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Autore: June_    27/05/2013    3 recensioni
"Chi ride per primo perde. [...] Ho finito per smarrire anche me stessa dentro a quel sorriso."
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Volevo scrivere una storia.'
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Volevo scrivere una storia d’amore.

Volevo scrivere la nostra storia.

Ma poi c’ho pensato, la mia mente ha iniziato a vagare a ritroso, a ricordare tutto, e non c’è stato amore nella nostra storia, solo tanti fraintendimenti, tante guerre, tante lacrime.

Quante volte abbiamo iniziato ad andarci contro, invece di venirci incontro?

Ammettiamolo, era una guerra continua, un continuo “se a lui non interessa, perché a me dovrebbe?”; “se lei non è disposta, perché io dovrei esserlo?” Ma il punto è che nonostante questo, ci sopportavamo, ci siamo sopportati anche troppo, ci siamo allontanati e ripresi con solo gli sguardi, perché alla fine, in qualche modo a noi sconosciuto, ci piacevamo.

Ci piacevamo tanto, ma non ci andava di dirlo. Giocavamo a chi gliene importa di meno, a chi è più forte, a chi riesce a farsi scivolare tutto addosso. Giocavamo ai finti forti.

Chi ride per primo perde.

Poi un giorno hai sorriso, ed io ho perso. Ho perso tutto: ho perso al gioco, ho perso la guerra, ho perso l’armatura, ho perso il cuore… Ho finito per smarrire anche me stessa dentro a quel sorriso. Ho pensato che non ci fosse cosa più bella, che ero stata un’idiota totale a non farti sorridere prima, che avrei dovuto darti molto di più, e che da quel momento ero pienamente, incondizionatamente, fottuta.

Da quel momento è iniziata la fase che io chiamo “le montagne russe”. Un attimo prima in paradiso, e l’attimo dopo hai il naso schiacciato contro l’asfalto e ti gira la testa.

E tu mi hai lasciato così, col capogiro e il sapore d’asfalto in bocca, te ne sei andato per un po’, e in quei giorni Dio solo sa quanto ho desiderato il pezzo di paradiso, ma non arrivava mai. E quanti piatti scaraventati contro le pareti, quante lacrime, quanti amici abbandonati solo per aver pronunciato la fatidica frase “lascia perdere”.

Come si fa a lasciar perdere? E’ facile dirlo, no, me lo dovete insegnare. Perché io non riuscivo e non riesco a lasciar perdere. Come si può dimenticare un sorriso così? Uno di quelli che ti cambiano non solo la giornata, ma l’intera settimana. Quelli che se non li vedi almeno una volta al giorno ti senti morire, quelli che ti fanno sorridere anche a te, come un ebete. E rimani lì, impalata, chissà in quale altra galassia.

Non si può. Si può solo fingere, ma questo l’ho capito dopo.

Così me ne andavo in giro a fingere, illudendomi d’aver dimenticato.

E lasciatemelo dire, avrei dovuto ricevere il premio oscar per miglior attrice protagonista, me lo meritavo tutto. Ero riuscita ad ingannare me stessa, oltre che gli altri, ero riuscita a mettere su un teatrino di vita che non sembrava niente male, riuscivo persino a convincermi di voler davvero bene all’altro lui. Che era l’opposto di te, e solo da questo piccolo dettaglio avrei dovuto capire tutto. Ma niente, il sipario era ancora alzato e io continuavo a fare la mia parte.

Poi, un bel giorno, come in ogni sceneggiatura che si rispetti: il colpo di scena.

Non so esattamente come sia successo, so solo che sei rispuntato tu, e guarda un po’, hai sorriso. Inutile raccontare degli spaghetti scotti che mi ritrovavo al posto delle gambe, o della voce che si era bloccata alla gola, forse perché aveva trovato anche il cuore lì, che spingeva come se non ci fosse un domani, e facevano a botte perché in due non ci stavano.

Niente più oscar per me, sconvolsi tutti. Me per prima.

L’altro lui ho finito per lasciarlo, non si poteva continuare, iniziavo ad odiarlo, ma non odiavo lui, odiavo il fatto che non ci fossi tu al suo posto.

Iniziai a chiedermi il perché di quelle guerre, perché, se bastava così poco a farle cessare?

Iniziai a farmi altre mille domande, mille paranoie, mille colpe. Ma alla fine, sono arrivata ad una sola conclusione, dopo un accurato colloquio con me stessa ho capito che, sì, non sono bionda e alta, come piacciono a te. Ho capelli mossi, mentre a te piacciono lisci, non ho un bel sorriso, di quelli che t’illuminano la giornata, come i tuoi, e non sono sicura di quel che faccio.

Non so cosa dire la maggior parte del tempo, preferisco ascoltare, ascoltarti. Ho la mania di fantasticare, di inventare storie, di progettare cose che probabilmente non riuscirò mai a fare. Sono una sognatrice a occhi aperti, non ho i piedi per terra.

Non ho autostima, non so com’è sentirsi belle.

Non so come si conquista una persona, non so come si fa a non farla andar via.

Sono sempre sulla difensiva, non mi intrometto mai nelle conversazioni per paura di non saperne abbastanza da poterne parlare. Non capisco la maggior parte delle persone.

E non capisco neanche te. Non so come fare per rallegrarti in una brutta giornata, non so cosa realmente ti piace, e non so come comportarmi con te, perché tu mi spiazzi.

Basta un tuo sguardo per immobilizzarmi, un tuo sorriso per farmi tremare le gambe e far andar via quel poco di voce che mi ritrovo. Mi basta sentire il tuo profumo per avere un buco allo stomaco.

Non sono esattamente la ragazza dei tuoi sogni, questo lo so bene, ma vorrei che nonostante questo tu mi dessi un’altra possibilità. Perché le persone sbagliano, io sbaglio anche il doppio, ma se avessi un’altra possibilità con te, giuro che mi stravolgerei.

Molti dicono che non è giusto cambiare per qualcuno, ma io penso che se quel qualcuno è così importante, si farebbero salti mortali per lui. E io li farei per te.

Senza alcuno sforzo, se questo ti farebbe tornare da me, io lo farei.

Quindi volevo scrivere una storia, perché no, non c’era amore nella nostra, ma ce n’è stato dopo, e ce n’è adesso, tanto.

 

 

 

  
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