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Autore: Preussen Gloria    30/05/2013    3 recensioni
"Il vostro bambino è nato qui?"
"Sì..."

Odino ha punito Thor ma non l'ha fatto per sopprimere la sua arroganza.
“Dovete essere molto disperato o molto sciocco per aver lasciato che vostro figlio nascesse su Jotunheim, principe di Asgard,”
"Non è mio figlio..."

Odino ha condannato Loki ma non per i crimini da lui commessi.
"Pensavo fosse tuo..."
"Sì, lo è. Solo che non è mio figlio."

Entrambi sono stati maledetti per espiare il peggiore dei peccati.
"Il neonato che tieni in braccio è mio fratello."
Ma non esiste maledizione che possa convincere Thor ad abbandonare Loki.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Loki, Thor
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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II

Frigga


Frigga avrebbe voluto farlo fin dal primo giorno, ma non ne aveva avuto il coraggio.
Visto il tipo di prigioniero, avrebbero potuto limitarsi a chiuderlo a chiave in una delle tante camere del palazzo, come avevano fatto con i due ragazzini.
Ma Odino aveva dissentito.
“È uno Jotun,” aveva detto, “non abbiamo ancora imparato a non fidarci degli Jotun?”
Frigga dubitava che quella povera creatura avesse mai avuto tendenze violente in tutta la sua vita, ma una gelosia maligna aveva preso campo nell’animo della regina e, sebbene lei stessa se ne fosse accorta, una parte di lei voleva che quello Jotun fosse trattato da nemico.
Si odiava per questo ma non lo poteva evitare.
“Mia regina,” le guardie s’inchinarono aprendo la porta della cella e lasciandola passare. Quelle quattro mura erano sporche e l’oscurità era più forte della luce delle torce.
Jàrnsaxa era seduto in un angolo e si guardò dall’alzarsi in piedi per omaggiare la donna in alcun modo, “che cosa volete?” Domandò ed il suo tono era tutto fuorché gentile. Frigga non si aspettava altro da una creatura a cui avevano strappato il compagno ed i due figli. Cercò di dirsi che quel compagno era suo figlio, che quei ragazzini erano i principi di Asgard, ma non riuscì comunque a mettere a tacere la sua coscienza.
“Volevo assicurarti che tuo figlio è con mio marito,” disse Frigga freddamente, “non devi temere per la sua incolumità.”
“Ne ho due di figli. Quale?”
“Magni.”
Jàrnsaxa sospirò stancamente, “Magni non mi ha mai dato alcuna preoccupazione, mia regina,” le confidò, sebbene Frigga non volesse sentire più parole del dovuto da lui, “quando venne alla luce, riuscii a fare tutto da solo. Da piccolo non ha mai creato problemi né a me né a suo padre. Se si metteva nei guai, lo faceva solo per una ragione.”
“E quale?” Domandò Frigga, suo malgrado.
“Loki…” Mormorò Jàrnsaxa alzando gli occhi scarlatti su di lei, “ci sono giorni in cui desidero che torni il neonato di pochi giorni che Thor mi ha messo tra le braccia anni fa. Riuscivo a proteggerlo, allora. Lo tenevo sempre con me e non vivevo nel continuo terrore che, non appena mi fossi voltato, potesse succedergli qualcosa di brutto.”
“Mio marito dice che Loki è cresciuto più debole di quanto non ricordasse.”
C’era odio negli occhi di Jàrnsaxa quando la guardò di nuovo, “forse il re non conosce la differenza tra la debolezza e l’amore.”
Frigga strinse i pugni, “non ti permetto di…”
“Non temo nulla da voi, mia signora,” la interruppe lo Jotun, “mi avete portato via Thor. Mi aveva portato via i miei figli ma sono perfettamente consapevole dell’amore che provate per loro, non temo per la loro incolumità. Per tanto, sì, mi permetto… Anche se voleste condannarmi a morte, cosa volete che me ne importi, dopo che mi avete tolto tutto?”
Frigga nemmeno si rese conto di aver abbassato lo sguardo con vergogna.
“Avete mai allattato Loki, mia regina?” Domandò Jàrnsaxa e la donna s’irrigidì.
“No,” ammise Frigga tristemente, “non mi è stato permesso di allattare nemmeno Thor, ho perso il latte che il più grande dei miei figli aveva solo pochi mesi. Quando Odino mi portò Loki, ci affidammo ad una mezzosangue per nutrirlo.”
Jàrnsaxa annuì, “Thor era disperato quando venne da me,” raccontò, “una dignitosa disperazione, quella di un vero principe, credo. Penso che se avesse potuto, si sarebbe preso cura di Loki completamente da solo.”
“Thor è un figlio devoto,” commentò Frigga con aria nostalgica, “ho sempre saputo che non sarebbe stato da meno come genitore.”
Lo Jotun accennò un sorriso, “in principio, guardavo Thor con Loki e non riuscivo a credere che esistesse un uomo così dolce. Vengo da un bordello, penso possiate immaginare a che tipo di esseri ero abituato.”
Frigga rabbrividì e si limitò ad annuire.
“Come ci si può non innamorare di un giovane che adora la sua creatura in quel modo?” Domandò Jàrnsaxa sommessamente, “quando tra noi è cominciato a nascere qualcosa, non ho mai avuto la superbia di essere il primo nel cuore di Thor. Probabilmente, nemmeno lui lo è per me. Lo amo, mia regina. Il mio è un amore che non ha nulla a che fare con la gratitudine, lo giuro. Ma…” Si morse il labbro inferiore, “persi un bambino, poco prima che Thor mi portasse via dall’orrido posto in cui sono cresciuto.”
Frigga chiuse gli occhi e sospirò profondamente: no, non c’era nulla di pericoloso in quella creatura.
“Quel bambino non ha mai pianto,” raccontò lo Jotun con voce sottile, “era freddo, quando l’ho stretto tra le braccia.”
“Non pretendo che tu riviva…”
“È necessario perché voi capiate!” Affermò Jàrnsaxa con rabbia, “Thor mi ha portato via da quello schifo ma è stato Loki… Il mio piccolo, bellissimo Loki a salvarmi. Quando io e Thor siamo divenuti amanti, quando mi ha raccontato la verità su quella stupenda creatura io non… Thor temeva che l’avrei odiato, che ne sarei stato geloso ma… ma… Loki era mio, Loki era il bambino che mi era stato portato via, per me. Morirei per lui, mia regina e Thor sa che sacrificherei anche lui per i nostri figli.”
“Perché mi dici tutto questo?” Domandò Frigga confusa.
“Perché non voglio sentirvi ripetere che mio figlio è un debole,” rispose freddamente Jàrnsaxa, “se lo fosse, non sareste qui sotto per implorare il mio aiuto.”
Il viso di Frigga si contorse in un’espressione orribile.
Se ne andò, senza voltarsi.

[Midgard, ieri.]

L’acqua calda era un miracolo a cui Jàrnsaxa ancora non riusciva a credere. Ad una parte di lui dispiaceva ammetterlo ma, spesso, aspettava che Thor uscisse di casa per poter riempire la grande vasca nel bagno principale e restare lì a coccolare Loki circondato dalla schiuma profumata e dal calore.
Gli piaceva stringere il bambino contro il petto nudo: voleva che Loki imparasse a riconoscere il suo odore e ad accettare la sua presenza anche in momenti al di fuori dell’allattamento. Non sapeva cosa facesse Thor, quando non era con loro ma, alle volte, Jàrnsaxa lo vedeva tornare così affaticato che aveva cominciato ad immaginare che lavorasse in qualche modo.
Non sapeva che tipo di lavoro potesse fare un principe.
Non credeva nemmeno che un principe avesse bisogno di trovarsi un impiego per guadagnarsi da vivere ma, probabilmente, questa era la conferma che ad Asgard non c’era più veramente nessuno di cui Thor si potesse fidare.
Jàrnsaxa passò una mano bagnata sulla piccola testa corvina, attento a non far andare la schiuma negli occhi verdi di Loki che non sembrava affatto spaventato dall’acqua. Se ne stava lì, appoggiato al suo petto con un pugnetto in bocca lasciando che quella mano amorevole lo lavasse lentamente. Jàrnsaxa fece una smorfia, “ti piace farti servire, eh?”
Loki tentò di alzare la testolina per guardarlo, ma era ancora troppo piccolo e Jàrnsaxa lo prese la tra mani tenendolo sospeso di fronte a sé: era così piccolo. A Loki non piacque molto quel cambio di posizione, il contatto pelle contro pelle lo rassicurava di gran lunga di più. Il giovane Jotun appoggiò la schiena contro il bordo della vasca distendendo il piccolo sul suo petto. Loki si mosse quel poco che poteva per cercare di afferrargli il capezzolo con le piccole labbra. Jàrnsaxa rise, “fermo o rischi di scivolare.”
Gli sorresse la testa lasciandolo succhiare quanto voleva, mentre si rilassava cullato dall’acqua calda e dalla presenza del piccolo tesoro tra le sue braccia. Loki lo guardò per tutto il tempo, come faceva sempre.
“Se non sapessi che è impossibile,” mormorò lo Jotun posando un bacio tra quei ciuffetti corvini, “penserei che mi stai scrutando dentro, lo sai?”
Loki rispose con un sbadiglio spontaneo, una breve pausa, prima di riprendere la poppata.

[Asgard, oggi.]

“Il re non approverà, mia regina,” la mise in guardia una delle sue ancelle.
Frigga le lanciò un’occhiata obliqua, “il re lo ha affidato a me per un motivo,” replicò duramente, sebbene, in cuor suo, non riuscisse più a capire quale.
“Sei sua madre,” aveva detto Odino.
No, non lo sono più, pensò e gli fece male ammetterlo a se stessa. Loki camminava qualche metro avanti a lei: gli erano sempre piaciuti i suoi giardini e sperava che una passeggiata all’aria aperta l’avrebbe distratto un po’. Aveva smesso di piangere ed urlare quella mattina, doveva aver capito che nessuno gli avrebbe restituito la sua famiglia così facilmente e Frigga stava cominciando a smettere di tentare di convincerlo che anche lei ed Odino lo erano.
Non sapeva come Thor avesse cresciuto i suoi figli, ma guardando Loki e Magni sospettava che non avesse speso molto tempo a parlare di loro. I ragazzini conoscevano il loro nome, Loki sembrava anche sapere di un passato che non gli apparteneva più, ma non c’era nessuna volontà di conoscerli in loro.
Gli avete strappati dai loro genitori, disse una voce maligna nella sua testa, che cosa pretendi?
Chiuse gli occhi e sospirò profondamente. Quando li riaprì, Loki si era fermato di fronte ad roveto e lo fissava con interesse.
Frigga non seppe prevedere le sue intenzioni, ma, quando il ragazzino allungo una mano, un antico meccanismo materno si riaccese in lei, “attento a non pungerti!” Esclamò.
Loki sobbalzò e si voltò a guardarla: non rispose, non fece alcun cenno. Dopo poco, riprese a fare quello che stava facendo come se non avesse udito la sue parole.
“Loki…” Sospirò Frigga credendo che stesse agendo per il puro gusto di farle un dispetto: un comportamento che, il figlio che aveva cresciuto, spesso adottava con le persone che non gli andavano a genio. Fece per avvicinarsi, quando dal roveto secco spuntò un bocciolo rosso, poi un altro ed un altro ancora… In breve, gli arbusti scuri vennero ricoperti da una moltitudine di rose rosse.
Le ancelle alle sue spalle applaudirono entusiaste complimentandosi ad alta voce per il talento magico del principe. Il suo Loki non si sarebbe mai esposto per compiere una magia simile, si sarebbe vergognato troppo del giudizio che gli uomini di corte gli avrebbero sputato in faccia una volta che si fosse sparsa la voce.
Loki s’inginocchiò e raccolse una delle rose appena nate.
Frigga rimase a guardarlo incantata, mentre stringeva lo stelo tra le dita della mano destra e circondava il bocciolo con quella della sinistra: un sottile strato di ghiaccio ricoprì interamente il fiore.
Nessuno applaudì, quella volta.
Loki si alzò e si avvicinò alla regina lentamente ma con passo deciso, “prendetela,” gli disse porgendogli il bocciolo ghiacciato, “non vi ferirà la pelle, promesso.”
Frigga accettò, sebbene con mano esitante. Quasi sobbalzò, quando si rese conto che la rosa era fredda ma non gelida, come se ad avvolgerla fosse stato cristallo e non ghiaccio.
“È un dono per voi,” spiegò Loki con lo sguardo spostato di lato.
Frigga ne rimase sinceramente sorpresa e sorrise, quasi commossa, “ti ringrazio, tesoro.”
Loki annuì, ancora non la guardava, “mia madre mi ha insegnato ad essere grato con le persone che mi trattano con gentilezza, perché è un dono raro da ricevere a questo mondo.”
La regina si oscurò appena nel sentir nominare lo Jotun rinchiuso nelle loro prigioni, ma si sforzò di continuare a sorridere ed annuì, “Jàrnsaxa ti ha detto una cosa molto bella e molto saggia.”
“Siete compiaciuta?”
“Sì, il tuo regalo mi ha fatto un gran piacere e…”
“Posso vedere mia madre ora, mia regina?” Le parole di Loki erano di un’educazione impeccabile ma il suo tono era più gelido del ghiaccio in cui era racchiuso il fiore tra le sue dita.
“Tesoro,” cominciò Frigga titubante, “il re ha dato a tutti delle indicazioni precise…”
“La parola del re non ha valore per me,” intervenne Loki degnandosi di guardarla negli occhi, “non vi chiedo di accompagnarmi, questo sarebbe disubbidire. Vi chiedo di non fermarmi, sempre ammesso che il vostro re non vi abbia reso responsabile della mia carcerazione.”
Frigga non replicò.
“Ve lo chiedo di nuovo,” Loki si avvicinò ancora di un passo, “posso vedere mia madre?”
Quanta adorazione c’era in quella determinazione? Possibile che non ci fosse nulla del suo Loki in quel ragazzino?
Pensò a Jàrnsaxa, pensò alla dignitosa rabbia con cui l’aveva affrontata. Lo immaginò, nel corso degli anni, con le creature che più aveva amato al mondo. Lo immagino con Loki tra le braccia, premuto contro il petto mentre lo nutriva. S’immaginò le mani forti e calde di Thor tra i suoi capelli corvini. Li immaginò entrambi mentre cullavano Loki in mezzo a loro, dopo una dolcissima notte d’amore. Immagino Loki, il suo Loki, che imparava a riconoscerlo come una madre, che andava da lui mentre muoveva i primi, incerti passetti, che lo cercava con lo sguardo quando cadeva e si metteva a piangere.
Nella sua mente, vide Jàrnsaxa divenire madre di uno dei suoi figli e compagno dell’altro.
Vide Jàrnsaxa portarglieli via.
Oscurata dalla gelosia, Frigga si dimenticò dell’unica, grande verità: era stato il suo stesso marito a privarla di ciò per cui sarebbe morta, pur di non perdere mai.
“No, Loki,” rispose scuotendo la testa, “non puoi.”
Loki premette le labbra con forza, i suoi occhi verdi si tinsero di scarlatto e Frigga dovette lasciar andare di colpo la rosa, come se scottasse. Lo stelo si spezzò in due.
La regina osservò i proprio polpastrelli resi bluastri dalle ustioni.
Quando tornò a guardare Loki, i suoi occhi erano di nuovo verdi.

[Midgard, ieri.]

Jàrnsaxa si sollevò dalla vasca stringendo Loki al petto. Distese il piccolo sull’asciugamano che aveva aperto appositamente sul ripiano vicino al lavandino e il piccolo ne approfittò subito per sgambettare liberamente. Lo Jotun rise afferrando uno dei piccoli piedi e baciandone le dite minuscole, poi depositò un baciò sul pancino ed, infine, spese qualche istante per torturare una delle guance morbide. Loki emise versetti acuti per tutto il tempo e Jàrnsaxa si disse che avrebbe potuto vivere solo di quella dolcezza per tutta la vita.
Sentì la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi e si affrettò ad indossare un accappatoio, prima di uscire dal bagno.
“Thor, sei tu?”
L’Aesir salì le scale a due a due comparendo velocemente alla fine del corridoio: un sorriso stanco gli illuminava il viso di una luce gentile ma fievole.
“Avete fatto il bagno?” Domandò.
Jàrnsaxa annuì, “ho pensato che volessi vestirlo tu.”
“Grazie,” mormorò Thor prendendo  il fagotto bianco dalle sue braccia. Lo Jotun non poteva evitarlo, ogni volta che quel giovane uomo incontrava gli occhi del suo bambino, qualcosa gli bloccava il respiro.
“Ciao, piccolino,” mormorò con una voce che esprimeva tutto l’amore del mondo, mentre si accoccolava contro di lui con totale fiducia, “deve mangiare di nuovo?”
“Penso che sarebbe più comodo per te, se lo nutrissi ancora prima di andare a dormire. Lui si addormenterebbe subito e, con un po’ di fortuna, tu potresti riposare fino al mattino.”
Thor lo guardò preoccupato, “quando piange la notte, ti sveglia?”
Jàrnsaxa scrollò le spalle con un sorriso tranquillo, “ha tre settimane di vita, cos’altro si può pretendere da lui? Anche se ci sono state delle volte in cui sarei voluto intervenire, penso avesse semplicemente fame.”
“Non voglio derubarti anche delle tue ore di sonno,” spiegò Thor.
“Mi hai portato con te per prendermi cura di Loki,” gli ricordò lo Jotun, “prendersi cura di un neonato significa, spesso, non dormire e, comunque, io posso riposare durante il giorno, mentre lui dorme. Tu spesso te ne vai al mattino per tornare dopo il tramonto. Qualsiasi sia la tua occupazione, senz’altro è più faticosa della mia.”
Thor guardò Loki con aria colpevole, “ci sono modi particolari per far addormentare i piccoli Jotun?”
Jàrnsaxa inarcò un sopracciglio, “perché me lo chiedi?”
“Loki piange in quel modo solo di notte, forse c’è qualcosa che non faccio nel modo giusto.”
Jàrnsaxa si umettò le labbra riflettendo in silenzio, “è tradizione, su Jotunheim, che i neonati dormano con chi li ha messi al mondo in una sorta di nido.”
“Nido?” Chiese Thor confuso.
“Un enorme groviglio di pellicce. Quasi come un letto, ma immensamente più caldo: lo si fa per impedire che i neonati muoiano per il freddo notturno. Siamo fatti per il nostro mondo ma… I neonati sono creature che vengono da una realtà calda ed accogliente, nulla li prepara all’eterno inverno. Sono completamente indifesi, alla nascita. È anche un modo per permettere ad un neo-genitore di nutrire velocemente il proprio bambino.”
Thor si oscurò appena, “dovrei… Dovrei lasciartelo anche durante la notte?”
Jàrnsaxa sapeva quanto era importante per quel giovane e per Loki essere insieme, almeno fisicamente, durante quelle ore, “non preoccuparti, Thor… “ Disse sorridendo, “svegliami quando piange. Lo alletterò e poi potrai riaverlo tutto per te.”
“A meno che…” Cominciò Thor con tono vago, “forse ho un’idea.”

[Asgard, oggi.]

Magni aveva i capelli neri ma, a parte questo, era il ritratto di Thor in tutto e per tutto.
“Assomigli tantissimo a tuo padre,” commentò la regina con un sorriso orgoglioso.
“Vi ringrazio,” il ragazzino accennò un sorriso educato, “lo prendo come un complimento.”
“Lo è,” Frigga annuì sedendosi sulla panchina di marmo della balconata, “sapevi che questa camera era di Thor.”
“Me l’hanno detto,” Magni annuì, “so che mio fratello è nella camera che gli è appartenuta nel suo ciclo precedente.”
“Ciclo?” Domandò Frigga confusa, “cosa vi ha raccontato Thor?”
“Del fatto che, alla fine dell’esistenza, l’universo ricomincia il suo ciclo da capo, con dettagli diversi ma, essenzialmente, finisce col raccontare le stesse storie.”
La regina annuì.
“Ci spiegò che, per Loki, era come se il suo ciclo si fosse interrotto a metà e fosse ricominciato prima della fine di ogni cosa.”
“Quindi sapete che Loki non è nato dal grembo di tua madre.”
Magni inarcò un sopracciglio, “lo dite come se fosse un dettaglio fondamentale, mia regina.”
Frigga abbassò lo sguardo, “nel suo ciclo precedente, Loki non sapeva la verità sulla sua nascita.”
“Lo so,” Magni annuì, “papà ce lo ha raccontato. È basandosi su quello ed altri errori che ha cercato di crescere me e mio fratello in modo diverso da come è stato cresciuto lui.”
Frigga sentì una fitta al cuore: non era facile per una madre sentirsi dire una cosa del genere.
“Ami tuo fratello, Magni?”
“Perdonatemi, ma è una domanda stupida,” rispose freddamente il ragazzino, “prego, ogni giorno, vostro marito perché mi riporti almeno lui.”
Frigga sorrise, “devi solo avere pazienza. Non è nostra intenzione dividerti da Loki in eterno.”
“E i nostri genitori?”
La regina abbassò gli occhi tristemente.
“Come sospettavo,” sibilò Magni voltandosi a guardare la città dorata, “non dovreste essere con vostro figlio ora, mia regina?”
Frigga colse il crudele invito nascosto in quelle parole e si alzò per andarsene.

[Midgard, ieri.]

Jàrnsaxa aveva dormito con molti guerrieri in vita sua. Non per suo desiderio, certo, ma l’aveva fatto nei modi più osceni che si potesse immaginare.
Ora, aveva uno strato di vestiti a ricoprigli completamente il corpo ed una moltitudine di coperte gettate sopra ed il guerriero al suo fianco non solo era vestito quando lui ma giaceva ad almeno un metro di distanza. Oh, giusto, vi era un neonato tra loro.
Eppure… Eppure, Jàrnsaxa non si era mai sentito così imbarazzato in tutta la sua vita.
Loki dormiva pacificamente raggomitolato accanto a lui e lo Jotun si dilettava ad accarezzarlo e guardarlo, dato che non gli era possibile addormentarsi a sua volta, in quella situazione.
Se non altro, aveva ottenuto che Thor si riposasse a dovere, senza dover rinunciare alla vicinanza di Loki.
Il piccolo aprì gli occhi emettendo qualche versetto che preannunciava lo scoppiare di un pianto.
Jàrnsaxa sollevò l’orlo della maglietta velocemente guidando Loki contro il suo petto: il bambino si acquieto immediatamente, dopo aver mangiato.
Suo malgrado, doveva ammettere che gli piaceva condividere uno spazio simile con quella piccola meraviglia, ma la presenza del fratello maggiore lo mandava completamente in panico.
Sentiva che c’era molta più intimità in quella situazione che non nel letto di un bordello.
Un uomo. Un bambino.
Jàrnsaxa non aveva mai avuto il lusso d’immaginarsi come compagno o come genitore. Con la gravidanza, aveva cominciato a vedersi con un neonato tra le braccia e Loki era il concretizzarsi di quel sogno creduto perduto, per questo lo amava più di quanto la sua posizione gli permettesse.
Ma essere un compagno…
Un uomo. Un bambino. Una famiglia.
Era un’illusione troppo dolce perché potesse lasciarvisi andare, senza avere il cuore pregno di paura.

[Asgard, oggi.]

“Sei triste, madre?” Domandò Balder durante la cena.
Frigga forzò un sorriso, “no, tesoro. Sono solo molto stanca.”
Odino la guardò sospettoso dalla parte opposta del tavolo, ma non disse nulla.
Non si organizzavano più banchetti serali per l’intera corte da molti anni, non aveva più senso senza i loro figli. Loki aveva sempre detestato quelle occasioni: per lui non erano altro che spiacevoli parentesi in cui mettersi appositamente in vetrina per essere alla portata dei commenti velenosi della gente.
Thor, da ragazzino, al contrario, adorava la compagnia e la confusione che poteva venire a creare.
Poi era finito col cercare tra la folla un viso che non avrebbe più scorto in quella sala ed aveva cominciato ad evitare ogni tipo di festeggiamento.
“Sei silenziosa,” insistette Balder.
“Te l’ho già detto caro: sono stanca.”
“Dicono che Loki vi abbia aggredita questo pomeriggio nei giardini…”
Frigga trattenne il fiato sentendo lo sguardo confuso di suo marito su di sé, “che sciocchezza. Mi sono appena ferita i polpastrelli, nulla che il solo tempo non possa curare.”
“Però vi ha fatto del male consapevolmente.”
“Balder, tesoro, finisci la tua cena, per favore,” lo rimproverò bonariamente non volendo parlare di quanto era accaduto, del fatto che era scesa nelle prigioni nella speranza che uno Jotun l’aiutasse a capire come prendersi cura di suo figlio e di come quella situazione la dilaniava intimamente. Non poteva parlarne o sarebbe finita con l’accusare Odino di cose che Balder non avrebbe mai dovuto udire.
“Come sta?” Chiese improvvisamente suo marito.
Frigga sospirò, “come vuoi che stia?” Domandò invelenita, “ha visto troppi pochi inverni per essere strappato dai suoi genitori e da suo fratello.”
Odino annuì, “è strano, non trovi? Loki è più grande, eppure non lo sembra.”
“Magni sembra quasi un giovane uomo, lo so.”
“Quando potrò conoscere Loki?” Intervenne Balder prontamente.
“Non ti è stato permesso di parlare,” lo rimproverò il padre.
“Odino…” Mormorò Frigga.
“Deve imparare a non fare domande fuori luogo!”
“Stavate parlando di Loki ed ho fatto una domanda su Loki!” Si difese prontamente Balder, “perché siete così terrorizzati dall’idea che lo veda? Cosa potrebbe farmi? Trasformarmi in una statua di ghiaccio con un sguardo?”
No, potrebbe farti innamorare. È questo che teme tuo padre, pensò Frigga ma non avrebbe mai avuto l’ardire di dirlo apertamente. Nemmeno suo marito aveva osato ma non le era stato difficile capirlo, quando Odino aveva cominciato a ripeterle più volte che Balder avrebbe dovuto stare lontano da Loki il più possibile.
Il re ancora s’illudeva che il suo erede dorato fosse caduto nelle spire di un serpente dal talento di un illusionista. Loki non aveva fatto nulla per legare Thor a sé, era stato il loro primogenito a rincorrerlo, fino all’inevitabile conseguenza.
“Non vedrai Loki per molto tempo, ragazzo!” Sbottò Odino alzandosi dalla tavola, “accettalo!”
Frigga si alzò a sua volta, seguendo il marito fuori dalla sala da pranzo, “ti devo parlare,” gli disse, non appena la porta si chiuse tenendo fuori Balder da quella situazione. Il re annuì ed aspettò che parlasse.
“Odino, Loki non ce la fa più,”
Il sovrano abbassò lo sguardo, “che cosa suggerisci?”
“Permettiamo ai ragazzi di vedersi,” disse Frigga, “smettiamola di trattarli come prigionieri, insegniamo loro a conoscere ed amare questo mondo.”
“E Balder?”
“Dovrà collaborare.”
“Non è a questo che mi riferivo.”
Frigga sospirò stancamente, “devi smetterla di dare a Loki talenti che non ha. Non è un seduttore, non lo è mai stato e Thor non è mai stato tanto ingenuo da cadere in un tranello del genere, quindi…”
“Non tentare di convincermi del contrario, donna!”
“L’ha cresciuto!” Esclamò Frigga, “ci ha abbandonato! Ha rinunciato a tutto e tutti pur di restare con Loki, sebbene non avesse più nulla da offrirgli, solo da che chiederglieli. Se fosse stato un sortilegio, quello che li teneva legati, pensi che Thor avrebbe fatto quello che ha fatto?”
Odino si rifiutò di rispondere, come aveva sempre rifiutato di vedere verità a lui scomode.
Frigga non lo giudicava, non poteva.
Se lo avesse fatto, avrebbe dovuto ammettere che lo odiava. Avrebbe dovuto dirgli che, se avevano perso i loro figli non era per colpa di un sortilegio di Loki o della debolezza di Thor ma solo ed unicamente di una sua scelta egoistica.
E questo, per quanto Frigga si sforzasse, non riusciva a dimenticarlo.


***
Varie ed eventuali note:
Chiedo scusa per la gran figura da cafona che ho fatto nel non rispondere alle vostre recensioni ma sto aggiornando in completa latitanza e da un computer non mio, chiedo infinitamente scusa e ringrazio chi, nonostante i miei scivoloni, continua a seguire questa storia.
  
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