Fanfic su artisti musicali > Taylor Swift
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Autore: tedsweeran13    30/05/2013    3 recensioni
Finalmente arrivai in prossimità della scala che portava al palco grande. Lì vicino, accanto a me, una ragazza fissava lo schermo su cui stava Taylor, tenendo in mano un cartellone con su scritto 'i love you'. Mi venne un'idea ancora più pazza; tirai giù il cappuccio, mi avvicinai alla ragazza e le chiesi se me lo potesse prestare. [...] Salii con decisione le scalette, proprio mentre la bionda finiva la canzone e la postazione rotante su cui si trovava si bloccava, rivolta verso il palco. Mi guardai un attimo alle spalle, per controllare se tutto stesse andando secondo i piani, e quasi mi spaventai vedendo la mia immagine gigantesca. Ma non potevo tirarmi indietro. Tutta la folla si era voltata verso di me, in piedi in mezzo al palco come un imbecille, e mi guardava incuriosita. Taylor stava a testa china, tentando di riprendersi. Non sentendo altro che il silenzio assoluto, alzò la testa, mi vide, sgranò gli occhi. E in quel momento, alzai il cartellone.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TRE.



Nel mio dormiveglia, sentii chiaramente qualcuno che saliva rapidamente le scale, che si trovavano proprio davanti alla mia camera ; era un passo leggero, acuto, ticchettante e molto fastidioso: probabilmente tacchi. Ma non me ne curai molto.

Perché, come sapete bene lui se ne intende di scarpe con il tacco” mormorò la vocina dentro la mia testa, con il chiaro scopo di prendermi in giro. Oh, bene, adesso anche la mia stessa coscienza si prendeva gioco di me.
Ehi Coscienza” la richiamai. “Smettila di farmi sembrare uno sciroccato che parla da solo e lasciami dormire in pace”.
Ma tu sei uno sciroccato, Ed. Eddy. Eddy Rosso” confermò, per poi sghignazzare. Com'è che mi ricordava una certa bionda svampita che non faceva altro che appiopparmi quel nomignolo assurdo ogni volta che le capitava? Aveva anche il suo stesso tono di voce. Stupida, antipatica, acida di una Coscienza. Non bastava la mia migliore amica a farmi sentire un folletto, per via dei capelli. Dovevo essere stato influenzato parecchio. Oppure avevo davvero qualcosa che non andava ed effettivamente, il dubbio cominciava a sorgere, visto che continuavo a sentirla parlottare nel cervello come se ce l'avessi seduta accanto a me...
No idiota, solo Taylor ti chiama Eddy Rosso, è una sua priorità” eccola, di nuovo, con quel tono di scherno che mi faceva venire voglia di prenderla a schiaffi. Peccato che non esistesse.
Ti ho detto di stare zitta” le intimai, spegnendo il cervello con l'intenzione di tornarmene a dormire. E poi, eccolo. Sentii dei leggeri colpi sulla porta, chiari ma allo stesso tempo ovattati. No, te li stai immaginando, Ed. E' la Coscienza, quell'antipatica, che ti sta giocando uno scherzetto dei suoi. Con questa convinzione fissa in mente, rimasi dov'ero e non mi mossi di un millimetro. D'altronde, nessuno sano di mente avrebbe osato venirmi a svegliare alle … Beh, non avevo idea di che ore fossero, e non avevo nessuna intenzione di scoprirlo. Per questo, incurante del rumore che continuava a riecheggiarmi nelle orecchie - e convinto che fosse frutto della mia immaginazione - girai la testa dall'altra parte e continuai a dormire. Ma il rumorino persisteva, martellante. Stava diventando peggio di un martello pneumatico, mi trapassava il cervello. Era irritante, molto.
- Smettila di turbare il mio sonno! – urlai a quella presenza rossa evanescente, che avevo identificato come la mia Coscienza, che si era disegnata nella mia testa, mentre il rumore proveniente dalla porta continuava e cresceva, impertinente. No, non mi alzo. Basta; continuai imperterrito a dormire, nel tentativo - inutile - di ignorarlo.
Ad un certo punto, il rumore cessò. Nella mia testa, esultai, contento di potermi finalmente rilassare. Non lo sopportavo veramente più. Passarono alcuni minuti, nel silenzio più assoluto, nella pace più paradisiaca... poi sentii un crepitio, che, evidentemente, proveniva da un luogo al di fuori di me; stavolta non me lo stavo immaginando, visto che si trasformò prima nel cigolio della porta, poi nello stesso rumore di tacchi che avevo avvertito prima, che mi si avvicinò cauto; il che mi fece ritenere che, probabilmente, c’era VERAMENTE qualcuno che stava bussando alla mia porta, e adesso quel qualcuno si trovava tranquillamente nella mia stanza. Ed io ero mezzo rimbecillito, e non avevo assolutamente niente per difendermi da qualche incursore indesiderato, a parte una chitarra. Avrei potuto spaccargliela in testa se necessario? Non credo.
Ma, mentre facevo queste riflessioni, una voce femminile, che conoscevo meglio della mia, sussurrò il mio nome in tono interrogativo, ricordandomi il flashback avuto la sera precedente. Per questo aprii gli occhi di scatto, ritrovandomi, con mio grande stupore, due pozzi blu che mi fissavano, a metà tra il divertito, il preoccupato e qualcosa che non riuscivo a definire.
-AAAAAAAAAAAAAH! – urlai, agitando le braccia, tirato fuori così violentemente dal mio dolce, dolcissimo sonno. Prima che me ne potessi anche solo rendere conto, la sedia su cui mi ero (s)comodamente assopito - e qui sorse spontanea una domanda: che diavolo ci facevo su una sedia?! - non resse il mio scatto dovuto alla sorpresa e si ribellò, perdendo l'equilibrio e facendomi cadere all'indietro. Sul pavimento. Uh, quella scena mi suonava fin troppo familiare.
Una risata cristallina, scatenata dalla mia bella gaffe, cominciò ad alleggiare nell’aria; e solo allora cominciai a capire chi mi stava davanti. Come al solito, avevo fatto la più classica delle mie figure. Avrei voluto sparire, o qualcosa del genere. Probabilmente la mia faccia era dello stesso colore dei miei capelli. Dio, ma com'era che ultimamente finivo sempre per terra? Doveva piacermi il suolo. Polvere siamo e polvere torneremo; ops, citazione sbagliata. Le figure di Ed Sheeran, il libro, volume uno. Finalmente in libreria!
- Taylor. – dissi, mentre mi rialzavo con uno scatto nel tentativo di mantenere un minimo di dignità. Senza volerlo, il mio tono uscì più crudo del voluto. Sono un po' intrattabile, di prima mattina.
- Ed. – rispose lei, cercando di imitare la mia voce, seria e aspra, ma sulle sue labbra intravedevo ancora quel rimasuglio di sorrisino ironico che mi riservava solo quando ne combinavo una delle mie. La guardai un po’ meglio da sotto le mie sopracciglia - che provavano a restare accigliate, senza successo - per capire come diamine aveva fatto a entrare nella MIA stanza senza che io le avessi aperto. Notai che nella mano stringeva una di quelle card magnetiche che si usavano in quell'hotel, e realizzai che era la chiave di riserva. E lei, ovviamente, era nella lista delle persone che possono riceverle.
- Sei in forma stamattina, vedo. – continuò lei guardandosi intorno e osservando il disordine. Cercava di fare la seria, ma era EVIDENTE come il colore dei miei capelli che si stava trattenendo dal buttarsi per terra come aveva fatto ieri in prova, in preda ad una risata con tanto di convulsioni. E così decisi di prendere la palla al balzo.
-Lo sarei stato, se QUALCUNO – affermai marcando la parola qualcuno – non mi avesse fatto urlare di prima mattina, provocando dei seri danni alla mia angelica e sopraffina voce da solista, – mormoro in falsetto, per poi ritornare al mio tono di voce abituale – e non mi avesse fatto agitare le braccia come un bambino idiota che nuota coi braccioli ma non si accorge di averli e sguazza disperato come se stesse per andare a fondo, facendomi cadere dalla sedia e peggiorando il mio umore già pessimo a quest'ora del mattino – conclusi con un rapido volta testa. “Urca Ed, questa era proprio degna di te”, pensai, elogiandomi e vantandomi, con me stesso.
Dall’altra parte mi arrivò solo il silenzio, ma decisi di continuare la mia parte, per lasciarle il tempo di pensare ad una risposta sagace. Ma non disse niente, anzi, per dir la verità, mi sentivo i suoi occhi addosso, che mi fissavano insistenti. Che diamine fa? Con molta scioltezza, tentai di captare con gli occhi che faccia aveva E me la vidi lì, vicina - si era avvicinata con il suo solito passo da gatto -, intenta a continuare a fissarmi con il suo sguardo mezzo divertito e mezzo stupito. Per precisare, stava fissando la mia guancia.
Dopo qualche istante dovette accorgersi del mio sguardo, perché avvampò leggermente e poi abbassò gli occhi per un secondo. Quando faceva in quel modo metteva in imbarazzo anche me. Dopo di che riprese la sua scioltezza abituale e mi si avvicinò, un sorriso divertito ed ironico stampato sulle labbra rosa.
- Hai lottato con il letto stanotte? – mi chiese quasi seria - e sottolineo il QUASI. Quel sorrisetto non era ancora sparito. Rimasi alquanto perplesso di fronte alla sua domanda; le mie sopracciglia non possono fare a meno di aggrottarsi … lottato con il letto? Che cavolo voleva intend…AH. Rimasi di sasso quando, voltandomi, vidi le coperte ammassate sul pavimento. E solo allora mi accorsi che la mia chitarra - quella con la zampina di gatto - era posata sulla scrivania, accanto a dove mi ero assopito, con sotto il cuscino. E all'improvviso ricordai, fin troppo bene, cosa ci facevo su quella sedia maledettamente scomoda, con lo spartito davanti e la penna sull’orecchio destro. Quasi mi prese un colpo; andai nel pallone, per l'imbarazzo; ma tentai di mascherarlo nella maniera migliore possibile: sparando la prima bestialità che mi venne in mente.

- Nigel voleva stare comoda, così l’ho fatta dormire sul cuscino – balbettai, tentando di apparire convinto, mentre indicavo come un cretino quel povero, innocente oggetto, che si era sformato, a forza di avere la pancia della chitarra gettata sopra a peso morto per tutta la notte. La stessa chitarra su cui io, Ed Sheeran, famoso per il mio peso piuma, mi ero addormentato, di colpo, come un bambino. Taylor rimase a fissarmi come se davanti avesse esattamente un bambino, trattenendosi dal ridere, ma non ci riuscì per molto; apprezzi il fatto che cercasse di tapparsi la bocca, per nasconderlo, inutilmente. Io cercai di battere il nervosismo e di ridere con lei, ma si sentiva chiaramente che c’era qualcosa di finto nella mia voce. “Non deve vedere niente finché non è finita. Non deve vedere niente finché non è finita. Non deve vedere niente finché non è finita.” pensai convulsamente, ignorando tutto il resto, fin quando un “Eddy, ti sei tatuato delle note sulla guancia?” mi fece tornare drasticamente alla realtà.
- Note sulla guancia?! – chiesi, palesemente stupito. Lei si avvicinò; per poco non mi spaventai, poi però tirò fuori uno specchietto e mi disse: - Note. Tua guancia. – e la mia guancia apparve riflessa nel piccolo vetro.
- Oh Dio santo! – esclamai, rischiando di cadere nuovamente per terra, nonostante fossi ben saldo sui piedi. No, non provateci, non ridete. Non è un bello spettacolo svegliarsi e ritorvarsi la guancia BLU dall’inchiostro e la barbetta rossa arruffata con macchioline blu ovunque quando hai la pelle chiara come la mia. Sembri un puffo con la scarlattina. Ed è inquietante, specialmente se riflesso nello specchietto da viaggio della tua migliore amica che aspetta con ansia la tua prossima “figura-alla-Ed”. Giusto per fasri quattro risate di prima mattina.
Passato il trauma, mi ricomponsi - non so bene come - e cercai di inventarmi qualcosa di NORMALE, che per me, ve lo assicuro, sarebbe stata un'impresa molto ardua. - No no, non mi sono tatuato la guancia, è solo che stavo scrivendo, e scrivevo le note, e avevo lo spartito davanti, e era tardi e … sì, insomma, era tardi e mi ci sono addormentato sopra. –; Il silenzio investì tutta la stanza, come un'onda, affogandomi. Ecco, la giornata è iniziata alla perfezione. Prima la caduta, poi questo. Sentii che le mie guance stavano andando a fuoco - chissà che effetto faceva una guancia con la barba rossa a macchie blu e le note sbiadite ovunque mentre si arrossava. Se l’istinto non si sbaglia direi … inquietante -. Ma evidentemente lei era abbastanza forte per sopportare quel trauma, perché mi sorrise, un sorrriso luminoso, di quelli che mi piacevano tanto, e mi pulì quella roba dalla guancia con un fazzoletto - mi sentivo un infante, seriamente. Poi, senza chiedermi nulla di più, mi dissee di prepararmi perché aveva una sorpresa per me.

Dai Ed, ti devi preparare. Non è una cosa così difficile.”, mi impose Coscienza da qualche angolo della mia testa, tentando di darmi forza. Sistemai un po' la scrivania e, con quella scusa, ne approfittai per voltare la pagina dello spartito con la canzone. Per fortuna, Taylor non ci aveva fatto assolutamente caso. Posai la mia chitarra a terra”, quasi mi dispiaceva abbandonarla lì, da sola, e mi sentii subito più fragile. “Quanto sei stupido Sheeran, devi solo andare in bagno e poi non ti vedrà più. A quel punto sei libero di entrare in panico quanto vuoi” grazie mille, Coscienza. Ora sì che mi sentivo meglio, come no. Mossi i primi titubanti passi verso la porta, chissà come apparivo da dietro, probabilmente come uno zombie … mi imposi fermamente di non pensarci e di continuare a camminare - anche perché dubitavo che altrimenti sarei riuscito a muovere un solo muscolo. Uno, due, tre passi e raggiunsi la maniglia. L’abbassai, cercando di non sembrare freneticamente in panico - come in effetti ero - ed entrai. Poi chiusi la porta e a quel punto mi lasciai scivolare giù lungo di essa. CHE DIAVOLO MI PRENDE. CHE DIAVOLO MI PRENDE. Mi guardai le mani e vidi con terrore che sto palesemente tremando. Il cuore sembrava volermi uscire dal petto, anzi, se l'avesse fatto, sarebbe stato un sollievo; batteva così forte che faceva quasi male. Rimasi per un po’ lì disteso guardando il soffitto, nella speranza che quella sensazione di ansia martellante che si era presa possesso del mio corpo passasse in fretta. Ma niente. Niente. Persisteva, fastidiosa e assillante. Allora mi alzai, mi avvicinai al lavandino e ci infilo la testa sotto. Non potevo affermare di essere tornato nel mondo reale, ma almeno un po' del panico si era dissolto. Mi sedetti sul bordo della vasca e cercai di tranquillizzarmi, per quanto fosse possibile - ma poi, ora che ci penso, non capisco perché aver scritto una canzone mi avesse fatto questo effetto. Questo stupido, brutale effetto. E poi, tra le altre cose, non era neanche una canzone. Era una bozza, perché non l’avevo finita, mi ci ero allegramente addormentato sopra. E la mattina me la ero ritrovata scritta sulla guancia. Quindi … qual era il problema? “Già Ed … QUAL È IL PROBLEMA?” gridò Coscienza nella mia testa. “Il problema è che sei un povero rincoglionito che entra in panico perché ha scritto una canzone per la sua migliore amica. Cretino, cosa avresti fatto di male? Niente. E allora smettila di commiserarti e asciugati questi dannati capelli se non vuoi prenderti un accidente.” E a quel punto, puntuale come un orologio, lei bussò alla porta, scatendando nuovamente la mia ansia.
- Ed, ci sei? Devo chiamare qualcuno? Stai poco bene? – domandò, preoccupata. Ma davvero ero stato in trance così tanto?
-Sì sì sono vivo, dammi cinque minuti. – balbettai, cercando di modulare il tono di voce, inutilmente ovviamente; intanto, freneticamente, mi appropriai del phon dell’albergo, per asciugare quella marmaglia rossa che ho in testa. In due minuti riuscii a finire - tanto per farvi capire come mi ero asciugato. Il resto dei cinque minuti li passai a fissarmi allo specchio, dandomi forza ed imponendomi di non sembrare un bambino idiota, non appena fossi uscito da quella dannatissima porta. Acquistata poi un minimo di sicurezza, ma proprio minima, riuscii ad uscire fuori dal bagno ed ecco che mi ritrovo Taylor intenta ad esaminare la mia chitarra. La mia povera chitarra. Non si era nemmeno accorta che ero ricomparso, e la scritta “VENDETTA” continuava ad apparire e scomparire nella mia testa in maniera così frenetica che era impossibile per me ignorarla. E allora mi appostai dietro di lei. “Questo è per avermi quasi ucciso, Saylor Twift” pensai, diabolico.

- Perché stai mentalmente stuprando la mia ragazza? – sussurrai, al suo orecchio, con un tono da killer; lei fece un salto di trenta metri, come quello che avevo fatto io poco prima - oh, dolce vendetta, così impari a farmi prendere colpi -, poi si voltò mezza accigliata e mi disse “Eddy Rosso, l’hai scaraventata per terra! Qualcuno doveva pur prendersi cura di lei!”. Allora i miei sospetti erano fondati: ero appaso veramente un completo, totale idiota. Questa volta però mi imposi di non entrare in panico e affrontai la situazione in maniera credibile.
- Lei sa che la amo profondamente. E comprende anche quando i miei nervi sono ipersensibili a causa di qualche persona che si diverte tanto a farmi morire di spaventi. – poi lanciai a Taylor uno sguardo di sfida, e lei rispose sghignazzando.
-Dai Eddy, vestiti che ti porto fuori.
- Dove vorresti portarmi che appena metti piede in strada un’orda di paparazzi ti investe? – scherzai, tirando fuori la mia valigia, ovvero un bellissimo ed anonimissimo borsone. Per tutta risposta lei mi guardò misteriosa. Si avvicinò a me, sempre fissandomi con quello sguardo. Smisi di rovistare tra vecchie felpe e jeans e la fissai a mia volta, cercando di imitarla. Una ciocca ribelle, rimasta riccia - sapevo che lottava costantemente con i suoi capelli, avrebbe voluto che rimanessero lisci - le era sfuggita dalla coda. Senza pensarci, allungai una mano e gliela spostai, appuntandogliela dietro l'orecchio e sfiorandole involontariamente una guancia. Quel minimo tocco mi provocò un brivido assurdo, che si propagò lungo tutto il braccio, tanto che ritirai la mano di scatto, proprio mentre lei arrossiva, sbarrando gli occhi. Dio, ma cosa stava succedendo? Entrai nuovamente nel panico ed abbassai gli occhi, tentando di non nascondermi nella mia stessa vergogna. La tensione riempì nuovamente la stanza. Cosa stavo combinando? Tra quello che era successo ieri, la canzone e adesso, questo, mi sentivo come se stessi per esplodere.
Per fortuna lei, incurante della mia stupidaggine, ridacchiò, sollevando quella coltre che si era adagiata su di noi. Mi spostò con una mano, allontanandomi dalla mia valigia, e si mise a rovistare tranquillamente tra la mia roba; io ero ancora troppo in palla per impediglierlo. Dovevo sembrare un idiota, di nuovo. Uffa, cosa mi impediva di nascondermi in bagno per il resto della mia vita? In quel momento, Taylor fischiò, facendomi spostare gli occhi su di lei.
- Che fai con i miei vesitit..AH! – chiesi, ma il Lancio Della Marmaglia mi colpì e mi affondò in un secondo.
- Tu vestiti – rispose lei, imperatrice. Poi, tranquilla, uscì dalla stanza, lasciandomi solo con il mio imbarazzo e la mia ansia.

- Mi vuoi spiegare dove andiamo? Non dovremmo provare? Ti ricordo che abbiamo un concerto, stasera -. Okay, si vedeva parecchio che ero iperteso? Strinsi le mani sul bordo della sedia sul quale ero seduto, nel tentativo di sfogare un po' di nervosismo, di nuovo senza risultati accettabili. Taylor, seduta di fronte a me, non sembrava accorgersi di niente. Parlava allegramente con una delle sue ballerine, sorseggiando il suo frappuccino comodamente seduta da Starbucks come una persona normale. Solo che lei non era una persona normale, era Taylor Swift, ed inoltre non aveva fatto niente per tentare di nasconderlo. Per questo circa una ventina di fan erano già venuti a chiederci una foto; lei chiaramente li aveva accontetati, ma mi avevano reso ancora più nervoso; avevo paura notassero che c'era qualcosa che non andava.
La prima parte della sorpresa consisteva in una colazione come si deve a Starbucks. Peccato non riuscissi a mandare giù niente. Mi sentivo un perfetto idiota, l'ho già detto? Nella mia testa, quella parola troneggiava, lampeggiando come un neon nella notte più buia. Idiota, idiota, idiota. La tua migliore amica ti ha organizzato una sorpresa e l'unica cosa che sai fare è stare qui con quel muso lungo tre metri. Già, ero un vero ingrato.
- Abbiamo già provato ieri, Ed. Dai, goditi la colazione che il bello deve ancora arrivare! - mi rispose lei, sgranando gli occhioni blu e sorridendo. Non so perchè ma quella affermazione mi giunse come una minaccia. Lei cambiò espressione, aggrottando le sopracciglia, come a chiedermi “cosa c'è che non va?”. La stavo facendo preoccupare, dovevo darci un taglio, diamine. Staccai le mani dalla sedia e me le ficcai in tasca, era già un bel passo avanti. Le mie dita incontrarono un foglio stropicciato: lo spartito con la nuova canzone. L'avevo infililato nella felpa prima di uscire, d'istinto. Non mi fidavo a lasciarlo in camera, era troppo esposto. Ripensandoci, mi sentii di nuovo sprofondare nel panico, ma cercai di non darlo a vedere. Feci un sorriso a Taylor, che aveva ripreso a chiacchierare con la ballerina ma continuava a tenermi d'occhio, e cominciai a sorseggiare la mia bevanda, nel tentativo di sembrare normale. Forse ci stavo riuscendo. Cominciai a tranquillizzarmi, e il pensiero della canzone sparì totalmente dalla mia testa, mentre Taylor raccontava un anedotto su Meredith, facendoci ridere di gusto.
Quando ci alzammo dal tavolo ero così tranquillo che mi feci quasi paura. “E' una canzone, Ed, come tante altre che hai scritto” mi confermò Coscienza. Ci credetti e seguii gli altri fuori dal locale. Ci dirigemmo verso il bus con il quale eravamo arrivati fin lì, riuscendo a scansare abbastanza facilmente tutti i paparazzi. Mi inquietò molto sapere che tutti erano a conoscenza di dove saremmo andati successivamente, tranne me. Avevo paura di Taylor, quando elaborava questi piani diabolici. Era un diavolo, un diavolo travestito da angelo ma pur sempre un diavolo.
Stavo parlando con lei, scherzando su Meredith e sui gatti in generale, quando, per gioco, mi venne addosso, dandomi uno spintone. Risposi con un pugno sulla spalla, che la fece gemere e sbilanciare verso destra. Risi, prendendomi gioco di lei, mentre si massaggiava la spalla lamentandosi. D'un tratto, mentre io ancora me ne stavo tranquillo a ridere come un cretino, il suo sguardo si posò a terra, vicino ai miei piedi. Si chinò e raccolse un foglio stropicciato. Smisi di ridere di scatto e mi bloccai. Gli altri erano andati avanti, ignorandoci del tutto.
- Cos'è questo? Ti è caduto dalla tasca - indagò lei, sorridendo.
- Non è niente, è un appunto - brontolai, cercando di riprenderlo. Ma lei lo spostò, allontanandosi di un passo. - Eddai, Saylor Twift. Ridammelo.
Lei non mi ascoltò e lo aprì, ignorando del tutto la mia richiesta. Mi sentii sbiancare e sprofondare, nello stesso momento, mentre lei spiegazzava il foglio nel tentativo di decifrare la mia non proprio chiarissima scrittura.
- Taylor, ridammi quel coso, forza. Sono cose personali - le intimai, con tono acido. Nella mia testa era ritornato in ritornello di quella mattina: non deve vederla finchè non è finita. Mi sporsi in avanti, proprio mentre lei, fischiettando, riproduceva quelle poche note che ero riuscito a mettere insieme. Glielo strappai di mano, ricevendo in risposta un ehi! di protesta e lo appallottolai alla bell'è meglio, infilandolo questa volta nella tasca dei jeans.
- Uffa Ed, quanto sei scontroso - si lamentò lei, mettendo il broncio. - E' la nuova canzone? Mi sembra carina.
- Non sono cose che ti riguardano - sbottai, prima di poter tenere a freno la lingua. Oh Santa pace! Sul volto della bionda si dipinse la sorpresa, poi lo sgomento e poi la delusione; c'era rimasta malissimo. Mi sentii sprofondare di nuovo, per la seconda volta, quel giorno. Dio, ma che disastro stavo diventando?
- Scusa, Tay - mormorai, avvicinandomi a lei. - E' che è sempre una bozza ma ne sono già molto geloso, e non voglio che nessuno la veda finchè non è finita, capisci? Mi dispiace. Scusa, mi scusi, signorina Twift. Sono l'essere peggiore di questa terra, devo baciarle i piedi per mostrarle quando mi senta in colpa?
Lei sbuffò, segno che stava tentando di trattenere una risata involontaria. Mise il broncio, e capii che, anche se forse rimaneva un po' delusa, non era arrabbiata. Sorrisi e la abbracciai di istinto, quasi soffocandola. Non potevo desiderare amica migliore di lei, era perfetta per me. Eravamo così simili.
Lei sbuffò, questa volta rassegnata, e mi abbracciò suo malgrado. Mi baciò una guancia, come se fosse una bambina, e poi mormorò: - Andiamo, o ci lasceranno qua. La tua sorpresa ti aspetta!

Angolo Autrici
Buon pomeriggio cari lettori! Lo sappiamo, è davvero un bel po' che non aggiorniamo. Ma sapete come si dice, "maggio studente fatti coraggio", ed, essendo due liceali (una in terza liceo linguistico ed una in quarta classico) questo detto vale anche di più. Comunque, ormai manca poco più di una settimana, e quindi si spera che il ritmo di aggiornamento diventi più veloce. Intanto godetevi questo capitolo, per la gran parte composto da Arianna. Che volete, è una storia a quattro mani :) crediamo che anche voi lettori siate sommersi dai compiti, visto l'unica recensione che ha ottenuto il secondo capitolo. Va bene, per questa volta vi perdoniamo! Alla prossima :3
  
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