguardo, fissandolo negli occhi: erano grigi, non viola, ma avevano la stessa profondità di quelli di Kei.

-Io sono Hilary Tachibana…

-Lo so chi sei. Sei la ragazza che ha portato via il cuore di Kei.

Le guance di lei arrossirono leggermente.

-L’ho vista al funerale. Perché non è venuto davanti, a porgergli un ultimo saluto?

-La gente non l’avrebbe tollerato. Non dopo ciò che gli avevo fatto: sarebbe sembrato un gesto ipocrita.

-Io non l’avrei pensato. Comunque, sono venuta per ridarle questo.

-Il conto in banca di Kei? Perché?- L’uomo era stupito da quel gesto: quindi non era il denaro a interessarle.

-Suo nipote voleva che li tenessi, ma quei soldi non mi appartengono: io amavo lui, non il suo denaro.

-È assurdo e incredibile. Noi Hiwatari siamo dei bastardi per natura…nasciamo con mire di conquista, con sete di potere. Ma per fortuna del mondo, ci imbattiamo sempre in donne dall’animo nobile e dal carattere forte, capaci di metterci le briglie- aggiunse con un sorriso. –Mia moglie Angeline, mia nuora Nadja e ora tu: in amore siamo sempre fortunati. Un po’ meno nella vita.

-Che intende dire?

-Angeline è morta poco dopo la nascita di nostro figlio, Nadja e Sosuke sono morti in un incidente e Kei…bhe, lo sai anche tu com’è finita.

Alla ragazza non sfuggì il luccichio nei suoi occhi.

-Quei soldi ti appartengono, Hilary: Kei li ha intestati a tuo nome. E oltretutto, ciò che mi hai restituito non ha un prezzo.

-Non capisco…

-Tu mi hai ridato Kei.

-Cosa?

-È stato qui, la mattina di quel terribile giorno: non lo vedevo da anni.

-Kei…ha parlato…con lei?

-Sì, e solo per merito tuo. Era abbastanza contrariato: diciamo che era palese quello che pensava. Però manteneva la sua determinazione: si batteva per te, per qualcosa a cui tu tenevi. Volevi che i nostri rapporti si riallacciassero, vero?

-Io so cosa vuole dire perdere la propria famiglia: guardarsi alle spalle e non riconoscere più le persone come famigliari. Lei era tutto ciò che gli restava: l’aveva deluso e questo lo aveva ferito- raccontò lei. –Ma sapevo che in fondo al cuore le voleva ancora bene: non volevo che un giorno si pentisse di essersi allontanato da lei, quando magari era troppo tardi per rimediare.

-Più o meno ha usato queste parole. Ha aggiunto che il passato non si poteva cancellare e che non sarebbe mai riuscito a dimenticare i traumi dell’infanzia. Ma che, in fondo, forse senza di me non avrebbe mai scoperto il beyblade e il suo Dranzer. “Qualcosa te lo devo, nonno” ha detto.

Ecco perché quella sera aveva voluto incontrarla.

Ti devo parlare assolutamente, non posso aspettare domani” le aveva rivelato con fare misterioso.

Ma non ci era mai riuscito: quella macchina aveva sepolto con lui la discussione fatta la mattina.

Hilary si alzò dal letto, portandosi accanto all’uomo e stringendogli una mano con un sorriso radioso.

-Kei era un gran testardo. È stata dura per lui mettere da parte l’orgoglio e tornare qui, ma non l’ha fatto solo per me: io ho insistito, gli ho dato l’occasione…in realtà credo non aspettasse altro.

-Sei una brava ragazza, Hilary. Benvenuta in famiglia.

-Come?

-Fai parte degli Hiwatari, sempre che tu lo desideri.

La fanciulla non riuscì a trattenersi: gli saltò al collo, abbracciandolo con sincero slancio. Hito rimase perplesso: Kei, suo nipote, non si era mai comportato così. Il massimo a cui arrivava era una stretta di mano: il passato era una brutta bestia, difficile da cancellare.

-Grazie…

-Di niente, bambina. Immagino fosse il desiderio di Kei.

-Ora devo andare, ma tornerò a trovarla.

Aveva già una mano sulla maniglia, quando Hito le raccomandò:

-Stai tranquilla e non affaticarti troppo, va bene?

Non aveva trovato il coraggio per parlare della gravidanza e, sinceramente, la giovane gliene fu grata: nemmeno lei sapeva esattamente come affrontare quell’argomento. Avrebbe già dovuto trovare le parole per informare i ragazzi e non era assolutamente una cosa facile.

Però quell’affermazione le scaldò il cuore: quell’uomo somigliava molto al suo Kei. Entrambi parevano di ghiaccio e privi di sentimenti, ma sotto la scorza si nascondevano delle persone stupende.

-Certo, non si preoccupi.

Era felice. Talmente felice da non accorgersi nemmeno dell’auto nera parcheggiata fuori dalla Villa.

  
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