Cap. XV. Epilogo
“Cara Hilary,
so che sei nei guai con la scelta del padrino. Non ti propongo
la mia candidatura, anche se non nego che mi farebbe piacere. Questo è un
suggerimento.
C’è una persona che ancora non è riuscita a fare pace con il
fantasma di Kei e so che, se tu la scegliessi, la faresti immensamente felice.
Immagino tu abbia capito di chi sto parlando…”
Quando lesse l’e-mail di Yuri rimase di sasso: quel russo
riusciva regolarmente a sorprenderla.
Da giorni si torturava con la lista dei candidati: Takao, Rei,
Yuri, Max, Yuuya, Hito, nonno Jei…
Temeva che scegliendo uno, un altro si sarebbe certamente
offeso: perché non poteva farlo fare a tutti?
Il pianto di suo figlio la distolse dal computer: spesso si
chiedeva come facesse un esserino così piccolo ad urlare così tanto.
-Cosa c’è, tesoro?- chiese, prendendolo in braccio.
Andrei Hiwatari la guardò con i suoi grandi occhi viola,
calmandosi all’istante. Assomigliava molto a Kei: gli occhi, gli zigomi, il
taglio delle labbra erano quelli del ragazzo. Ma aveva i capelli castani come
la mamma.
Avrebbe compiuto tre mesi il giorno del battesimo: cullandolo
dolcemente, ripensò al nome scritto da Yuri.
Sicuramente sarebbe stato un padrino d’effetto.
-Max, tu sai chi sarà il padrino?- domandò Takao.
-Credevo lo sapessi tu. Rei?
-Ne so quanto voi.
-Hilary, non puoi almeno darci un suggerimento?
La ragazza, radiosa, prese tra le braccia Andrei, negando con il
capo.
-No. Sarà una sorpresa.
-Certo che somiglia davvero a Kei- disse Mao, guardando il
bambino. –Oh, Hilary come ti invidio.
-Rei, hai sentito la tua fidanzata?- lo schernì Max.
-Tesoro, guarda che lo penso anch’io- lo gelò Mariam.
Le tre giovani scoppiarono a ridere, osservando le facce
terrorizzate dei due blader.
-Sta arrivando un’auto.
Una vettura bianco immacolata si fermò davanti alla chiesa. Il
ragazzo che ne scese salutò tutti con un sorriso, prima di avvicinarsi alla
novella mamma.
-Ciao, Yuri.
-Ciao, Hilary. Così è questo
il mio nipotino giapponese…- continuò il russo. -È bellissimo: somiglia ad
entrambi.
-Vuoi prenderlo in braccio?
-Meglio più tardi. Il padrino non mi perdonerebbe- proseguì in
tono scherzoso. Si volse poi verso l’auto. –Allora, scendete o vi devo tirare
fuori con la forza?
-Arriviamo. Voi avviatevi, intanto- risposero i compagni.
I giovani entrarono in chiesa, Yuri e Hilary per ultimi.
-Non lo ammette, ma si vede che è felice. Non ha parlato
d’altro.
-Certamente non è un padrino che passa inosservato.
-Questo sicuramente no- rise Yuri, prendendo posto.
Subito dopo arrivarono Boris e Ivan che si sedettero accanto al
capitano. Mancava solo il padrino.
Il suo ingresso suscitò la sorpresa di tutti: era imbarazzato,
ma allo stesso tempo gli si leggeva sul viso una sorta di fierezza.
-Hilary…io volevo ringraziarti…non ho potuto farlo prima…
-Non c’è bisogno di dire nulla. Sono certa che anche Kei avrebbe
fatto questa scelta. Andrei, ecco il tuo padrino.
Gli posò fra le braccia il bambino: era così piccolo fra quelle
mani enormi.
-Ho paura di farlo cadere.
-Stai tranquillo, Sergey. Rilassati.
Faceva uno strano effetto vedere quel colosso biondo con una
creaturina minuscola. Andrei aprì i suoi occhi viola, posandoli sul blader e
facendolo sudare freddo.
-Ora piange, ne sono certo. Ora si mette a strillare- pensò.
Invece il piccolo sorrise. In quel momento Sergey capì di
essersi irrimediabilmente innamorato del suo protetto e fu immensamente grato
ad Hilary: non era mai andato d’accordo con Kei, ma credeva di avere tutta la
vita davanti per cercare di rimediare. Invece Kei era morto, portandosi via
ogni occasione di chiarirsi: fare da padrino a suo figlio era un modo per
placare i fantasmi del passato.
I raggi del sole entrarono a tagli dalla vetrata e ad Hilary,
per un secondo, parve di scorgere la figura del suo amato.
Io sarò con te.
Per sempre.