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Autore: viktoria    28/05/2013    2 recensioni
[Jonathan Rhys-Meyers]Jonathan e Laura sono finalmente riusciti a capirsi. Sembra che non parlino più una lingua diversa ma che siano arrivati effettivamente al loro Happy Ending. Eppure conosciamo tutti il caratteraccio di Laura, il passato di Jonathan e le cicatrici che ha lasciato in lui. Sarà Laura abbastanza “adulta” da guarirle o almeno da impedire che sanguinino? E Jonathan saprà capire che lei, infondo, è solo una ragazzina?
“L'amore è una forma di pregiudizio. Si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa star bene, quello che ci fa comodo. Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi? Il fatto è che non le incontri.”
[STORIA IN RISCRITTURA E REVISIONE]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Whatever works'
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Eravamo tutti seduti al bar, Laura ci aveva comunicato che il suo fidanzato le aveva regalato un viaggio per quella settimana in una località a sorpresa e che non sarebbe stata raggiungibile. Ty era stata quella che aveva reagito con un'espressione peggiore. Il suo viso aveva rivelato tutto il suo disappunto e la sua preoccupazione. Anne a quel punto l'aveva abbracciata e le aveva baciato teneramente le guance.

- Fai buon viaggio!- le augurò gentile mentre io davo un leggero colpetto alla bionda accanto a me che non sembrava intenzionata a reggerci il gioco.

Trevor osservava la scena da lontano e la salutò con un gesto della mano quando lei, presa la borsa, andò via, poi si avvicinò a si sedette accanto a noi.

- Allora? Sei riuscito a farti dare il numero ieri?- domandò lui che ancora non era stato aggiornato, come le altre due, sui risvolti della mia campagna militare.

Uscì dalla tasca dei jeans il portafogli marrone che mia madre mi aveva regalato qualche anno prima contro la mia volontà facendomi sentire un idiota. Le madri non regalavano più portafogli ai figli, le fidanzate lo fanno. Comunque ne estrassi il bigliettino con il numero che mi aveva dato lei la sera prima nella mia auto. La sua scrittura era insicura e leggermente illeggibile e per sicurezza le avevo chiesto di rileggermelo dopo che mi aveva consegnato il biglietto.

- Mi spiace- mi ero giustificato facendo spallucce a quella mancanza di tatto.

- Tranquillo. So di non avere una bella grafia...- aveva risposto con un sorriso gentile assecondando la mia richiesta.

Adesso lo guardavamo tutti e quattro con espressione vuota.

- Sai chi è quindi?- domandò dopo un attimo di silenzio.

- Un attore francese che a quanto pare lavora con Jonathan Rhys-Meyers ad un nuovo progetto su un telefilm che ha per soggetto Dracula.- risposi meritandomi in tutta risposta un'espressione di disgusto da parte del ragazzo davanti a me.

- Dio che cosa stupida.- mormorò facendo scoppiare Taylor a ridere di una risata nervosa e leggermente stridula.

La fulminammo tutti con lo sguardo e si portò una mano alla bocca per coprire il suo scatto di ilarità incontrollata che risultava quanto meno indelicata in quel momento. Io personalmente mi sentivo un traditore e anche Anne, lo sapevo perfettamente, non era felice di fare ciò che stavamo per fare.

Taylor sembrava non essere affatto interessata. Probabilmente, come Trever, pensava che lo stessimo facendo per una buona ragione e che, in fin dei conti, il fine giustifica i mezzi.

Eppure quella domenica che avevamo passato insieme mi aveva fatto parecchio pensare.

Lei non mi sembrava affatto triste o maltrattata, anzi. Non vedeva l'ora di tornare a casa e lui le aveva chiamato solo una volta chiedendole con fare molto affettuoso come andasse la sua giornata.

- E se ci stessimo sbagliando?- domandai passandomi una mano tra i capelli.

- Già, se infondo quello di quella sera è stato un episodio isolato dovuto al nervosismo e alla paura che ha preso?- incalzò Anne meritandosi un'occhiataccia da parte di Taylor.

- Se io ho avuto una giornataccia non prendo a pugni nessuno.- ci fece notare aggrottando la fronte e socchiudendo gli occhi arrabbiata.

Era davvero incredibile come la situazione si fosse incredibilmente ribaltata. Di solito ero io quello pronto a farla pagare a chiunque si mettesse a maltrattarmi. Di solito tra l'altro prendevo certa gente per omofoba.

Ma quella volta, chissà perchè, la situazione mi sembrava totalmente diversa.

Lui non era un omofobo, era solo un uomo innamorato preoccupato per la sua adorata e amata fidanzata.

- Non so se le nostre giornatacce possono essere paragonate alle sue. Deve comunque prendersi cura di una ragazzina diciassettenne.- le feci notare.

Questa volta fu Trevor a venire in suo soccorso sfoderando la più convincente delle espressioni e facendomi perdere ogni convinzione sulla mia posizione di difensore di quella coppia così mal assortita.

- Se anche fosse come credete voi due noi abbiamo l'obbligo morale di chiedere aiuto a questo ragazzo. Non credo ci sia nulla di male in ciò.- concluse semplicemente.

- Ma lui lo ha visto e non mi sembra così preoccupato.- continuò imperterrita Anne che non era colpita quanto me da Trevor.

- Se anche lo fosse noi non lo sapremmo e potremmo approfittare di questa chiamata per chiedergli che ne pensa.-

Questa volta nessuno di noi si sentì in dovere o in grado di replicare e l'unica risposta fu il sorriso complice di Taylor che si rivolgeva a Trevor.

Presi svogliatamente il telefono cellulare dalla tasca del cappotto che avevo poggiato alla sedia e Taylor prese il bigliettino davanti a me dettandomi lentamente il numero di telefono che vi era scritto sopra. Lo digitai con una calma che fece perdere le staffe alla ragazza bionda davanti a me dopo di che lo posai sul tavolo attivando il vivavoce e aspettammo. Ogni squillo era per me un colpo al cuore, pregavo che non rispondesse nessuno e che la vicenda fosse semplicemente archiviata. Invece, dopo appena quattro squilli che a me sembrarono infiniti, una voce profonda e sexy rispose dall'altra parte del telefono in una lingua che non conoscevo.

- Halo?- domandò piano con fare distratto come se stesse parlando con qualcun altro e dovesse fare in fretta.

Rimasi in silenzio con gli occhi sgranati mentre gli altri accanto a me avevano trattenuto il respiro. Dopo un attimo Taylor mi tirò un calcio sotto il tavolo che mi fece sobbalzare.

- Chi parla?- chiese di nuovo quella voce meravigliosa ed orgasmica. Sorrisi riconoscendola.

- Ciao, sono Garrison Adams, l'amico di Laura Caruso. Sono il ragazzo che l'ha riaccompagnata a casa quando tu e il suo ragazzo avete chiamato la polizia.- spiegai parlando velocemente a causa dell'emozione. Sapevo di essere diventato rosso.

- Ah, si. Mi ricordo di te. Mi spiace di non averti ringraziato per averla riaccompagnata sei stato davvero gentile. Credo che Jonathan non l'abbia fatto come meriti.- cominciò lui. Sentivo che dall'altra parte del telefono stava sorridendo.

- Ehm, no, non l'ha fatto.- acconsentii io mordendomi il labbro e meritandomi un altro calcio da parte di Taylor. - ti chiamavo proprio per questo.- ammisi allora spronato dai miei due compagni.

- Davvero? È successo qualcosa?- domandò con fare preoccupato. Sentivo che si stava allontanando perchè ad un tratto le voci di sottofondo che sentivo sparirono.

- No, non di recente almeno, però siamo preoccupati per Laura.- ripetei come mi avevano detto di fare Taylor e Trevor.

- Preoccupati?- chiede l'uomo con un vago accento francese.

- Sì, lui sembra...violento.- cercavo le parole per fargli capire cosa intendessi. Per un attimo lui rimase in silenzio come se stesse cercando di capire. Di studiare le mie parole.

Cercai di non sembrare invadente ma dopo un attimo Anne mi diede un colpetto sulla mano.

- Pronto? Sei ancora in linea?- domandai allora cercando di capire se quello avesse deciso di chiudermi il telefono in faccia o meno.

- Sì.- rispose in fretta. - perché avete deciso di chiamare proprio me?- domandò dopo un attimo parlando più veloce come se volesse mettere giù.

- Perché eri lì, hai visto che cosa stava succedendo e...credevamo che nessuno meglio di te potesse capirci.- rimasi in silenzio senza aggiungere altro e gli altri attorno a me erano anche più nervosi di me il che li rese semplicemente delle figure indistinte che lasciarono a me il triste compito di indisporre un attore.

- Senti, in questo momento non posso decisamente aiutarti, però se ti interessa sapere che tipo è Jonathan con le ragazze puoi chiamare la sua ex.- mi consigliò prima di rimanere un attimo in silenzio. Sentivo che stava cercando qualcosa forse nelle tasche.

- Chi è la sua ex?- domandai io aggrottando la fronte. Non mi ero mai interessato molto alla vita degli attori, il cinema non mi interessava affatto.

- Si chiama Reena Hammer, sono stati insieme parecchi anni quindi chi meglio di lei può aiutarvi?- lo sentì sorridere all'altro capo del telefono e guardai le ragazze aggrottando la fronte. Quell'attore francese che ricordavo bellissimo era decisamente strano.

- Sì, grazie.- mormorai mordendomi il labbro vedendo gli altri fare spallucce.

- Allora, hai carta e penna?- domandò lui come se avesse improvvisamente fretta.

- Sì...- Taylor afferrò lo zaino che aveva buttato a terra e ne estrasse di corsa un diario ed il portacolori. Trevor l'aiutò ad aprirlo e le porse la penna già senza tappuccio.

Sapevano essere davvero molto organizzati alcune volte quei due ragazzi.

- 32 52761593.- lo aveva dettato di corsa ma fortunatamente Taylor sembrava essere a dir poco espertissima in ciò che stava facendo.

Mi sforzai di non ridere e mi voltai dall'altra parte per non farmi sentire.

- Ok, ti ringrazio moltissimo per il tuo aiuto, Gaspard.- conclusi semplicemente sospirando.

- Figurati.- rispose lui. - ah Garrison giusto?- domandò lui un secondo prima che chiusi la comunicazione.

- Sì.-

- Tenetemi aggiornato per favore.- mi pregò il ragazzo addolcendo notevolmente il suo tono di voce facendomi quasi sciogliere. Cavolo. Aveva veramente un potere enorme nella voce quel ragazzo. Stupida Laura che non sapeva cogliere simili opportunità.

- Lo farò sicuramente. Ci teniamo in contatto.- acconsentii io chiudendo la chiamata.

Tutti i ragazzi seduti al tavolo si fermarono un attimo a guardare il bigliettino su cui avevamo scritto il numero di quella ragazza di cui sapevamo davvero poco, se non nulla.

- Ty io...- stavo per cominciare un discorso riguardo il timore che avevo di quell'azione assurda che stavamo per fare. Rischiavamo di rovinare una coppia piuttosto assortita, se pur a modo loro, solo per dei pensieri infondati su un possibile “maltrattamento” che in realtà non era mai avvenuto.

- Reena Hammer è un'ereditiera figlia del ricco magnate di trucchi.- ci avvisò giocando col suo telefono. - mi sembra una di quelle persone che ha tutto e non ama nulla.- continuò posandolo finalmente sul tavolo. - credo che potrebbe provare per Jonathan ciò che prova un bimbo quando mette via un giocattolo e lo prende un altro bimbo.-

Io e Anne non dicemmo nulla, la guardai mentre abbassava lo sguardo dispiaciuta e si mordeva il labbro avvilita. Provavo la stessa cosa e sentivo, il quel momento più che mai, di non avere nulla in comune ne con la mia amica Taylor ne con Trevor, quell'uomo che io credevo di amare e con cui credevo di avere tantissime cose in comune in realtà era poco più di un estraneo senza cuore che non sembrava affatto interessato all'idea di distruggere la felicità di una ragazza che neanche conosceva e invece dava l'impressione di divertirsi da morire per tutta quella operazione stile spie 007.

Cominciavo ad odiarlo.

- Io non chiamerò a nessuno.- avvisai posando il telefono e alzandomi. - io sono fuori da questo schifo!- sbottai prendendo le mie cose.

Anne sollevò finalmente lo sguardo dal tavolo e mi guardò con approvazione. Prese la borsa che aveva posato sulla sedia e se la mise in spalla.

- Io credo che neanche voi dovreste farlo. Lasciate stare quei poveri ragazzi.- sussurrò con la sua solita dolcezza. Sospirò quando Taylor, strafottente come sempre, la mandò via con un semplice saluto privo di qualsiasi educazione e afferrò il foglietto con il numero di quella ragazza che avevamo appena ricevuto.

- Ma sì, scappate.- rispose Taylor sprezzante. -io e Trevor ci occuperemo benissimo dell'intera faccenda.- rispose sorseggiando il suo drink.

Vidi sorgere sulle labbra del ragazzo un sorriso compiaciuto che cercò di nascondere dietro la mano e per un attimo, ma solo per un attimo, mi sembrò che in lui non ci fosse nulla di omosessuale ed una profonda attrazione ed intesa con la bellissima ragazza bionda che sedeva di fronte a lui.

Mi sentii tradito, ferito e solo finchè Anne non mi prese sotto braccio e mi trascinò fuori con insistenza impedendomi di guardare ancora quella scena per cui cominciavo a provare disgusto.

- Va tutto bene Gary, vedrai che capiranno da soli l'assurdità di ciò che hanno intenzione di fare e la smetteranno con questi stupidi giochini.- mi rassicurò lei gentile accarezzandomi l'avambraccio come avrebbe potuto fare mia madre.

- E se non dovessero farlo?- domandai io affatto ottimista. Loro non sembravano due persone con cui l'ottimismo avrebbe potuto funzionare.

- Se non dovessero farlo allora ci preoccuperemo ma per adesso lasciamoli fare, fermare un bambino non è facile e non credo che noi due da soli potremmo riuscirci.-

 

 

Quando finalmente io e Trevor fummo lasciati soli un sorriso spontaneo mi nacque sulle labbra che rispecchiava perfettamente quello che lui, poco prima, aveva cercato di nascondere. In un secondo lui si alzò dal suo posto e mi baciò con trasporto facendo aderire perfettamente le sue labbra alla mia bocca. Sentì il suo alito caldo in bocca e la sua lingua, ormai esperta, rincorrere la mia in una danza erotica che ero fiera di avergli insegnato io stessa. Trevor era stato davvero omosessuale per un certo periodo. Quando aveva conosciuto Gary lo era davvero. Però avevo già dovuto rinunciare ai suoi splendidi occhioni azzurri e accontentarmi che fosse semplicemente e irrimediabilmente gay per poter fare lo stesso anche con Trevor.

Così avevo cercato di sedurlo in tutti i modi.

Avevo fatto di tutto. Stargli il più vicina possibile, indossare abiti molto succinti per richiamare la sua attenzione sui punti più delicati di una donna e sensibili per gli uomini, strusciarmi su di lui con fare seducente. Certo, non era l'uomo dei miei sogni, quello probabilmente non sarei riuscita ad averlo molto presto, ma si avvicinava moltissimo a ciò che stavo cercando. E poi avevo sempre desiderato essere la prima volta di un ragazzo.

Quella sera ero andata al bar particolarmente tardi quando sapevo che ormai Anne e Gary erano andati via. Indossavo una minigonna davvero molto provocante e un toppino aderente coperto solo da un giubbino di jeans che lasciava ben poco all'immaginazione in ogni caso.

- Ciao, un sex per favore.- ordinai a lui che era così intento ad asciugare un boccale in vetro.

Vidi il suo sguardo soffermarsi un momento di troppo sul mio seno ben in evidenza prima di posare ciò a cui stava lavorando e soddisfare la mia ordinazione.

- Gary e Annie sono appena andati via.- mi avvisò lui con un filo di voce in evidente imbarazzo.

- Non fa nulla, io stavo cercando te.- ammisi con un mezzo sorriso lascivo prendendo il bicchiere che mi stava porgendo e passando un dito sul bordo portandomelo poi alle labbra.

- Cercavi...me?!- chiese incerto guardandosi intorno. -perchè?- domandò poi ancora incredulo.

Io sollevai gli occhi dal mio drink e sorrisi di sbieco piegando appena la testa da un lato.

- Che c'è? Sembri nervoso.- costatai mordendomi piano il labbro.

- Io...- prese un respiro profondo e chiuse gli occhi.

Mi alzai dallo sgabello su cui mi ero accomodata e mi sporsi oltre il bancone verso di lui.

- Tu cosa?- domandai con un filo di voce, soffiando leggermente ad ogni sillaba in modo da rendere il tutto se possibile ancora più sensuale.

Lui sgranò gli occhi e io lo baciai sapendo perfettamente che in lui non c'era più assolutamente nulla di gay. Quella notte fui finalmente in grado di prendermi la prima volta di un ragazzo.

E la passione tra di noi non era mai stata un problema da quel momento in poi. Lui era uno davvero passionale e a me non importava se non voleva troncare la sua relazione con Gary. Non ero affatto innamorata di lui.

Mi serviva per sfogarmi mentre l'uomo dei miei sogni rimaneva per me irraggiungibile. Una piccola vendetta su quel mondo crudele che mi impediva di stare con lui. Sorrisi di sbieco mordendomi piano il labbro e mi allontanai posandomi una mano sulla guancia.

- Allora, anche tu hai intenzione di disertare per salvare la reputazione del bel attorino irlandese?- domandai con una nota di ironia che non ero riuscita a dissimulare affatto.

- Non mi importa affatto di lui.- rispose lui convinto sedendosi accanto a me. - anzi a dire il vero non capisco nemmeno perchè importi a te.- costatò passandosi una mano sul mento coperto da un leggero strato di barba.

Era una cosa che non volevo assolutamente ammettere. E non perchè non volevo che lui lo sapesse ma perchè in qualche modo ero fortemente convinta che se non l'avessi mai detto ad alta voce allora non sarebbe esistito. Alzai gli occhi al cielo fingendomi pensierosa.

- Perchè lei è una mia amica. Come potrei non volerla proteggere?- domandai sbattendo gli occhioni come un gattino indifeso.

Lui rimase per un attimo a guardarmi stupito, aggrottò la fronte e si morse con forza il labbro. Non riuscivo a non pensare a quel gesto così sensuale sulle labbra di un altro uomo. Mi passai la lingua sulle labbra e vidi davanti a me il mio sogno erotico, era assolutamente perfetto con i suoi capelli brizzolati e i suoi occhi neri e profondi. Mi avvicinai a lui e lo baciai infilandogli senza troppi complimenti la lingua in gola e passandogli una mano sul cavallo dei jeans. La sua risposta fu tanto immediata quanto soddisfacente.

- Wow, sei proprio una stronza.- sussurrò lui cercando di resistere al mio assalto erotico ma con scarsissimo successo.

Mi allontanai, mi passai una mano sulle labbra e mi alzai.

-Io vado, ho una chiamata interessante da fare e voglio assolutamente essere da sola.- risposi sapendo che lui per un po' non avrebbe potuto alzare il suo culettino d'oro da quel divanetto. -ci sentiamo.- lo salutai semplicemente uscendo da locale dopo aver recuperato le mie cose.

 

Il telefono squillò per ben sei volte. Ero convinta che nessuno mi avrebbe risposto e che sarei stata costretta a fare un milione di chiamate prima di poter parlare con la fantomatica ex proprietaria di quel numero di telefono. Poco importava. Volevo assolutamente parlare con lei. Dovevo farlo.

Probabilmente fu la mia determinazione a portarmi fortuna.

- Pronto?- rispose alla fine la voce acuta e leggermente stridula dall'altra parte del telefono.

- Ciao, sei Reena Hammer?- domandai sicura di me stessa più di quanto pensassi. Onestamente ero convinta di perdere la voce all'istante. Invece sembravo seria e professionale.

- Con chi parlo scusi?- rispose lei cominciando ad innervosirsi.

- Sono Catherine Alleins, un'amica di Jonathan.- mentii inventando su due piedi un nome fittizio che potesse sembrare vero.

Sentii la ragazza dall'altra parte del telefono sbuffare sonoramente. Evidentemente non era molto interessata a quell'argomento.

- Dio santo, ho già detto che non voglio avere niente a che fare con lui. Non mi importa se tenterà di nuovo di uccidersi.- mi rispose pronta a mettere giù.

- O no, non è questo.- la fermai prima che potesse farlo davvero.

- Cosa?- chiese lei sembrando parecchio stupita della mia risposta.

- Non chiamavo per quello. Volevo solo delle informazioni su di lui.- chiarii con un mezzo sorriso. -referenze se così si può dire.-

la voce dall'altro capo del telefono tacque per un tempo tanto lungo che ebbi il timore che avesse messo giù. Ma non potevo rischiare di parlare prima di lei.

- Di che si tratta?- domandò lei alla fine rendendomi vincitrice di quel gioco che era stato un braccio di ferro reale e faticoso.

- Beh la mia migliore amica vive con lui e vogliono metter su famiglia.- raccontai sapendo comunque di non raccontare una totale bugia. - vorrei sapere se è vero che lui è un tipo...violento.-

- Jonathan sta mettendo su famiglia?- gridò isterica la voce di quella famosa ereditiera.

- Sì, perchè?- chiesi fingendomi stupita.

Ah la gelosia, il sentimento più umano e più facile da prevedere. Immaginavo che sarebbe successo. Strano che gli altri non ci abbiano pensato. Adesso io non avrei dovuto fare null'altro, e neanche gli altri. A dire il vero non mi importava nemmeno che rispondesse alla mia richiesta di spiegazioni sul suo carattere.

- Non può essere.- rispose lei. -dove siete?-

- A Londra.- risposi io lapidaria a quella domanda che voleva a tutti i costi una risposta veloce e precisa. -io e la mia amica studiamo al college.-

- quale college?- incalzò lei nervosamente.

Le diedi tutte le referenze che mi chiese e poi non mi stupii più di tanto quando mise giù. Sorrisi di me stessa e dello splendido lavoro fatto e potei dichiarare la mia missione compiuta.

 

Non è colpa tua. Continuavo a ripetermi da parecchi minuti. Non è assolutamente colpa tua, tu lo stai facendo per lei, per difenderla, perché sai che non sarà felice con lui come potrebbe esserlo con te.

Benché ci stessi provando in ogni modo possibile non riuscivo a convincermi che le mie stesse parole fossero vere. Se anche infatti lo fossero state quello non era assolutamente il modo migliore per sviluppare il decorso della loro storia malata. Ci sarebbe stato comunque, ed io non sarei dovuto essere il responsabile.

Mi avrebbe odiato.

Quella settimana si stava rivelando più lunga e difficile del previsto. Lei e Jonathan erano via ma nonostante tutto Robert aveva deciso di girare lo stesso. Avremmo fatto praticamente tutte le scene in cui la loro presenza non fosse strettamente indispensabile, ricevemmo le stesure per tutta la serie ed io potei costatare, con rammarico, che non c'era nessuno sviluppo per la coppia che era stata proposta all'inizio con Katherine. Lei era una semplice ragazza che io aveva deciso dovesse essere la reincarnazione di mia sorella, poco importava che fosse vero.

- Allora Gaspard, hai letto la tua parte?- mi domandò il regista con un sorriso passandomi accanto mentre recuperavo le mie cose per andare via.

- sì.- risposi semplicemente senza alcun entusiasmo.

- Che c'è che non va?- domandò lui in apprensione fermandosi e guardandomi con interesse e con dispiacere trattenuto a stento.

- Alla fine della storia incestuosa non se ne fa niente?- domandai con un mezzo sorriso che voleva dissimulare il mio rammarico per quel taglio imprevisto.

- A dire il vero io sono un grande fan della vostra coppia e ho intenzione di farla crescere ma voglio che sia spettacolare come l'ho immaginata.- mi avvisò facendomi segno di seguirlo.

Posai il borsone con i miei effetti e, con le mani nelle tasche dei pantaloni, gli permisi di condurmi al suo ufficio.

- Che intendi?- chiesi strada facendo roso dalla curiosità che mi chiudeva lo stomaco.

- Non mettermi fretta francese, voglio farti leggere i miei appunti.- mi rispose Bob aprendo la porta del suo studio e facendomi accomodare alla piccola scrivania improvvisata e ricca di scartoffie.

- Allora...dove li ho messi?- cominciò a parlare più con se stesso che con me mentre rovistava tra le sue cose alla ricerca di un quadernino di appunti. - eppure è grandicello, dovrei vederlo.-

la ricerca sembrava dover essere lunga quindi mi posai alla poltrona e incrociai le braccia al petto. Davanti a me la scrivania era piena di quaderni con scritti sopra i nomi dei personaggi.

Allen Graysons e Mina. Allen ed Etienne. Allen e Katie. Etienne e Katie.

- Bob credo di averlo trovato.- annunciai prendendo il quaderno rosso pieno di foglietti volanti e di foto incollate in varie pagine.

- Oh sì, grazie Gaspard.- rispose lui con un mezzo sorriso prendendo posto non davanti a me ma al mio fianco. -allora, avrai capito che Etienne si è innamorato di lei a prima vista, considerato l'idea che lui si è fatto della vera identità di Katie, però i tempi non sono maturi per questa storia. Lei è troppo presa dalla storia di Allen, dall'essere sua amica e lui è in qualche modo anche la sua ossessione, c'è un legame troppo forte tra loro perché Katie possa dedicarsi al 100% ad Etienne come pretendo io. Lui continuerà ad amarla da lontano ricoprendo il ruolo di fratello finchè Allen non si sposerà. Questo sarà troppo per la povera Katie e a quel punto avrò tutto lo spazio che desidero per la vostra ship!- mi annunciò con una certa soddisfazione.

Ero rimasto ad ascoltarlo in religioso silenzio meravigliandomi e soprattutto odiando profondamente quella storia. Non credevo che fosse tutto frutto della sua mente. Sapevo che me ne aveva parlato così a quattrocchi per un motivo.

- Stai insinuando qualcosa?- domandai vago.

- Tu vuoi dirmi qualcosa?- chiese lui a sua volta alzando il mento in segno di sfida.

Presi un respiro profondo e scostai lo sguardo cercando di nascondermi dai suoi occhi così tremendamente indagatori.

- Si nota così tanto?- continuai io ancora profondamente imbarazzato

- abbastanza.- ammise lui cercando di non ridere. Gliene fui grato.

- Mi spiace.-

- No, non devi. È davvero una gran bella storia la vostra che ci fa un sacco di pubblicità.- mi rispose lui ridendo. - sembrare un telefilm. Non credere sia un complimento. Siete tutti e tre ridicoli. Però siete un toccasana per la noia.-

- io non mi diverto.- gli feci notare leggermente offeso.

- Lo vedo.- scherzò lui.

- Io sono innamorato di lei.- continuai cercando di difendere in qualche modo me stesso e il mio ruolo in quello che era stato appena descritto come un triangolo da soap.

- Lo vedo.- ribadì Robert indisponendomi.

Tacqui per un attimo e lo guardai piccato cercando di capire dove volesse arrivare con quel suo comportamento tanto “gentile”.

- Siete belli voi due insieme. Non conosco la vostra storia e neanche la loro ma posso dirti che io, come regista, non vedo futuro per voi.- mi comunicò lui gentilmente.

Non sapevo onestamente cosa rispondere. Forse lui voleva essere gentile. Dirmi di smetterla per non soffrire ulteriormente in futuro. Ma la mia sola risposta fu una domanda. -perchè?-

- perchè tu la guardi in quel modo. Le vuoi bene, vuoi proteggerla, vuoi che lei ti ami come tu ami lei. Sembri suo fratello.- mi spiegò alzandosi ed accendendosi una sigaretta. Non lo avevo mai visto fumare ed era parecchio strano. - lui invece la guarda come se volesse fare l'amore con lei, come se potesse portarla via da un momento all'altro e averla solo per se. - continuò socchiudendo gli occhi e guardando un punto distante, come se immaginasse quel momento.

Mi sentii fremere di gelosia.

- Wow che immagine romantica.- lo schernii storcendo il naso e voltandomi dalla parte opposta per non vedere la sua espressione e immaginare ciò che probabilmente lui stava pensando. Il corpo caldo e piccolo di quella ragazza sotto quello possente e adulto di...Meyers.

- Non è romantico, è spaventoso da vedere. Io non vorrei che mia figlia avesse una relazione come la loro, sembra malata.- rivelò a sorpresa il mio “capo”. -Ma è chiaro che loro sono dipendenti l'uno dall'altra.- spense la sigaretta e tornò a sedersi di fronte a me cercando il contatto visivo che gli avevo appena negato.- Forse lui non la ama nemmeno come te però non riesce a fare a meno di lei. È una reazione tipica di un ex dipendente da droghe pesanti. Lei è la sua droga, la vede come l'unica salvezza per una strada di redenzione senza sapere che è lei stessa ad essere nociva per lui adesso.-

Se non si fosse parlato quella mia Chariotte avrei riso per quel confronto che mi sembrava alla twilight. Tutta quella storia delle droghe e della morta e della dipendenza erano delle stronzate. Però mi sentii personalmente offeso dell'immagine che avevano disegnato addosso alla ragazzina di cui ero così perdutamente innamorato.

- Nociva? Lei non è esattamente il tipo di persona che io chiamerei nociva.- la difesi subito interrompendo quel discorso che aveva catturato così tanto la mia attenzione.

- Per lui lo è Gaspard. Tutto ciò che crea dipendenza è nocivo. Lui potrebbe morire per quella ragazza.- mi spiegò come potrebbe fare un medico con un congiunto di un uomo in fin di vita.

- Allora perché non dovrei allontanarli? Perché lei non dovrebbe stare con me?- meditai tra me e me condividendo quel pensiero che forse lui non avrebbe potuto cogliere. Il mio gesto malato altrimenti sarebbe stato un po' di tutti e due ed io avrei potuto sentirmi meno in colpa.

- perché tu sei come una carezza in confronto al rapporto passionale che rappresenta lui per lei.- mi rispose semplicemente facendo spallucce.

- Sarebbe quindi insoddisfatta?- aggrottai la fronte piccato e cercai di non ridere non credendo minimamente che ciò che aveva appena detto fosse vero.

Eppure lui continuò sulla sua strada e la sua unica risposta fu un sorriso che voleva dire: “sono felice che tu ci sia arrivato da solo” ed una pacca affettuosa sulla spalla accompagnata da una sola parola.

- esattamente.-

  
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