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Autore: TheMask    29/05/2013    2 recensioni
Questa storia è nata per un'amica, e solo in un secondo momento ho pensato di pubblicarla. Spero sarà di vostro gradimento.
Lupa Nera
Estratto dai prossimi capitoli:
Perché legarsi alle persone, quando sai che presto o tardi, o ti tradiranno o moriranno, o se ne andranno? In questo luogo l’amicizia non esiste, è impossibile. Convivenza, tolleranza, rassegnazione in stile “se non c’è niente di meglio mi accontento”, questo lo capirei. Ma … amicizia… è una parola che qui non si una neanche più… scomparsa dal vocabolario. Qui non ci sono amici.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beyond Birthday, Matt, Mello, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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“Allora ragazzi, ancora non avete capito la lezione?” chiese Roger al di sopra degli occhialini.
“Evidentemente non ce ne frega niente di quella che tu chiami lezione caro.” rispose Angel con semplicità.
“Non ti rivolgere a me con quel tono, ti avverto.”
“Quale tono?”
“Quello, sciocca ragazza.” disse minaccioso Roger.
“Beh, che vuoi Roger?” chiese con ironia lei lanciandomi uno sguardo carico.
“Taci, tu. BB che hai da dire in tua discolpa?”
ridacchiai. Avevo capito cosa Angel voleva che facessi dall’occhiata che mi aveva lanciato.
“Ebbene?”
“Perché ti importa, vecchio?”
“BB, ti avverto…”
“Di cosa?”
Angel sorrise.
“BB non sei in condizioni di-”
“Di farla arrabbiare? Ma se è lei che ha paura di farmi arrabbiare. Non si ricorda, l’ultima volta?” chiesi con una risata.
“BB, ora hai esagerato!” sbottò andando a prendere qualcosa dietro di me.
Era un collare, ma più largo del mio collo. Senza permettermi di aprire bocca me lo infilò e prese una corda che, se tirata stringeva il collare e faceva penetrare delle ingegnose punte interne nel collo della vittima, non letali, ma molto dolorose.
“Un’altra parola e esci di qui ridotto a un colabrodo.”
Sorrisi.
“Sembri un vecchio pirata Roger!” esclamò divertita lei.
“Voi due avete bisogno di una bella lezione eh!”
Sorridemmo, cosa che lo fece arrabbiare ancora di più.
“Però Roger, stavolta è colpa di BB.”
Sapevo che l’avrebbe detto, ma comunque mi diede una stretta allo stomaco sentire una cavolata così grossa.
“Allora punirò lui per primo.”
“E come, lo stuzzicherai? Sono curiosa di sapere.”
“Punirò anche te, tranquilla. E ciò che vedrai su BB ti toglierà un po’ di quella curiosità.”

Mi incuriosii.

Roger uscì e rientrò con un portatile acceso che ci mise davanti. Era a ripresa della camera di Eloin, che in quel momento stava leggendo, con gli occhi rossi. Aveva pianto? . Roger cliccò un tasto e vedemmo le finestre chiudersi… da sole...?
Sotto il mio sgaurdo inorridito Roger premette un altro tasto e si mise ad osservarmi con un ghigno che non suggeriva nulla di buono.
In pochi minuti capii perché: Eloin cominciò a tossire.
Bastardo.
Bastardo bastardo bastardo.
Stava riuscendo nel suo intento.
Mi irrigidii sulla sedia, chiusi gli occhi, ma a Roger non andava bene e il mio collo cominciò a sanguinare, dopo che le punte si strinsero intorno ad esso.
Aprii gli occhi di scatto stringendo i pugni, voltai la testa.
Non gli andò bene neanche stavolta e per poco non gemetti dal dolore della stretta sul mio collo.
Ma fu una cosa sola a farmi impazzire, un suono insignificante, stupido.

Angel. Angel scoppiò a ridere di me. La cosa mi fece uscire completamente di testa.
In un attimo ero in piedi, ma Roger continuò a ridere in faccia a un’altra sedia rotta, e guardandomi dal basso tirò la corda con forza, soffocandomi.
Bastardo.
Portai lentamente le mani al collo, piegato in due dal dolore, e le mie mani si strinsero sul metallo e sul sangue. Il mio sguardo perse anche l’ultima ombra di intelletto e Lei mi prese completamente.

 

ANOTHER THINKS

BB, con uno sguardo da belva feroce, strinse con tutta la sua forza il collare di metallo ricoperto del suo stesso sangue e tirò. Roger lo fissava allibito, chiedendosi se davvero pensava di romperlo con tanta facilità. Era evidente che si. E ci riuscì. Ora anche Angel lo guardava come se fosse pazzo, cosa non del tutto falsa, mentre gettava a terra i residui dell’arma di tortura e si voltava verso Roger, ora completamente indifeso. Egli fece per indietreggiare, ma BB lo sbatté con violenza a terra, cominciando a prenderlo a calci silenziosamente. Poi, a un tratto, si fermò.
Roger era riverso a terra, inanimato, ma vivo.
La bestia si voltò e guardò fisso Angel, ferma immobile sulla sua sedia. In quel momento BB era una figura davvero grottesca. Il sangue di Roger gli imbrattava le scarpe che posavano in una pozza di tale liquido. Questo gli era anche sceso dal collo, per colare poi sulle braccia e nelle mani.
“Tu ti chiami Akira, bugiarda.” Disse alla ragazza, che lo guardava senza l’ombra della paura, nonostante sapesse che non si può ragionare con i leoni arrabbiati.
“Dillo. Di che ti chiami Akira.”
“…”
“Dillo.”
“…”
BB fece un errore a quel punto: mise le sue pupille in quelle di Angel, calme, misurate, impeccabili.
E fu ciò che sconfisse indiscutibilmente il leone. O meglio, lo fece per un nanosecondo esitare. E quel nanosecondo diede modo alla natura umana e razionale dell’uomo di sconfiggerlo e di riaffiorare lentamente.
Rimasero fermi per un paio di minuti, poi, senza una parola, BB si voltò e vide Eloin svenuta sullo schermo.
“Cazzo.”
“Se mi sleghi lo fermo” disse allora Angel alludendo al gas sconosciuto che uccideva lentamente Eloin.
BB le si portò velocemente dietro e le libero con poche mosse i polsi e le caviglie.
Lei si alzò e premette un solo tasto sul portatile. Porta e finestre si aprirono, il gas smise di uscire da chissà quali bocche nascoste nella camera.
BB si guardava intanto le mani, stupito di cos’era fino a un attimo prima e ancor più stupito di ciò che aveva fatto Angel. La quale in quel momento estraeva dalla borsa sequestrata una maglietta pulita che venne lanciata a BB. La guardò con tanto d’occhi, ma poi lei si girò verso la scrivania di Roger e a lui non restò che cambiarsi,  facendo andar via un po’ di quel sangue. Certo però, continuava a considerare la maglietta sporca come l’ultimo dei loro problemi, chissà perché.
Angel intanto aveva aperto un cassetto della scrivania di Roger e rovistava tra i fascicoli. Trovò ciò che cercava, un plico beige che infilò nella borsa e chiamò indi a se il compagno di fuga con uno sguardo. Roger era ancora svenuto, a terra. BB si chinò a toccargli il collo. Era vivo.
In quel preciso momento, udirono degli spari nel corridoio oltre la porta lignea.
 Angel fece una faccia indecifrabile, corse al tavolo delle torture di Roger e trovò dopo poche ricerche due pistole e alcune batterie. Una pistola, una 99 mm, la diede a BB, lanciandogli uno sgaurdo di raccomandazione.
Aprì cautamente la porta.
Mello era davanti a loro, una pistola in mano. Il corridoio, dietro di lui era coperto di cadaveri e sangue.
“Presto ne arriveranno altre” disse alludendo alle guardie.
Angel fece un passo avanti, seguita da BB.

Ecco l’inferno, si disse lui.

THINKS OF BEYOND BIRTHDAY

Uscimmo dall’ufficio di Roger e da quel momento, pronto a morire in qualsiasi momento, seguii i due passo passo.
“Hai sistemato quelli delle telecamere?”
“Si, ma ci beccheranno comunque se non ci muoviamo.” rispose Mello.
Entrammo in azione prima che io avessi il tempo di capirlo. Procedevamo per alcuni corridoi vuoti, ma presto la pacchia finì: dovevamo passare davanti alla mensa e da li correre verso la vicina uscita sul retro, o almeno, questo mi parve di capire. Facemmo un profondo respiro all’angolo dell’ultimo corridoio libero, indi ci tuffammo. Di corsa, l’uno dietro l’altro, davanti Angel, poi Mello e infine io, arrivammo di fianco alla porta della mensa e ci fermammo un secondo. Per fortuna nessuno uscì in quel secondo. Angel fece un gesto a Mello che andò davanti. La porta venne aperta violentemente e entrammo di corsa, tentando di attraversare la sala più in fretta possibile. Le guardie non si vedevano ancora, ma non speravamo di avere ancora molto  tempo.
“BB!”
Lanciai uno sguardo al tavolo da cui proveniva l’urlo e gelai completamente.
Eloin.
Eloin mi guardava a bocca aperta, gli occhi spalancati dallo stupore, senza sapere cosa pensare, cosa provare alla vista di un suo amico che scappava con una persona che non sopportava abbandonandola da sola in una specie di violento manicomio.  Volevo distogliere lo sguardo dai suoi occhi feriti da ciò che vedevano, ma non ci riuscivo. Matt, di fianco a lei guardava Mello con un’espressione seria che non gli avevo mai visto sul volto.
Credo fu quello il momento in cui mi resi veramente conto di ciò che stavo facendo. Dopo così tanti anni di reclusione senza un pensiero a ciò che c’era fuori…
Guardai Eloin tentando di comunicarle con lo sguardo  le più profonde scuse per ciò che le stavo facendo, ma lei distolse lo sguardo e abbracciò Matt, come se fosse il suo ultimo appiglio. Capivo come si doveva sentire.
Quando la ferrea presa di Angel mi trascinò al di là della porta mi resi conto che mi ero fermato per qualche secondo. Qualche secondo che avrebbe potuto essere fatale per la nostra stessa vita.
Corremmo ancora attraverso un cortile posteriore, verso un cancelletto nero che ci faceva intravedere la strada verso la libertà.  Quasi ci schiantammo su di esso e subito Angel si sfilò dalle tasche del fil di ferro – era veramente piena di risorse - e si mise ad armeggiare sulla serratura, mentre io e Mello le rivolgevamo le spalle per proteggerla da eventuali guardie. Che non tardarono certo ad arrivare. Nel momento in cui ci stavamo per rassicurare di avere un certo vantaggio, sei di loro uscirono dalla porta posteriore della mensa, le pistole in mano e lo sgaurdo anonimo.
“ECCOLI LA!” urlò uno, congestionato .
Ci si avventarono contro. Io e Mello ci abbassammo subito e cominciammo a sparare, mentre Angel con un mano continuava a scassinare o a tentare di scassinare il cancello, mentre con l’altra ogni tanto sparava un colpo. Fu in quell’occasione che per la prima volta mi resi conto che Angel era davvero brava come si diceva. Nonostante sparasse la metà di quanto lo facessimo io e Mello, abbatteva tutti al primo colpo e in poco tempo, mentre si muoveva di qua e di la intorno al cancello per non farsi colpire, dimezzò il numero delle guardie vive. A quel punto ci lasciò il controllo e ritornò completamente al suo “lavoro”.
Mi sembrava una situazione molto, ma molto surreale in realtà, ma non mi posi domande, agii in modo automatico e insieme a Mello conclusi la sparatoria. Riuscimmo allo scoperto, davanti a Angel.
“Ci vuole ancora molto?” chiese Mello.
Per tutta risposta, altre guardie, stavolta una decina, uscirono dalla porticina. Mi sembrava di essere in un videogioco.
“Ho quasi fatto, un secondo.” rispose lei concitata.
Le guardie si avvicinavano con l’intento di accerchiarci e prenderci e le nostre pistole si svuotavano di nuovo, senza grandissimo successo.
“Angel muoviti, cazzo!” sbottò Mello..
Il cancello si aprì e ci precipitammo fuori, seguiti dalle ormai troppo vicine guardie. Avevano l’ordine di prenderci vivi o di ucciderci? Ucciderci, certo. Roger, mica ci aveva parlato, svenuto com’era nel suo ufficio.
I proiettili si abbattevano con violenza vicino a noi mentre correvamo dietro a Angel senza sapere dove stessimo andando.
Girammo l’angolo della strada, col fiatone e i passi dei nostri aguzzini che ci rintronavano le orecchie, a ogni battito di cuore la consapevolezza che stavamo per morire che diventava più grande e certa.
Corremmo, allora, più veloci di quanto non fosse ragionevole, scagliandoci in falcate più lunghe possibile, tanto da rischiare di cadere.
L’ossigeno bruciava i polmoni come un incendio e cominciavamo a essere ormai quasi rassegnati alla morte.
Ma ecco che il nostro sguardo si focalizzò su una macchina nera, grande, coi vetri oscurati e un uomo alla guida che sembrava un buttafuori dei più brutti quartieri di Los Angeles. Angel si dirigeva la a quanto pareva. Ci parve di vedere la salvezza. Corremmo ancora più forte e quando Angel balzò di fianco al guidatore e Mello aprì la portiera posteriore saltando su, capimmo che forse avevamo qualche possibilità. Balzai sul sedile e sbattei la portiera.  La macchina si mise subito in moto, nella fresca aria di aprile. Gli uomini di Roger continuarono a sparare finché non voltammo l’angolo, indi andarono a prendere le loro macchine per tentare un inseguimento, ma era troppo tardi per fermarci.
Riprendemmo fiato senza una parola.
Mello mi lanciò un’occhiata, che ricambiai.
“Forte la piccola, eh?” disse a mezza voce, accennando con il capo alla ragazza seduta davanti.
“Attenta a come mi chiami, biondina!” fu la risposta che giunse, ironica, da Angel.
Stranamente però, Mello non si arrabbiò, ma ridacchiò, voltandosi verso il finestrino.

  
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