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Autore: Nanek    28/05/2013    3 recensioni
Questa è la storia d’amore di James e Charlie, una storia d’amore come tante, forse, ma unica e perfetta per loro due; una storia d’amore che è stata fermata dalla guerra, la guerra del Vietnam.
Ma in questa storia d’amore, c’è anche un altro personaggio: Billy White, soldato semplice, al primo anno di guerra, amico di James.
Ma perché ci deve essere un altro ragazzo in una storia d’amore? Beh, Billy sarà colui che li salverà entrambi.
Tratto dal primo capitolo:
"Caro James,
mi manchi, e sono ormai ripetitiva, te lo scrivo in ogni lettera che mi manchi, ma non credo mi stancherò mai di farlo; amore mio, aspetto la tua risposta ogni giorno, una risposta che non arriva mai, e che mi sta spaventando"
“Cara Charlie,
mi scuso per le mancate risposte, ma qui si fa la guerra, il tempo scarseggia, e i miei soldati hanno bisogno di me.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo 8

I wish I was beside you





29 dicembre 1974

 

E anche questo anno è quasi andato.

Ripensava Billy, segnando sul muro, con un sasso, un altro giorno vissuto in quella cella.
Da più di un anno, Billy era rimasto rinchiuso in quella prigione.
Vedeva James, ogni giorno, e ogni giorno, evitava il suo sguardo.
James gli portava il cibo, gli portava il materiale per curarsi la barba, l’acqua per un bagno veloce, un asciugamano per coprirsi: James si prendeva cura di lui come se fosse un figlio.
Ma Billy, non ringraziava il suo salvatore.
Non gli rivolgeva la parola, non gli rivolgeva lo sguardo, come se James fosse solo un fantasma, che portava l’essenziale per vivere, e niente di più.
Il Caporale tentava un contatto, ci provava ogni giorno, ma Billy era chiuso in se stesso.

Quella notte, James entrò nella cella, fuori orario.
-Billy?- lo chiamò, entrando con una candela, ma il soldato, stava già dormendo.

Gli si avvicinò, illuminandogli il viso, e quasi sorrise alla vista di quel giovane.
Billy non poteva saperlo, ma era davvero cambiato.
Il viso da giovane ingenuo era sparito, per dar spazio a un viso da adulto, maturo, forte.
La barba era sempre presente, come se avesse preso simpatia per la sua pelle, e volesse sempre farsi notare; i capelli non più rasati, ma tenuti corti; il fisico più grande, e allenato, visto che il giovane si divertiva a fare flessioni anche per un’ora di fila, tutto in Billy era cambiato.
Ma quando dormiva, quando chiudeva gli occhi, e si lasciava prendere dal sonno, ricompariva quell’espressione dolce, che James aveva sempre paragonato a quella di Charlie.
Sospirò, e si alzò dal letto: sentì cadere qualcosa.
Sobbalzò dallo spavento, ormai, anche il minimo rumore lo preoccupava e lo metteva in allerta: una busta blu.
Sgranò gli occhi al leggere il mittente: Charlie Jones; la prese in mano velocemente, e tirò fuori il contenuto, come preso da una nostalgia acuta.
Si sedette con la schiena contro il muro, posizionò la candela, e illuminò quei fogli, datati “15 gennaio 1973”.
La calligrafia di sua moglie gli fece battere il cuore più forte, il respiro si fece quasi più corto, come se stesse per piangere.
Cominciò a leggere quella lettera, deglutendo a fatica.


“Caro James,

tua figlia ieri è tornata a casa con una domanda: perché sono nata?
Mi chiedo cosa insegnino in queste scuole, non ha neanche sette anni, e fa domande di questo tipo.
Mi sono un po’ preoccupata, e sono andata ad indagare: un suo compagno le ha detto che lei è nata per soffrire, e per essere abbandonata dal suo papà, che preferisce la guerra allo stare con lei.
Nostra figlia è tornata a casa in lacrime.
Quel bambino lo metterei in un angolino senza merendina per tipo una settimana se fa un altro torto a nostra figlia.
Sta di fatto che dopo una sera passata a consolarla e ad asciugarle le lacrime, l’ho fatta dormire nel nostro letto, insieme a me.
È incredibilmente uguale a te, caro James, dorme anche come te: con una mano sotto al cuscino, e l’altra vicina al viso, chiusa a pugno.
Ho una piccola Jamie al mio fianco; ha solo gli occhi verdi come me, e forse la forma, ma la bocca carnosa è del suo papà, ma le orecchie piccole, i capelli biondi, le mani lunghe  e magre, sono uguali alle tue.
La fissavo, mentre dormiva vicino a me, e ho pensato alla sua domanda: perché è nata.
Ho sorriso al pensiero, perché mi è venuto in mente quel giorno, o meglio, quella notte.

Era notte fonda, e non ti stavo aspettando, visto che eri nuovamente partito, nonostante le mie lacrime e le mie urla di disperazione, ma quella notte, eri tornato a casa, per poco, solo cinque giorni di permesso, per poi riprendere la tua guerra.
Ricordo di aver urlato dallo pavento, eri così brutto: tutto sporco di terra, la divisa che era davvero un porcile incorporato a te: puzzavi in una maniera assurda.
Ti spedii in bagno, tappandomi il naso con le dita, ma tu, dopo aver riempito la vasca della nostra nuova casa, uscisti, mi sollevasti di peso, e mi gettasti in acqua, con il pigiama nuovo: quanto odio Phillips.

-Ciao a te amore mio- mi dicesti, cominciando a baciarmi con una foga tale da svegliarmi completamente.
-Ti pare il modo di arrivare?! Credevo fossi un ladro!- strillai, mentre la tua bocca continuava a cercare la mia: quella povera vasca, quanta acqua che abbiamo tirato su il giorno dopo.
-Mi sei mancata da morire- mi sussurravi, e mi chiedevo se quelle parole fossero vere.

Uscimmo dalla vasca, e tu mi avvolgesti con l’asciugamano, e come se fossi stata una bambola, mi portasti nel letto, senza lasciarmi mai.
Mentre mi stendevo, trattenevo l’ennesimo pianto.
Continuavi a baciarmi, a toccarmi, e per la prima volta in vita mia: non ero sicura di volerti lì.
Tu eri lì, in quel momento, e io non ero felice, perché non saresti rimasto, perché ti avrei rivisto partire, non sapendo se fosse un addio o solo un arrivederci.
Non riuscivo a pensare ad altro, e fu così che scoppiai.

-J-James- balbettai, con le lacrime agli occhi.
-No Charlie, no, non..- dicevi tu, fermandoti, avvicinandoti al mio viso, baciandomi le guance.
-Non ce la faccio Jamie, io, non ce la faccio a vivere così- confessai, continuando a singhiozzare, sentendo le tue braccia avvolgermi di più.
-Charlie non dire così, io lo sto facendo per noi- mi dicevi, e lì non ci capii più.
-Non è vero!-esclamai, cominciando a rinfacciarti le mie giornate passate a piangere, le mie ore passate a pregare per te, le mie ore passate a controllare il telegiornale, ore passate a pregare il cielo di non vedere mai il tuo nome nella lista dei caduti.

Piangevo e urlavo, per l’ennesima volta, davo voce alla mia disperazione, che tu non sembravi capire, come se io fossi una matta, una matta innamorata della tua persona, che voleva solo tenerti con sé, lontano dai pericoli.

-Voglio un figlio da te- mi bloccasti tu, facendomi zittire con quelle parole.
Spalancai gli occhi, incredula.
-Così dopo dobbiamo piangere in due per te?!- sputai.
-Voglio che un figlio sia la mia ennesima promessa- continuasti.
-Voglio fatti James, non promesse mandate al vento-
-Quando vedrò mio figlio, io non partirò più-
-Cazzo James, ma devo avere un figlio per farti restare?! Che cazzo di discorso è?!- continuai.
-Ti prego- mi supplicasti, e io non capivo.
-Voglio un bambino da te- continuasti –e quando lo vedrò, sarà il giorno della fine della guerra-
-Non crescerò tuo figlio da sola.- sputai nuovamente.
-Nostro figlio- sentii le tue dita spostarmi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, per poi avvicinare la tua bocca al lobo.

Ti sentii sussurrare, e i brividi mi invasero –Vorrei un bambino con questi lobi- le tue labbra scesero verso il mio viso, un scia di baci lungo le mie guance –vorrei che avesse le tue stesse guance-
Il tuo indice tracciava i contorni delle mie sopracciglia, dei miei occhi, scendeva lungo il naso, sfiorava la mia bocca –Vorrei ritrovare queste labbra sul volto di mio figlio, vorrei rivedere il colore dei tuoi occhi su un’altra creatura-

Ti sentii ridere appena –Vorrei una bambina, una piccola Charlie, che quando mi guarda mi fa innamorare di lei-
Sentii le tue mani intrecciarsi alle mie –Vorrei tenerla per mano e portarla al parco, sentire quanto le sue mani siano simili alle tue-

Un bacio.

-Vorrei sentirla chiamare “papà” quando si sente in difficoltà, vorrei vedere nei suoi occhi, la stessa espressione triste che hai tu quando credi di non potercela fare-

Brividi.

-Vorrei tornare a casa, e trovare le mie donne ad aspettarmi-

Le tue mani sul mio corpo.

-Ti prego Charlie-
Un lacrima sul mio viso.
Un sorriso che prevalse la tristezza di quella notte.
La voglia che tenevo nascosta, la voglia di avere un figlio da te, la voglia di avere una famiglia per noi.
Sono bastate poche parole da parte tua, carezze, la tua voce che mi sussurrava la tua voglia di essere padre, che mi hanno portata  a fidarmi nuovamente di te, a credere che saresti tornato, per vedere tua figlia.

Quella notte, fare l’amore con te è stato qualcosa di davvero speciale e importante per me: nonostante le paure, nonostante la mia tristezza, ero riuscita a mettermi il cuore in pace, ero riuscita a pensare solo alla cosa bella che sarebbe successa dopo quella notte; sorridevo quella notte, sorridevo al pensiero di un figlio tuo, che a differenza tua, lo desideravo solo uguale a te, un piccolo James, o piccola, non importava il sesso, a me bastava che fosse uguale a te: volevo i tuoi capelli biondi, i tuoi occhi azzurri, il tuo sorriso timido, che mi faceva coraggio, che mi rassicurava, che mi rendeva felice.

Immaginavo di abbracciarlo, nostro figlio, e di riconoscere il tuo stesso profumo, lo stesso che quella notte mi stava inebriando.
A quasi un mese e mezzo da quella notte, cominciai a sentirmi strana:  nausea, voglie improvvise,  e logicamente, un ritardo molto… in ritardo.
Corsi a comprare i test di gravidanza, e sorrisi a tutti quei risultati: incinta, incinta e incinta.
Andai dal medico, per confermare quello che già sapevo: avrei avuto un bambino.
Non sapevo come dirtelo, non sapevo come contattarti, non potevo chiamarti, non sapevo come comportarmi.

Ma tu, hai saputo stupirmi.
Quel giorno, ennesimo controllo, terzo mese inoltrato, quasi quarto, ero appena tornata a casa, avevo appena scoperto che aspettavo, come tu desideravi, una bambina.
Il telefono di casa squillò, appena varcai la porta, risposi, pensando che fosse mia madre.
-Pronto?-

-Ciao bellissima-

La tua voce.

-James? Oddio James sei tu?- chiesi, da stupida, certo che eri tu, come potevo non riconoscere la voce di mio marito?
Mi sedetti sulla sedia, mi torturavo la fede dall’ansia.
Mi chiedevi se avevo scoperto il sesso di nostro figlio, sorrisi –E tu come fai a sapere che sono andata oggi?-

-Da qui, vedo ogni tuo movimento, dai esci-

Spalancai gli occhi, tu avevi riattaccato.
Aprii la porta di casa, e ti trovai davanti a me.
Avanzasti verso di me, e ti fiondasti sulle mie labbra.
Con una mano mi accarezzavi la pancia, mi facevi rabbrividire.

-Allora? Maschio o femmina?- mi domandasti, curioso come un bambino.
-Hai scelto i nomi?- ti chiesi, anche se sapevo benissimo che l’unico nome che ti eri preparato era per una femminuccia.
Ti vidi annuire e sorridere con aria colpevole, per poi dire –Se è una femminuccia Ashley, se è un maschio.. A.. s.. h.. Ashton!-
-Lo hai scelto adesso, furbetto? Guarda che lo chiamo davvero Ashton: Ashton Phillips, non suona male- mi accarezzai la pancia.

-è.. un maschio?- ti vidi preoccupato.
Sorrisi, prendendoti in giro, -No Jamie, è una bambina, Ashley Phillips- e il sorriso che comparve sul tuo viso era qualcosa di unico.
Lo stesso sorriso che avevi quando ci siamo messi insieme, quando ci siamo sposati, lo stesso sorriso che da luce al mondo intero, ti comparve sul viso, ed è rimasto indelebile nella mia mente; mi abbracciasti, stando attento a non stringere troppo, continuavi a dire cose senza senso, come “grazie” “sei unica”.
Dopo appena sei ore, mi salutasti nuovamente, per ripartire per la tua guerra.

Mi lasciasti una collana, d’oro, un ciondolo.. con incise tre lettere: la tua J, la mia C, e la A per nostra figlia: era il tuo dono per lei, il primo regalo tuo che avrebbe ricevuto.
Quella collana è ormai incorporata su nostra figlia: non la toglie mai, neanche per dormire, neanche quando è arrabbiata con te perché non torni, lei con quella collana ti sente vicino, sente la tua presenza, e mi assicura che torni.
Perché tu torni, vero James?
Perché tu me l’hai promesso, perché tu me l’hai giurato: tu torni, perché le tue donne, sono qui ad aspettarti.
Ti aspetto Jamie, ti aspetterò sempre.

Tua Charlie”

Una lacrima solcò il viso del caporale Phillips, ancora seduto a terra, la schiena appoggiata al muro della cella di Billy.
Rileggeva quelle parole, come se fossero l’ossigeno che gli mancava, quelle parole venivano da casa sua, da sua moglie, ne respirava il significato, e l’immagine di lei era il suo unico pensiero.
La immaginava su quel letto, di notte.
La vedeva messa a pancia in su.
La vedeva con gli occhi aperti, mentre pensava a lui, mentre pregava per la sua vita.
La vedeva poi, spostare lo sguardo, verso la finestra.
La vedeva, mentre si alzava, mentre si affacciava, e fissava il cielo.
Alzò anche lui lo sguardo, verso la piccola finestra della cella, guardò il cielo.
 
Non lasciarmi mai. Diceva Charlie a quel cielo.
Il mio cuore vuole tornare a casa. Diceva James in risposta.
Riesci a sentirmi?. Continuava lei.
Ti sento vicina, anche se siamo così lontani. Continuava lui.
Un altro giorno è passato senza di te. Lei, Charlie.
Ho fatto una promessa: tornerò indietro da te. Lui, James.
Sto cercando le parole da dire.Charlie.
Alcune parole sono difficili da confessare. Mi manchi. James.

Vorrei essere vicino a te. James. Charlie.

 
Some words are hard to speak
When your thoughts are all I see
“Don’t ever leave” she said to me.

So close but so far away.
Can you hear me?

She sleeps alone
My heart wants to come home
She lies awake
Trying to find the words to say

Another day, and I’m somewhere new
I made a promise that I’ll come home soon
Bring me back, bring me back to you.

When we both wake up underneath the same sun
Time stops, I wish that I could rewind
So close but so far away.
She sleeps alone
My heart wants to come home

I wish I was, I wish I was
Beside you

She lies awake
Trying to find the words to say

I wish I was, I wish I was
Beside you.

 
 

Note di Nanek
Bene, in mega ritardo pure qui, viva me insomma, e la puntualità che mi manca..
Come mi giustifico.. sempre colpa di Luke Hemmings! È lui che mi distrae…
No dai, questo capitolo è.. è stato davvero un po’ impegnativo, per vari motivi: non sapevo che scrivere, come finirlo, cosa trattare in particolare.. poi bam! L’illuminazione grazie a questa canzone, che è il titolo del capitolo, e che ho riportato (poche parti) alla fine: Beside You- 5SOS.
Questa canzone è la chiave di questo capitolo insomma, e se siete curiose di sentirla, beh, youtube è fatto a posta per questo =) ve lo garantisco è stupenda, sono innamorata di quella canzone, e credo che su questo episodio sia un sottofondo bellissimo.
Troppo modesta? Eviterò di dilungarmi troppo allora =)
Come sempre ringrazio la Tomma e la Malika per le loro recensioni di sempre =) ma attenzione gente! Abbiamo nuove arrivate! *-*
elelove98 che ha messo la storia tra le preferite <3
Gvorgia  che ha messo la storia tra le ricordate <3
 myllyje  Panna Montata che seguono la storia <3
grazie mille <3 a tutte voi <3 dalla prima all’ultima <3
spero di riuscire ad arrivare presto con il capitolo 9, lo spero davvero =)
grazie ancora di tutto <3 vi adoro <3
Nanek

  
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