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Autore: Luce_Della_Sera    30/05/2013    2 recensioni
Questa è la storia di due ragazze che si incontrano per caso... E da quell'incontro ne nascerà una dolce storia d'amore.
[Dal primo capitolo: < Cinque minuti dopo scostò la tendina e si ritrovò davanti la stessa ragazza con cui aveva parlato prima di vestirsi, che la guardava con sguardo allibito. “Cosa c’è? Perché mi fissa in quel modo?” >]
Spero vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Capitolo 7 – Matrimonio

Tre anni dopo: 04/09/2016

“Parigi è bellissima, ma in quanto a condizioni atmosferiche non è granché, pare: siamo qui da dieci giorni, e il sole si è visto poche volte! Persino adesso il cielo è velato”, disse Sara quella mattina, guardando fuori dalla finestra dell’appartamento.
”Lo so. Pensa che anni fa sono venuta in questa città con la mia classe per una gita, e c’è stato un giorno in cui prima c’era il sole, poi ha piovuto, poi ha grandinato ed infine è tornato di nuovo il bel tempo: e tutto questo nel giro di pochi minuti! Però magari abbiamo semplicemente incontrato un clima particolare…”
“Già: la nostra solita fortuna!”
“Ti sei pentita di essere venuta qui?”
“No, affatto. Mi basta stare con te, non importa dove! E poi, l’abbiamo deciso insieme: anche se il tempo non è perfetto, questo sarà comunque il giorno più bello della nostra vita.
“Già”, disse Irene lanciando uno sguardo malizioso alla compagna. “Adesso però basta parlare!”. Si avvicinò a Sara e la strinse a sé, baciandola con passione; l’altra le rispose con altrettanta foga, e in breve si ritrovarono ad aiutarsi a vicenda per togliersi i vestiti. Crollarono nude sul letto, e si sorrisero; poi Irene si stese sulla sua fidanzata e iniziò a baciarle tutto il corpo. Partì dalle labbra, per poi passare al collo, alle braccia, alle mani, ai fianchi, al seno: su quest’ultimo indugiò molto di più, seguendo con la bocca tutto il contorno delle areole e succhiando e leccando i capezzoli.
Sara gemette e lei si fermò per qualche istante, per poi scendere ancora più giù: le baciò la pancia, poi le gambe, e subito dopo tornò più su, per occuparsi  della parte più intima e segreta della donna che amava, usando sia le labbra che la lingua. Infine, sentendo che Sara stava per raggiungere l’orgasmo, Irene si staccò per un momento, si sistemò in modo da far combaciare perfettamente i loro organi genitali e iniziò a muoversi piano piano, dolcemente: vennero entrambe nello stesso momento, e per riprendersi si misero l’una accanto all’altra, a farsi le coccole.
“Ricominciamo?” chiese Sara una decina di minuti più tardi, intrecciando sensualmente le gambe a quelle di Irene.
“Magari!” esclamò quest’ultima, districandosi e affrettandosi a rimettersi il pigiama “Mi piacerebbe, ma sono le 8, devo andare a svegliare Vittoria! Tu comincia a prepararti, dai … io vesto lei, poi torno qui, metto il mio vestito e quando arriva la parrucchiera ci facciamo fare l’acconciatura”

*****

 
Irene arrivò davanti alla porta della cameretta di sua figlia: la bimba ormai aveva tre anni, e da qualche mese aveva insistito per andare a dormire da sola; neanche il fatto che da dieci giorni si trovavano in un paese straniero e in una casa che non era la loro le aveva fatto cambiare idea. “Ora capisco come si è sentita mia madre quando ho voluto dormire da sola, durante il primo anno di scuola materna! Anche io, come lei allora, non riesco a stare totalmente tranquilla la notte …” pensò, mentre appoggiava la mano sulla maniglia e spingeva per entrare. Aspettandosi di trovare la sua piccola ancora addormentata, aveva cercato di fare il più piano possibile, ma quando la porta si fu aperta del tutto sentì una vocina familiare e constatò che la bambina non solo era sveglia, ma stava anche giocando con il pupazzetto di Peppa Pig, la protagonista del suo cartone animato preferito.
“Mamma Irene!” Vittoria sgranò i suoi begli occhi verdi, unica eredità paterna.
“Ciao tesoro! Come mai sei già sveglia? Potevi chiamarmi, no?”
“Lo so mamma, ma Peppa Pig voleva giocare con me!”
Irene sorrise. “Ah sì? E vi siete divertite?”
“Sì, tanto tanto!”
“Sono contenta … ma adesso ti devi alzare: saluta Peppa Pig, così la mamma ti aiuta a vestirti”.
“Ok”.Vittoria scese dal letto per obbedire alla madre biologica, ma poi si bloccò ed esclamò sorpresa “Mamma Sara! Ti sei vestita da principessa?”
Sara, che indossava un vestito bianco lungo, con le maniche lunghe, non scollato e ricoperto di pizzo, era apparsa sulla soglia. I suoi capelli erano ancora sciolti sulle spalle, e le scarpe, che si intravedevano appena, erano bianche anch’esse, a punta e con il tacco di cinque centimetri.
“No amore, non sono vestita da principessa, sono vestita da sposa … mamma Sara e mamma Irene oggi si sposano, te lo ricordi?”
“Perché?”
“Perché si vogliono bene, piccolina”. Poi, rivolgendosi ad Irene che era rimasta incantata da quando l’aveva vista entrare, disse “Vai pure a vestirti, a Vittoria ci penso io. Il suo vestitino è quello lì, no?” domandò, indicando un abitino bianco a piccoli pois neri con le maniche a campanella, accompagnato da calzette bianche e scarpette nere.
“Va bene … ma non è che ti sei offerta perché temi che io la vesta male?” le rispose Irene fingendosi scandalizzata.
“No, non potrei mai! Ho solo paura che tu le metta le calze arancioni!”
“Calze arancioni?” O.o “Ma se neanche ce l’ha! Però, ora che mi ci fai pensare, devo ammettere che non è male come idea: se le vedo da qualche parte gliele compro!”
“Sì, certo, come se tu entrassi mai volontariamente in un negozio!”
“Ah, sì? E il mio vestito allora dove l’ho preso, secondo te? L’ho trovato sotto un albero come nella favola di Cenerentola scritta da Perrault?”
“Forse!”
Risero entrambe di gusto, e Irene, dopo aver dato un bacio a stampo alla sua futura consorte, uscì dalla stanza.

*****

 
Alle dieci, Irene era nella sua camera e si stava guardando allo specchio: quello che vide le piacque molto. Indossava un abito bianco stretto in vita, leggermente scollato e con le maniche a tre quarti; i suoi capelli erano raccolti in uno chignon, e il velo le arrivava a metà della schiena. Ai piedi, un paio di décolleté di raso bianco, tacco sei: aveva scelto quelle perché le décolleté erano l’unico modello di scarpe per cui provava un minimo di interesse.
Dopo un’ultima veloce occhiata al suo riflesso prese il cellulare, che era appoggiato sul comodino e scorse i numeri della rubrica finché non trovò quello della sorella.
“Pronto?”
“Sofia! Ciao, come va? Hai dormito bene in albergo?”
“Sì, peccato che mamma e papà mi abbiano obbligata a prendere una stanza singola, invece che una doppia con Riccardo. Non è giusto, ho diciannove anni, non sono più una adolescente! Che guastafeste che sono … il lato positivo è che almeno Odie sta bene: visto che qui sono attrezzati per i cani, può stare spesso in compagnia dei suoi simili. Comunque vi invidio, mi sarebbe piaciuto stare in un appartamento! Chi è che ve lo ha dato? Non mi ricordo!”
“Ce l’ha dato uno dei testimoni di Sara, Marco: è italo-francese e anche molto ricco, la sua famiglia ha ben due case qui; quindi, una l’ha data a noi, e nell’altra c’è lui, con il suo compagno Tommaso e il loro figlio di sei mesi, che si chiama Davide”.
“Ah, hanno anche un bambino?”
“Sì. Biologicamente è di Tommaso: l’ha avuto da una donna che metteva in affitto il suo utero”.
“Bah … io non capirò mai queste donne, sai? Come fanno a prestare una parte così intima del loro corpo a sconosciuti, i quali poi cresceranno i loro figli? Io non ce la farei mai, neanche se mi pagassero oro!”
“Neanche io … però per queste signore è un lavoro, e anche ben pagato! Che vuoi che ti dica? Ognuno fa le sue scelte”.
“A proposito di denaro … voi la casa la pagate?”
“No”.
“Come sarebbe a dire, no? Che fortuna! Voglio anche io degli amici ricchi che hanno case in altre capitali europee! Sara li ha conosciuti tramite il lavoro, vero?”
“Sì … ma chissà, se sarai fortunata quest’anno ne troverai qualcuno all’università. Già che siamo in argomento, sei pronta per i test d’ingresso?”
“Prontissima! Sto ripassando tutto ciò che può essermi utile, e mi sto documentando per poter affrontare al meglio la parte di cultura generale … anche se ultimamente ho lasciato tutto da parte e mi sono messa a fare un corso di francese”.
“Per via di oggi?”
“Certo, che domande! Sono la tua testimone di nozze, dovrò pure capire qualche parola della cerimonia, no? Com’è che dirà l’ufficiale di stato civile? Je vous déclare femme et femme? “
“Ma no! -.-‘ Dirà: Je vous déclare légalement mariées, ossia: vi dichiaro legalmente sposate”.
“Ah! E perché dirà così? O.o Che strana formula!”
“Non ne ho idea. Forse per renderla più neutra possibile! Comunque non mi interessano le parole che verranno usate: quello che conta per me è che sto per sposare la persona che amo. E lo faccio proprio nella terra in cui tre anni fa un uomo si sparò per protestare contro la legge che consentiva i matrimoni tra omosessuali, che era stata approvata da pochi giorni”.
“Già. Lo fece nella chiesa di Notre Dame, vero? Ieri l’ho visitata, insieme a mamma, papà, Riccardo e i tuoi futuri suoceri, che alloggiano nel nostro stesso albergo. Sono dei tipi a posto!”
“E’ vero, lo sono. Sara aveva molta paura quando ha dovuto dire loro di noi, ma non l’hanno presa poi così …“ la giovane donna si interruppe, vedendo sua figlia entrare di corsa nella stanza.
“Mamma Irene! Ha detto mamma Sara che è quasi ora di andare via, e che ti devi sbrigare!”
“Sof, devo andare: è tardi, Sara ha appena mandato Vittoria a dirmi che dobbiamo uscire. Ci vediamo dopo, ok? Ricordi dov’è il comune?”
“Sì, sì, tranquilla. Vai pure, e di’ alla mia nipotina che ho un altro pupazzetto per lei”.
“D’accordo: ne sarà felice! A tra poco!”

*****
 

Sara alzò lo sguardo verso il cielo parigino: le nuvole c’erano ancora, ma non sembravano portatrici di pioggia. Si girò verso l’edificio che ospitava il ristorante che lei e sua moglie avevano scelto per il loro pranzo di nozze e sospirò di felicità.
Da piccola aveva sognato anche lei il principe azzurro, e da adolescente era stata innamorata di alcuni ragazzi; poi era arrivata Irene, ed era cambiato tutto. Certo, non era stato facile, per lei che era molto credente, accettare la propria bisessualità: ma con il tempo aveva imparato ad accettarsi, e ormai non riusciva più ad immaginare la sua esistenza senza la sua dolce metà e la loro bimba. E ora, stava vivendo il giorno più bello della sua vita, accanto a loro: i suoi parenti c’erano tutti, mentre alcuni tra quelli di Irene avevano finto di avere impegni improrogabili per non dover assistere a quello che ritenevano essere un insulto a madre natura, ma non importava: lei e la sua donna si amavano, e per questo avevano voluto legalizzare la loro unione. Avrebbero voluto farlo in Italia, piuttosto che in una nazione straniera di cui alcuni non conoscevano la lingua (loro a dire il vero su questo punto se l’erano cavata, perché Marco aveva fatto da interprete, permettendo a tutti gli invitati di capire, ma se non avessero avuto questa fortuna le cose sarebbero state molto più complicate), ma alla fine era andata bene lo stesso.
“Forse ora è meglio rientrare”, si disse, ma dopo aver fatto qualche passo si bloccò lì dov’era, vedendo che Irene le stava venendo incontro.
“Amore, che fai qui? Ho accompagnato Vittoria in bagno e quando sono tornata non c’eri! Mi hai fatto preoccupare!”
“Scusa, sono uscita per riflettere. Sono così felice!” abbracciò di slancio la sua consorte, poi chiese “Ma la piccola dov’è, a proposito?” .
“E’ dentro, con Sofia, che le ha comprato un altro pupazzo: sarebbe George, il fratellino di Peppa Pig. Te lo ricordi?”
“Certo che sì. Come potrei averlo dimenticato, visto che Vittoria ci fa vedere quel cartone animato praticamente tutti i giorni? Dopo questo regalo, comunque, penso che adorerà sua zia!”
“Lo penso anche io. Quando le ho lasciate però a dire il vero Vee stava chiedendo a mia sorella perché non era vestita di bianco anche lei … quella bambina da troppa importanza ai vestiti, non va bene!”
“Meno male! Almeno da grande non si vestirà in modo strano come una certa persona che conosco …”
“Ti riferisci a me? Ma come osi?” ribatté Irene fingendosi offesa.
Si baciarono appassionatamente per un po’, infine si staccarono e si sorrisero a vicenda.
“Sai, anche se non l’ho partorita, mi sento sua madre anche io…”
“Ma tu sei sua madre: ci giochi, le leggi le favole, la curi quando si ammala … insomma, fai con lei le stesse cose che faccio io. Per essere un bravo genitore non conta il genere di appartenenza, ma la capacità di amare il bambino e dargli dei princìpi sani. Te lo dissi anche quando ero incinta!”
“Hai ragione! Ora ci conviene tornare dentro, però: tra poco ci sarà il taglio della torta. E poi ci aspetta la prima notte di nozze! Ti farò impazzire di piacere”.
“Wow, non vedo l’ora!” esclamò Irene guardando maliziosamente Sara e cingendole la vita con le braccia.
Si allontanarono così, felici e spensierate, verso quello che speravano essere un futuro pieno d’amore.
 
 
Note dell’autrice: ed eccoci arrivati all’ultimo capitolo … ringrazio tutti coloro che hanno recensito, che hanno seguito la storia, che l’hanno messa tra i preferiti o che l’hanno anche semplicemente soltanto letta. La dedico a tutta la comunità lgbt,  che da anni lotta per i suoi diritti, e ai bambini come Vittoria e Davide: pochi lo sanno, ma di bimbi che crescono con famiglie omogenitoriali qui in Italia ce ne sono circa diecimila!
 
 

 
 
  
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