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Autore: Lebon    29/05/2013    1 recensioni
-Si spogliò, lentamente, guardando quel corpo che era stato toccato così tante volte dalle morbide mani di LEI. Si immerse nella bollente acqua della vasca da bagno, continuando a piangere. Si fermò una attimo, guardò la neve fuori dalla finestra ed entrò completamente nell'acqua. Le mancava il respiro, sentiva il cuore rimbombarle nel petto. "Gli errori più grandi sono sempre i migliori", si disse mentre il suo cuore smetteva di battere.
-Venere, la dea dell'amore, e Beatrice, l'amata e musa di Dante. L'accoppiata perfetta, no? Ma adesso la dea di Beatrice non c'era più.
-L'aveva presa tra le braccia, sporcandosi del suo sangue, e le aveva cantato una canzone. Quella canzone. "Please God you must believe me, I'd search the universe, and find myself within her eyes." le canticchiava all'orecchio con la voce spezzata. Poi si alzò, rigida, e portò quella splendida creatura con sè, fino a casa.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Beatrice buttò fuori dalla bocca qualche nuvoletta di fumo, e si fermò a guardarle mentre si mescolavano tra loro salendo verso l'alto.
Spense la sigaretta nel posacenere e prese l'iPod dalla tasca.
Nirvana a tutto volume. 
Infilò la giacca e uscì di casa, sotto la nevicata più forte di quell'inverno.
Aveva gli occhi pieni di dolore, nulla aveva più senso ormai.
Le strade, i negozi, tutto era diverso... Bianco, vuoto, insensato.
Non c'era una ragione per vivere, era tutto finito ormai.
Beatrice non viveva più da quella sera, Beatrice sopravviveva e basta.
E non voleva più fare nemmeno quello.
Voleva raggiungerla in Paradiso, se un Paradiso esisteva.
Voleva raggiungere il suo angelo, le aveva promesso che lo avrebbe fatto qualunque cosa fosse successa.
E Beatrice manteneva sempre le promesse. 
Camminava piano, a passi piccoli, guardandosi gli stivali ricoperti di borchie, che riflettevano la luce della luna.
Passava davanti ai negozi con le luci natalizie accese che facevano a gara a chi brillava di più, colorando la neve che avevano intorno con forti gialli, elettrici blu e accesissimi rossi.
Ma più Beatrice camminava, più sentiva il vuoto che aveva dentro ingrandirsi, fino a diventare un'enorme palla di ghiaccio.
Fredda, trasparente, vuota. 
Si sedette sullo scalino congelato di una bottega, con la testa fra le mani.
Vedeva passare le coppiette, mano nella mano, abbracciati,scaldandosi l'un l'altro.
Li vedeva sorridenti, felici.. Pieni. 
Sputò a terra e si rialzò.
Stavolta correva, correva verso casa, in una disperata gara contro il gelo.
Entrò disperata, chiuse la porta e rimase a guardare l'ambiente circostante: il suo appartamento ormai vuoto.
Lei, la sua Venere, non c'era più.
Si chiamava proprio così, Venere.
Venere, la dea dell'amore, e Beatrice, l'amata e musa di Dante. L'accoppiata perfetta, no?
Ma adesso la dea di Beatrice non c'era più.
E non ci sarebbe mai più stata.
Uccisa, e per cosa? Per dieci fottutissimi grammi.
Tre ragazzi avevano indegnamente sparso per terra il sangue rosso della sua amata per un'inutile polverina bianca.
Il suo sangue, così rosso, così puro, così sacro.
E quella pistola, così fredda, così.. Diabolica.
Non doveva nemmeno essere tra le mani di quel lurido stronzo, che quel Sabato sera aveva straziato il corpo dell'unica per lei, lasciandola poi unanime sul pavimento.
E Beatrice l'aveva trovata così, alle quattro di mattina, per terra sul pavimento di una discoteca, ormai fredda, flagellata dall'amara disperazione di ragazzini che cercano in dieci grammi la felicità.
L'aveva presa tra le braccia, sporcandosi del suo sangue, e le aveva cantato una canzone.
Quella canzone.
"Please God you must believe me, I'd search the universe, and find myself within her eyes." 
le canticchiava all'orecchio con la voce spezzata. Poi si alzò, rigida, e portò quella splendida creatura con sè, fino a casa.
Adesso era lì, seduta sul divano, il viso pallido e l'eyeliner che colava sulle guancie.
La sua vita felice, perfetta, era stata distrutta in un quarto di secondo.
Solo il tempo di premere il grilletto e.. BOOM! Tutto finito.
Trovò l'inaspettata forza di alzarsi in piedi, si recò in bagno e si chiuse a chiave.
Si spogliò, lentamente, guardando quel corpo che era stato toccato così tante volte dalle morbide mani di LEI.
Si guardò a lungo allo specchio, toccandosi la scritta che aveva accanto l'ombelico.
"Se la vita non ti sorride, falle il solletico",
diceva.
Era il motto di Venere, sempre sorridente era.
Sfoderava sempre il suo enorme e bellissimo sorriso, anche nei momenti peggiori.
Riusciva a rendere bella la cosa peggiore del mondo.
Ci fosse stata una sola volta in cui le fosse scesa una lacrima...
Mai, davvero.
Si immerse nella bollente acqua della vasca da bagno, continuando a piangere.
Si fermò una attimo, guardò la neve fuori dalla finestra ed entrò completamente nell'acqua.
Le mancava il respiro, sentiva il cuore rimbombarle nel petto.
"Gli errori più grandi sono sempre i migliori"
si disse mentre il suo cuore smetteva di battere.


Note dell'autore: Prima di tutto, buonasera :3 Allora, non sono nulla id che come scrittrice, e questa è la mia prima storia. c: Siate clementi, ahahah. Se vi piace recensite, magari ne scrivo un'altra*-* Grazie, ciaaaaaauh tizi <3
  
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