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Autore: Umbry    28/05/2013    1 recensioni
Tre persone che apparentemente non hanno niente in comune, ma che condividono molto più di quel che potrebbero pensare.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Giriko, Gopher, Justin Law, Noah
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gopher aveva passato le ultime ore in un'attesa snervante. Non aveva alcun dubbio che fosse stato Noah a entrare nella chiesa, e nonostante la cosa lo rassicurasse infinitamente, ogni minuto che passava senza che il suo padrone andasse a controllare il suo stato di salute lo rendeva sempre più irrequieto. Forse aveva qualche problema che lo tratteneva nel suo studio. Forse aveva bisogno di lui in quel momento, mentre lui se ne stava a letto come se niente fosse. Ma Gopher dubitava di avere abbastanza forza per alzarsi e andare da lui. In realtà, dubitava che Noah avesse bisogno di lui, ma era sicuro che avesse un buon motivo per non essersi ancora presentato. Sospirò. Normalmente rassicurarsi in quel modo lo tranquillizzava, ma per qualche motivo stavolta non stava funzionando. Sapeva di non essere il primo dei suoi pensieri, ma non riusciva ad affrontare quella che molto probabilmente era la realtà. Preferiva darsi da solo ogni volta una motivazione diversa. In fondo, non aveva mai ricevuto un trattamento così freddo prima. Un tempo, quando c'erano solo loro due, Noah si era preso cura di lui, anche se forse non nella maniera più affettuosa, ma non gli aveva mai fatto mancare niente e avevano combattuto fianco a fianco contro chiunque avesse provato ad ostacolarli. Perché si sarebbe preso la briga di donargli quel corpo, se non gliene fosse importato niente? Ma pensare a quei momenti ora gli faceva soffrire ancora di più la mancanza. Se solo fosse stato più forte, e avesse fatto fuori Maka, forse ora le cose sarebbero state diverse. No, in realtà era colpa di Maka, perché aveva osato attirare l'attenzione di Noah, e per di più aveva osato non mostrarsi felice della cosa. Ed era sempre colpa sua se era finito a letto con la febbre. Probabilmente non era stata nemmeno colpa della sua disattenzione, bensì dei germi di quell'essere ripugnante. Avrebbe voluto che sia lei che il dannato shinigami non fossero mai esistiti. Anzi, sarebbe stato ancora meglio se il mondo intero fosse sparito e fossero rimasti solo lui e Noah. Sarebbe stato tutto perfetto.
Sapeva che non sarebbe riuscito ad aspettare ulteriormente, e si decise ad alzarsi. Al diavolo la debolezza e la febbre, doveva solo arrivare in fondo al corridoio.
Sussultò quando l'aria gelida gli penetrò nelle ossa dopo essersi scoperto completamente. Nonostante ciò, riuscì ad alzarsi senza barcollare troppo, e mosse i primi passi con cautela. La testa gli girava e non sapeva bene dove stesse tirando fuori la forza per muoversi. Stava per afferrare la maniglia della porta, quando con uno scricchiolio quella stessa porta si aprì e si ritrovò davanti la persona che era tanto impaziente di rivedere. La sorpresa fu tale che Gopher perse l'equilibrio faticosamente raggiunto e cadde sul pavimento con un tonfo sordo.
Lo sguardo di Noah rimase disinteressato per tutto il tempo, ma sembrava scrutare con attenzione l'aspetto del suo sottoposto. Non doveva essere così difficile per lui intuire che Gopher non si era ancora rimesso, almeno non del tutto. Non disse né chiese niente, come se per lui fosse tutto perfettamente chiaro.
Gopher cercò di rialzarsi con scarsi risultati, più a causa del nervosismo che per altro. Vide Noah dare un'occhiata sfuggente a qualcosa che si trovava dietro di lui, ma non ci diede molto peso. S'irrigidì quando Noah gli si avvicinò, e fece per dire qualcosa per giustificare quella situazione imbarazzante, ma ammutolì di colpo quando l'uomo s'inginocchiò accanto a lui e lo raccolse da terra senza difficoltà.
"N- Noah-sama?" mormorò, senza ricevere risposta. Non poté fare a meno di arrossire nel ritrovarsi così improvvisamente tra le braccia di Noah. Fortunatamente, poteva dare la colpa alla febbre per giustificare il rossore che gli colorava le guance. In pochi istanti, si ritrovò di nuovo sul letto, la mano di Noah sul suo fianco, nel punto esatto in cui era rimasto ferito. Il palmo si illuminò, e Gopher si rese finalmente conto di ciò che stava avvenendo. Il dolore che aveva avvertito al contatto della mano di Noah scomparve in pochi secondi, lasciando spazio solo a una sensazione di calore. L'uomo gli sollevò la camicia e allentò le garze per assicurarsi che fosse tutto nella norma, dopodiché si allontanò. Gopher alzò lo sguardo, mentre il cuore continuava a palpitargli così forte da rimbombargli nelle orecchie. Sperava vivamente che Noah non se ne accorgesse, anche se aveva mostrato in più occasioni di avere una capacità di osservazione che andava oltre le facoltà umane.
"La febbre ci metterà un po' a scendere del tutto," disse l'uomo, senza far trasparire niente dalla sua voce. "Ma non c'è bisogno che tu prenda altri antibiotici."
"V- va bene, Noah-sama," si affrettò a rispondere Gopher. Era talmente elettrizzato perché Noah gli aveva rivolto la parola che non era sicuro di cosa dovesse dire. "Grazie."
Noah non rispose subito, e si guardò intorno come pensieroso.
"So che sei in grado di comprendere che la situazione è delicata e non posso farmi rallentare da degli... inconvenienti."
Il ragazzo annuì silenziosamente ma con convinzione. Non notò, o forse ignorò deliberatamente il fatto che Noah si soffermò sulla parola inconvenienti, marcandola con un velo di insofferenza.
L'uomo curvò le labbra leggermente, il tanto che bastava a far credere a Gopher che stesse sorridendo. "Sono fortunato ad avere uno strumento così efficiente," disse. "Un po' di pazienza e avrai modo di dimostrarmelo."
Gopher sbatté le palpebre in sorpresa. Nonostante fosse stato etichettato nella maniera che più detestava, come uno strumento, qualsiasi tipo di disappunto era svanito nel realizzare che il suo padrone gli aveva appena fatto un apprezzamento e aperto una possibilità per dimostrargli quanto valeva. Cercò inutilmente di non mostrare il suo entusiasmo, ma la voce sfuggiva completamente al suo controllo. "Non vi deluderò un'altra volta, Noah-sama."
La risposta dell'uomo fu un leggero cenno del capo. Poco dopo, prese tra le dita l'estremità della visiera del cappello, sistemandoselo, come se in quel modo volesse nascondere la sua espressione. In quel momento, Gopher colse nell'ombra che copriva il volto del suo padrone un'inquietante lampo di luce rossa. Trasalì, ma si convinse che si trattasse solo di allucinazioni che gli aveva provocato la febbre.
Noah non si trattenne ulteriormente, e lasciò Gopher da solo con la promessa che l'avrebbe mandato a chiamare presto. Non fece nemmeno una parola sulla missione che l'aveva trattenuto così tanto tempo via dal loro covo, e il ragazzo non riuscì a trovare il coraggio di chiederglielo.
**
Justin si era svegliato di soprassalto, nel momento in cui aveva sentito il portone della chiesa sbattere. Passò un paio di minuti a guardarsi intorno nell'oscurità, completamente disorientato. Non era più abituato ai suoni esterni, e sentire ora un rumore simile l'avevano messo in un'agitazione che ci mise parecchio tempo a placare. Non ricordava nemmeno di essersi messo a dormire sul divano la notte prima. I suoi ricordi si fermavano al momento in cui era tornato in cucina e si era appisolato. Superato il torpore iniziale, concluse che Giriko doveva aver deciso di non svegliarlo, e di conseguenza doveva averlo trascinato fino alla loro stanza, facendogli cadere gli auricolari dalle orecchie e senza premurarsi di rimetterglieli addosso. Sperava che non avesse lasciato a digiuno Gopher, e per qualche istante provò a immaginare un'interazione tra i due che non fosse disastrosa, ma fallì miseramente.
I suoi occhi si abituarono presto al buio, e riconobbe la figura di Giriko, seduto ai piedi dell'altro divano e palesemente sveglio. Si scambiarono uno sguardo, nonostante non gli fosse possibile vedersi chiaramente.
"Sembra che Noah-sama ci abbia finalmente degnato della sua presenza," disse Giriko, gesticolando per dare un senso di drammaticità alle sue parole.
"Così pare," rispose Justin. Si sollevò in parte dal divano nel tentativo di vedere meglio l'uomo. "Che fai?"
"Fisso il vuoto," disse Giriko, come se fosse una cosa ovvia.
"Sembra essere una delle tue attività preferite," commentò il biondo, sogghignando.
"Sempre meglio che pensare."
Justin dovette assentire. "Non riesci proprio a dormire senza alcol, eh?"
"Ho provato diverse volte," rispose Giriko. "È che il mio cervello non smette di fare rumore. Non finisce mai bene. Tornatene a dormire, tu che ancora puoi farlo."
Il biondo assentì, troppo stanco per poter ribattere e cercare ancora di convincere Girko a provare a dormire. Non poteva capire appieno quello che voleva dire l'uomo, in fondo. C'erano stati momenti in cui si era ritrovato a pensare a cose estremamente spiacevoli e angoscianti, ma, anche se a fatica, era sempre riuscito a fermarsi e a sforzarsi di pensare ad altro o distrarsi. Con la rapidità in cui stava perdendo il senno però immaginava che presto anche lui si sarebbe ritrovato in una situazione simile.
Si rimise gli auricolari, e tornò a dormire per qualche ora, finché non venne svegliato di nuovo, stavolta non da un rumore, ma dalla luce che filtrava dalla finestra, che senza pietà gli colpiva il viso, come per comunicargli che era mattina già inoltrata, e doveva alzarsi. Maledisse il suo sonno leggero.
Strofinandosi gli occhi, si rese conto di essere da solo nella stanza. Si alzò e si sporse dalla porta socchiusa per controllare la situazione. La porta della stanza di Gopher era socchiusa, e Giriko si trovava con la schiena contro il muro a pochi centimetri, con tutta l'aria di stare origliando. Justin sospirò, recuperando la mantellina prima di raggiungere l'uomo accanto alla porta.
"Che fai?" si ritrovò a chiedergli per la seconda volta in poche ore, stavolta a bassa voce.
"Shhh," lo zittì Giriko. Rimasero in silenzio, e Justin diede uno sguardo dalla fessura della porta e riconobbe Noah, che se ne stava al lato del letto di Gopher e gli parlava. Giriko aveva chiaramente sentito tutto, perché assunse una faccia delusa e gli disse, "Non è divertente, non gli sta dicendo niente di umiliante."
"Dovrebbe?" gli domando Justin. "In fondo è colpa della sua negligenza se Gopher è stato male."
"Ma non c'è gusto così," si lamentò l'uomo, gettandosi le mani ai fianchi. "L'ha pure curato! Capisci? Tutto il tempo che ho perso ieri non è servito a niente!"
Justin fece una smorfia in risposta. Evitò di ribattere in modo acido all'ultima affermazione, e si limitò a dire in tono poco serio, "Se ci tieni tanto, potresti fare un golem a forma di Noah e fargli dire e fare quello che vuoi."
"Non tentarmi, potrei farlo sul serio."
Aveva appena finito di dirlo, che Noah comparve davanti a loro, chiudendosi la porta alle spalle. Nessuno dei due l'aveva sentito arrivare.
"Potresti fare cosa, Giriko?"
"... usare più di un golem per attaccare la troietta," Giriko sparò la prima cosa che gli era venuta in mente, vagamente in panico. Non sopportava il modo in cui quell'uomo riusciva a incutergli timore, ma non poteva farci niente.
Noah non cambiò espressione e si limitò a scrollare  le spalle. "Non m'interessa il metodo, finché mi portate la sua anima. Ma ora non è il momento."
Sia Giriko che Justin annuirono, poco convinti. Noah diede le spalle a entrambi, tornando con passi lenti verso il suo studio. Appena fu sicuro di non essere sentito, Giriko scrollò le palle e assunse un'espressione seria.
"Ma ora non è il momento," fece il verso a Noah. "Quando sarebbe il momento, ah?! Prima ha mandato te e poi Gopher, e io sono ancora qui che aspetto. Mi sta prendendo per il culo, quello!"
"Forse perché ti vede quasi sempre sbronzo," suppose Justin. "Non devi sembrare molto minaccioso, effettivamente."
"Vaffanculo anche tu."
Il biondo lo ignorò e aprì la porta della stanza di Gopher. Per suo sollievo, il ragazzo era ben sveglio e sembrava essere di umore migliore rispetto al solito, anche se l'ultimo particolare era probabilmente dovuto alla recente visita di Noah. Lo rassicurò e sorprese allo stesso tempo vedere il piatto e la forchetta sul tavolo accanto al letto. Non si era ancora abituato a vedere Giriko comportarsi in modo umano. Ma probabilmente non avrebbe neanche dovuto farlo, da quel momento in poi.
Giriko chiaramente non riuscì a resistere al suo istinto di infastidire il ragazzo.
"Se n'è preso di tempo il tuo padroncino del cazzo," fu la prima cosa che disse. "Dove diavolo è andato, poi?"
L'espressione di Gopher passò dall'irritazione all'avvilimento. "Non lo so. Non mi ha detto niente a riguardo."
"Ma come? Non eri il suo preferito? Mi aspettavo ti dicesse tutto!" rispose Giriko, fingendosi sorpreso nonostante avesse sentito tutto quello che Noah aveva detto.
"N- non ho pensato di chiederglielo, altrimenti me l'avrebbe sicuramente detto!" precisò Gopher con convinzione. "Avrei anche potuto chiedergli perché all'improvviso ha deciso di non mandare nessuno di voi due, ma mi pare chiaro che non si fidi di voi come si fida di me!"
Giriko alzò gli occhi al cielo, come esasperato. "Ma certo, come no."
Justin continuò ad osservare il battibecco senza intervenire. Sembrava essere tornato tutto alla normalità, anche se non era sicuro che si trattasse di una cosa positiva o negativa. Più che altro, si chiedeva quanto quella normalità sarebbe durata ancora. Noah aveva detto che non era ancora il momento di attaccare Maka, ma sapeva che la DWMA non avrebbe perso molto tempo e probabilmente presto li avrebbe trovati. Se prima considerava quest'eventualità come a qualcosa d'inevitabile e dunque non aveva molti problemi a immaginarla, ora non riusciva a scuotersi di dosso una certa dose di ansia al pensiero.
**
Justin non si era reso conto, almeno non subito, che le cose stavano già cambiando. Nonostante Gopher avesse allontanato sia lui che Giriko dicendo a entrambi che "ora che stava bene non aveva più bisogno di loro", il suo tentativo di indipendenza aveva avuto breve durata. Era difficile evitarsi, e ancora di più ignorarsi quando si trovavano nella stessa stanza o quando si incrociavano nel corridoio.
Non ci aveva messo molto ad arrendersi all'evidenza, e all'ora di pranzo si erano ritrovati a fare osservazioni e rispondersi a vicenda a monosillabi. Non erano certo grandi discussioni, ma Justin non poté fare a meno di notare nelle loro interazioni molta meno indifferenza o astio rispetto a prima.
Sussultò quando sentì chiaramente una voce, la stessa voce che sentiva quando gli capitava di stare da solo e lo coglievano le allucinazioni. Ci aveva fatto l'abitudine, ma non gli era ancora capitato di sentirle in presenza di altre persone. Provò a togliersi gli auricolari, cercando di nascondere il panico, senza fare più caso a quello che veniva detto attorno a lui. Ma i rumori non fecero che aumentare.
"Tutto bene?" distinse la voce di Gopher tra il fruscio che sembrava ostruirgli le orecchie. Si rimise gli auricolari e cercò di mostrarsi tranquillo.
"Sì, credo solo di avere un bel po' di sonno arretrato," rispose, come se volesse convincersene da solo.
"Sei pallido come un cencio," osservò Giriko, con un'espressione poco convinta. "Ti prego, dimmi che non ti stai ammalando o qualcosa del genere."
Justin avrebbe risposto che effettivamente la sua situazione poteva essere considerata tranquillamente una malattia, ma si trattenne.
"Vai a dormire, allora," gli suggerì innocentemente Gopher.
"Lo farei, ma non riesco a dormire bene con la luce," mentì Justin, scrollando le spalle.
Il ragazzo sembrò pensieroso per un po', ma infine suggerì, "Puoi dormire nella mia stanza. La finestra è talmente piccola che non filtra mai molta luce."
"Grazie, ma… preferisco dormire direttamente stanotte," rispose Justin. Sebbene apprezzasse la proposta di Gopher, non lo allettava per niente l'idea di restare da solo in quel momento. Sperava di aver dato l'impressione di essere convincente, ma ne dubitava.
"Come vuoi," gli disse Gopher, dopo un attimo di perplessità.
Giriko lo guardava con uno sguardo non troppo convinto, ma non disse niente.
Sfortunatamente per Justin, Noah non perse tempo a mantenere la promessa che aveva fatto a Gopher, e lo mandò a chiamare quel pomeriggio stesso nella chiesa per mandarlo in una qualche missione distruttiva, e Giriko decise di approfittare di quel momento per andare da qualche parte a cercare qualcosa da bere. Justin era quasi sul punto di chiedergli se potesse andare con lui, ma sapeva che una richiesta simile avrebbe sollevato solo ulteriori sospetti, se non avesse trovato un motivo valido. Lì per lì non gli venne in mente niente di convincente, e lo lasciò andare senza dire niente.
Si sedette sul divano e spinse la testa all'indietro. Era stanco, troppo stanco per cercare di contrastare in qualunque modo la follia. Quando l'ombra che si avvicinava sempre di più a lui prese forma, non fece più finta che non ci fosse.
"Che cosa vuoi?"
Nel momento in cui gli si rivolse, l'ombra smise di essere una semplice ombra, e cominciò a mostrarsi nel suo reale aspetto. Era un essere che sembrava avere una forma vagamente umana, anche se il suo volto, o almeno ciò che riteneva tale, non aveva niente di umano. L'unica cosa di riconoscibile erano i suoi occhi, che brillavano di una luce rossa intensa. Non aveva mai visto una creatura simile prima d'ora.
"Che cosa diavolo sei tu?" gli chiese.
Percepì che stava sorridendo, anche se non era evidente dalla sua faccia, e rimase senza parole quando sentì la sua voce comunicare con lui tramite telepatia.
"Sono un clown. La follia del kishin incarnata."
Gli venne da ridere. Aveva tutto un senso, ora. La voce, le illusioni, tutto perché lui era là, e chissà da quanto tempo se lo stava portando dietro. "E sei qui per me."
"Sai bene perché, non è vero? Sai perché sei stato la prima vittima della follia."
Justin prese un profondo respiro, portandosi le mani alla testa. Avrebbe voluto mentire e dire che non ne sapeva niente, ma era come se sapesse che quell'essere era in grado di leggergli nel pensiero.
"Il kishin ti sta offrendo un'opportunità. Pensa al passato, e pensa al potere che il kishin può darti, un potere che Lord Shinigami non si sognerebbe di usare. Lasciati possedere dalla follia."
L'essere si avvicinò pericolosamente a Justin, che rabbrividì nel sentire un'ondata di terrore avvolgerlo. Ricordi che aveva cercato di mantenere a bada fino a quel momento vennero sguinzagliati dalla sua mente senza che ne avesse il controllo. Raramente si era sentito così inerme di fronte a un avversario. Forse perché non era un avversario esterno, ma la sua stessa paura, il suo stesso risentimento con cui stava avendo a che fare. Erano tutte cose che conosceva fin troppo bene, che aveva ignorato, e che ora gli si presentavano davanti come un incubo. Chi era, in fondo, Lord Shinigami? L'aveva usato come una pedina per tutti i suoi lavori sporchi, per poi condannarlo a morte al primo segno di debolezza. Nessuna delle persone con cui aveva avuto a che fare lo stava cercando, se non con l'obiettivo di farlo fuori. Nessuno aveva alcuna intenzione di salvarlo, di riportarlo indietro. Non era forse un suo diritto fargli vedere che si sbagliavano? Che l'ordine che la DWMA cercava di ottenere non era poi tanto diverso dalla follia che il kishin a sua volta stava spargendo nel mondo? Con quel potere, avrebbe potuto giustiziarli tutti. Tutti coloro che avessero tentato di opporsi al kishin.
Il clown guardò con soddisfazione l'effetto che la follia stava avendo sul ragazzo. Ci aveva messo un bel po' a farsi possedere completamente, ma la difficoltà era causata alla lealtà che per anni l'avevano legato a Lord Shinigami. Quella stessa lealtà, ora, gli si era ritorta contro.
"Capito nel momento opportuno, vedo," affermò una voce proveniente dall'esterno della stanza.
Il clown si ritrasse dietro la schiena di Justin, come se ora fossero una cosa sola e indissolubile. Il biondo alzò lo sguardo, accogliendo Noah con un sorriso affettato.
"Posso fare qualcosa per lei?"
L'uomo si avvicinò alla strana accoppiata, non sembrando per niente sorpreso dalla presenza del clown. "Ho bisogno che ostacoli l'esperimento di Medusa. Puoi anche giustiziarla, se lo ritieni necessario. Il suo esperimento riguarda clown creati artificialmente."
Justin inizialmente non mostrò alcuna emozione, ma la musica nei suoi auricolari si alzò di colpo e l'intera stanza si riempì di un'aria pesante che Noah riconobbe come una follia di intensità sorprendente.
"Lasciate fare a me. Quella strega si pentirà di disonorare il kishin in questo modo."
"Perfetto," rispose l'uomo. "Allora conto su di te."
Consegnò a Justin una pagina del libro che gli aveva già fatto utilizzare in passato per spostarsi. Il biondo svanì con una fiammata di luce azzurra, lasciando Noah completamente da solo nell'edificio.
Noah uscì dalla stanza e si diresse con passo deciso verso la chiesa. Si sedette all'altare, cosa che non faceva da parecchio tempo, ammirando le luci colorate che la vetrata proiettava su buona parte del pavimento. Il libro che teneva sul fianco e il BREW che stringeva in una mano si illuminarono mentre sogghignava tra sé e sé, e il suo volto prendeva una forma che aveva ben poco di umano. Stava andando tutto come aveva previsto.
   
 
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