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Autore: Laylath    29/05/2013    2 recensioni
"Non ci siamo promessi di coprirci le spalle l'uno con l'altro?"
Non sei mai stato in grado di farlo, Jean Havoc… sin da quando eravamo cadetti…
Fanfict sulle vicende di Breda e Havoc, prima del loro ingresso nella squadra del colonnello Mustang
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Heymas Breda, Jean Havoc, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Il cimitero di Giyoir sorgeva su una piccola piana, a circa un chilometro una volta usciti dall’agglomerato di case.
Un lungo filare di cipressi delimitava il suo confine che si affacciava sulla strada, interrompendosi solo per lasciare spazio ad un cancello di ferro battuto che fungeva da ingresso.
Quella mattina il cancello era spalancato e sembrava che quasi tutta la popolazione della cittadina fosse in quella piana disseminata di lapidi. Ma se le vecchie sepolture avevano un ordine sparso, tipico dei cimiteri dei piccoli centri, adesso c’erano ventisei nuove lapidi, in un unico filare, alla medesima distanza l’una dall’altra.
Gli abitanti di Giyoir fissavano in silenzio quei tumuli di terra, che spiccavano così ferocemente nel terreno imbiancato dalla neve, come grigi fiori sbocciati dal seme della guerra. Non c’era stata nessuna commemorazione, nessuna funzione religiosa, ad accompagnare la sepoltura di quei ragazzi: solo il rumore delle pale che avevano gettato la terra su quelle casse di legno costruite con urgenza negli ultimi due giorni.
Breda se ne stava in disparte, al lato opposto del cimitero, accompagnato da uno dei suoi uomini, dato che la caviglia era lesionata in maniera così grave da aver bisogno di un sostegno.
Non aveva voluto avvicinarsi a quel gruppo di persone, per quanto ne avrebbe avuto pieno diritto. In realtà si sentiva un estraneo, poco meno che un nemico; non gli andava di turbare ulteriormente quelle famiglie con la divisa che indossava: la stessa che era stata responsabile di quelle lapidi.
Poi, silenziosamente come era iniziato, tutto terminò: una prima donna in lacrime si avviò verso l’uscita, scortata da alcune ragazze; fu come un segnale per tutte le altre persone che, con sguardi spauriti e incerti, ripresero la via per tornare in paese.
Solo quando l’ultimo di loro fu andato via ed il silenzio tornò a regnare in quel luogo di riposo eterno, Breda fece cenno al suo uomo di aiutarlo ad avanzare in quel terreno coperto dalla neve.
Quinta lapide partendo da sinistra.
Henry Breda 1890 – 1907
Un nome, un cognome e due date… troppo vicine tra di loro.
“Signore, – chiese sommessamente Nick – lei crede che la gente ci odi?”
Breda lo guardò: aveva più o meno la sua stessa età ed un viso perennemente malinconico, nonostante fosse uno dei soldati più aggressivi in battaglia. A volte però si lasciava andare a questi pensieri così profondi.
“Perché me lo chiedi?”
“Le persone che erano dove siamo noi adesso… erano così strane rispetto a quelle che ho visto a tanti altri funerali di vittime di guerra. In quelle occasioni c’è tanta rabbia, tanto dolore. Loro dovrebbero odiare i militari: in fondo siamo stati noi a uccidere questi ventisei ragazzi”
“Adesso ti spiego dove sta la differenza, Nick. – sospirò Breda – E’ molto facile mostrare dolore, rabbia, voglia di vendetta quando una persona cara muore magari per mano di un assassino. Ma è molto più difficile mostrare i medesimi sentimenti quando ti senti responsabile di quella morte”
“Mi scusi signore, ma non credo di seguirla”
“Vuoi sapere a cosa stavano pensando quelle persone? Sapevo che mio figlio stava facendo qualcosa di sbagliato e non l’ho fermato. Forse avrei potuto essere più persuasivo ed impedirgli di morire in questo modo. Dicevo di essere orgoglioso di lui in realtà lo stavo condannando a morire. Non è stato l’esercito: l’ho ucciso io… .Questo è quello che pensavano, Nick, e sono cose molto dure da accettare, te lo posso garantire”
“Giyoir è condannata a vivere con questo senso di colpa, dunque?”
“Ci saranno sempre queste ventisei lapidi a ricordare loro quanto successo. Piano piano il dolore passerà, le vite andranno avanti, magari qualcuno si convincerà che non c’era nulla da fare… ma il rimpianto ed il senso di colpa resteranno per sempre. E’ una cosa con cui bisogna imparare a condividere, per quanto difficile”
“Anche lei si sente in colpa, signore?”
Breda non rispose e fissò per l’ultima volta quel nome e quella data di morte; poi si appoggiò alla spalla di Nick
“Adesso andiamo, ragazzo. Non ha molto senso stare qui”
Ma almeno un membro della famiglia doveva venire a porgere l’estremo saluto ad Henry.
 
Quando arrivò nella via dove stava la sua casa, Breda esitò un istante, tanto che anche Nick si fermò.
Il sergente fissò con apatia quella porta di legno, chiedendosi se fosse il caso di farsi ancora del male ed entrare là dentro. Ma era anche vero che sua madre aveva bisogno di lui.
“Nick, non ti voglio trattenere troppo…” iniziò
“La sua caviglia non è ancora guarita abbastanza, sergente – si limitò a dire il ragazzo – La accompagno all’interno e poi aspetterò”
Annuendo Breda si fece coraggio e bussò alla porta. Dovette aspettare diverso tempo prima che venisse aperta da una vecchia vicina di casa.
“Salve, signora Miriam – salutò il sergente – volevo sapere come sta mia madre”
“Ciao Heymans – rispose la donna – vieni, entra dentro… lui non c’è. E tua madre è a letto a riposare”
La vicina fece accomodare lui e Nick nel piccolo tavolo della cucina e si mise a preparare un the caldo. Considerato che la madre di Breda dormiva, lui non ritenne il caso di andare a disturbarla; così restarono tutti in silenzio in quell’ambiente che, due giorni prima, aveva visto quell’impietosa scena di disperazione.
Breda chiuse gli occhi e decise di farsi male, come quando si tocca un dente malato, ripercorrendola per la millesima volta.
“Mio figlio! Mio figlio!”
Le grida disperate di suo padre, mentre due dei suoi uomini portavano su una barella improvvisata il cadavere di Henry dentro la casa. Lui li seguiva appena dietro, appoggiato pesantemente ad un altro di loro.
Non avrebbe mai voluto portare la salma del fratello a casa, ma che altro si poteva fare? L’alternativa era la fossa comune che l’esercito stava preparando per gli altri ribelli morti: ciascuna famiglia aveva dovuto mestamente recuperare il proprio congiunto, una volta identificato, e riportarlo a casa in attesa di organizzare la sepoltura.
Suo padre si era lasciato cadere in ginocchio davanti alla barella ed aveva preso tra le braccia quel corpo ormai freddo.
Breda aveva notato che la madre non era presente
“Papà… dov’è la mamma? Per favore… non deve vedere questo…”
“L’hai ucciso tu, maledetto! E adesso cerchi di fare il figlio devoto? Tu e questi dannati soldati siete solo degli assassini!”
“Non sono riuscito a salvarlo…”
“Tu non hai voluto salvarlo! Tu l’hai assassinato! Voi, cani dell’esercito! Da quando siete arrivati qui non avete fatto altro che portare morte! Henry! Henry! Figlio mio… figlio mio!”
“Sergente… sua madre…”
A quel richiamo di uno dei suoi uomini si era girato verso le scale ed aveva visto sua madre. Immobile e pallida come un fantasma, con i capelli rossicci che evidenziavano ancora di più quella mancanza di colore nel viso. Gli occhi grigi erano dilatati, come lo erano stati quelli di Henry negli ultimi secondi di vita.
“Mamma…! Per l’amor del cielo, Nick vai a sostenerla… e tu aiutami a salire le scale”
“Signora! Si faccia coraggio…”
“Henry… oddio il mio bambino!”
Era riuscito a raggiungerla a metà scala, mentre lei scendeva sostenuta da Nick. L’aveva abbracciata con tutta la forza possibile, rischiando di cadere per la mancanza d’equilibrio. Sembrava una fragilissima bambola di porcellana tra le sue braccia: tremava convulsamente e continuava a fissare la salma di Henry, distesa all’ingresso. Nessuna lacrima solcava il suo viso, ma la morte si rifletteva nei suoi occhi.
“Mamma, ti giuro che mi dispiace! Non ce l’ho fatta…”
“Il mio piccolo… il mio piccolo!”
Lui e i suoi uomini l’avevano aiutata a scendere quei pochi gradini rimasti, dato che ormai era inutile cercare di preparala a quanto era successo. Si era accostata alla salma del figlio e aveva allungato le mani per accarezzare i capelli ramati
“Non osare toccarlo! Anche tu! Anche tu eri dalla parte di questi maledetti!”
Suo padre, fuori di se dalla rabbia e dal dolore, le aveva dato uno spintone. Fortunatamente uno dei suoi ragazzi l’aveva sorretta in tempo.
“E’ mio figlio… ti prego… Greg, è il mio bambino!”
“Tuo figlio è quell’altro cane dell’esercito! Doveva essere lui a morire! Non Henry!”
“Greg… ti prego, non dire queste cose…”
“Signora, per favore, venga a sedersi”
Si ricordava che i suoi uomini avevano accompagnato la donna in una delle sedie della cucina. Quasi contemporaneamente suo padre aveva rimesso il corpo di Henry disteso sulla barella e si era alzato, girandosi verso di lui.
“Tu, maledetto cane! Da quando sei entrato in quel posto hanno fatto di te un assassino! Non hai esitato a voltare le spalle a tutti i principi che ti ho insegnato… a voltare le spalle a me e a tuo fratello! E’ tutta colpa tua!”
Si era avventato contro di lui, sorretto solo dalla forza della disperazione. I suoi uomini l’avevano bloccato immediatamente.
Poi erano arrivati anche alcuni vicini, attratti dalle urla, e avevano trascinato suo padre fuori di casa
“Greg, vieni fuori! Non sei in te!”
“Lasciatemi stare, maledetti!”
“Smettila di agitarti! Ringrazia invece che almeno uno dei tuoi figli è vivo!”
“Lui non è più mio figlio! Dannato cane dell’esercito! Ti ucciderei con le mie stesse mani!”
“Greg! Vieni! Qualcuno pensi a Laura, sta svenendo!”
“Mamma!”
“No, sergente! Faccia attenzione alla sua gamba!”
 “Tieni Heymans” disse la vicina di casa, mettendogli una tazza davanti e distogliendolo dai suoi pensieri
“Grazie, signora. Oggi come è andata?”
“Sta un po’ meglio rispetto a ieri. Le ho detto che oggi avrebbero seppellito Henry e gli altri: avrebbe voluto tanto andare, ma non si reggeva in piedi. Il collasso che ha avuto è stato molto debilitante”
“Mio padre ha detto qualcosa?”
“Greg? No, Heymans… hai visto anche tu come è ridotto. Sai, ormai aveva occhi solo per Henry: la sua morte l’ha devastato”
“Signora, la ringrazio per tutto quello che sta facendo per mia madre”
Proprio in quel momento si sentirono alcuni rumori provenire dal piano di sopra.
“Deve essersi svegliata. Vuoi salire tu?”
“Sì grazie. Nick, per favore, aiutami a salire le scale… poi farò da solo”
 
La camera dei suoi genitori era un posto dove era stato davvero poche volte. Entrare lì gli era sempre parso come la violazione di qualche luogo sacro. Le poche volte che l’aveva fatto era quando c’era sua madre che lo chiamava per qualche motivo. L’esatto opposto di Henry che in quella camera, da piccolo, la faceva da padrone. Però c’era un particolare che l’aveva sempre affascinato: il letto era in una posizione tale che la mattina un raggio di sole entrava dalla finestra e in quel magico fascio di luce si potevano vedere migliaia di minuscole particelle bianche che galleggiavano nell’aria
Sua madre ora giaceva in quel letto, accanto alla finestra, con quella camicia da notte bianca che accentuava il pallore del viso e il colore grigio degli occhi. Il fascio di sole entrava dalla finestra e quei minuscoli puntini bianchi danzavano davanti a lei, rendendola quasi una creatura eterea.
“Heymans..” lo chiamò debolmente quando lo vide entrare
“Ciao mamma, – la salutò, zoppicando con fatica fino alla sedia accanto al letto – la signora Miriam mi ha detto che oggi stai un po’ meglio”
“Oh, caro… zoppichi così tanto. E’ molto grave la tua ferita?”
“No, stai tranquilla. E’ solo una slogatura: l’ho sforzata troppo ed è peggiorata, tutto qui”
“Perdonami, - sospirò lei, debolmente – non ho avuto nemmeno la forza di chiederti come stavi due giorni fa”
“Non hai da rimproverarti… Piuttosto io…” non proseguì la frase
“E’… è stato sepolto degnamente…?” chiese lei, dopo qualche minuto di silenzio
“Sì, mamma, lui e tutti gli altri. Nel cimitero del paese, così quando ti rimetterai in forze potrai andare e lasciare dei fiori, sai, come fai per i nonni”
“Tuo padre è andato?”
No, sicuramente era ubriaco da qualche parte… troppo sconvolto per vedere suo figlio sepolto
“Non ho visto bene… sai, c’era così tanta gente. Ed io purtroppo ero un po’ distante… con questa caviglia stare in mezzo alla folla avrebbe potuto creare disagi. Ma sicuramente c’era”
Aveva detto quelle parole con lo sguardo basso, quindi non vide sua madre sollevare debolmente la mano pallida e posarla sulla sua guancia
“Ti ho mai detto quanto sono orgogliosa di te?” gli chiese
“Dovresti dirmelo? – mormorò Breda alzando lo sguardo su di lei – Mi dispiace, mamma, ti avevo detto che avrei fatto di tutto per salvarlo…”
“Mi avevi anche promesso che saresti tornato e l’hai fatto. Se devo piangere per un figlio morto, almeno posso sorridere per uno vivo. Se avessero portato indietro anche il tuo corpo, il mio povero cuore non avrebbe retto”
“Oh, mamma…”
“E poi so che è grazie a te che ho una tomba su cui poter piangere il mio figlio più piccolo. Il paese deve esserti grato per la richiesta che hai fatto ai tuoi superiori”
“Oh dai, non pensare a queste cose adesso. Dovresti riposare e non sforzarti”
“Heymans, promettimi che partirai con i tuoi uomini”
“Cosa? – si bloccò Breda, davanti a quella richiesta improvvisa – Mamma ma che stai dicendo?”
“Sei l’unico figlio che mi resta – sorrise lei – e una madre vuole che il proprio figlio segua la sua strada e la tua è con l’esercito. Ti ricordi quando hai bloccato quell’uomo che voleva giustiziare tre abitanti al giorno per convincere i ribelli a cedere? Guardandoti così sicuro e convinto delle tue azioni, nonostante le conseguenze che potevano avere su di te, non mi sono mai sentita così orgogliosa. Orgogliosa e sicura che quella era la tua strada, la tua vita… Non lasciare che la morte di Henry uccida anche te, come forse ha ucciso tuo padre.”
“Ma non deve uccidere te! – esclamò lui, prendendole la mano – non devi lasciarti andare! Mamma, io ho bisogno di te”
“Oh, stai tranquillo caro. Non potrei mai lasciarmi andare sapendo che tu sei ancora vivo. Miriam e suo marito si prenderanno cura di me, ne sono certa… e sarò sempre pronta ad accoglierti a braccia aperte quando tornerai a casa. Ma, ti prego, ora lascia questo paese che ha visto tanto dolore. Vai con i tuoi uomini, con i tuoi amici e vivi la tua vita, Heymans. Hai tutta la mia benedizione ” e con queste parole si sporse dal letto per baciarlo sulla fronte
“Va bene, mamma. Farò come desideri” annuì Breda
 
Havoc giaceva su quella brandina da campo, in un angolo dell’alloggiamento della Squadra Falco. Sotto la maglietta, la parte inferiore del torso era fasciata pesantemente: per chissà quale miracolo la coltellata che aveva subito non aveva leso alcun organo vitale e si era rivelata meno grave del previsto. Ma era comunque una lesione di una certa importanza e di conseguenza il medico gli aveva ordinato un mese almeno di riposo.
“Allora, come andiamo oggi? – chiese Breda, sedendosi accanto a lui – Grazie Nick, adesso puoi smetterla di farmi da balia e goderti un po’ di libertà” disse poi, congedando il suo accompagnatore
“Ho finito le sigarette” dichiarò Havoc, sdraiato supino a fissare il soffitto
“Lutto profondo, allora. Ma il tuo corpo ti ringrazierà: fumare quando si sta male non è proprio consigliato”
“Ho saputo che oggi hanno seppellito quei ragazzi”
“Sì, il capitano Harris è stato molto comprensivo nel concedere loro una sepoltura e non la fossa comune”
“Come stai?” gli chiese Havoc, girandosi a guardarlo per la prima volta da quando era arrivato
Vorrei saperlo anche io…
“E’ stata una cosa silenziosa, ma dignitosa – disse, senza rispondere a quella domanda – almeno mia madre avrà una tomba su cui piangere Henry”
“Quel maledetto cretino! Se non fossi stato così dolorante, sarei riuscito a tenerlo giù e…”
“Havoc, per la centesima volta, non è colpa tua” sospirò Breda
“No? Cazzo ce l’avevo quasi fatta! Era tutto il tempo che cercavo di individuarlo… e poi non ho avuto il coraggio di dargli un colpo col calcio del fucile per stordirlo. Risultato?”
“Havoc, dai! Hai fatto il possibile per salvarlo… e non hai idea di quanto ti sia grato per questo. Ma evidentemente non era destino che io e mio fratello tornassimo a casa insieme”
“Sai che cosa mi sta tornando in mente?” chiese Havoc guardandolo con stizza
“Cosa?”
“Quando ti sei mollato con Kate e mi hai fatto incazzare come una iena con la tua tranquillità. Stessa cosa adesso: sei tu a consolare gli altri… ma è a te che è morto il fratello!”
Evidentemente la faccia che fece Breda in risposta dovette essere abbastanza eloquente, perché il biondo si affrettò a dire
“Scusami, sono il solito coglione”
“Lascia stare – sospirò Breda – Fortunatamente conosco questo coglione come le mie tasche e so che non riesce mai a gestire determinate situazioni”
Rimasero in silenzio per qualche secondo, recuperando la calma del loro rapporto. Quando entrambi riuscirono a guardarsi di nuovo negli occhi, Havoc chiese
“Il capitano Harris ha preso qualche decisione?”
“In merito a cosa?”
“In merito a tutte le questioni in sospeso, ovvio”
“Beh, per quanto riguarda i prigionieri, – iniziò Breda, lieto di pensare a questioni pratiche – dei cinquanta catturati, circa venti hanno profondi legami con Aerugo ed Ishval: questi saranno mandati a Central City, come da disposizione”
“Non ne usciranno vivi” commentò seccamente Havoc
“Lo penso pure io, e non me ne dispiace. Un’altra decina sono tagliagole e banditi di vecchia data che si erano uniti alla banda e per loro è prevista l’impiccaggione”
“E i prigionieri tuoi concittadini?”
“Per loro il capitano Harris ha concesso la grazia. E’ stato un gesto carico di buonsenso: ha sostenuto che non era il caso di affossare ulteriormente un paese già così colpito dal lutto. Ovviamente queste persone saranno tenute d’occhio per tutta la durata della guerra, ma mi pare il minimo”
“Credo che oltre il buonsenso ci sia anche il tuo zampino”
“Gliel’ho chiesto, lo ammetto… ma la decisione finale spettava a lui”
“Bene. – sospirò Havoc  – E così anche questa missione a Giyoir è finita. La Squadra Falco si merita un bel periodo di riposo”
“Il capitano ha detto che vuole che io e i miei uomini ci uniamo alla squadra” annunciò Breda
“Davvero? – esclamò Havoc, sedendosi di scatto – Ahia, cazzo!”
“Fai piano con i movimenti, cretino! Non è un taglietto da niente quello che hai! - lo sgridò Breda aiutandolo a risdraiarsi – Comunque sì, io e i miei nove uomini ci uniremo a voi, quando la Squadra Falco riprenderà servizio a Febbraio. Il capitano Harris ci aspetterà ad East City.”
“Più di un mese di licenza? Cavolo! Questo vuol dire che la situazione nel settore Est è davvero migliorata! E allora, Breda! Come ci si sente ad essere di nuovo in squadra con me?”
“Un sergente zoppo ed un caporale tagliato in due come un pezzo di carne… mah, non so proprio come sentirmi!” sogghignò Breda.
Ma in fondo sapere di avere di nuovo come compagno il suo migliore amico era di certo la migliore notizia di quegli ultimi giorni di follia che aveva vissuto.
 
Dopo una settimana la Squadra Falco si sciolse e ogni soldato tornò alla propria casa, per i quaranta giorni di permesso concessi. Erano davvero tanti, ma era anche vero che erano tre mesi consecutivi quei soldati non avevano avuto un attimo di tregua. Per cui, ora che la situazione prometteva di rimanere stabile per un notevole lasso di tempo, il capitano Harris aveva concesso queste vacanze straordinarie.
Havoc passò quindi la sua convalescenza a casa, trascinando con sé anche Breda. A dire il vero anche il sergente aveva bisogno di parecchio riposo: la sua caviglia era stata sottoposta a grave sforzo ed il medico aveva dichiarato che era arrivato molto vicino alla frattura. Per cui la grande casa della famiglia Havoc, appena dietro il loro emporio, per il mese di gennaio ebbe due malati di cui prendersi cura.
I genitori di Havoc erano molto felici di avere anche Breda come ospite: lo ricordavano con molto piacere da quel lontano giorno dell’Accademia. Ma chi era davvero entusiasta era Janet: adesso aveva dodici anni, sebbene il suo corpo non avesse ancora deciso di staccarsi dall’infanzia per entrare nell'adolescenza. La ragazzina si era autonominata infermiera dei suoi fratelloni e passava il tempo nella stanza di Havoc, dove era stato sistemato un letto anche per Breda, a combinare danni.
 
“Piano ragazzina, piano!” esclamò Breda, quando Janet saltò sopra il suo letto, incurante di passare sopra la gamba lesionata
“Oh scusa!” sussurrò lei, per non svegliare Havoc che dormiva profondamente, anche per via delle medicine che stava prendendo
“Sono le undici passate – le disse Breda – dovresti essere a letto, come tutte le brave bambine”
“Ma tu non stai dormendo!”
“Io ho vent’anni, sai… e comunque tra poco mi addormento pure io. Torna in camera tua, da brava”
“Non ho sonno” protestò lei, graziosissima nel suo pigiama rosa chiaro e con i capelli biondi legati in una treccia arruffata, mettendosi a sedere a gambe incrociate nel letto.
Breda sospirò: a volte quella ragazzina era davvero impossibile da gestire… peggio di suo fratello.
“Forza, vieni sotto le coperte – si arrese, allungandosi per spegnere la luce sul comodino – non è consigliabile stare al freddo in una notte invernale come questa… ma è anche vero che sei proprio sconsiderata, come quel tuo fratello lì”
Con una risatina, Janet si infilò sotto le coperte, lieta della sua vittoria. Succedeva spesso che sgusciasse nella loro stanza, la notte: inizialmente si infilava sempre nel letto di Havoc, ma dopo una settimana circa aveva esteso questo onore anche a Breda.
Lo fa perché è preoccupata per le nostre ferite e dormire qui la rassicura
Così l’aveva giustificata Havoc, una notte che la sorella dormiva appellicciata a lui
Sentendo quel corpo sottile abbracciato a lui, Breda si sorprese a pensare a sua madre
“Janet…”
“Sì, fratellone?”
“Eri molto preoccupata quando Jean non era a casa, vero?”
Lei non rispose, ma sentì le sue braccia stringersi a lui e d’istinto si girò di fianco per poterla abbracciare.
“Scusa, non dovevo dirtelo. E’ ovvio che eri preoccupata. Ma lui ora è qui, e guarirà presto, lo sai”
“Ma poi partirete di nuovo, non è vero?” domando lei con un sussurro
“Ma torneremo, promesso…”
“E’ vero che tuo fratello non è tornato?” gli chiese lei all’improvviso
“Janet… non dovresti”
“Lo so, - mormorò lei – ma ho sentito mamma e papà che ne parlavano ieri sera, però non mi hanno visto. Mi dispiace…”
“Senti, non pensarci. E’ una cosa che ti rende triste e io non voglio… se c’è una cosa che mi piace di te, sorellina, e che sei sempre allegra. Per favore, dimentica questa storia, da brava”
“Hai pianto quando non è tornato a casa?” gli chiese lei
Breda non rispose. No, non aveva ancora versato una lacrima… era così impegnato a consolare gli altri e a crogiolarsi nel senso di colpa che non aveva mai trovato il tempo di pensare che suo fratello non c’era più e che, nonostante tutto, gli aveva voluto un bene dell’anima.
“Io…” sussurrò con una prima lacrima involontaria. Ma subito serrò gli occhi, impedendo alle altre di scendere
No, dai cazzo, non ora. La spaventerei più del previsto.
Il dito di Janet gli asciugò quella lacrima e la bambina disse
“Sai, a volte, quando Jean era via, mi sentivo molto triste… allora andavo in camera e piangevo. La mamma mi ha detto che a volte le lacrime fanno bene, perché aiutano a sfogare la tristezza che c’è in noi. E la mamma dice anche che sono lacrime di cui non bisogna mai vergognarsi”
Breda non ce la fece più e si spostò supino, portandosi un braccio davanti agli occhi. Le lacrime presero a scorrere copiose sul suo volto.
Janet non disse altro, limitandosi ad accoccolarsi sulla sua spalla e stringendo le esili braccia al suo collo.
Fu lei l’unica testimone del pianto di quel soldato per la morte di suo fratello. E fu anche il conforto migliore che Breda potesse mai chiedere in quella notte di dolore.




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Angolo dell'autrice.
Ecco un altro capitolo abbastanza lungo. Abbiate pietà, ma effettivamente c'erano tante questioni da trattare, strettamente legate tra di loro.
Finalmente i nostri eroi riprenderanno a lavorare insieme, dopo che le loro ferite saranno guarite.
Ho voluto reinserire Janet nella storia perchè mi sembrava la persona più indicata per poter consolare davvero Breda. Forse gli serviva una persona estranea alla vicenda per potersi davvero concedere il lusso di piangere la morte del fratello... e Janet, nonostante le apparenze, è una bambina davvero matura. Anche lei ha conosciuto le difficoltà della guerra e dei razionamenti, l'angoscia per un fratello che può non tornare. Capisce fin troppo bene quello che sta passando Breda.
Oh, dai... è andata anche questa!

Laylath
  
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