7)I never thought what could take me out was hiding down below.
Da
quando Mark è tornato
di nuovo a casa sono passate due settimane.
Lui tenta in ogni modo di
farsi perdonare con rose e colazioni a letto, io sono piuttosto fredda,
lo
ringrazio e penso che Tom mi manca.
Mio marito mi corteggia e
il mio pensiero è rivolto quasi sempre a un altro, non va
bene.
Gli ho permesso di dormire
con me nel letto, ma stare abbracciata a lui più che un
leggero senso di
protezione e serenità non mi dà altro:
è come stare abbracciata al mio
migliore amico, fa piacere, ma non ispira sesso.
Anche questa mattina si
sveglia, mi dà un bacio dietro l’orecchio e mi
sussurra: “Buongiorno.”
“ ’giorno Mark.”
“Cosa facciamo oggi?”
“Io lavoro fino alle dieci
e tu dovresti preparare le valige, domani devi essere a New
York.”
Lo sento sospirare.
“Che palle.”
Si alza e io trattengo un
sospiro di sollievo, lo guardo andare in cucina in boxer, grattandosi
una
chiappa.
Gli voglio bene, ma non lo
amo più.
La rivelazione mi colpisce
come un fulmine e mi fa alzare di scatto dal letto.
Inseguo Mark e lo prendo
per un polso, lo faccio voltare verso di me e lo bacio.
Cerco di metterci tutta la
passione che posso, ma non ci riesco, non provo più nulla di
quello che provavo
prima: niente farfalle nello stomaco, niente amore, niente eccitazione.
Lo trascino a letto e lo
baciò fino a che non ho più fiato, poi scendo a
baciargli la mascella, il collo
e il petto, lui freme sotto i miei tocchi, io sono disperata.
Continuo a non sentire
nulla.
Lui ribalta le posizioni e
mi toglie il reggiseno, bacia e gioca con i miei seni, mi toglie le
mutande e
mi accarezza lì.
Ribalto di nuovo le
posizioni e gli tolgo i boxer. Gioco per un po’ con il suo
pene, poi finiti i
preliminari lui entra in me con una spinta violenta.
Sa di ripresa di possesso,
ma a me dà fastidio. Continua a spingere e io lo assecondo
fino a quando non
viene e crolla su di me.
Io lo sposto e lui scoppia
a piangere abbracciando il cuscino.
Io tento di toccarlo, ma
lui si sposta.
“Mark.”
“è finita Skye.”
Io mi stendo a guardare il
soffitto.
“Sì, è finita.”
Piango anche io.
“Come cazzo abbiamo fatto
a farla finire?
Perché non siamo stati
capaci di far ripartire il nostro matrimonio?”
Io sospiro.
“Perché abbiamo tentato di
far finta che non fosse successo niente e invece era successo tutto.
Mi hai tradita, hai
scopato un’altra donna e ti sei invaghito di lei e poi hai
detto di averlo
fatto per sesso.
Ti sei comportato come uno
di quegli uomini che vanno a puttane e dicono che è per
sesso, se ami una
persona non hai bisogno di tradirla né di andare con una
puttana.
Stai con lei, perché ti
basta lei. Ami lei e i suoi difetti, ami lei e il modo in cui fate
l’amore, non
cerchi un’altra.
Io mi fidavo di te, mi
sono sempre fidata di te, non ho mai avuto paura che tu mi tradissi
perché
sapevo che mi amavi. So che non avresti mai ceduto a nessuna avance da
parte di
una fan o ti saresti fatto una groupie, ora non so più nulla.
Ora non sento più fiducia
per te e non sento nemmeno di voler far l’amore con te,
quando mi abbracci non
sento le farfalle nello stomaco, solo un lieve senso di protezione,
quello che
ti può dare il tuo migliore amico.”
“Friendzoned dopo tanti
anni di matrimonio.”
Il suo sorriso è amaro.
“Scommetto che ti piace
Tom.”
Io rimango zitta, so
quanto ha sofferto quando era giovane per le sue ragazze che finivano
per
innamorarsi tutte di Tom.
“Skye, sii sincera, ti
prego.”
“Sì, Mark. Mi dispiace, ma
è quello che è accaduto. Lui era qui quando tu
non c’eri, ha asciugato le mie
lacrime, mi ha consolato e mi ha detto che tu saresti tornato.
Non ha mai detto nulla
contro di me, non ti ha mai insultato, è semplicemente stato
qui con me quando
avevo bisogno di qualcuno.”
Lui non dice niente,
continua a piangere e io mi alzo per mangiare qualcosa, è la
colazione più
triste della mia vita.
È la colazione di una
persona che ha perso la guerra e che sa di aver ferito una persona a
cui tiene,
mentre bevo il mio caffè scoppio a piangere.
Lacrime e caffè, che
strano miscuglio.
Sconfitta e forza insieme.
A
mezzogiorno preparo un
pranzo veloce e vado a chiamare Mark, si è addormentato come
un bambino
abbracciato al cuscino e con i segni delle lacrime sul volto.
Io lo scuoto leggermente.
“Ehi, se vuoi c’è il
pranzo pronto.”
“Non ho fame.”
Rimane un attimo in
silenzio.
“Skye, per favore stai qui
con me.”
“Vado a spegnere il forno
e arrivo.”
Detto fatto, quando torno
mi sdraio accanto a lui che subito mi attira in un abbraccio e appoggia
il suo
mento sulla mia spalla.
“Ti amo.”
Gli prendo una mano.
“Vorrei dirti “Anch’io”,
ma sarebbe una bugia.”
“Cosa diremo a Jack?”
Io faccio una risatina
stupida, che odio.
“Non ci sarà bisogno di
dirgli molto, capirà tutto da solo e chiederà di
stare con te.”
“Perché?”
“Perché ama Ava.”
Mark diventa rigido.
“A dieci anni non si ama.”
“Davvero? Tu a dieci anni
non amavi nessuno?”
Lo sento rilassarsi.
“Sì, una bambina che
viveva nella parte povera di Poway. Volevo sposarla, solo che poi lei
è… morta
e io non ho potuto fare nulla.”
“Come si chiamava?”
“Sally. Aveva i capelli
rossi, quando stava al sole sembrava che avesse un incendio in testa e poi era bravissima a
fare skate e a
trafficare con i motori e aveva una risata argentina.”
“Vedi che a dieci anni ci
si innamora, tu te la ricordi ancora dopo trent’anni e sono
certa che se Sally
fosse vissuta te la saresti sposata.”
Lui sospira.
“Probabilmente hai
ragione.”
“Com’è morta?”
“Suo padre un giorno è
impazzito e ha fatto fuori tutta la famiglia, poi con
l’ultimo colpo si è
sparato. Non è sopravvissuto nessuno.
Il giorno del suo memorial
a scuola ho pianto come una fontana, non potevo credere che la mia
Sally forse
morta, che non l’avrei più vista giocare, ridere,
ne avrei giocato con i suoi
capelli rossi.
Hai ragione, a dieci anni
ci si può innamorare e se proprio deve essere spero che Jack
sia felice con
Ava.”
“Anche io.”
Lui mi stringe più forte e
non dice più nulla, nella stanza si sente solo il rumore dei
nostri respiri:
sono calmi e pesanti.
Sento la tristezza e il
dolore di Mark avvolgermi come una morsa, la fine del nostro matrimonio
gli sta
facendo un male d’inferno e io vorrei poter tornare ad amarlo
come facevo una
volta.
Non posso, purtroppo.
Certi rapporti sono come
vasi, quando si rompono non possono essere ricomposti e rimessi
insieme,
mancheranno sempre dei pezzi che non potranno essere ritrovati.
Buffo.
Sembravamo così solidi,
invincibili e alla fine siamo caduti, non abbiamo retto e fa male.
Rimaniamo così tutto il
pomeriggio, la luce entra gradatamente sempre più fioca
nella stanza e le
nuvole si affollano sul cielo di Londra. Poco dopo scoppia un
temporale, ad
annunciarlo è un lampo che squarcia il cielo.
Sento che anche Mark lo
sta guardando.
“Anche la prima volta che
abbiamo fatto l’amore, poi si è scatenato un
temporale.”
Io non dico nulla, non ho
voglia di rimestare nel passato e non dovrebbe farlo nemmeno lui, si
soffre e
basta.
“Vado a scaldare la cena.”
Lo lascio a letto da solo
e mi reco in
cucina, accendo il forno in
cui avevo infilato due pizze e spero che non siano troppo secche o
immangiabili.
Poi prendo una sigaretta
ed esco a fumare sul terrazzo di casa mia, fuori si è
scatenato il diluvio
universale, la gente corre per le scale e si ripara come
può: qualcuno sotto le
terrazze, altri con il giornale o altro sulla testa.
Dicono che la pioggia
purifichi, dicono che lavi via il dolore e io spero sia così.
Spero lavi via il dolore di Mark e il mio senso di colpa.
Spero che ci liberi da
quella sensazione di oppressione che ci pesa sul cuore.
Non ho mai desiderato che
il mio matrimonio finisse – è successo e basta
– ma non credevo finisse così.
C’è troppo dolore, troppa tristezza, troppo senso
di colpa.
Mark mi raggiunge.
“è bella Londra.”
“Sì.”
“Non si se ci rimarrò.”
“Nemmeno io.”
Torniamo dentro.
“Pensi che Jack preferirà
rimanere qui o tornare in California?”
Io mi gratto il mento
pensosa.
“Forse tornare, dovresti
chiederglielo.”
“Lo farò tra quindici
giorni.”
Il tono è calmo e
misurato, quello che si usa tra estranei per essere cortesi
l’un l’altro e mi
causa una fitta al cuore.
Lo abbraccio e seppellisco
la testa nell’incavo del suo collo.
“Ti voglio bene, ti voglio
bene, mi dispiace.
Non hai idea di quanto mi
dispiaccia che tutto finisca così, non voglio che tu
soffra.”
Inizio a piangere come una
bambina, lui mi alza il mento.
“Se io non ti avessi mai
lasciato a quest’ora non saremmo in questa situazione, quindi
è anche colpa
mia.
Ti voglio bene anche io e
per quel che vale ora non rifarei quello che ho fatto, ma ormai
è tardi.
Io me ne sono andato e ti
ho lasciata indietro come se fossi una cosa di poco conto quando invece
non lo
eri. Sono stato stupido e supponente, pensavo che mi avresti perdonato
come se
niente fosse, non ti ho rispettata e ora ne pago le conseguenze. Spero
solo che
se diventerai la donna di Tom lui ti tratterà meglio di
me.”
Io faccio un sorriso amaro
– so quanto gli costi dire queste parole – e poi lo
abbraccio.
Ti voglio bene, Mark.
Ti voglio tanto bene e
spero che la prossima donna che incontrerai possa renderti
più felice di me.
Il
resto dei quindici
giorni trascorre tranquillamente.
Ormai il nodo è sciolto,
non ci sono più tentativi di corteggiamento, non ci sono
moine inutili, ci
siamo solo noi che conviviamo come due buoni amici.
L’ultima sera la
trascorriamo insieme vendendoci un horror, poi usciamo in terrazza e ci
sdraiamo su una coperta a guardare le stelle vicini.
Incredibilmente becchiamo
una serata non nuvolosa e Mark mi mostra le costellazioni una per una.
“Me l’ha insegnato a mio
padre quando ero un ragazzino, ora io spero di insegnarlo a
Jack.”
“Lo farai, sei un buon
padre.”
“Ma non sono stato un buon
marito.”
“E io una buona moglie,
siamo pari.”
Rimaniamo un attimo in
silenzio.
“Non hai paura?”
“Da morire, mi sento come
se stessi per lanciarmi in un’avventura assurda e pericolosa
e tutta la mia
razionalità mi dicesse di rimanere comoda a casa, che prima
o poi le cose si
perdonano perché il dolore perde forza.
Io, però, non voglio
rimanere lì, mi sento soffocare e a costo di cadere e farmi
male so che devo
andare.”
Mark fa un sorriso amaro.
“Conosco quella
sensazione, niente al mondo potrebbe trattenerti
dall’andartene da me, gli
errori si pagano.”
“Deduco che non tornerai
da Jen.”
“No, voglio una vera donna
al mio fianco, non una che fa gli occhi dolci a tutti.”
“Spero la troverai.”
“Sarà dura sostituirti.”
Io non dico nulla, il
senso di colpa sale lento a ondate e mi trascina via con sé.
Ci ho davvero provato fino
in fondo a salvare il mio matrimonio?
Ricordo l’ultima volta che
abbiamo fatto sesso e che io ho voluto e mi dico che ho fatto tutto
quello che
potevo, visto che tra noi non funzionava nemmeno il sesso e non era mai
successo a memoria d’uomo.
“Ehi, ti va un’ultima
canna fumata insieme?”
“Una volta non si
concedeva la sigaretta ai condannati?”
Lui ridacchia.
“I tempi sono cambiati.”
Io rido con lui ed evito
di dirgli che anche Tom ha ripreso con quella roba, credo che in questo
momento
non gli farebbe piacere sentire il suo nome.
Con calma Mark prende una
sigaretta e la apre, mette il tabacco su una cartina e poi ci mette
l’erba. In
fondo mette il filtro e poi chiude la canna
e la accende.
Dà un primo tiro e poi guarda
in alto, verso le stelle e le costellazioni, verso leggende inventate
secoli fa
per dare un nome e un disegno sensato al caos che ci sovrasta.
Sono solo leggende, ma,
finché esisterà gente come Mark che le
tramanderà al proprio figlio,
continueranno a vivere.
Che strani pensieri.
Mi passa la canna.
“Io e te non abbiamo mai
fumato insieme.”
“Mark, ti vergognavi a
dire che fumavi erba, come se io non lo sapessi e tu non sapessi che
anche io
l’ho fumata in passato e che quindi non potevo in alcun modo
condannarti.”
Lui ride.
“è vero, quanto sono stato
idiota.”
“Nah, pensavi che potessi
scappare probabilmente, ma…”
“Allora non lo avresti mai
fatto.”
“Esatto.”
Un sorriso amaro gli
increspa la bocca e in questo momento dimostra tutti i suoi quarantuno
anni,
non sembra un ragazzino, sembra un uomo vissuto a cui sono successe
parecchie
cose brutte nella vita.
“Sono un coglione, Skye.”
Io non dico nulla e do un
altro tiro alla canna.
“Ti ho sposato anche per
quello e continuo a volerti bene. Non è facile nemmeno per
me constatare che
quello che credevo un matrimonio solido è ceduto di
schianto.”
“C’è una sola differenza
tra me e te. Io domani dovrò continuare a fare i conti con
le macerie, tu te ne
andrai da Tom.”
“Non è detto che mi
voglia.”
Lui ride e non mi
risponde.
Forse sa qualcosa che io
non so, ma io non ho voglia di approfondire, che senso avrebbe?
Se riguarda Tom lo
scoprirò presto.
“Attenta a Jen.”
“Lo so, tirerò fuori gli
artigli e la farò pentire di essersi messa contro di me, mi
stava già sul cazzo
prima.”
Lui ride triste.
“Scommetto che avevi
capito subito che tipo era.”
“Sì, di solito le donne
capiscono quasi subito che tipo di persona hanno davanti, gli uomini
invece si
fanno abbindolare facilmente.”
“Hai ragione.”
“Mark ho sonno.”
Lui annuisce e finisce la
canna, poi entra e butta via i resti nella spazzatura, dopo di che esce
ancora
e mi prende in braccio.
Con delicatezza mi
deposita sul letto, mi toglie i pantaloni da casa e le ciabatte, poi mi
mette
sotto le coperte e se ne va.
Vedo la luce del bagno
accendersi e sento l’acqua che scorre, probabilmente si sta
lavando i denti.
Do un’occhiata alla
stanza, quelle valige messe in un angolo mi mettono tristezza,
è incredibile
come in quattro cose di metallo e plastica ci si possano infilare anni
di vita,
persone e rapporti.
In quei quattro trolley
dimessi e un po’ rovinati ci sono i miei anni di matrimonio
con Mark e il mio
amore per lui, nostro figlio e i nostri desideri di trascorrere la
vecchiaia
insieme.
In quattro fottuti
trolley.
Lui torna dal bagno, si
toglie pantaloni, calzini e ciabatte e poi si sdraia dietro di me e mi
abbraccia, appoggiando il mento sulla mia spalla.
“Che merda, domani dovrò
fare l’allegro quando mi sento a lutto.”
“Mi dispiace, ma pensa che
poi puoi andare a trovare Jack da tua sorella, sarà felice
di vederti e…
portagli una nuova chitarra.”
“Perché? Cosa è successo
alla vecchia?”
“Piuttosto che farsi dare
lezioni da Tom, l’ha rotta.”
Lo sento ridacchiare,
mezzo fatto e mezzo isterico.
“Tutto suo padre, è
proprio tutto suo padre!”
“Dovresti esserne
orgoglioso.”
“Lo sono.”
Sorridendo mi addormento.
Piombo in un sonno senza
sogni che dura sino al suono della sveglia di Mark. È
arrivato il momento più
difficile: lasciarlo andare e mettere davvero una pietra sopra a noi.
Ho il cuore stretto in una
morsa di tristezza e so che per lui è lo stesso, se non
peggio; deve essere
dura andarsene sapendo di avere una parte importante nella piega che
hanno
preso gli eventi.
“Beh, è arrivato il
momento.”
“Sì, è arrivato, Mark.”
Io prendo un lungo
respiro.
“Sappi che ti voglio un
mondo di bene e che quando starai meglio potrai sempre contare su di me
e che
non pensavo assolutamente finisse così.
Sappi che sei il mio
migliore amico e che farò
in modo che
per Jack non sia un trauma questa separazione.”
Lui mi abbraccia in
silenzio.
“Sappi che ti amo e che ti
amerò ancora per un po’. Se le cose con Tom non
dovessero andare ci sono io.”
Io scuoto la testa e lo
guardo fisso negli occhi blu.
“No, tu ti meriti una
persona che ti ami, non una minestra riscaldata.”
Ci abbracciamo ancora a
lungo, è un discorso senza parole in cui ci diciamo tutto
quello che è
necessario dirci e che non riusciamo a fare a voce.
Lui poi si stacca e uno ad
uno porta i suoi trolley fuori dalla porta, mi dà un ultimo
bacio e poi se ne
va.
Io rimango da sola seduta
sul divano inebetita.
Scoppio a piangere e
abbraccio un cuscino.
Poco dopo smetto, non sono
da sola, ora devo solo trovare il coraggio di richiamare Tom.
So che lo farò e spero che
lui mi risponda e mi dica cosa provi per me prima o poi.
La vita non è finita, la
vita è solo all’inizio.
Fa male viverla senza
Mark, ma fingere per anni sarebbe stato peggio.
È con questi pensieri in
testa che mi riaddormento.
Ce la posso fare.