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Autore: Blooming    27/05/2013    2 recensioni
Kat è una giovane ragazza, intraprendente, che cerca di farsi spazio nel mondo dello spettacolo ma per il momento è solo una ragazza qualsiasi che serve il caffè sui set cinematografici. Dietro di se una serie di ricordi tristi e devastanti, davanti un affascinante e gentile Misha Collins dagli occhi blu.
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Misha Collins, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Misha era veramente gentile ma mi sentivo a disagio lo stesso a stare li con lui a cercare di parlare di quanto io stessi male e di quanto volessi andarmene e mollare tutto, ritornare da mia mamma e dire –Non ce l’ho fatta, non sono niente, sono solo una fallita.- ma c’era qualcosa ad impedirmi di gettare la spugna, qualcuno.
Però dovevo veramente tornare a lavorare anche se secondo Misha non ero in grado visto che ‘sto di merda’ per citarlo,
Lui mi sorrise e ancora una volta mi chiese
“Allora vuoi parlarne?”
Mi sembrava di essere tornata adolescente, quando mia mamma mi obbligava ad andare dallo psicologo per parlare di quanto la vita fa schifo, di quanto io abbia sofferto.
Ma forse con Misha potevo sfogarmi, la tipica confidenza che si da agli sconosciuti.
Lui mi sorrise, dolce, enigmatico, provai a dirgli qualcosa senza piangere
“Beh…” per il momento andava tutto bene “il mio ragazzo, ex ragazzo…” respirai, un respiro profondo “è andato a letto con la mia migliore amica, ex migliore amica.”
“Oh, beh mi dispiace, quindi è per lui che stai male?”
In realtà no, non stavo male per lui, non me ne fregava niente di Pitt. Ero stata tradita dalla mia migliore amica.
Scossi la testa, feci un sorriso di circostanza
“Comunque ora devo andare a lavorare.”
Un altro sorriso nervoso
“Dai ti accompagno sul set, devo parlare col regista.”
Si puntellò le mani alle ginocchia e si alzò, mi tese la mano per aiutarmi ad alzare. Quando fui in piedi mi abbracciò, la mia espressione era tra l’imbarazzo e lo sconcertato
“Emh. Grazie Misha.”
“Devi stare bene! Mi piace quando sorridi.”
Si, decisamente strano.
Uscimmo dalla roulette, mi sentivo un po’ meglio e lui aveva sempre quell’aria ambigua e il suo sorriso interessante.
Andammo insieme verso il tavolo del catering, il ‘capo’ mi vide e cominciò a rompermi le palle dicendomi che aveva chiesto di portare un cazzo di caffè non di sparire per mezz’ora ma Misha si materializzò al mio fianco
“Scusa Bob, era con me, le ho chiesto io di staccare per un po’. Prenditela con me.”
Robert non disse niente e poi Misha lo trascinò via parlandogli di qualche scena che non aveva capito bene, si voltò verso di me, piccola, indifesa, lo sono sempre stata, chiusa in me stessa, con le mani una dentro l’altra, lesse dalle mie labbra un ‘grazie’ e mi sorrise, mi persi nel blu zaffiro delle sue iridi.

Ero nel bagno del set, mi specchiai, i capelli in disordine, il viso pallido e la matita colata. Presi una salvietta struccante e poi mi truccai di nuovo per sembrare più decente, mi diedi una spazzolata ai capelli che rimanevano sempre gonfi e scomposti.
Mi sistemai il ciondolo che ricadeva sul petto, si girava sempre, mi tirai su i jeans e sistemai il reggiseno.
Mi lavai le mani e passai le dita bagnate tra i capelli.
Sono sempre stata così, come sono adesso, uguale a quando avevo diciotto anni solo che al posto di imbustare la spesa degli altri faccio l’aiutante del catering sul set di un film, bell’aspirazione per una ragazza di venticinque anni!
Meno male che volevo fare la regista.
Mi ricordo il mio professore al liceo che mi chiese cosa volessi fare della mia vita e quando glielo dissi mi rise in faccia.
Ero l’esclusa, la ragazza che aveva un sogno. Tutte le ragazzine sognavano di ‘diventare cantanti, di sposarsi con un attore.” Nessuna di loro aveva un vero sogno, neanche un’idea di quale lavoro fare. Solo grandi scemate.
Mi specchiai un’ultima volta. Mi sentivo uno schifo ma dovevo riprendermi prima o poi. Presi il portafogli dalla borsa e sfilai una fototessera. L’avevamo fatta prima dell’estate, io e Marta.
Si Marta, la mia migliore amica. La stronza. Guardai la foto un secondo. Mi sentii il cuore distruggersi, sbriciolarsi. Guardai la faccia di quella ‘troia’, quel sorriso sempre falso. Strappai la parte dove c’era lei e la buttai nel water, non mi sentii meglio ma almeno avevo una foto in meno di lei da distruggere. Mancavano tutte quelle del liceo negli album e quelle che avevo a casa nelle cornici.
Uscii dal bagno, gli occhi sulle scarpe, insignificanti ed inutili Superga blu. Andai a sbattere contro una figura, un uomo
“Hey scusami!”
Alzai lo sguardo, era Misha. Diventai bordò
“No scusa tu. Pensavo mi avessi visto!”
“Beh no.”
Mi sorrise
“Stai meglio?”
Cercai di essere il più sincera possibile
“Un po’.”
Gli sorrisi imbarazzata
“E tu come va?”
Non era una vera e propria domanda, cominciai a camminare, lui mi fu subito accanto. Lo guardai un secondo, sorrisi. Ero veramente a disagio con lui accanto, sentivo i suoi occhi su di me. Il mio imbarazzo crebbe ripensando che qualche ora prima avevo vomitato nella sua roulotte. Mi sentii in dovere di scusarmi, così lo feci. Mentre camminavamo uno a fianco all’altra presi coraggio e glielo dissi, gli dissi scusa per aver vomitato, per avergli dato fastidio, per tutto. Riuscii a percepire un sorriso, non lo stavo guardando
“Non devi scusarti. Chi, dopo tutto, non si è mai ubriacato per amore.”
“Già.”
La mia voce era triste ma la giornata di lavoro era quasi finita, mancavano le ultime cose da fare e poi mi sarei rinchiusa in casa, nella mia camera a piangere, a scrivere i miei pensieri.
Misha andava verso la sua roulette, io nella direzione opposta
“Allora ci vediamo domani Misha.”
Lui si fermò
“Mi accompagni alla roulette? Così parliamo un po’…”
Corrugai la fronte, scossi un po’ la testa e poi accettai. Cominciammo a parlare del più e del meno, di come avevamo scelto di intraprendere quella vita, di come la sua vita era ‘perfetta’ secondo il mio punto di vista e di quanto non lo fosse per lui, si voltò verso di me
“E tu? Cosa racconti della tua vita?”
I miei occhi si spalancarono, diventai cupa d’improvviso, il mio sorriso svanì di colpo, solo la tristezza mi pervase
“Scusa ma non ne voglio parlare.”
Lui non disse nulla e continuò a descrivermi la sua giornata scandita da ore di lavoro e di diete equilibrate, mi fece ridere più volte.
Raggiungemmo la roulotte, si fermò davanti alla porta, sembrava una specie di appuntamento. L’imbarazzo davanti alla porta di casa dopo la serata passata insieme dei due adolescenti in preda agli ormoni.
-Si baceranno? Finiranno a letto insieme?-
Risi per aver pensato all’orribile cliché che non sarebbe mai avvenuto tra me e Misha Collins, salì nella roulotte e prese le sue cose, si infilò il cappotto e sorridente disse
“Si fa buio. Ti accompagno a casa.”
“Non devi. Prendo il pullman.”
“No. Insisto. Ti prego.”
I suoi occhi mi stregarono ancora una volta –Hey ciao occhioni blu, venite spesso qui?!- sorrisi per la mia battuta mentale.
“Okay, se proprio insisti.”
   
 
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