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Autore: HisLovelyVoice    27/05/2013    2 recensioni
Stavo male ogni giorno a causa sua.
Quasi non riuscivo ad andare avanti per il macigno che stanziava nel mio cuore.
Mi faceva sentire uno schifo.
Mi faceva sentire un giocattolo usato e poi gettato.
Perché era quello che quell’essere faceva.
Mi usava e poi mi gettava all’angolo della strada.
Riuscivo a malapena a camminare, le forze mi mancavano e spesso mi capitava di addormentarmi sul marciapiede.
Tutto era scomparso, tranne le ferite, che mi ricordavano la mia sofferenza.
Volevo solo un po’ di felicità, chiedevo troppo?
Forse si, perché quella felicità tanto ambita non arrivava mai, c’era sempre qualcosa che rovinava tutto.
Io continuavo a sperare, anche se lei non c’era sapevo che prima o poi sarebbe arrivata.
Sapevo che avrebbe portato un po’ di luce nella mia semplice vita.
Forse era già arrivata quella luce.
Forse dovevo solo aprire il cuore e farla entrare.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I need happiness'
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32 He is my life
 
Cosa devo fare?
Quella domanda rimbombava nella mia mente da parecchie ore.
Ero già uscita da scuola e continuavo a pensare a quello che era successo nel corridoio.
Dato che a casa ero sola, se fosse venuto veramente Matteo, non lo avrei fatto entrare. Non avrei nemmeno controllato chi fosse al citofono. Sarei rimasta allungata sul mio letto ad accarezzare Micky ignorando il trillo incessante. Se fosse stato qualcun altro sarebbe stato veramente sfortunato. Ma non avevo proprio né la forza né la voglia di alzarmi.
Decisi di fare qualcosa. Non ce la facevo più a guardare il soffitto, così presi il mio libro preferito dal mio scaffale vicino al letto. Le pagine della nostra vita. Amavo quel libro, ogni volta che lo leggevo mi commuoveva. Aprii così una pagina a caso e iniziai a leggere. E come al solito delle lacrime iniziarono a rigare il mio volto, commossa dall’amore di due ragazzi nato un estate e durato per sempre. ‘sarebbe bello un amore così. Un amore infinito, un amore senza barriere, che continua anche se si ha davanti mille ostacoli.’ In quel momento suonò il citofono. Maledissi chiunque fosse.
Non mi sarei mai alzata, in quel momento poi nemmeno se mi avessero pagata.
Lo squillo continuò incessante per un minuto, poi finalmente smise. Ricominciai a leggere, ma poco dopo sentii un rumore provenire da fuori. C’era qualcosa che sbatteva contro il vetro della mia finestra. Mi alzai di malavoglia e mi affacciai. Di sotto c’era Valerio. ‘cosa ci fa qua?’ appena mi vide smise di lanciare i sassi e mi sorrise.
Aprii la portafinestra e mi affacciai al balcone.
- come facevi ad essere sicuro che fossi in casa anche se non ti avevo aperto? - chiesi curiosa. Dopotutto non avevo fatto il minimo rumore. Lui scrollò le spalle.
- lo sapevo. Sono certo che stavi leggendo Le pagine della nostra vita. - annuii meravigliata da quella sua affermazione sicura. - ti è sempre piaciuto quel libro, è il tuo preferito, e come al solito ti piace leggerne alcuni punti dopo pranzo quando sei in casa da sola, cosa che non capita raramente. E anche quando hai qualche dubbio o incertezza o sei triste. Sono sicuro che tua madre non è in casa, poiché non vedo la sua macchina, e so che sei triste, perché ho incontrato Federico. All’inizio mi voleva ammazzare per quello che è accaduto tanto tempo fa, ma poi mi ha detto quello che è successo tra di voi. - lo guardai qualche istante, ripensando a ciò che mi aveva detto. Wow, mi conosceva veramente bene. Anche se non lo volevo più vedere da quando mi aveva baciato senza che io lo volessi, mi era mancato. Gli volevo comunque molto bene, non volevo che in quel momento se ne andasse.
- vieni su. - gli dissi. Mi sorrise e si avvicinò alla porta di casa. Intanto io scesi le scale e aprii la porta. Non ci pensai due volte e lo abbracciai. Lui fortunatamente non mi strinse forte come faceva un tempo, ma delicatamente.
- come stai? - mi chiese quando sciogliemmo l’abbraccio.
- bene, più o meno. - dissi, mentre ci incamminavamo verso il salotto. Quando ci sedemmo, abbassò lo sguardo e si dondolò un po’ avanti e indietro.
- ho saputo che tu…qualche mese fa…cioè… - capii cosa voleva dirmi.
- sono entrata in coma. - completai la frase per lui. Valerio alzò il volto e mi guardò.
- perché non me lo hai detto? -
- emmm… mi spieghi come te lo dicevo? - chiesi alzando un sopracciglio.
- intendevo quando ti sei svegliata. -
- non pensavo che ti importasse. - ammisi.
- mi è sempre importato di te, lo sai. -
- beh, non proprio sempre. - lo corressi.
- hai ragione, ho sbagliato a comportarmi in quel modo. Avrei dovuto ascoltarti. Perdonami. Mi sento proprio uno schifo. - gli sorrisi. Poi poggiai una mano sulla sua.
- guarda che non fai schifo, e poi sono passata oltre. - ed era vero. Non aveva senso continuare a pensare a ciò che era successo. Anche se quando ci eravamo rincontrati lui mi aveva fatto soffrire, dopo era successo il contrario. Io avevo fatto soffrire lui cacciandolo in malo modo. All’inizio non mi preoccupai molto del mio comportamento, solo dopo mi resi conto dei miei errori. Ma la paura di affrontarlo era troppo grande. Per fortuna Valerio non era mai stato un tipo orgoglioso.
- davvero? - chiese perplesso. Annuii. - ne sono così felice. - lo abbracciai.
Era bello ritrovare un amico.
- dai, parlami un po’ di quello che è successo tra te e Federico. - mi chiese dopo poco. - ovviamente se per te non è un problema. - scossi la testa.
- no, tranquillo. Anzi, mi fa bene parlarne con qualcuno. - gli raccontai tutto ciò che era successo da quando avevo partecipato al concorso scolastico e lui mi aveva preso e portato a casa. Gli dissi che io e Federico ci eravamo messi insieme, ma poi lui aveva baciato Sara. E infine gli raccontai ciò avevo passato quando io e lui stavamo insieme. Quando ebbi finito, stringeva le mani a pugno, le nocchie erano bianche.
- non ci credo, tutto questo è successo davanti ai miei occhi e non me ne sono accorto. Faccio assolutamente schifo… - mormorò, per poi prendersi la testa tra le mani. Gli posai una mano sulla spalla.
- non è vero, non fai schifo. - e lo pensavo veramente.
- io ti ho fatto soffrire ancora di più insultandoti così, a gratis. E smettila di dire che non faccio schifo, perché è così. Mi sento terribilmente in colpa. - gli feci alzare il volto e lo guardai negli occhi.
- Valerio, smettila, okay? Non ti devi sentire in colpa. Ormai è passato, e anche se mi fa molto male pensarci, non si può cambiare. È successo, bisogna solo accettarlo, anche se è difficile. -
- come fai a non sentirti male? - chiese.
- non è che non mi sento male, anzi. Sto male ogni singolo giorno. Ma ho imparato, più o meno, a convivere con la sofferenza. Anche se a volte è veramente insopportabile e scoppio in lacrime. Anche se a volte preferirei non essere nata, pur di non soffrire così tanto. Se non ci riuscissi verrei corrosa dal dolore. E penso di aver già sofferto troppo. - mi sorrise.
- sei sempre stata una ragazza forte, ed ora lo sei più di prima. - gli sorrisi anche io.
- beh, come si suol dire: ciò che non ti uccide, ti fortifica. -
- già, hai proprio ragione. -
Rimanemmo per un po’ in silenzio.
Fu lui il primo ad interromperlo.
- sai, quando ho visto Federico, ho notato che era completamente distrutto. Dovresti perdonarlo. Non commettere lo stupido errore di credere solo in quello che hai visto. - disse, poi abbassò lo sguardo. - non commettere il mio stesso errore. - lo sentii borbottare.
- non lo farò. Ma non credo sia il momento di perdonarlo. No, non ancora. - ammisi.
- ricordati che il tempo passa senza chiedere scusa. - alzai un sopracciglio.
- da quando fai citazioni? - scrollò le spalle.
- non lo so. Forse da sempre. Ora scusami, ma devo andare. Sono felice di aver chiarito con te. - ci alzammo e lo abbracciai.
- anche io ne sono felice. Mi eri mancato. -
- anche tu. -
Lo accompagnai alla porta rimasi lì fino a quando non fu più visibile. Poi tornai in camera mia e mi allungai sul letto, mettendo a posto Le pagine della nostra vita. Era stata una bella giornata. Ero felice di aver chiarito con Valerio.
Il tempo passa senza chiedere scusa.Quella frase rimbombava nella mia mente.
Avrei dovuto perdonare Federico?
Si.
Avrei dovuto aspettare ancora?
No.
Semplice.
Il giorno dopo, forse, sarei rinata. Perché era quello l’effetto che Federico aveva su di me.
Mi faceva rinascere ogni giorno come la prima volta.
Perché lui era la mia vita.
  
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