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Autore: compulsive_thinker    28/05/2013    1 recensioni
Umyen era un Elfo piuttosto giovane e nei suoi appena centocinquant’anni di vita non aveva mai visto nulla di così perfetto come quella creatura. Edorel. Si alzò in piedi con un movimento aggraziato, attento a non far dondolare troppo la bambina, e si rivolse di nuovo alla regina:
“La proteggerò a costo della mia vita, ma chiedo di sapere la verità. Chi è?”

Edorel ha trascorso buona parte dei suoi quasi cinquemila anni di vita viaggiando continuamente, protetta dal fedele Umyen, ignorando il segreto delle sue origini. La sua decisione d'intraprendere il viaggio della Compagnia segnerà il suo destino e quello dell'intera Terra di Mezzo.
“Mi dispiace per quello che ha detto Umyen, non credo lo pensasse davvero.”
“Non m’interessa. Mi basta che tu sappia quanto ti sono riconoscente per avermi salvato la vita.”
“Non è stato solo merito mio.”
“Sì, invece. Ma non riuscirò mai a spiegartelo.”
Fece per tornare dagli altri, ma Edorel gli prese la mano e disse:
“Credo di capire. Avrei dato qualsiasi cosa per salvarti.”
“Avrei sopportato qualsiasi cosa per vederti di nuovo.”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdA:
Ciao!! Scusate per il mostruoso ritardo, problemi con il computer... -.-''
Dove eravamo rimasti? Il nostro carissmo Umyen si è rifatto vivo, a portare un altro po' di scompiglio nella già scompigliata Compagnia. Chissà se Galadriel si deciderà mai a dire qualcosa di più alla nostra Edorel..........?
Grazie a chi legge e recensisce questa ff! :) Buona lettura!
C.


Capitolo 15
 
La sera a Lòrien era il momento che più infondeva malinconia nel cuore della regina. Osservare l’oscurità strisciare densa verso gli alberi e inglobarli, vincendo la lotta impari contro le deboli fiaccole degli Elfi che ben poco potevano contro di essa, costringeva Galadriel a interrogarsi dolorosamente sul proprio destino. Quella sera fu, se possibile, ancora più penosa per lei.
Aveva finalmente capito cosa intendesse la sua cara Asenath.
“Ho visto negli occhi di Umyen ben più che lealtà e devozione.”
Quelle erano state le sue parole, pronunciate una buia notte di un tempo che pareva ormai appartenere al sogno. E quel giorno Umyen era tornato a chiedere udienza alla sua regina, dopo più di cinquemila anni, per domandarle consiglio e presentarle una richiesta: impedire a Edorel di proseguire il suo viaggio con la Compagnia.
Con un sospiro, la regina si alzò dallo scranno su cui era, per prendere una brocca d’acqua e versarla nel bacile. Poco prima di sporgersi a guardare nello specchio, un rumore le fece sollevare gli occhi. Edorel stava scendendo la scala di pietra e si era bloccata incrociando il suo sguardo, come a volerle chiedere il permesso di proseguire.
“Cosa ti porta qui, Edorel?”
“Vorrei evitare di pensare, speravo che questo luogo mi desse la pace per farlo.”
Con un cenno, Galadriel la invitò accanto a sé e chiese:
“Desideri guardare nello specchio?”
“Cosa vedrò?”
“Nessuno lo sa con certezza, neppure io. Potresti vedere cose che sono state, cose che sono, cose che saranno.”
Con espressione appena titubante, Edorel si sporse verso l’acqua e fu subito catturata dallo specchio. La regina osservava i suoi occhi spalancarsi in una dolorosa sorpresa, le sue dita artigliare il bordo della vasca fin quasi a sanguinare. Temendo che quella visione potesse completamente annientarla, Galadriel la prese delicatamente per i polsi e la allontanò dall’acqua. La sostenne, ancora tremante, e la condusse a sedersi su una piccola panca.
“Cos’hai visto?”
“Mi trovavo a Minas Tirith, ma la città non era più bianca e maestosa, era solo un gigantesco ammasso di rovine fumanti. Tutto intorno sembrava desolato e triste, la terra era nera e solcata da profonde crepe, fin dove riuscivo a vedere. Ero sulla rupe, sola, e indossavo un’armatura scura e pesante, mi sentivo come se il freddo del metallo fosse dentro di me.”
Edorel s’interruppe con un sussulto, ripensando al guanto che aveva raccolto dal guado del Bruìnen: era la stessa sensazione di opprimente malvagità, da cosa proveniva dunque?
“Edorel, ti prego, continua. Io devo sapere.”
“A un tratto mi si avvicinava un’altra creatura. Non credo fosse un uomo né un Elfo, indossava un’armatura simile alla mia, che però su di lui sembrava ancora più scura e minacciosa. Stendeva il braccio davanti a sé e diceva soltanto: -Contempla la nostra vittoria! Allora cominciavo a scorgere, tra il fumo e la pietra, cumuli di cadaveri. Uomini, Orchi, tutti ridotti a un miscuglio di carne e sangue che sembrava estendersi fino ai confini del mondo. Sulla rupe, accanto a noi, c’era il cadavere di Aragorn, nelle vesti di Re.”
Un singhiozzo interruppe le parole della ragazza e una lacrima le rigò la guancia. Esitò a lungo prima di aggiungere:
“Per un istante, prima che voi mi portaste via da quel luogo orribile, ho provato una gioia incontenibile, come se rovina e devastazione fossero tutto ciò che desideravo. Mi sono sentita come quella creatura.”
Non riuscì a continuare, perché un doloroso nodo le stringeva la gola. La regina le prese le mani e domandò, con gentilezza:
“Non desideri essere come quella creatura?”
“Come potrei? Era causa della distruzione di Minas Tirith, della morte di Aragorn. Non potrei sopportare di esserne la responsabile.”
Un orribile rivelazione, tuttavia, le si affacciò alla mente.
“Mia Signora, se questo non è mai successo né certo sta succedendo ora, significa che succederà?”
“Lo specchio non può mostrare il futuro con esattezza, poiché esso ancora non è stato scritto. Così tante cose dipendono dalle nostre scelte, che qualsiasi previsione può risultare sciocca e infondata.”
“Ma era così vivido, così reale! Come posso sapere che non accadrà davvero?”
“Non puoi saperlo, devi fare in modo che non succeda. Insegui il bene con tutto ciò che fai, non c’è altro modo per decidere del tuo futuro, e di quello di molti altri.”
Edorel fece per parlare, ma tacque. Realizzò per la prima volta che sapere la verità sulle proprie origini avrebbe potuto rivelarsi doloroso e le avrebbe riversato addosso ancora più dubbi. Forse, Galadriel aveva ragione e aspettare la fine della missione della Compagnia era la scelta più saggia.
“Ricorda sempre ciò che hai visto, ma non attenderlo impotente come se si trattasse di qualcosa che non puoi controllare. È il tuo destino e ne sei la sola responsabile.”
Quelle ultime parole della regina le diedero una nuova consapevolezza: da quel momento in avanti avrebbe consacrato tutta se stessa alla missione, sarebbe stata la Compagnia. Avrebbe lottato per proteggere i suoi compagni a ogni costo e, se ne avesse infine ricevuto l’opportunità, sarebbe tornata da Galadriel, pronta finalmente a sapere. Il dolore che la visione le aveva causato era ancora vivido, ma non poteva lasciarsene sopraffare. Rispose all’Elfa con un sorriso e un inchino, prima di tornare quasi correndo al proprio letto.
La regina rimase accanto alla fonte, senza sporgersi per guardarvi dentro. Vedere era la sua dote e maledizione, non le occorreva certo l’ausilio dell’acqua per scorgere un ingannevole brandello di futuro. Sentì un lieve fruscio e vide avvicinarsi Celeborn, in compagnia di Umyen con cui sembrava conversare senza tuttavia profferire una parola. Giunti davanti a lei, il Re parlò:
“Hai preso una decisione riguardo alla ragazza?”
“Deve continuare la sua missione, poiché non è in nostro potere impedirglielo. È stata lei stessa a scegliere, prendendo un impegno che coinvolge tutta la Terra di Mezzo e prescinde dal volere degli Elfi. Persino dal mio.”
Umyen fece un inchino, chiedendo il permesso di parlare. Appena la sovrana glielo accordò, chiese:
“Mia Signora, che cosa ha visto Edorel nello specchio?”
“Nulla di vero, purtroppo.”
Celeborn si stupì di quelle parole al punto da intervenire, dicendo:
“Ti prego, Umyen, aspettami a palazzo. Presto ti raggiungerò portando ordini definitivi.”
L’Elfo s’inchinò e si allontanò, preoccupato da quella riservatezza che non sembrava preannunciare la conclusione che tanto aspettava. I due signori di Lòrien rimasero soli, in piedi l’uno di fronte all’altra, gli sguardi dolorosamente incatenati. Il silenzio durò minuti, poi Celeborn parlò:
“Quando vedesti l’Unico, non dubitasti nemmeno per un istante che la visione non fosse destinata ad avverarsi. Cosa è cambiato?”
“C’erano molti segnali, le parole di Mithrandir, tutto sembrava confermare la visione.”
“Dimmi che cosa ha visto.”
“Se stessa e l’Oscuro Signore. Sulle rovine di Minas Tirith e dell’intera Terra di Mezzo.”
La voce di Galadriel era ridotta a un sussurro stentato, come un rivolo d’acqua che cerca di farsi strada tra sassi e detriti.
“Non puoi continuare a tormentarti. Ancora.”
“Ho il dovere di preoccuparmi, così come ho il dovere di vedere. Non ho scelto questo destino, ma non posso cambiare ciò che sono.”
“E se non potesse cambiarlo nemmeno la ragazza?”
L’Elfa lasciò cadere la brocca, che rimbalzò con un pesante tintinnio sulle lisce pietre accanto alla fonte. Era la paura che tentava di nascondere persino a se stessa da migliaia di anni.
“Non posso credere che sia destinata ad appartenere a colui che l’ha generata.”
“Sua madre è stata sopraffatta dalla colpa e dal rimorso. Cosa ti fa pensare che il suo stesso sangue non la chiami prima o poi a unirsi alle forze di Mordor?”
“Non lo farebbe mai. Se non per amore della missione, lo farà per l’amore di Estel che anche un cieco potrebbe vedere.”
Disperazione nel cuore di Gondor. Non serve certo che sia io a ricordarti le parole che tu stessa pronunciasti.”
“Cosa vuoi dire con questo? Che avrei dovuto farla uccidere quando mi è stata affidata?”
“No. Cerco di dire che non puoi portare da sola anche questo peso. Devi metterne al corrente tutti coloro che viaggiano con lei.”
“Dovrei dirle la verità?”
“Non ho detto questo. Penso che almeno i suoi compagni debbano sapere chi realmente è.”
“Come potrei rivelare un simile segreto a tutti e non a lei?”
“Non capisci, Galadriel? È il tuo sciocco amore per quella creatura a parlare, non la tua ragione.”
Quelle parole disperate, gettate addosso alla regina quasi con rabbia proprio dalla creatura che più amava al mondo, ebbero il potere di far sorgere e cadere una lacrima da quegli occhi limpidi. Celeborn le si avvicinò e catturò con le proprie labbra quella lacrima, per poi aggiungere:
“Non voglio che tu debba vivere per l’eternità con il peso di una scelta sbagliata.”
“Salvarla dal suo destino non può essere una decisione sbagliata.”
L’Elfo le baciò delicatamente la fronte, quindi si allontanò da dove era venuto, lasciandola nuovamente sola, come sempre si era sentita. Sola a poter vedere, sola a dover lottare per impedire l’avverarsi di ciò che vedeva, sempre tormentata dal dubbio che le sue visioni non fossero che fantasmi e finzioni, destinate soltanto a confonderla. Galadriel raccolse la brocca e la ripose, prima di accomodarsi di nuovo sullo scranno in pietra, ritta e maestosa, ad attendere che il sorgere del giorno alleviasse i tormenti di quella notte.

  
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