~ a thousand {years}
more.
# stretta
Con arco e frecce Hiccup non sapeva proprio che farci, ma in compenso era un
ottimo ascoltatore. Merida si era chiesta più volte
se dipendesse dal fatto che nessuno aveva mai ascoltato lui – perché era, be’, così evidente – ma non aveva mai osato
chiedere. Forse era paura... Paura di rivedere calare sul suo viso quell’ombra
triste che lei aveva notato spesso, quando si erano conosciuti, e che alcune
notti tornava ancora, accompagnata da quelle più fitte del buio. Era
relativamente facile scalare le montagne, bere dal salto di una cascata,
contrastare una madre regina e i suoi sogni di romantica gloria imperitura –
era molto più difficile guardare negli occhi una persona delusa, e questo Merida lo sapeva bene. Perché in quelle occasioni, con lei,
quella madre regina non faceva che distogliere lo sguardo.
Però Hiccup la guardava, e l’ascoltava;
una mano sul dorso del drago, ferma in una carezza interrotta, le labbra
risucchiate in un’espressione di comprensivo imbarazzo. A un tratto aveva fatto
un gesto come per toccarla, ma lei continuava a gesticolare con foga, incapace
di fermarsi, e non avrebbe saputo dire se quel suo improvviso stringersi le
dita attorno al ginocchio avesse un significato particolare.
E continuò a
parlare, a parlare da ragazza e non da principessa, senza curarsi di tenere il
mento in alto e il busto diritto, scalciando forte tra erba e terra,
tormentandosi ciocche di capelli, buttando fuori tutta l’oppressione che le
stringeva il petto in una morsa rabbiosa – continuò a parlare perché con Hiccup era facile essere solo Merida,
non accorgersi del sole che scendeva sempre più basso all’orizzonte, ed era
facile persino dimenticare una cerimonia di fidanzamento anche se, ehm, la
stessa cerimonia di fidanzamento era l’argomento del soliloquio. In effetti, a
volte Merida si sentiva un paradosso vivente, ma
davvero, andava bene così, era il mondo a
essere sbagliato, no?
Il drago aveva
già sbadigliato due o tre volte quando le parole finirono e rimasero il respiro
affannoso di Merida e gli occhi di Hiccup di nuovo pieni di ombre. Perché, poi? La capiva
davvero così tanto? Cosa c’era dietro le sue spalle, quanto più grande era
stata la sua delusione? Merida non lo sapeva, non l’aveva mai saputo. Solo una cosa
restava da fare.
Hiccup
trattenne il fiato, quando lei lo raggiunse e lo abbracciò; Sdentato alzò la
testa con aria curiosa.
«Grazie.»
«Perché?»
«Perché non mi
interrompi mai... Perché t’importa.»
Hiccup
non si mosse; solo le sue dita si districarono dal ginocchio per salire tra i
suoi capelli, dandole la bizzarra sensazione di aver appena preso una
decisione. Sdentato sbuffò, o almeno così sembrò a Merida.
Per la prima volta da ore, si ritrovò a sorridere.
~
Hiccup
non parla mai di quella cosa, ma qualche
volta Merida s’intrufola lo stesso nella sua stanza
dai muri affollati di poster e disegni e gli si stende accanto, limitandosi ad
abbracciarlo. Ha l’impressione che Hiccup abbia tanto
bisogno di tanti abbracci, più di chiunque altro in questo posto troppo vuoto e
troppo pieno di lunghi silenzi ovattati.
A volte lo
trova addormentato, ma altre volte le loro dita s’intrecciano e lui le mormora
un grazie.
«Perché?» gli chiede
allora.
«Perché
t’importa.»
Merida
sorride e chiude gli occhi, inspirando tranquilla: Hiccup
sa di cielo e di alcune altre cose che lei ha sempre voluto toccare con mano. E
poi, questa è una stretta piacevole.
Spazio dell’autrice
Secondo
capitolo, cronologicamente antecedente al primo: prima o poi vi spiegherò cosa
ci faceva Hiccup nel regno di Merida
prima di incontrare Rapunzel – e prima o poi vi
spiegherò anche il senso del modernverse alla fine di
ogni episodio. XD Sigh, abbiate pazienza, lo so che questa struttura non ha
senso, ma non voglio rovinarvi certe sorprese (che nel corso della genesi della
storia hanno sconvolto me per prima, perché lo sappiate).
Un
immenso grazie a chiunque si sia imbarcato in questa follia. Siete meravigliosi
e vi sbacio tutti.
Piccolo
indizio: Jack Frost is coming.
Aya
~