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Autore: pheiyu    28/05/2013    2 recensioni
Pitch è tornato, più spietato che mai, e vuole vendetta. Nella notte di Halloween riusciranno i cinque, più qualche strampalato aiuto, qualche vecchio amico e un nuovo combattuto spirito, a salvare sé stessi e i bambini?
Genere: Azione, Comico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, I Cinque Guardiani, Jack Frost, Jamie, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 4

HALLOWEEN TRICK


Masquerade, masquerade
Grab your mask and don't be late
Get out, get out well disguised

Heat and fever in the air tonight
Knock on other people's door
Trick or treat, they have the choice

                Halloween, Kai Hansen



Jack Frost aprì gli occhi con la sgradevole sensazione di essere osservato.
Due occhi lucidi di emozione su cui una massa di capelli corvini ricadeva con la perfezione e la bellezza di un cammeo intagliato nel giaietto, ricambiarono il suo sguardo. Di fianco ad essi un trio di streghe attempate iniziarono a sghignazzare, congratulandosi tra di loro per l’ottimo lavoro svolto. C’era anche qualcun altro, ma prima ancora che Jack potesse capire chi fosse i due occhi che l’avevano accolto al risveglio iniziarono ad avvicinarsi, colmando il suo intero campo visivo.
– Piacere di fare la tua conoscenza. Io sono Cassian Tristam Lanford, primo figlio della casata dei Lanford ed unico erede attualmente in vita. Ma tu, e ne sarei grandemente onorato, mi puoi chiamare solo Cassian. –
Un sorriso talmente abbagliante che rischiò di accecarlo lo raggiunse come una stilettata, tanto bello e sensuale da risultare doloroso … nonché quasi stomachevole. Jack si guardò intorno, cercando di capire che cosa stesse succedendo e soprattutto provando a capacitarsi del perché quello strano tizio lo stesse osservando con un così vivo interesse.
– Devo avere una qualche specie di debolezza ereditaria per le persone che si chiamano Jack. – riprese quello, apparentemente a suo agio nel parlargli ad un soffio dal naso – Mia sorella, per esempio, si chiamava Jack - diminutivo di Jacqueline - e non riuscivo davvero a negarle nulla. –
– Ahm…ci conosciamo? – chiese Jack, cercando di allontanarsi  con circospezione.
Tutti i suoi tentativi risultarono vani nel momento stesso in cui Cassian si avvicinò ulteriormente, piantandogli i suoi occhi praticamente dentro l’anima.
– Adesso si. – rispose questi, senza scomporsi. – Però questo non significa che non mi piacerebbe molto approfondire questa conoscenza. –
– Magari un’altra volta. – propose Jack, voltando la testa per sottrarsi a quello sguardo invasivo e cercando nel contempo di prendere tempo.
Dov’erano finiti tutti?
Aveva urgente bisogno di vedere un viso familiare e non quello ghignante di tre streghe, unito a quello altrettanto ghignante di quattro … zucche?
– E’ sveglio! – esclamò la prima di queste ultime, di un rosso aranciato su cui erano stati scavati due occhi dalle orbite vuote, facendo sobbalzare Jack. – Guardate! –
– Si, è sveglio! – concordò la seconda, verde e con uno storto sorriso da iena che partiva da un angolo in alto, vicino al picciolo, e finiva in basso, perdendosi sotto di essa. – Che bello! –
– E’ proprio sveglio! – annuì una terza che sembrava guardare il soffitto tanto era strabica. –Dovremmo avvisare il nostro Signore! –
– Che carino! – squittì la quarta, gialla e allungata come una pera. – E’ sveglio per davvero! –
Jack si sollevò sui gomiti e si sentì praticamente in dovere di scappare da quella gabbia di matti. Cercò con lo sguardo la porta d’uscita ma un braccio gli venne passato attorno alla vita mentre cercava di alzarsi, silenzioso e solido sostegno, apparentemente per impedirgli di cadere e per prevenire un giramento di testa.
– Non dovresti farlo. – sussurrò Cassian con un vago tono scherzoso, come se stesse parlando ad un bambino troppo esuberante. –Non ti sei ancora pienamente rimesso. –
Jack si divincolò, dando piena risposta a quel concentrato di orgoglio e di amor proprio che era il suo carattere, il quale decisamente non ammetteva nessun tipo di compassione o di aiuto; e prontamente, quasi Cassian lo avesse predetto e si fosse preparato ad intervenire non appena fosse successo, agguantò Jack per le spalle e passò l’altra mano attorno alla sua vita per evitare che crollasse rovinosamente al suolo.
– Nel caso ti fosse sfuggito, te lo ripeto ragazzino: non ti sei ancora rimesso. –
Jack percepì nella voce dell’altro un sottofondo di asprezza, e quel dettaglio lo infastidì ulteriormente.
– Dove mi trovo? – chiese cercando di mantenere il livello di strafottenza nel tono decisamente più elevato di quanto non lo tenesse di solito.
– Alcuni lo chiamano Mondo di Sotto, altri Sottomondo. Per chiunque è semplicemente territorio di Halloween. –
Jack si guardò intorno e notò che l’atmosfera era effettivamente troppo lugubre per essere il laboratorio di Nicholas St. North, troppo cupa per essere la tana di Aster Bunnymund e troppo funerea per essere l’alveare di Toothiana.
– Supponiamo che sia così. – acconsentì con stizza. – Che ci faccio io qui? –
– Ti ci hanno portato i tuoi amici. –
Jack si voltò leggermente sorpreso.
A parlare non era stato lo strano tipo dai contorni vagamente statuari ma una delle streghe. Delle zucche, si rese conto appena in quel momento, non c’era più nessuna traccia…
– I tuoi amici. – ripeté la strega attirando la sua attenzione con un movimento deliziato della mano rugosa. – Quello grosso e quello peloso, tipetti tanto carini. Eri stato avvelenato da alcuni frammenti di Petra Mors, la pietra della morte: è molto rara e quindi ci abbiamo messo parecchio ad estrarteli tutti dal corpo e a somministrarti una pozione di uova di rana per tempo. –
– Uova di rana? – s’informò Cassian, corrugando la fronte. – E da quando servono a combattere gli effetti della Petra Mors? –
– Non servono, infatti. – confermò la più bassa delle tre streghe. – Non credo servano a nulla ma siccome ne avevamo un calderone pieno, te ne abbiamo somministrato qualche ciotola tanto per tranquillizzare i tuoi amici. –
Jack chiuse gli occhi, imponendosi di mantenere la calma.
– Questa però non è la verità, non fino in fondo. – s’intromise la terza strega, smilza e con un cappello a punta che l’alzava ulteriormente di qualche metro. – Ci serviva qualcuno a cui farla provare per sapere se insieme ai semi di pianta carnivora era velenosa o meno: visto che stai bene, direi che l’esperimento è stato un successone! –
Le tre streghe si diedero il cinque, commosse, mentre Jack perdeva la mascella da qualche parte sul pavimento.
Voi cosa!? – gemette.
– Non fare il bisbetico. – lo azzittì la strega di mezzo. – Se stai bene è solo merito nostro!  E ora…– sussurrò con aria da cospirazione, tirando fuori da dietro la schiena una ciotola contenente qualcosa di grigio che galleggiava dentro un liquido blu. – … prova anche il fegato di troll affogato nelle lacrime di sirena. Ci serve un’opinione esterna se può essere usato o meno per la festa di Halloween! –
– Io continuo a dire che era meglio nelle unghie di fantasma sminuzzate, quello stramaledetto fegato. – sottolineò la strega smilza mentre la ciotola fumante veniva messa sotto al mento di Jack, operazione seguita da Cassian con un’espressione di puro interesse scientifico dipinta sul viso.
– Io dico che è buona anche così. – ribatté la strega bassa, allungando il naso dentro la ciotola per dare un’ultima controllatina al preparato.
Solo l’odore acre che proveniva dall’intruglio sarebbe bastato a spedire Jack direttamente da Sandy per una sessione straordinaria di sonno comatoso, senza che ci si mettesse anche la vista di qualche pelo (evidentemente di troll) che galleggiava placidamente sulla superficie dell’acqua.
Jack raccolse tutte le sue forze e colpì la ciotola con entrambe le mani, nel disperato tentativo di allontanarla, gridando: – Io non berrò questa roba! –
Le tre streghe lanciarono all’unisono un gemito costernato quando la ciotola in questione si spaccò in mille pezzi al suolo, rovesciando l’intero contenuto sul pavimento.
– Guarda che hai fatto! – ululò la più bassa mettendosi le mani nei capelli crespi.
Un alone opalescente iniziò a levarsi laddove il liquido blu si era riversato e ben presto, venne seguito da un pungente odore di bruciato e da quattro bocche spalancate, compresa quella di Jack perché quella di Cassian si arcuò solamente in un sospiro di diletto.
Dove l’intruglio aveva letteralmente corroso il pavimento si apriva un modesto foro frastagliato che permetteva, a chi avesse avuto la curiosa voglia di guardare cosa nascondesse il piano sottostante, di poter constatare di persona i suoi misteri.
Jack indicò il buco che l’alta acidità delle lacrime di sirena aveva aperto nel solido legno del solaio. – E voi volevate farmi bere quella roba? –
Due streghe annuirono, perplesse più che contrite, mentre la terza si limitò ad esclamare imbronciata.
– Io l’avevo detto che erano meglio le unghie di fantasma. Ma mai nessuno che dia ascolto alla strega smilza. –

***

Mancando solo due giorni ad Halloween l’intero reparto speciale di zucche era seriamente impegnato in azioni completamente inutili: seminavano polpa come tante lumachine laboriose, costruivano castelli di ossa agli angoli delle strade e lanciavano briciole di canditi ovunque passassero.
Nicholas St. North guardò quell’affannarsi con una strana sensazione di de ja vu che si faceva strada dentro la sua testa.
– Davvero sono zucche a fare preparativi per Halloween? –
Halley sospirò guardando due zucche aiutare una terza che si era rovesciata, tartaruga spiaggiata su una riva odorosa d’incenso votivo, a ritornare caracollando in piedi.
– No. Glielo lasciamo solo credere. –
North sentì un impeto d’improvvisa affinità con lo spirito del ragazzo fuligginoso che gli stava di fronte. – Tu sta me simpatico. Dovresti venirmi a trovare qualche volta su a Polo Nord. – gli propose allargando sul suo faccione rubicondo il più gaio dei sorrisi.
Per tutta risposta Halley lo squadrò da capo a piedi.
– Noi non possiamo uscire nel mondo degli umani se non durante i tre giorni che ci sono concessi, o te lo sei scordato? –
North si lisciò la barba, dubbioso. – Ma se io non ricorda male tu puoi uscire durante tutto l’anno. O io sbaglia? Mi pareva che spiriti come il tuo vagano anche sulla terra. –
Bunnymund, fino a quel momento rimasto in silenzio, rizzò le orecchie. – E dopo avremmo due Jack che “vagano” indisturbati? Hah! No, grazie. –
Halley gli ritornò lo sguardo sarcastico con un’aggiunta decorativa di scoppiettii battaglieri da parte di Lumin. Una delle scintille finì sul pelo tatuato di Bunnymund e Halley alzò un sopracciglio con finto rammarico quando si rese conto che la pelliccia stava fumando, blandita dalle fiamme dei carboni.
– Voi non sentite puzza di bruciato? – buttò lì con apparente noncuranza.
– Qui sa tutto di bruciato, di fuliggine, di polvere, di incenso o di terra umida. – replicò Bunnymund storcendo il naso. – Le mie delicate narici protestano per tutto questo guazzabuglio di odori! –
– Lumin... – fece Halley, rivolgendosi alla sua fiammella con un sorrisetto di scherno e piegando leggermente la testa di lato. – Credo che ci sia qualcuno qui che in quanto a spirito focoso non scherza affatto. –
In quel momento non fu Bunnymund ad accorgersi delle fiamme che ormai si alzavano alte dalla sua pelliccia ma North che, urlando come un vichingo, lo afferrò e iniziò a colpirlo con forza cercando di spegnere quelle lingue di fuoco.
Lumin si sganasciò dal ridere e Halley lasciò che un lampo dei suoi denti baluginasse in mezzo alle labbra socchiuse.
Come facevano ad essere quelli i Guardiani? Gli spiriti maggiori che avrebbero dovuto essere la protezione ed il sostegno dei bambini di tutto il mondo? Non riusciva proprio ad accettarlo, né a capire come avessero fatto a sconfiggere Pitch. Pura fortuna? Un attimo in cui la dea bendata aveva puntato le sue dita affusolate su di loro invece che sullo spirito della paura? In verità, visto che Pitch era tornato non erano riusciti a fare bene nemmeno quello…
– Certo che avresti potuto avvisarmi! – abbaiò Bunnymund, puntando il suo muso spelacchiato contro quello di Halley.
Improvvisamente sovrastato dall’ombra del coniglio, Halley reclinò lentamente la testa all’indietro per poterlo guardare negli occhi. – Ti ho avvisato, mi pare. –
Voce tagliente e sguardo noncurante furono due cose che Bunnymund non accolse affatto bene.
– Ho sempre saputo che né di te, né di quelli della tua risma ci si poteva fidare! Jack è vivo per miracolo e, ho il dubbio, nemmeno per merito tuo o della tua gente! –
– Liberissimo di non fidarti di noi. – rispose Halley, pacatamente. – E poi ognuno è libero di scegliere a che cosa credere: se credi che non siamo degni della tua fiducia la prossima volta non venire qui a chiedere il nostro aiuto. –
Bunnymund non si lasciò sfuggire quell’occasione troppo ghiotta, il ragazzo gliel’aveva praticamente servita su un piatto d’argento e lui era ancora troppo arrabbiato ed umiliato dall’ultimo fatto per riuscire a mettere un freno alla sua lingua.
– Si, siamo liberi di scegliere a che cosa credere. – ripeté – E nessuno sceglie di credere in te o nella tua gente. Sanno perfettamente che siete fatti della stessa pasta di Pitch e dei suoi incub…–
Aster Bunnymund!
Era stato North con la sua voce tonante a fermare quella frase prima che venisse terminata, ma ormai Halley e anche chi stava loro intorno aveva potuto sentire quanto bastava per trarne le dovute conclusioni.
– Già. – fece Halley, cercando di controllare il tremito delle mani; Lumin borbottò minacciosa al suo fianco. – Nessuno crede a Jack O’Lantern - se non come ad una leggenda o ad un personaggio magari veramente esistito ma ormai morto e sepolto, è vero - e nessuno crede alle streghe, agli orchi, alle zucche parlanti e a molte altre cose che fanno parte del nostro mondo, però intanto la festa di Halloween esiste e sono miliardi i bambini che ogni anno partecipano alla fiaccolata che accompagna i morti dentro alle loro tombe o gli spiriti infestanti dentro i loro pertugi. Non dimenticarlo, Bunnymund. –
Halley si avvicinò ulteriormente, gli occhi fiammeggianti di una rabbia repressa.
– Se davvero credessero a noi, non ci sarebbe più bisogno di voi. –  sussurrò dentro alle lunghe orecchie del coniglio – Quindi prega … prega che non incomincino mai a credere anche minimamente alla nostra esistenza. –
La velata minaccia non sfuggì a Bunnymund che ridusse i suoi occhi ad una fessura.
– Qui tensione è diventata esagerata come le mutande con alberelli che ho indosso! – esclamò North all’improvviso con vigore ed un’allegria fasulli. – Nessuno voleva dire quello che è stato detto, e credo che tutti dobbiamo ricominciare daccapo nostra conversazione. Quindi… davvero sono zucche a fare preparativi per Halloween? –
Sia Halley che Bunnymund lo ignorarono, e North abbassò le braccia lungo i fianchi, sfinito. Riaprì la bocca per cercare di rimettere a posto le cose per un’ultima volta ma le voci concitate di alcuni scheletri interruppero il suo tentativo di conciliazione, nonché le occhiate incendiarie che scorrevano come lava tra Bunnymund e Halley.
– Signore O’Lantern! Ci aiuti! I fantasmi! Tutti i fantasmi che stavano allestendo la Casa Stregata si sono bloccati! Fermati! Perduti! –

***

Seduta nemmeno troppo comodamente sulla nuvola dorata di Sandman, Toothiana guardò sospirando il cielo di fronte a loro: terso e imbellettato dai primi rossori del sole al tramonto. La sua preoccupazione era condivisa pienamente dalle sue Dente da Latte che avevano insistito per accompagnarla nonostante tutte sapessero bene che il posto in cui stavano andando non era per niente adatto a delle piccolette come loro.
“Fare onore alla divisa” era il loro motto, ma quando c’era di mezzo Halloween, l’unico onore che veniva in mente a Toothiana era quello conquistato in battaglia a suon di filo interdentale e di dentifricio alle erbe, usati senza alcuna moderazione contro il Signore della Carie, Principe della Parodontite e Sciagura imberbe degli Odontoiatri.
– Quanto manca ancora, Sandy? –
Sandman formò sopra la sua testa una clessidra dorata e fece scorrere la sabbia al suo interno con un sorriso paziente.
Mancava poco. Finalmente…
Stranamente taciturna, Candelora non aveva aperto bocca per tutto il viaggio ma - e di questo Toothy ne era parecchio certa - mano a mano che si avvicinavano ai cancelli di Sotto Mondo e, di conseguenza, anche a Bunnymund, la Marmotta acquisiva tonalità che a ben vedere si sposavano magnificamente con i raggi scarlatti del sole morente.
Ma se Candelora pensava ad un batuffolo peloso in particolare, Toothy aveva ben altri batuffoli per la testa, più freddi e decisamente più fioccanti. Sospirando per l’ennesima volta e beccandosi l’ennesima occhiata paziente di Sandman, ritornò a poggiare il suo mento piumato sopra un’ansa della nuvola, le ali impazienti ripiegate dietro la sua schiena e le Dente da Latte che le si affollavano intorno.
Quando i cancelli di ferro battuto di Sotto Mondo, lavorati come solido pizzo nero, si stagliarono davanti a loro, in una spaccatura della roccia poco distante da un tetro cimitero, Candelora fu la prima a saltare in piedi, fischiando tra i suoi enormi denti.
–Ci siamo! Ci siamo! –
Sandman le lanciò un’occhiata penetrante, intimandole di stare tranquilla, ma fu egli stesso a rimanere senza-figure sopra la sua testa per la sorpresa.
I cancelli erano piegati su loro stessi con un angolo innaturale, le punte di alabarda sparse per terra come se ci fosse stato qualche monello che si fosse divertito a toglierle una ad una, con pazienza certosina, lasciando come ricordo al loro posto uno sci rotto di una slitta rossa incastrato in mezzo a due sbarre.
–Jack…– sussurrò Toothy, facendo fremere le ali dalla paura.
Avevano ricevuto il messaggio di North attraverso il sistema di connessioni di Halloween (nella fattispecie fantasmi di piccioni viaggiatori) e non appena avevano saputo delle condizioni gravi in cui versava Jack Frost si erano subito mobilitati per raggiungere i loro amici.
Dopo un giorno di viaggio, molti sospiri e parecchie occhiate pazienti erano finalmente arrivati.
Si avvicinarono al cancello circospetti, con docili spirali della nuvoletta dorata, e lo superarono col cuore in tumulto, il mondo di Halloween che si spalancava di fronte a loro.
–Il luogo della perdizione…– mormorò Toothy a fior di labbra, occhieggiando ogni albero storto e ogni sinuosa curva di acciottolato nero con ansia crescente. – Statemi vicine, mie Dente da Latte, qui gli zuccheri tendono agguati dietro ogni angolo buio. Non si sa mai quando e come ti possono aggredire. –
Le Dente da Latte si strinsero attorno alla loro fata madre, trillando disperate.
Candelora le ignorò e seguì con attenzione le manovre con cui Sandy le portò vicino ad un folto raggruppamento di mostri di ogni tipo: zombie, streghe, scheletri, zucche e persino qualche impettito vampiro, tutti stavano sommessamente commentando qualcosa che sembrava essere accaduto dentro ad una certa Casa Infestata.
Sandman si avvicinò ulteriormente e i primi paesani cominciarono ad accorgersi con stupore della loro presenza. Sembrava che troppi fatti anormali si fossero succeduti in quel luogo, perfino per gente come loro, abituata alla follia e all’atipico, per non essere accolti col dovuto sgomento.
Toothy però non badava a nessuno di loro, concentrando tutto il suo sguardo su di un unico punto in mezzo alla folla in cui sostavano tre figure a lei conosciute. North se ne stava in piedi dandole le spalle, Bunnymund invece era di profilo e in mezzo a loro stava un esile figura, appena visibile.
–Jack! – gridò Toothy, sollevata nel vederlo già in piedi.
Subito sentì la gioia sprizzarle da ogni poro piumato e senza aspettare né Candelora, né Sandman - lasciandosi completamente guidare dalla felicità del momento - si librò in aria, dirigendosi come una scheggia tra le braccia di Jack, abbracciandolo forte e posandogli un lungo bacio sulla guancia.
–Oh, Jack! Sapessi che paura ho avuto! – Poi si rivolse a North e a Bunnymund, raggiante come se avesse appena visto spuntare il primo dentino nella bocca di un bambino. –E voi come state? –
L’espressione pietrificata che accolse quella domanda la colse impreparata.
–Che vi succede? –  chiese confusa –  Sapevate che stavamo arrivando! –
Fu Bunnymund a parlare e lo fece indicando con una zampa il ragazzo che stringeva tra le braccia.
–Hai preso il Jack sbagliato, Toothy. –
Toothy si staccò leggermente dal collo del ragazzo, quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.
Occhi neri come carboni e non azzurri come ghiaccio.

–Non avrei mai creduto che tu potessi stare così in pena per me … Toothiana. –
Pura constatazione impreziosita di stucchevole sarcasmo che grondava da ogni parola, denso come resina sopra un tronco e dolce come miele: questo recepì Toothy prima di balzare all’indietro strillando tutto il suo disgusto.
–TU!!! Essere spregevole! Abominevole zolletta di zucchero! –
Halley alzò un fine sopracciglio. –Nessuno è certamente spregevole quanto me e le mie zollette, ma almeno abbi il buon senso di non dirlo dopo essermi balzata addosso e avermi baciato con tanto trasporto. –
–TU!!! – ripeté Toothy, arrossendo perfino dove le piume avrebbero dovuto avere una sfumatura smeraldina. – Non ti bacerei nemmeno se tu fossi l'ultimo spirito sulla faccia della terra ed io avessi a disposizione solo te ed una torta allo zucchero filato tra cui scegliere! –
Halley si concesse un sorriso, anche se nelle sue labbra non c’era alcun divertimento.
– Questo mi pare fin troppo chiaro. Ora, se vuoi scusarmi, stiamo cercando di capire che cosa stia succedendo nei miei domini. –
Toothy cercò con lo sguardo North e Bunnymund che le risposero con un’occhiata mesta.
–A quanto pare Pitch è stato qui. – rivelò North a mezza voce.

***

Sandman e Candelora raggiunsero i compagni poco dopo, ma anche loro vennero accolti con poco entusiasmo. Sandy chiese spiegazioni a North, ma ottenne solo uno scuotere sconsolato della barba bianca; Candelora lanciò sfuggevoli occhiate a Bunnymund, nonostante la serietà di tutti i presenti scoraggiasse simili comportamenti, e venne ricambiata da una serie di sobbalzi terrificati ogni volta che i suoi occhi di marmotta incontravano il corpo tatuato di lui.
Halley si era staccato dal gruppo e stava esaminando il luogo del misfatto.
Davanti ai presenti, dondolando a mezz’aria come gusci di noce su acque leggermente mosse, stavano alcuni fantasmi congelati. Quello che li bloccava però non sembrava essere il gelo delle nevi quanto piuttosto una seconda morte, un irrigidimento che li faceva assomigliare più a solida roccia che non a evanescenti agglomerati gassosi. Per terra, North e Bunnymud avevano riconosciuto le stesse scaglie nere che avevano trovato vicino alle macerie della casa della Befana, le stesse che avevano avvelenato Jack. Per quello nessuno si avvicinava - a parte Halley che ignorava bellamente ogni possibile consiglio rivolto alla sua persona - e nessuno si azzardava ad esprimere ad alta voce i suoi pensieri.
Il sapere che Pitch Black era stato lì, a pochi passi da loro, sembrava aver guastato lo spirito a tutti i mostri di Halloween che guardavano in soggezione il loro Signore in attesa che lui dicesse o facesse qualcosa.
L’unico problema era che Halley non sapeva che cosa fare. Aveva rifiutato l’offerta di Pitch e ora ne stava subendo  le ritorsioni.
Digrignò i denti, dandosi dello stupido. Se l’Uomo Nero, usando quei trucchetti, sperava di portarlo dalla sua parte si sbagliava di grosso. Aveva già ordinato alle sue streghe di trovare il rimedio per lo stato granitico dei fantasmi, così come avevano fatto con Jack Frost, e se mai ci fossero stati altri incidenti avrebbe risolto anche quelli. Halloween era alle porte e lui non avrebbe permesso a nessuno di guastare gli unici tre giorni di libertà che la sua gente poteva permettersi nell’arco di un anno intero.
Mentre stava rimuginando su cosa dire alla folla che lo guardava, come stordita, colse un movimento ai lati del suo campo visivo: Cassian, accompagnato da un Jack Frost molto traballante, costretto ad appoggiarsi al suo bastone per non cadere, fendette la folla come un certo essere umano dai poteri biblici.
Non ci fu bisogno di spiegare niente a nessuno dei due: bastò uno sguardo ai fantasmi, alle schegge nere sparse in terra e alla folla silenziosa che come un corteo funebre vegliava la decina di statue sospese nell’aria, e le molte altre presenti dentro alla Casa Infestata.
Senza andare troppo lontani dalla verità si sarebbe potuto dire che Halley era un tipo dal carattere così solido che avrebbe potuto sopportare di tutto senza scomporsi. Aveva sopportato lo sguardo di puro odio che gli aveva rivolto Bunnymund, aveva sopportato la finta esuberanza di North e aveva accettato con noncuranza la ripugnanza con cui la Fata dei Denti gli aveva rivolto la parola. Non aveva mai dato troppa importanza alle opinioni altrui. Così che in molti si sarebbero potuti chiedere che cosa non riuscì a sopportare nello sguardo di Cassian e quale sentimento lesse in quello di Jack Frost che lo fece definitivamente crollare.
Lumin avvertì quel cambio repentino e si sporse dalla lanterna con una serie di lingue infuocate, rammaricandosi di non poter stare vicina al suo Halley così come invece era da sempre stato suo desiderio.
Sotto gli sguardi attoniti di tutti, Halley richiamò la sua ruota infuocata e si diede ad una fulminea fuga.
Non aveva una metà precisa, sapeva solo di non poter più restare in quel posto; ovunque ma non lì. E questo perché si era reso appena conto che, forse, Bunnymund aveva ragione.
Nessuno sceglie di credere in te o nella tua gente perché tutti sanno perfettamente che siete fatti della stessa pasta di Pitch e dei suoi incubi.
Non aveva mai dato troppa importanza alle opinioni altrui… finché le sapeva lontane dalla verità.
Cassian sapeva che aveva detto di no alle offerte di Pitch, ma allora perché quello sguardo da “te lo avevo detto”?
Ho sempre saputo che né di te, né di quelli della tua risma ci si poteva fidare!
Chi gioca con la paura, rischia di rimanere imprigionato nell’oscurità insieme ad essa. E lui aveva giocato, gli aveva detto di no e l’oscurità ora si vendicava sulla sua gente. Sarebbe riuscito veramente a rinnegarla ancora quando Pitch si fosse presentato la volta successiva per chiedere il conto?
Sei un essere spregevole! Abominevole!
Se salvava la sua gente diventava come tutti già credevano che fosse: della stessa materia di cui erano fatti gli incubi. Se invece decideva di dire di no a Pitch, abbandonando la sua gente, li condannava tutti a una morte ben peggiore.
La differenza era lui: Jack O’Lantern, l’essere spregevole, il Signore della Lanterna.
Ma poteva una singola luce fare la differenza quando ci si trovava nelle tenebre più fitte?

***
Nessuno seguì Halley.
La sua fuga lasciava negli animi qualcosa di troppo simile al torbido retrogusto del tradimento perché qualcuno della sua gente decidesse di seguirlo; e per i Guardiani c’erano altri problemi, più oscuri e più paurosi a cui pensare.
Jack Frost osservò Cassian con sguardo interrogativo, credendo che almeno lui l’avrebbe seguito ma il demone non mosse un solo muscolo. Solo un guizzare degli occhi socchiusi rivelava il tumulto che stava sconvolgendo il suo animo centenario.
– Seguilo. – fu la sua neanche tanto velata richiesta. – Per favore. –
Jack Frost sorrise: in fondo gli importava, forse gli importava più di quanto non fosse disposto ad ammettere con sé stesso.
–L’avrei seguito in ogni caso. –gli rispose prima di richiamare a sé i venti del grecale e della tramontana, freddi e potenti, sollevandosi in aria come un singolo granello di polvere.
Lo cercò a lungo ma come scoprì ben presto Halley non era soggetto ai vincoli della sua gente e, se lo desiderava, poteva anche inoltrarsi nel mondo degli esseri umani, persino in notti diverse da quella di Halloween, di Ognissanti e dei Morti.
Lo cercò sotto ai ponti, dentro ai cimiteri, dietro gli angoli bui e sopra i tetti della case, sempre senza risultato. Poi una figura solitaria in compagnia di un tenue lumino si sporse da dietro un camino e lo guardò a lungo, prima di tornare ad eclissarsi nell’alone di oscurità che il comignolo allargava intorno a sé.
Jack balzò in quella direzione e atterrando barcollò lievemente, reduce da quell’intero giorno passato a dormire e a ristabilirsi dagli effetti delle schegge mortali, non ancora del tutto padrone dei muscoli del suo corpo.
– Non credo che scappare sia stata una mossa granché intelligente. – gli disse, allungando il collo per guardarlo. Halley non lo ricambiò neppure e il triste lumicino di Lumin fu l’unica cosa che brillò in risposta al suo commento.
Jack mosse il bastone e con leggerezza si sedette al fianco di Halley, incrociando le gambe.
Da quel punto si poteva vedere l’intera città e Jack osservò per qualche secondo le luci delle case, i movimenti delle ombre all’interno di esse e ascoltò le tenui conversazioni che avvenivano lontano da loro.
All’improvviso dentro alla sua testa fioccò un’idea e si girò sorridendo verso Halley.
–Vieni, ti devo mostrare una cosa. –
Finalmente Halley si girò a guardarlo.
–Non credo di volere la tua compassione. –
Jack sentì il sorriso abbandonargli le labbra.
–Non lo sto facendo per compassione. –
–Pietà? – riprovò Halley, quasi che cambiando definizione ottenesse in cambio anche una diversa risposta. –Commiserazione? –
Jack corrugò la fronte. –Una volta una persona per niente saggia mi ha detto che dovevo capire qual era il mio Centro. –
–Una persona per niente saggia? – ripeté Halley, tanto per sincerarsi di aver sentito bene. –Quindi mi stai dicendo che devo trovare un qualcosa che uno stupido ti ha detto di trovare? Quasi quasi mi domando perché non ti ho mai chiesto prima un consiglio…–
–Non ho detto che era stupida. – sottolineò Jack. –Ho solo detto che ha un modo tutto suo di essere intelligente. –
Il primo vero sorriso che Jack gli avesse visto fare comparve sul volto di Halley. – E quindi tu hai diligentemente trovato il tuo Centro, proprio come quella persona diversamente intelligente ti aveva detto di fare? –
–Più o meno. – confessò Jack, scrollando le spalle. –Il mio centro era ed è, il divertimento, lo svago, i giochi e tutto ciò che ad esso è collegato. –
–Come lo hai scoperto? – chiese Halley, più perché Lumin aveva mandato scintille d’interessamento che non perché si sentisse personalmente coinvolto nella faccenda.
–Capendo chi ero, sono riuscito a scoprire chi sono. –
Halley grugnì, quasi avesse represso a fatica una secca risata.
–Profondo detto da uno spirito il cui centro è il divertimento. –
Jack ridacchiò e mosse le mani sul bastone con insistenza. –Allora vieni? Si?? Bene, si parte!–
Una folata di vento gelido sollevò entrambi, prima che Halley potesse anche solo pensare ad una risposta, e li trascinò lontano, sul tetto di una casa specifica che Jack ricordava di aver frequentato con assiduità nemmeno qualche anno prima.
Halley atterrò malamente sui coppi e la sua mano perse la presa sul bastone che sosteneva la lanterna di Lumin. Gemendo si rialzò più in fretta che poté ma Lumin scomparve oltre la grondaia con un gridolino linguacciuto prima che potesse riafferrarla.
–Lumin! – gridò, gettandosi sul bordo del tetto con slancio angosciato solo per scoprire che la lanterna se ne stava, tranquilla e pacifica, appoggiata di lato sul davanzale della finestra sottostante sul quale era caduta.
–Oh…– fece sbattendo le palpebre di fronte alle vampate rosee di Lumin, evidentemente lusingata che il suo custode si fosse quasi spaccato due costole pur di riprenderla per tempo. Esaurito il momento di sorpresa, Halley rivolse la sua rabbia su Jack. –Ma che ti salta in mente? –
–Scusa. – fece Jack, grattandosi la testa. –Ma mi pare che stia bene, quindi non c’è nessun problema, no? –
Halley lo guardò mentre saltava a sua volta sul davanzale e raddrizzava la lanterna di Lumin, beccandosi una danza frenetica di infuocato ringraziamento. Halley pensò, prima di poterselo impedire, che Cassian probabilmente non era l’unico ad avere un debole per i ragazzi dai capelli bianchi.
–Su entriamo. – disse Jack, ritornando a rivolgere il suo sguardo verso l’alto, ad incontrare gli occhi neri di Halley. –C’è un umano che voglio farti conoscere. –
Halley stava per commentare sarcasticamente che non ne aveva la benché minima intenzione quando la temperatura calò di colpo e si ritrovò a rabbrividire, scoprendo che non era stato il solo. Jack si rialzò di scatto e si guardò intorno, stringendo il bastone tra le sue dita con tale forza da far sbiancare le nocche.
Riconosceva quel gelo e quell’oscurità improvvisa, sapeva a chi apparteneva eppure faticava ad accettarlo.
Un turbine nero, simile ad un ciclone in miniatura composto di aria così corposa e voluminosa da sembrare liquido in ebollizione, si attorcigliò su sé stessa fino ad andare a comporre i lineamenti pallidi e perfetti di Pitch.
–Spero di non star interrompendo nulla. Mi dispiacerebbe molto.– l’Uomo Nero sorrise maliziosamente e poi ritornò di colpo serio. –No scherzo, non mi dispiacerebbe affatto. Dunque … Jack, è un piacere rivederti! –
Pitch! – ringhiò Jack assumendo all’istante la posizione d’attacco. Lanciò uno sguardo alle sue spalle per sincerarsi che Halley stesse bene, ma Pitch riuscì a prenderlo di sorpresa lo stesso.
–Oh, non tu Jack Frost. Sto parlando col nostro amico in comune: Jack O’Lantern… –
Sgranando gli occhi Jack tornò a guardare Halley, ma scoprì con ancora maggiore turbamento che il ragazzo non stava affatto guardando Pitch ma qualcuno alle sue spalle.
–Satia…–
–Halley? Che hai?–
–Jack…– sussurrò Halley con un improvviso nodo alla gola. –Quella è mia sorella. –




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Eeeeeee meno male che ho tagliato una parte del finale e soprattutto meno male che avevo deciso di scrivere poco -.-  ed invece, per non una ma per ben due volte… SBAM! Papiro delle dimensioni di un rotolo di carta igienica regina: più che lungo, smisurato!
Una montagna di baci a tutti quelli che hanno commentato, vi salut!
  
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