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Autore: Blooming    28/05/2013    2 recensioni
Kat è una giovane ragazza, intraprendente, che cerca di farsi spazio nel mondo dello spettacolo ma per il momento è solo una ragazza qualsiasi che serve il caffè sui set cinematografici. Dietro di se una serie di ricordi tristi e devastanti, davanti un affascinante e gentile Misha Collins dagli occhi blu.
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Misha Collins, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Salimmo in macchina, una Ford grigia metallizzata, il nuovo modello, spaziosa, profumata.
Prima di entrare mi sorrise, lo guardai imbarazzata.
Appena saliti mi pervase quel senso di disagio e tristezza, avrei voluto scrivere un sms a Marta ma con quella non volevo avere più niente a che fare.
Misha notò l’espressione sul mio viso, corrucciato e pensieroso
“Hey!” mi sorrise e mi sentii di un po’ meglio.
Mise in moto e partimmo.
Per un bel po’ non parlammo. Il solito silenzio imbarazzante che si crea in tipiche situazioni imbarazzanti.
Mi squillò il telefono, sullo schermo lessi il nome -Pitt- misi in silenzioso sorridendo amaramente, neanche con lui volevo parlare.
Misha accese la radio
-Jumpin’ Jack Flash-
Come mi piacciono gli Stones.
Misha sorrise tamburellando a ritmo le dita sul volante
“Tanto per non rimanere in silenzio per tutto il viaggio.”
Io risi sentendomi una stupida
“Allora mi vuoi dire cosa ti prende?”
Non volevo parlare di questo con lui
“Mah, niente. Sono solo triste ma tu sei stato così gentile con me e ora mi sento meglio… Devi girare di qua.” Gli indicai la strada lasciando la frase a metà, lui rallentò al semaforo, d’improvviso la mia pancia brontolò. Non mangiava dalla mattina.
-Stomaco perché mi fai questo?!-
Misha mi fissò, io diventai bordò
“Hai fame?”
Volevo sprofondare nel sedile e non ritornare più su
“Un po’…”
Spinse sull’acceleratore e cambiando la canzone disse
“Tra qualche chilometro c’è un ottimo ristorante, ti offro la cena.”
Sgranai gli occhi
“Cosa?! No. Non devi! Io non posso accettare, tu non…”
“Orami è deciso! Si va a mangiare!”
Bene ora sarò in debito di una cena con Misha Collins!
Squillò ancora il telefono
“Scusa ora lo spengo…”
Mi bloccai guardando il nome lampeggiante sullo schermo –Papà- .
Non potevo crederci, come… Perché? Perché adesso, proprio in questo momento.
Il mio volto era l’apoteosi della disperazione, del terrore.
Continuai a guardare quel nome lampeggiante e tutto quello che riuscivo a pensare era –Perché a me.-
Misha mi guardò
“Non rispondi?”
Scossi la testa, mi tremavano le mani
“No.” balbettai “Puoi fermarti un attimo, io…”
Appena scesa dalla macchina mi appoggiai a un lampione e cominciai a vomitare, vomitavo sostanzialmente il nulla visto che non avevo mangiato. Mi sentivo morire, lo stomaco si contorceva, avevo le lacrime agli occhi. Mi sentivo schiacciata da un peso enorme, come investita da un camion.
Misha si avvicinò e piano mi mise una mano sulla spalla, mi girai, gli occhi angosciati.
Non sapeva neanche lui cosa dire, tremavo. Il cellulare continuava a squillare sul sedile della Ford
“Spegnilo, ti prego. Spegnilo!”
Lui prese il telefono, guardò il mittente, mi guardò, il mio viso di supplica.
Spense il cellulare e lo gettò sul sedile
“Andiamo. Ti porto a casa, dai…”
Mi sostenni al suo braccio, inciampai sui miei stessi piedi, caddi a terra tirando verso il basso anche Misha, mi sbucciai le mani, lui mi cinse il fianco con il braccio e mise il mio attorno alla sua spalla e mi trascinò sul sedile posteriore della macchina.
Mi sdraiai e mi strinsi nella giacca, avevo freddo e volevo morire. Vidi Misha frugare nella borsa e cercare nel portafogli la mia carta di identità per sapere la via di casa.
La mia vista si fece sempre più offuscata, riuscì a sentire solo il rombo della macchina e la voce calda di Misha
“Hey, andrà tutto bene, ti porto a casa.”
Mi addormentai.

Quando mi svegliai, la macchina era spenta, Misha era chino su di me e mi sollevava con gentilezza, mi prese tra le braccia, salì i pochi gradini per arrivare alla porta di casa, io stringevo le braccia al suo collo, la fronte al suo petto, la borsa sulla mia pancia
“Kat? Hey Kat, svegliati dai, hai le chiavi? C’è qualcuno a casa?”
Non risposi, non ce la facevo. Misha suonò il campanello, la testa mi scoppiava, venne ad aprire Julia, la mia amica con cui condividevo la casa.
Era in pigiama
“Si?!” la voce fredda che riservava agli estranei, mi vide
“KAT! Oh Kat!” guardò Misha “Cosa le è successo? Si è ubriacata?”
Misha scosse la testa, sentivo il suo cuore battere, Julia lo fece passare
“La prima porta a destra!”
Misha entrò in casa e mentre Julia accendeva la luce del corridoio, lui mi portava in camera, mi mise sul letto e io gli afferrai il braccio, lo guardai debolmente negli occhi indaco
“Grazie.” Riuscii a dire.
Julia mi mise una coperta addosso, poi accompagnò Misha fuori dalla stanza ma riuscivo a sentirli lo stesso
“Cos’è successo?” gli chiese lei
Lui spiegò il fatto della chiamata, prima Pitt e poi mio padre e che era stato dopo aver letto quel nome che ero stata male. Julia sospirò, la voce rotta
“Ora capisco, suo padre… non posso spiegarti ma forse un giorno te lo potrà dire lei.”
Non dissero più niente per un po’, poi sentii la porta chiudersi e la serratura scattare, poi Julia tornò da me, si sedette sul bordo del letto e mi accarezzò i capelli
“Oh Katheline, perché deve succedere tutto a te, tutto adesso. È proprio vero che le cose peggiori succedono alle persone migliori.”
Pensava dormissi, mi baciò la guancia e se ne andò.
Cercai di addormentarmi ma non riuscivo a pensare ad altro, quel nome che compariva sul telefono –Papà-
Perché avevo ancora quel numero? Ah si, per sapere quando mi chiamava così da non rispondergli, avevo ormai dimenticato il suono di quella voce orribile.
Mi addormentai. Il sonno fu senza sogni. Calmo e profondo.
Al mio risveglio trovai un medico nella stanza, parlava con Julia, assoluto riposo, niente lavoro per almeno una settimana. Mi sentivo troppo debole per ribattere. Mi avvolsi nelle coperte.
Julia si avvicinò al mio letto
“Hey tesoro. Vuoi fare colazione? Vuoi alzarti?”
Annuii, lentamente mi alzai e andai verso la cucina dove Julia mi versò del latte e caffè. Cominciai a girare il cucchiaio distrattamente nella tazza.
Julia, appoggiata al bancone della cucina, beveva il suo succo d’arancia, le sorrisi
“Sai quel ragazzo che ti ho portato a casa ieri? Mi ha chiesto se poteva venire oggi a vedere come stai, gli ho detto di si.”
Lo guardai –Perché ho un’amica pazza?!-
Lei sorrise.
“È carino. Ti farà bene distrarti da… beh da tutto!”
“Come faccio col lavoro? Se salto un giorno sono fuori.”
Julia rise, la risata cristallina e vivace
“Il ragazzo ha detto che ci avrebbe pensato lui, arriva tra poco.”
Volevo ucciderla ma vedere Misha mi avrebbe fatto bene.

Misha suonò al campanello e Julia gli andò ad aprire, gli sorrise
“Entra! Kat è di la in salotto.”
Misha le sorrise e venne verso di me. Lo salutai con un sorriso sulle labbra, ero in pigiama, la coperta sulle spalle e una tazza di the tra le mani.
Si sedette accanto a me
“Allora, tutto bene?”
Non risposi, mi limitai a sorridere, lui sospirò, mi guardò negli occhi e mi strinse la mano
“Non puoi tenerti tutto dentro. Quando avrai voglia di parlarne puoi contare su di me.”
Gli strinsi la mano, sussurrai un grazie. Appoggiai la testa alla sua spalla, in quel momento comparve Julia, il tailleur grigio perlato, la camicia bianca. Ovviamente andava al lavoro, non mancava mai, faceva la dirigente in un’importante azienda e era sempre l’impiegata del mese, ogni mese
“Io vado, la affido a te Misha, so che è in buone mani. Torno presto.” Mi diede un bacio sulla fronte e sorrise a Misha “Ciao!” se ne andò.
Lo guardai chiudere la porta, Misha corrugò la fronte
“Strana ragazza.”
Risi, lui mi guardò dolcemente, gli occhi blu indagatori e caldi
“Sei in debito con me di un invito!”
“Ma se non siamo neanche usciti alla fine!” risposi ridendo
Cominciammo a ridere di gusto, la mia mano stretta alla sua.
Sapevo molto bene indossare la mia maschera ma lui riusciva a farmi dimenticare perché la mettevo.
   
 
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