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Autore: Layla    27/05/2013    1 recensioni
“Le cose vanno di merda a tutti, vedo, ma ho una soluzione.”
Io alzo un sopracciglio e bevo un bicchierino di whisky.
“Prego?”
“Una soluzione. Non fare la stronza gelida che con me non attacca!
Ho intenzione di restituire loro pan per focaccia per ricondurli alla ragione o meglio ricondurre Mark alla ragione, questa volta io da Jen ci divorzio venisse pure Cristo a dirmi di non farlo.”
“Qual è, Tom?”
“Io e te fingeremo di stare insieme, ci faremo paparazzare da qualche fotografo e porteremo avanti questa commedia fino a che qualcuno dei due si farà vivo.”

Tom/Skye.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mark Hoppus, Tom DeLonge
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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7)I never thought what could take me out was hiding down below.

 

Da quando Mark è tornato di nuovo a casa sono passate due settimane.
Lui tenta in ogni modo di farsi perdonare con rose e colazioni a letto, io sono piuttosto fredda, lo ringrazio e penso che Tom mi manca.
Mio marito mi corteggia e il mio pensiero è rivolto quasi sempre a un altro, non va bene.
Gli ho permesso di dormire con me nel letto, ma stare abbracciata a lui più che un leggero senso di protezione e serenità  non mi dà altro: è come stare abbracciata al mio migliore amico, fa piacere, ma non ispira sesso.
Anche questa mattina si sveglia, mi dà un bacio dietro l’orecchio e mi sussurra: “Buongiorno.”
“ ’giorno Mark.”
“Cosa facciamo oggi?”
“Io lavoro fino alle dieci e tu dovresti preparare le valige, domani devi essere a New York.”
Lo sento sospirare.
“Che palle.”
Si alza e io trattengo un sospiro di sollievo, lo guardo andare in cucina in boxer, grattandosi una chiappa.
Gli voglio bene, ma non lo amo più.
La rivelazione mi colpisce come un fulmine e mi fa alzare di scatto dal letto.
Inseguo Mark e lo prendo per un polso, lo faccio voltare verso di me e lo bacio.
Cerco di metterci tutta la passione che posso, ma non ci riesco, non provo più nulla di quello che provavo prima: niente farfalle nello stomaco, niente amore, niente eccitazione.
Lo trascino a letto e lo baciò fino a che non ho più fiato, poi scendo a baciargli la mascella, il collo e il petto, lui freme sotto i miei tocchi, io sono disperata.
Continuo a non sentire nulla.
Lui ribalta le posizioni e mi toglie il reggiseno, bacia e gioca con i miei seni, mi toglie le mutande e mi accarezza lì.
Ribalto di nuovo le posizioni e gli tolgo i boxer. Gioco per un po’ con il suo pene, poi finiti i preliminari lui entra in me con una spinta violenta.
Sa di ripresa di possesso, ma a me dà fastidio. Continua a spingere e io lo assecondo fino a quando non viene e crolla su di me.
Io lo sposto e lui scoppia a piangere abbracciando il cuscino.
Io tento di toccarlo, ma lui si sposta.
“Mark.”
“è finita Skye.”
Io mi stendo a guardare il soffitto.
“Sì, è finita.”
Piango anche io.
“Come cazzo abbiamo fatto a farla finire?
Perché non siamo stati capaci di far ripartire il nostro matrimonio?”
Io sospiro.
“Perché abbiamo tentato di far finta che non fosse successo niente e invece era successo tutto.
Mi hai tradita, hai scopato un’altra donna e ti sei invaghito di lei e poi hai detto di averlo fatto per sesso.
Ti sei comportato come uno di quegli uomini che vanno a puttane e dicono che è per sesso, se ami una persona non hai bisogno di tradirla né di andare con una puttana.
Stai con lei, perché ti basta lei. Ami lei e i suoi difetti, ami lei e il modo in cui fate l’amore, non cerchi un’altra.
Io mi fidavo di te, mi sono sempre fidata di te, non ho mai avuto paura che tu mi tradissi perché sapevo che mi amavi. So che non avresti mai ceduto a nessuna avance da parte di una fan o ti saresti fatto una groupie, ora non so più nulla.
Ora non sento più fiducia per te e non sento nemmeno di voler far l’amore con te, quando mi abbracci non sento le farfalle nello stomaco, solo un lieve senso di protezione, quello che ti può dare il tuo migliore amico.”
“Friendzoned dopo tanti anni di matrimonio.”
Il suo sorriso è amaro.
“Scommetto che ti piace Tom.”
Io rimango zitta, so quanto ha sofferto quando era giovane per le sue ragazze che finivano per innamorarsi tutte di Tom.
“Skye, sii sincera, ti prego.”
“Sì, Mark. Mi dispiace, ma è quello che è accaduto. Lui era qui quando tu non c’eri, ha asciugato le mie lacrime, mi ha consolato e mi ha detto che tu saresti tornato.
Non ha mai detto nulla contro di me, non ti ha mai insultato, è semplicemente stato qui con me quando avevo bisogno di qualcuno.”
Lui non dice niente, continua a piangere e io mi alzo per mangiare qualcosa, è la colazione più triste della mia vita.
È la colazione di una persona che ha perso la guerra e che sa di aver ferito una persona a cui tiene, mentre bevo il mio caffè scoppio a piangere.
Lacrime e caffè, che strano miscuglio.
Sconfitta e forza insieme.
 

A mezzogiorno preparo un pranzo veloce e vado a chiamare Mark, si è addormentato come un bambino abbracciato al cuscino e con i segni delle lacrime sul volto.
Io lo scuoto leggermente.
“Ehi, se vuoi c’è il pranzo pronto.”
“Non ho fame.”
Rimane un attimo in silenzio.
“Skye, per favore stai qui con me.”
“Vado a spegnere il forno e arrivo.”
Detto fatto, quando torno mi sdraio accanto a lui che subito mi attira in un abbraccio e appoggia il suo mento sulla mia spalla.
“Ti amo.”
Gli prendo una mano.
“Vorrei dirti “Anch’io”, ma sarebbe una bugia.”
“Cosa diremo a Jack?”
Io faccio una risatina stupida, che odio.
“Non ci sarà bisogno di dirgli molto, capirà tutto da solo e chiederà di stare con te.”
“Perché?”
“Perché ama Ava.”
Mark diventa rigido.
“A dieci anni non si ama.”
“Davvero? Tu a dieci anni non amavi nessuno?”
Lo sento rilassarsi.
“Sì, una bambina che viveva nella parte povera di Poway. Volevo sposarla, solo che poi lei è… morta e io non ho potuto fare nulla.”
“Come si chiamava?”
“Sally. Aveva i capelli rossi, quando stava al sole sembrava che avesse un incendio in testa  e poi era bravissima a fare skate e a trafficare con i motori e aveva una risata argentina.”
“Vedi che a dieci anni ci si innamora, tu te la ricordi ancora dopo trent’anni e sono certa che se Sally fosse vissuta te la saresti sposata.”
Lui sospira.
“Probabilmente hai ragione.”
“Com’è morta?”
“Suo padre un giorno è impazzito e ha fatto fuori tutta la famiglia, poi con l’ultimo colpo si è sparato. Non è sopravvissuto nessuno.
Il giorno del suo memorial a scuola ho pianto come una fontana, non potevo credere che la mia Sally forse morta, che non l’avrei più vista giocare, ridere, ne avrei giocato con i suoi capelli rossi.
Hai ragione, a dieci anni ci si può innamorare e se proprio deve essere spero che Jack sia felice con Ava.”
“Anche io.”
Lui mi stringe più forte e non dice più nulla, nella stanza si sente solo il rumore dei nostri respiri: sono calmi e pesanti.
Sento la tristezza e il dolore di Mark avvolgermi come una morsa, la fine del nostro matrimonio gli sta facendo un male d’inferno e io vorrei poter tornare ad amarlo come facevo una volta.
Non posso, purtroppo.
Certi rapporti sono come vasi, quando si rompono non possono essere ricomposti e rimessi insieme, mancheranno sempre dei pezzi che non potranno essere ritrovati.
Buffo.
Sembravamo così solidi, invincibili e alla fine siamo caduti, non abbiamo retto e fa male.
Rimaniamo così tutto il pomeriggio, la luce entra gradatamente sempre più fioca nella stanza e le nuvole si affollano sul cielo di Londra. Poco dopo scoppia un temporale, ad annunciarlo è un lampo che squarcia il cielo.
Sento che anche Mark lo sta guardando.
“Anche la prima volta che abbiamo fatto l’amore, poi si è scatenato un temporale.”
Io non dico nulla, non ho voglia di rimestare nel passato e non dovrebbe farlo nemmeno lui, si soffre e basta.
“Vado a scaldare la cena.”
Lo lascio a letto da solo e  mi reco in cucina, accendo il forno in cui avevo infilato due pizze e spero che non siano troppo secche o immangiabili.
Poi prendo una sigaretta ed esco a fumare sul terrazzo di casa mia, fuori si è scatenato il diluvio universale, la gente corre per le scale e si ripara come può: qualcuno sotto le terrazze, altri con il giornale o altro sulla testa.
Dicono che la pioggia purifichi, dicono che lavi via il dolore e io spero sia così.
Spero lavi via il dolore di Mark e il mio senso di colpa.
Spero che ci liberi da quella sensazione di oppressione che ci pesa sul cuore.
Non ho mai desiderato che il mio matrimonio finisse – è successo e basta – ma non credevo finisse così. C’è troppo dolore, troppa tristezza, troppo senso di colpa.
Mark mi raggiunge.
“è bella Londra.”
“Sì.”
“Non si se ci rimarrò.”
“Nemmeno io.”
Torniamo dentro.
“Pensi che Jack preferirà rimanere qui o tornare in California?”
Io mi gratto il mento pensosa.
“Forse tornare, dovresti chiederglielo.”
“Lo farò tra quindici giorni.”
Il tono è calmo e misurato, quello che si usa tra estranei per essere cortesi l’un l’altro e mi causa una fitta al cuore.
Lo abbraccio e seppellisco la testa nell’incavo del suo collo.
“Ti voglio bene, ti voglio bene, mi  dispiace.
Non hai idea di quanto mi dispiaccia che tutto finisca così, non voglio che tu soffra.”
Inizio a piangere come una bambina, lui mi alza il mento.
“Se io non ti avessi mai lasciato a quest’ora non saremmo in questa situazione, quindi è anche colpa mia.
Ti voglio bene anche io e per quel che vale ora non rifarei quello che ho fatto, ma ormai è tardi.
Io me ne sono andato e ti ho lasciata indietro come se fossi una cosa di poco conto quando invece non lo eri. Sono stato stupido e supponente, pensavo che mi avresti perdonato come se niente fosse, non ti ho rispettata e ora ne pago le conseguenze. Spero solo che se diventerai la donna di Tom lui ti tratterà meglio di me.”
Io faccio un sorriso amaro – so quanto gli costi dire queste parole – e poi lo abbraccio.
Ti voglio bene, Mark.
Ti voglio tanto bene e spero che la prossima donna che incontrerai possa renderti più felice di me.

 

Il resto dei quindici giorni trascorre tranquillamente.
Ormai il nodo è sciolto, non ci sono più tentativi di corteggiamento, non ci sono moine inutili, ci siamo solo noi che conviviamo come due buoni amici.
L’ultima sera la trascorriamo insieme vendendoci un horror, poi usciamo in terrazza e ci sdraiamo su una coperta a guardare le stelle vicini.
Incredibilmente becchiamo una serata non nuvolosa e Mark mi mostra le costellazioni una per una.
“Me l’ha insegnato a mio padre quando ero un ragazzino, ora io spero di insegnarlo a Jack.”
“Lo farai, sei un buon padre.”
“Ma non sono stato un buon marito.”
“E io una buona moglie, siamo pari.”
Rimaniamo un attimo in silenzio.
“Non hai paura?”
“Da morire, mi sento come se stessi per lanciarmi in un’avventura assurda e pericolosa e tutta la mia razionalità mi dicesse di rimanere comoda a casa, che prima o poi le cose si perdonano perché il dolore perde forza.
Io, però, non voglio rimanere lì, mi sento soffocare e a costo di cadere e farmi male so  che devo andare.”
Mark fa un sorriso amaro.
“Conosco quella sensazione, niente al mondo potrebbe trattenerti dall’andartene da me, gli errori si pagano.”
“Deduco che non tornerai da Jen.”
“No, voglio una vera donna al mio fianco, non una che fa gli occhi dolci a tutti.”
“Spero la troverai.”
“Sarà dura sostituirti.”
Io non dico nulla, il senso di colpa sale lento a ondate e mi trascina via con sé.
Ci ho davvero provato fino in fondo a salvare il mio matrimonio?
Ricordo l’ultima volta che abbiamo fatto sesso e che io ho voluto e mi dico che ho fatto tutto quello che potevo, visto che tra noi non funzionava nemmeno il sesso e non era mai successo a memoria d’uomo.
“Ehi, ti va un’ultima canna fumata insieme?”
“Una volta non si concedeva la sigaretta ai condannati?”
Lui ridacchia.
“I tempi sono cambiati.”
Io rido con lui ed evito di dirgli che anche Tom ha ripreso con quella roba, credo che in questo momento non gli farebbe piacere sentire il suo nome.
Con calma Mark prende una sigaretta e la apre, mette il tabacco su una cartina e poi ci mette l’erba. In fondo mette il filtro e poi chiude la canna  e la accende.
Dà un primo tiro e poi guarda in alto, verso le stelle e le costellazioni, verso leggende inventate secoli fa per dare un nome e un disegno sensato al caos che ci sovrasta.
Sono solo leggende, ma, finché esisterà gente come Mark che le tramanderà al proprio figlio, continueranno a vivere.
Che strani pensieri.
Mi passa la canna.
“Io e te non abbiamo mai fumato insieme.”
“Mark, ti vergognavi a dire che fumavi erba, come se io non lo sapessi e tu non sapessi che anche io l’ho fumata in passato e che quindi non potevo in alcun modo condannarti.”
Lui ride.
“è vero, quanto sono stato idiota.”
“Nah, pensavi che potessi scappare probabilmente, ma…”
“Allora non lo avresti mai fatto.”
“Esatto.”
Un sorriso amaro gli increspa la bocca e in questo momento dimostra tutti i suoi quarantuno anni, non sembra un ragazzino, sembra un uomo vissuto a cui sono successe parecchie cose brutte nella vita.
“Sono un coglione, Skye.”
Io non dico nulla e do un altro tiro alla canna.
“Ti ho sposato anche per quello e continuo a volerti bene. Non è facile nemmeno per me constatare che quello che credevo un matrimonio solido è ceduto di schianto.”
“C’è una sola differenza tra me e te. Io domani dovrò continuare a fare i conti con le macerie, tu te ne andrai da Tom.”
“Non è detto che mi voglia.”
Lui ride e non mi risponde.
Forse sa qualcosa che io non so, ma io non ho voglia di approfondire, che senso avrebbe?
Se riguarda Tom lo scoprirò presto.
“Attenta a Jen.”
“Lo so, tirerò fuori gli artigli e la farò pentire di essersi messa contro di me, mi stava già sul cazzo prima.”
Lui ride triste.
“Scommetto che avevi capito subito che tipo era.”
“Sì, di solito le donne capiscono quasi subito che tipo di persona hanno davanti, gli uomini invece si fanno abbindolare facilmente.”
“Hai ragione.”
“Mark ho sonno.”
Lui annuisce e finisce la canna, poi entra e butta via i resti nella spazzatura, dopo di che esce ancora e mi prende in braccio.
Con delicatezza mi deposita sul letto, mi toglie i pantaloni da casa e le ciabatte, poi mi mette sotto le coperte e se ne va.
Vedo la luce del bagno accendersi e sento l’acqua che scorre, probabilmente si sta lavando i denti.
Do un’occhiata alla stanza, quelle valige messe in un angolo mi mettono tristezza, è incredibile come in quattro cose di metallo e plastica ci si possano infilare anni di vita, persone e rapporti.
In quei quattro trolley dimessi e un po’ rovinati ci sono i miei anni di matrimonio con Mark e il mio amore per lui, nostro figlio e i nostri desideri di trascorrere la vecchiaia insieme.
In quattro fottuti trolley.
Lui torna dal bagno, si toglie pantaloni, calzini e ciabatte e poi si sdraia dietro di me e mi abbraccia, appoggiando il mento sulla mia spalla.
“Che merda, domani dovrò fare l’allegro quando mi sento a lutto.”
“Mi dispiace, ma pensa che poi puoi andare a trovare Jack da tua sorella, sarà felice di vederti e… portagli una nuova chitarra.”
“Perché? Cosa è successo alla vecchia?”
“Piuttosto che farsi dare lezioni da Tom, l’ha rotta.”
Lo sento ridacchiare, mezzo fatto e mezzo isterico.
“Tutto suo padre, è proprio tutto suo padre!”
“Dovresti esserne orgoglioso.”
“Lo sono.”
Sorridendo mi addormento.
Piombo in un sonno senza sogni che dura sino al suono della sveglia di Mark. È arrivato il momento più difficile: lasciarlo andare e mettere davvero una pietra sopra a noi.
Ho il cuore stretto in una morsa di tristezza e so che per lui è lo stesso, se non peggio; deve essere dura andarsene sapendo di avere una parte importante nella piega che hanno preso gli eventi.
“Beh, è arrivato il momento.”
“Sì, è arrivato, Mark.”
Io prendo un lungo respiro.
“Sappi che ti voglio un mondo di bene e che quando starai meglio potrai sempre contare su di me e che non pensavo assolutamente finisse così.
Sappi che sei il mio migliore amico e che  farò in modo che per Jack non sia un trauma questa separazione.”
Lui mi abbraccia in silenzio.
“Sappi che ti amo e che ti amerò ancora per un po’. Se le cose con Tom non dovessero andare ci sono io.”
Io scuoto la testa e lo guardo fisso negli occhi blu.
“No, tu ti meriti una persona che ti ami, non una minestra riscaldata.”
Ci abbracciamo ancora a lungo, è un discorso senza parole in cui ci diciamo tutto quello che è necessario dirci e che non riusciamo a fare a voce.
Lui poi si stacca e uno ad uno porta i suoi trolley fuori dalla porta, mi dà un ultimo bacio e poi se ne va.
Io rimango da sola seduta sul divano inebetita.
Scoppio a piangere e abbraccio un cuscino.
Poco dopo smetto, non sono da sola, ora devo solo trovare il coraggio di richiamare Tom.
So che lo farò e spero che lui mi risponda e mi dica cosa provi per me prima o poi.
La vita non è finita, la vita è solo all’inizio.
Fa male viverla senza Mark, ma fingere per anni sarebbe stato peggio.
È con questi pensieri in testa che mi riaddormento.
Ce la posso fare.

 

Angolo di Layla

Ringrazio ValeDeLonge per la recensione. 

 

 

 

   
 
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