TI PENSO
24/12/1991
Ninna nanna Bambino
mio,
lascia che pianga io.
Sei arrivato sulla neve,
sei arrivato lieve, lieve.
Le cortine non son di seta
non di broccato le vestine,
t’hanno messo solo a dormire
il freddo invernale a patire.
Una croce avevi per letto
una corona per guanciale,
quanta luce c’era
nella Notte di Natale…
Chissà come se la ricordava quella filastrocca…
Ogni Natale, il giorno prima della festa, mille ricordi di Natali ormai
dimenticati riaffioravano, ed Harry Potter, di solito, seduto sul suo
letto
nella camera spoglia dove passava la maggior parte della sua esistenza,
chiudeva gli occhi.
Li chiudeva, mentre si estraniava dal mondo esterno, facendosi cullare
dalle
note di canzoni dimenticate, filastrocche e ninna-nanne che facevano
parte di
un’esistenza precedente, di un’infanzia della quale
non ricordava pressappoco
nulla.
Eppure, puntualmente, ogni anno, quel ritmo, le parole della canzone
che, ormai
aveva capito, gli cantava sua madre, tornavano, come se si illudessero
di
riuscire ancora a farlo addormentare.
Ma quel Natale era diverso.
Quel Natale, non lo avrebbe passato in camera sua a guardare fuori
dalla
finestra il cielo aspettando una cometa, e nemmeno a far finta di
essere
allegro guardando suo cugino scartare una quantità di regali
da far
impallidire.
Quel Natale, forse, per la prima volta, l’avrebbe passato
felicemente. Avrebbe
provato davvero allegria, circondato dai suoi nuovi amici. E forse, per
la
prima volta, avrebbe perfino ricevuto dei regali…!
Hogwarts.
La scuola aveva significato, letteralmente, una nuova vita.
Amici, persone che lo stimavano, e non lo guardavano con sospetto. Era
perfino
stimolante, studiare materie che gli interessavano, e piano piano si
stava
abituando a quel nuovo mondo totalmente sconosciuto, che da poco aveva
capito,
era il suo mondo.
Però, nonostante tutto questo, mentre Harry con un sorriso
di avviava a lezione,
la borsa stracolma da cui spuntava una sottile bacchetta di legno che
gli
batteva contro il fianco,
la sentiva ancora.
Quella nenia gli riempiva la testa, ma non era triste, affatto.
Completava il
quadro, era la cornice.
“Harry!”
Harry si voltò appena in tempo prima di essere travolto.
“Ciao Neville! Tutto bene?”
Neville, uno dei suoi compagni di classe, lo guardava sorridente, il
faccione
rotondo rosso come un pomodoro.
“Certo! Pensa che bello sarà, il Natale qui! La
Sala sarà magnifica sai? La
nona mi ha detto che quando lei studiava qui c’erano degli
alberi enormi, veri,
tutti pieni di ghiaccio e luci, e che la Sala era tutta un Bosco
Incantato…”
Harry guardò Neville che gli parlava tutto affannato, e con
la felicità che
straboccava dagli occhi luminosi.
“Wow, Neville. Scommetto che sarà
bellissimo.”
Entrò in aula di Incantesimi e si diresse verso un ragazzo
alto con i capelli
rossi, che sventolava una mano come fosse una bandiera.
“Harry, di qua! Siamo qui!”
“Ti, ha visto, Ronald. Puoi smetterla di agitarti come un
cavallo
imbizzarrito.”
Ron arrossì mentre Harry si sedeva accanto a lui.
“Tutto bene,Hermione? Non c’eri a pranzo”
“Ero su a spedire un gufo ai miei genitori, con il
regalo!”
“Quel pacchetto col ciccione?”
Hermione guardò Ron come incerta se degnarlo di una risposta.
“È una tradizione babbana, Ronald, te
l’ho già detto”
“Si, ma non ha senso! Come fa un tipo così enorme
a scendere da un camino? E le
renne poi! Ah, cosa si inventano i babbani per sostituire le
bacchette…”
“Beh, perché, nel mondo magico chi porta i regali
ai bambini?” chiese Hermione
improvvisamente interessata.
Purtroppo Hermione dovette tacere per l’arrivo del professor
Vitious, il
minuscolo insegnante, che era entrato vestito totalmente di verde e
rosso, con
rametti di vischio che uscivano dalle mille tasche del gilet. Per Harry
la
somiglianza con un aiutante di Babbo Natale era così
evidente che non poté fare
a meno di scoppiare a ridere.
“Non pensavo che anche qui ci fossero le tradizioni
natalizie…”
Harry si rese conto subito che molte cose accomunavano il Natale
babbano e
quello magico.
L’albero di Natale, per esempio (anche se Harry non ricordava
che l’albero nel
salotto di Privet Drive fosse decorato con graziose fate vere che
cantavano le
Carole ogni volta che ci passava davanti), e il Vischio Magico.
Spuntavano dovunque sul soffitto rametti di vischio a tradimento, ed
Harry
manteneva un’accurata distanza di sicurezza da ogni ragazza
quando passava nei
corridoi.
Silente trovava tutto questo molto buffo, e Harry era sicuro che
facesse
spuntare lui i rametti quando passava, solo per imbarazzare le colleghe
a cui
puntualmente scoccava un bacio sulla guancia rossa di vergogna.
Invece c’era chi, come lui, non trovava questa trovata
particolarmente geniale,
ed Harry era sicuro di aver visto Piton lanciare un anatema su un
povero
rametto di vischio con l’unica colpa di averlo imprigionato
in un corridio
insieme ad una terrorizzata alunna, prima di correre via sbottando
frasi
sconnesse che suonavano molto come
“Io…Natale…brucio…Vischio…”.
Eppure ad Harry mancava qualcosa.
Qualcosa che completasse quel Natale, che lo rendesse speciale.
Mentre camminava nel castello quel pomeriggio, in mezzo a studenti che
progettavano sensazionali vacanze, a minuscoli elfi domestici che,
usciti dalle
cucine per l’occasione, giravano per il castello reggendo
decorazioni e
piumini, perfino mentre guardava Gazza rincorrere un burlone natalizio
brandendo una scopa; qualcosa rimaneva in un angolino nella sua testa.
E quel
qualcosa sembrava fermamente deciso ad impedirgli di godersi la pausa,
di
concentrarsi sull’imminente Natale, ed ogni volta che Harry
si distraeva,
giocando a palle di neve con Ron o scherzando in Sala Comune, ripartiva
all’attacco, facendogli venire una piccola fitta allo stomaco
e facendolo
ritornare improvvisamente serio.
“Hey Harry guarda qua!”
Harry si girò verso Ron che leggeva una lettera appena
arrivata con una grosso
gufo marrone che al momento barcollava pericolosamente sul davanzale
come
ubriaco.
“Mi sa che domani troverai un regalo in più sotto
al letto! Erano entusiasti
quando gli ho detto che ero tuo amico!”
Harry,che era concentrato su quell’ “in
più” molto promettente, gli scoccò uno
sguardo perplesso, dopo aver salvato Errol che era sul punto di
precipitare di
sotto.
“È arrivata la lettera con gli auguri di mamma e
papà!”
E Harry capì, o forse ammise a sé stesso quello
che sapeva da tutto il
pomeriggio, che cos’era quel pensiero fisso e fastidioso
nell’ angolino della
sua testa.
Gli auguri di mamma e papà.
“Buona notte, Harry!”
Perfino al buio a Harry appariva nella mente chiaramente la faccia
sorridente
di Ron, che, dopo un’ultima spolveratina con la mano al
tappetino ai piedi del
letto, come se volesse evitare che i granelli di polvere intaccassero i
regali
che si sarebbero materializzati da lì a qualche ora, si era
disteso e coperto
fino al mento, pregustando già il sapore del dolci di Molly.
“Buona notte Ron”
“E, beh, buon Natale, no? Te lo dico ora, a mezzanotte
dormiamo,no?” biascicò
già mezzo addormentato.
“Si, buon Natale, auguri Ron.”
Ma, passata un’oretta, mentre la mezzanotte si avvicinava,
Harry fissava il
baldacchino, come in attesa. In attesa di cosa,non lo sapeva neanche
lui.
All’improvviso si alzò, e si mise al davanzale
della finestra. Quella notte la
luna piena era così sensazionale che prese a fissarla, e non
si rese nemmeno
conto di assopire lentamente.
Quando riaprì gli occhi, si ritrovò appeso al
davanzale con le braccia nella
posizione scomodissima che lo aveva svegliato, e, guardando
l’orologio, scoprì
che erano le 11 e 58.
Rimase a fissare il cielo scuro.
“Beh, è mezzanotte. Buon Natale, mondo.”
Sussurrò al nulla fuori dalla
finestra.
Ma, all’improvviso, qualcosa illuminò il cielo.
Qualcosa di spettacolare.
Non aveva mai visto una stella cadente, ma quella che passò
a mezzanotte nel
cielo scuro di Natale, era la stella più grande e luminosa
che avrebbe potuto
immaginare.
Era come se Espero avesse deciso di lasciarsi cadere, e con un arco
curvo fosse
atterrata nel pieno della foresta, in attesa che qualcuno la andasse a
prendere.
E Harry capì che, no, non lo avevano lasciato solo.
Ed era quello, solo quello,che completava, che chiudeva il cerchio.
Era solo quello, il suo regalo di Natale.
Il regalo più bello.
Si distese sul suo letto con la luce della stella ancora negli occhi, e
un
sorriso sulle labbra.
Ora dormi Bambino mio, lascia che pianga io.
“Auguri mamma. Auguri, papà”
Dormi Bambino.
Ti sono vicino.
*
“Wow! Chi te lo manda, di chi è?”
“Non lo so… dice solo: Fanne
buon uso.”
*
Grazie
mille a tutti voi che avete letto, e tanti
tanti auguri di buon Natale!
Un bacio
Puciu