Tre anni
Sono passati tre
anni, lunghi inesorabili, eppure ricordo ancora,
alla perfezione, l’odore della sua pelle pallida, gli occhi
neri, la morbidezza
di quei capelli corvini tra le dita, la sensazione, indelebile sui
polpastrelli, mentre li afferravo con forza, mentre obbligavo le sue
belle
labbra a cozzare contro le mie in un bacio; e lui rideva, e mi baciava,
e
rideva ancora per poi mordermi piano, la lingua, la bocca,
l’anima.
Quel ragazzo mi
ha consumato, come lo stoppaccio di una
candela; mi ha fatto bruciare, senza pietà, ardere di un
fuoco che mi era
sembrato inestinguibile, eterno, meravigliosamente caldo, torrido.
Eppure la
cera è colata, si è sciolta, rivelando la sua
effimera natura, ma io ho
continuato ad ardere come quella fiamma condannata a morte. Non mi
importava di
scomparire, non mi importava di quelle future pareti buie, di quella
luce, che
avevo considerato mia, non mi importava delle tenebre pronte a
inghiottirmi.
Ma quando quel
momento è giunto ho avuto paura di poter
morire.
Ho urlato, ho
pianto, ho cercato di trattenerlo a me, ho
stretto più forte i lacci che ci tenevano legate le mani, i
cuori, le bocche,
gli occhi, li ho stretti fino a quando i polsi non hanno iniziato a
sanguinare,
fino a quando la carne non si è lacerata, e il dolore di
quello stare insieme
non ci ha distrutti.
Parlava di
vendetta, di ambizione, delirava, ebbro di una
rabbia che non avevo mai compreso ma che da sempre gli aveva avvelenato
ogni
singola cellula; parlava di sentimenti che non riusciva a capire, e mi
derideva, quel sorriso sadico sul volto, quello sguardo pece pronto a
schiacciarti. Con quegli occhi gelidi ha spento anche
l’ultima mia scintilla,
gettandomi nel buio e nel freddo di una solitudine che portava il nome
della
sua assenza.
L’ho
inciso a fuoco, sulla pelle, e sul cuore, il suo nome.
L’ho
inciso ogni giorno, con le lacrime e poi con questi
occhi che non volevano più vedere niente, se non il suo
ricordo, l’ho inciso
per scandire quel tempo che non passava mai.
Sono trascorsi
tre anni dal suo abbandono, e di lui non mi è
rimasta che una vecchia foto sgualcita, i miei “ti
amo”, “ti voglio bene” mai
corrisposti, se non da un flebile, pallido e tirato sorriso che non
coinvolgeva
quegli occhi neri.
Ci sono notti,
tutt’ora, in cui mi sveglio piangendo, e
cerco, accanto a me, su quel letto troppo grande, le tracce di un
calore che
manca da millenovantacinque giorni, cerco di me la parte perduta, i
suoi
fianchi esili, il mio cuore che batte, le sue palpebre abbassate, la
mia dolcezza,
il suo viso perfetto e sottile, il mio sorriso. Cerco tutto, tutto
ciò che
rivorrei di noi, e per un attimo credo, mi illudo, di poterlo ritrovare
tra
quelle lenzuola sgualcite, su quel cuscino che non odora più
di lui.
Un amante
fugace, l’odore impresso nei tessuti, pronto a
fuggire via, velocemente, impalpabile; senza accorgertene ti ritrovi
con la
testa premuta forte contro la stoffa, il naso affondato fino a far
male, e
inspiri a pieni polmoni, alla ricerca di un profumo che non trovi
più, e non
capisci, ti chiedi perché se ne sia andato, da un giorno ad
un altro, da
un’ora, ad un’altra o forse solo da un minuto, ma
tu non te ne sei accorto.
Ricordo i suoi
sospiri e le sue mani pallide, in quelle notti
senza luna, dove a illuminare i nostri profili c’era solo
quella luce fioca
della sveglia elettronica; la sua pelle riluceva aliena, tinta di un
tenue
azzurro, mentre mi cercava, mentre mi bramava, senza dire una parola,
perché Sasuke
amava così, senza fiatare, senza dire niente, ti possedeva,
e poi si lasciava
possedere, cozzava quei fianchi esili contro i miei, quasi fosse stata
la cosa
più naturale del mondo, e poi rimaneva, per un attimo, uno
soltanto, fronte
contro fronte, respiro contro respiro, a guardarmi, con quegli occhi
tristi,
quasi dovesse dirmi addio, ogni volta...
“Darei
tutto, per
riavere Sasuke al mio fianco come un tempo, anche solo per un attimo,
per quell’attimo
in cui mi illudevo potesse amarmi”
Note
dell’autore folle:
brevissima e
introspettiva One-shot, ambientata in un universo
alternativo dal manga, magari il nostro, ma che comunque credo
ripercorra il
tema dell’abbandono, il senso di solitudine di Naruto, boh,
mi andava, così,
tanto per dare un po’ di spessore ai personaggi, spero vi
piaccia e spero che
non vi abbia rattristato troppo, a breve cercherò di
scriverne una un po’ più
comica NaruSasu o SasuNaru che sia J Per ora vi
lascio con un po’ di
malinconia J
Bacioni.
Allyn, che ha
provato a scrivere una cosa seria sulla sua
supercoppietta(poco seria) preferita!
Insulti,
commenti, pomodori marci, tutto è gradito *W*