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Autore: dreamlikeview    30/05/2013    58 recensioni
Sotto la pioggia di novembre, Louis si trova a non capire più cosa lo circonda.
I ricordi ritornano veloci nella sua mente e si renderà conto di trovarsi lì, sentendo l'assenza del suo ragazzo, Harry. Un tuffo nei ricordi gli farà capire cos'è successo e perché lui si senta così vuoto.
[Larry as Romance.]
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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Desclaimer: I personaggi non mi appartengono, purtroppo. Nessuna loro azione è mirata ad offenderli e niente di tutto ciò è scritto a scopo di lucro.

Enjoy!




 

You were my strength when I was weak
You were my voice when I couldn't speak
You were my eyes when I couldn't see
You saw the best there was in me
Lifted me up when I couldn't reach
You gave me faith 'coz you believed
I'm everything I am
Because you loved me.
(Because you loved me – Celine Dion)

 
 
 
Louis scuote ancora una volta la testa.
Che diavolo ci fa lì?
Dovrebbe essere a casa, accucciato sotto le coperte con Harry, non in quel luogo così lugubre.
I suoi amici lo guardano con compassione.
C’è Liam, alla sua destra, il suo migliore amico, il ragazzo dolce, dagli occhi castani, i capelli cortissimi castani, e un sorriso di compassione sul volto; accanto, a stringere la mano di Liam, c’è Zayn, il suo ragazzo, quello dai tratti asiatici, i capelli scurissimi e gli occhi nocciola, che ugualmente al ragazzo di prima lo guarda in quel modo che Louis sta odiando; alla sua sinistra, Niall il biondo irlandese dagli occhi azzurri e la risata facile, che lo stringe in un abbraccio che dovrebbe essere confortante.
Louis vorrebbe solo avere Harry accanto, il suo ragazzo. Non i suoi amici.
Diamine, si sente sotto pressione, nemmeno dovesse fare un esame.
E’ novembre, Louis lo sa.
Piove.
Piove sempre da due settimane a questa parte.
Louis lo sa, c’è qualcosa che odia nella pioggia di novembre, e non ne capisce il perché. O meglio, fa finta di non capirlo di non ricordarlo. Vuole solo scappare, rifugiarsi tra le calde braccia di Harry, e sorridere contro la sua bocca, e baciarlo, una, due, tre… dieci, cento, mille volte, fino a non farlo respirare, fino a non respirare lui stesso.
Ma i ricordi vividi, veri e dolorosi, arrivano alla sua mente, scuotendolo facendolo sentire inadatto a quel luogo. Perché tutti lo guardano con compassione?
Perché non riesce a scappare?
Perché c’è anche gente che non vorrebbe vedere?
Perché Harry non c’è?
Ed è quando formula quel pensiero, che i ricordi tornano vividi nella sua mente, riportandolo all’inizio di quella situazione, riportandolo a quando tutto è iniziato.
All’inizio di novembre, quando tutto era ancora perfetto, prima che subentrasse la pioggia novembrina.
 

 

*

 
Harry reclinò la testa all’indietro ridendo. Il suo fidanzato, migliore amico, compagno di vita, Louis era troppo apprensivo con lui, ogni volta che si spostava aveva qualche raccomandazione da fargli.
Del resto, cosa poteva aspettarsi da un tirocinante al quinto anno di medicina? Solo mille raccomandazioni, e mille ‘ti amo’ detti uno dietro l’altro. Come era stato possibile che lui, il cantante famoso, che avrebbe potuto avere tutte le ragazze e i ragazzi ai suoi piedi, ma cosa? Che avrebbe potuto avere l’intero mondo ai piedi, si fosse innamorato del bel tirocinante di medicina nell’ospedale londinese? Che si fosse perso nel mare degli occhi del ragazzo di Doncaster?
“Amore, ti ho detto che sono solo un paio di giorni, poi torno qui.” – brontolò il riccio, affondando il viso nel collo del fidanzato.
“Lo so, Harreh, però… lo sai che ho paura. Quando prendi l’aereo ho sempre l’ansia che ti accada qualcosa.” – Louis si passò una mano tra i suoi capelli castani e puntò le iridi azzurre in quelle smeraldo del riccio di fronte a lui. –“ho paura cosa posso farci? Non voglio perderti, tu mi dai la forza anche di sostenere un esame, Haz, lo sai.” – biascicò, stringendo il corpo decisamente più massiccio del suo ragazzo a sé, per sentirlo vicino anche quella notte –“fa presto, okay? Non riesco a dormire se non ci sei tu.” – brontolò infine, accorgendosi che il suo ragazzo non avesse ascoltato nemmeno mezza parola del suo monologo, perché era crollato in un sonno profondo. Sorrise appena e infilò una mano nei suoi setosi e disordinati ricci. Ne arrotolò uno attorno ad un dito sorridendo. Non avrebbe mai chiesto niente di meglio, di quel giorno di tre anni prima, quando lui era poco più che una matricola e praticava tirocinio nell’ ospedale universitario di Londra, e quel ragazzo riccio, che ora dormiva tra le sue braccia gli era stato affidato. Aveva una brutta ferita sulla mano, e lui era l’addetto alle suture quel giorno. Non avrebbe mai dimenticato il vortice che si era generato nel suo stomaco, quando il riccio gli aveva sorriso, mostrando due adorabili fossette e Louis era arrossito leggermente, la sua mente era andata in pappa, non ricordando più quale fosse il filo giusto da usare per le suture, ma poi gli aveva messo i punti, l’aveva medicato e il riccio lo aveva ringraziato con un sorriso tutto fossette e denti bianchi, che aveva letteralmente sciolto il cuore di Louis.
Si erano rivisti un po’ di tempo dopo, quando la convalescenza del riccio era terminata e Louis si era offerto volontario per togliergli i punti, da quel giorno, si può dire, non si erano  mai più separati. Harry aveva chiesto il numero a Louis, e poi lo aveva richiamato.
Louis era un po’ un tipo, tutto università e casa, quindi non credeva che quando aveva conosciuto il ragazzo riccio dagli occhi verdi, avesse conosciuto nientemeno che Harry Styles, il famosissimo cantante, che, con altri tre ragazzi, era nella band più in voga del momento, insomma chi conosceva quei “White Eskimo” o come diavolo si chiamavano? No, decisamente lui non lo sapeva, ma molte ragazzine, quando li avevano incontrati al cinema  durante uno dei primi appuntamenti erano saltate addosso ad Harry, sommergendolo. Louis non l’avrebbe mai dimenticato, Harry aveva un sorriso per ognuna di loro, non sembrava mai stanco o annoiato. Sorrideva sempre.
E poi, aveva scoperto che loro due dovevano nascondersi, e non potevano rivelare al mondo il loro amore, perché i manager di Harry lo impedivano, Harry non poteva essere gay, non poteva avere una storia con un altro ragazzo, non poteva essere se stesso, ma Louis, per stargli accanto, in silenzio lo aveva accettato, accettava anche il fatto di passare come il suo migliore amico di infanzia, accettava la sua copertura, quella Taylor Swift che lui odiava con tutto il cuore, perché nessuno poteva appoggiare le labbra su quelle del suo Harry – anche se per finta - senza il suo esplicito permesso, accettava che andasse nelle radio senza di lui, e odiava con tutto il cuore quel tale di un Nick Grimshaw che faceva sempre battutine a doppio senso – perché Louis ascoltava sempre la radio, aveva contagiato tutto l’ospedale con le canzoni del suo ragazzo, e doveva ascoltare necessariamente tutte le sue interviste, perché sì – e sì, odiava che quel tale potesse provarci spudoratamente con Harry in diretta internazionale e lui non potesse nemmeno tenergli la mano quando erano insieme al parco. E il giorno dopo si sarebbero divisi di nuovo, perché Harry doveva recarsi dalla sua “lovely” ragazza, vederla per qualche ora, e poi tenere con un concerto con la sua band. Cose di poco, dicevano, ma Louis sapeva sarebbero stati almeno cinque giorni, altrimenti Harry sarebbe stramazzato al suolo a causa della stanchezza. Glielo leggeva negli occhi. Non ne poteva più, Louis glielo leggeva negli sguardi, nell’espressione falsamente felice che si ostentava a tenere sul viso per non farti preoccupare, Boo! Diceva, e Louis puntualmente rispondeva mentalmente non farmi preoccupare, sto cazzo! Ma poi gli sorrideva, lo abbracciava e lo faceva sentire a casa, protetto, come solo lui sapeva fare.
Louis ci provava ad essere forte, ci provava a sopportare la distanza ripetuta, la copertura, i vari problemi che avevano, ma non era poi così forte, a volte si sentiva così fragile da non riuscire ad alzarsi dal letto, sentiva che il mondo gli cadeva addosso, momenti in cui avrebbe voluto solo Harry accanto a sé, ma non poteva perché il suo Harry aveva già i suoi problemi, e non poteva pensare anche alle sue disturbate mentali. Non poteva essere così egoista, no? No, affatto.
Per questo si limitava a stringerlo ogni volta, che gli diceva che dovesse partire, reprimeva un singhiozzo interiore e consolava il suo ragazzo.
“Amore…?” – mormorò Harry nel sonno, abbracciandolo forte.
“Sì, piccolo?”
“Mi mancherai tanto, ma credimi, sarà una delle ultime volte, lo prometto”
Se solo Louis avesse capito il senso di quelle parole, non sarebbe stato così tranquillo nello stringere il riccio, e dirgli che di lui si fidava, che l’avrebbe aspettato come sempre, che sarebbe stato accanto a lui, anche in quella decisione. E con quei pensieri, si addormentò stretto alla sua ragione di vita, perché in fondo Harry era la sua ragione di vita, era tutto.
 
 
“Hai preso l’inalatore? E gli antidolorifici? Harry, le vitamine? La tua cura per il raffreddore? Lo sai che quando cambi aria ti viene il raffreddore. Lo spray per la gola? Non si sa mai…” – le labbra di Harry fermarono il milione di parole uscenti dalla bocca di Louis, con un bacio leggero, come un battito di ali di farfalla e casto, una mano poggiata contro la sua guancia, e l’altra lungo il fianco del più grande – ma più basso, e Louis non lo avrebbe mai ammesso, adorava a ventisette anni suonati doversi alzare sulle punte per baciare il suo ragazzo di appena ventidue, e già cantante famoso – una mano di Louis, alzato in punta di piedi, nei capelli del riccio, e l’altra sulla sua spalla per potersi reggere meglio, entrambi con le labbra unite e gli occhi stretti, per assaporare meglio il bacio.
“Ho tutto, mammina.” – sorrise, e Louis non potette far altro che ricambiare quel sorriso così bello e luminoso che il suo ragazzo gli stava rivolgendo in quel momento, no affatto, perché, in fondo, Louis, bel tirocinante, bassino, dai capelli caramello, gli occhi come oceani, e una ruvida barbetta da “uomo vissuto”,  da quando il più piccolo si era trasferito da lui a Londra – perché non posso stare senza di te, Boo, mi mancherebbe l’aria – era diventato una sorta di mammina apprensiva e premurosa che vedeva pericoli per il proprio bambino ovunque.
“Devo scappare in ospedale, oggi inizio di mattina, Haz” – sussurrò contro le labbra dell’altro, alzando lo sguardo nel suo.
“Non puoi chiamare Niall e dirgli che… sei in ritardo, dai, ti prego, è l’ultima mattina insieme prima di qualche giorno, se non ho fatto l’amore con te almeno sette volte vado in astinenza, e lo sai!” – pronunciò con il suo solito broncio tenero, che faceva impazzire Louis, che lo mandava letteralmente in pappa, e dopo un paio di baci sul collo, e qualche carezzina nei punti che Harry conosceva bene - e cavolo, se li conosce! - i punti deboli di Louis, e per questo, il giovane tirocinante, in breve tempo digitò un messaggio, inviandolo velocemente ad uno dei suoi migliori amici “Nialler, arrivo in ritardo, coprimi con Lilì e Zay, Haz parte oggi, grazie biondo, a dopo! Lou x”
E dopo aver inviato il messaggio, riprese a baciarle con foga il suo ragazzo, distendendosi sul letto, tirandolo su di lui, facendo combaciare i petti, intrecciando le gambe, avvolgendosi l’uno dentro l’altro e rotolandosi tra le coperte insieme. Era sempre così, quando Harry partiva, Louis restava in casa tutta la mattina, fino all’ora in cui l’aereo doveva partire, e adorava Harry far le corse per raggiungere l’aeroporto in tempo, perché, in fondo, ad Harry non importava davvero arrivare in orario, importava restare più a lungo tra le braccia di Louis, per accumulare quel calore tra le sue braccia, rubargli una federa impregnata del profumo del castano, lasciando a Louis l’altra, quella con il suo profumo. Ed Harry davvero credeva che Louis non se ne accorgesse, credeva d’essere furbo, ma Louis – furbo e scaltro – se ne accorgeva sempre, e adorava queste piccole cose che Harry faceva per tenerlo accanto in qualche modo, Louis era arrivato a regalargli un bracciale, poi un anello, e anche la collanina che Harry non lasciava mai, come quella con l’aeroplanino, e poi avevano comprato le copertine uguali una rosa e una azzurra, e tante altre cose che Louis ricordava fin troppo bene, tutte fatte per loro, per la loro relazione.
Così restarono quella mattina, accoccolati dolcemente, a fare l’amore, a giocare a morra cinese, a fare piccole scommesse sul posto dove Harry avrebbe voluto farsi l’ennesimo tatuaggio,  perché sebbene fosse contrario ai tatuaggi, Louis, adorava il corpo tatuato del suo ragazzo, lo rendevano incredibilmente sexy ai suoi occhi – ma ai suoi occhi, Harry lo sarebbe stato anche con un sacchetto sulla testa o con la forma di uno sturalavandini, l’amore, del resto, è cieco – e poi sapeva fossero speciali. Le colombe erano simbolo di libertà, e Louis amava quelle colombe tatuate sul petto del suo ragazzo, lo rendevano speciale, poi c’era la farfalla sul suo stomaco, e Louis non avrebbe mai dimenticato il colpo al cuore preso, quando, scoprendo il ventre del fidanzato, trovò quell’enorme insetto sulla sua pancia, Louis aveva un’acuta entomofobia, come poteva solo guardare un insetto enorme tatuato sulla pancia del suo ragazzo? Ma poi, Harry ridendo gli aveva detto che voleva imprimere il concetto che accanto a lui sentisse “le farfalle nello stomaco” e anche se era una cretinata, per lui era stato l’atto più romantico che un ragazzo avesse mai fatto per lui, così quella notte, farfalla o meno, avevano fatto l’amore tra le lenzuola che ormai, dopo tre anni, sapevano di loro.
“Oh, sono le dodici, alle tredici parte l’aereo” – brontolò Harry, con il viso affondato nella pancia morbida del suo ragazzo.
“No, Haz, altri cinque minuti, mi piace quando coccoli la mia obesità” – gongolò Louis, aspettando le parole del fidanzato, che puntuali arrivarono alle sue orecchie.
“Non sei obeso, amo la tua pancetta alcolica, amore mio.” – ridacchiò il riccio, lasciandogli un morso sul ventre leggermente gonfio.
“Non è pancetta alcolica, io sono astemio!” – strillò Louis, alzando in sincrono le gambe, facendo ridere ancora più sommessamente e rocamente il suo ragazzo. –“sei uno stronzo, Styles!”
“Ma io amo il tuo isterismo” – sussurrò percorrendo il ventre del ragazzo con dei piccoli baci arrivando fino al petto, soffermandosi sui capezzoli –“amo quando fai l’acido” – sussurrò ancora, mordendogli la mascella con una lentezza disarmante –“amo quando ti imbarazzi, come ora, per esempio” – sbeffeggiò il fidanzato mordendogli il labbro inferiore, mentre questi arrossiva all’impazzata –“amo semplicemente te, Louis Tomlinson, e giuro che quando tornerò sarà tutto diverso” – concluse baciandolo.
Ingenuamente, Louis gli credette.
Dieci minuti dopo, Harry con la borsa sotto il braccio, un osceno cappello di paglia, la maglietta a righe di Louis, un paio di pantaloni strettissimi e neri, che mettevano in evidenza tutte le sue forme, si accingeva ad uscire di casa, salutando il fidanzato, dicendogli che l’avrebbe chiamato nelle ore seguenti per dirgli di ascoltare la radio, quando in Inghilterra sarebbero state le nove di sera, e a New York, dove andava Harry, le quattro del pomeriggio. Dopo un bacio volante, un ‘okay’ assonnato da parte di Louis e un altro bacio lungo tra i due – perché Harry non partiva se non aveva baciato almeno dieci volte Louis – Harry uscì dalla porta, lasciando Louis nello sconforto più totale.
Ogni volta che Harry partiva, per lui era una sofferenza, era come se sentisse tutto il peso cadere sulle sue spalle, come se più niente avesse un senso.
Si sentiva vuoto.
Non sarebbe durato tanto senza il suo ragazzo, lo sapevano tutti.
Poi una chiamata al cercapersone da Liam gli suggerì di andare in ospedale subito, perché c’erano delle emergenze, dei poveri bambini avevano avuto un incidente, e Louis si era fiondato in ospedale quasi dimenticandosi di vestirsi, e tutti in ospedale – conoscendolo – avevano inteso il suo stato d’animo, quindi non insistettero.
 
 
Il giorno dopo, Louis era immerso nella noia più totale. Portava un uomo a fare una tac addominale, insieme a Zayn che lo scrutava.
“Lou, hai fatto anche la notte, non credi che sia ora di andare a casa?”
“No,  Zay, lo sai che adoro lavorare, specialmente quando Harry non c’è, ho la mente occupata, e non penso a nulla, d’accordo?” – sbottò inacidito, mentre l’amico lo guardava alzando appena le mani.
L’uomo sulla barella, forse aveva ottant’anni, anno più anno meno, lo guardò abbastanza divertito, prima di dargli una pacca amichevole sulla mano appoggiata sulla barella per trasportarla e dirgli:
“Anche io alla tua età con mia moglie avevo dei problemi, ma li risolvevamo con una bella scopata!” – concludendo la frase con una risatina che aveva un che di spaventoso e irritante al tempo stesso.
“Hai capito il nonnetto!” – mimò Zayn con le labbra, facendo scoppiare a ridere Louis, che per tutta risposta scosse la testa, portando l’uomo a terminare quell’esame medico.
Passarono diverse ore da quella tac.
Louis aveva aiutato un bambino a rimettersi in piedi, dopo avergli tolto il gesso, poi aveva sistemato una flebo ad una donna incinta, in travaglio, aveva aiutato durante un’operazione in sala operatoria – un’appendicite, niente di che, aveva visto di peggio, e poi finalmente era andato nella mensa con i suoi amici per qualche minuto di riposo. Adorava avere la mente occupata quando non c’era Harry, e sapeva che rendersi utile in ospedale era la cosa migliore.
Quel giorno non c’erano grandi emergenze, per fortuna, in quell’ospedale per un po’ avrebbe regnato la pace, e Louis non poteva che esserne più contento. Erano a mensa, Louis, Niall, Zayn e Liam, e avevano tra le mani un panino per ciascuno, e chiacchieravano tra di loro. Zayn e Liam parlavano del loro appuntamento meraviglioso della sera prima, ebbene sì, Zayn e Liam erano una coppia ed anche affiatata, Niall raccontava dell’ennesima partita di calcio giocata contro quell’arrogante di Josh Devine, il suo rivale numero uno sia nel campo da gioco, sia in ospedale. Niall e Josh, infatti, volevano entrambi diventare neurochirurghi, e spesso e volentieri entravano in competizione. Zayn invece voleva diventare un chirurgo generico, Liam un cardiochirurgo… e poi c’era Louis che voleva diventare un ostetrico o un chirurgo pediatrico. Era portato per entrambe le discipline, perché lui adorava i bambini, li trovava irresistibili, per questo prima o poi avrebbe chiesto ad Harry di chiedere l’ausilio di una madre surrogato ed avere un figlio tutto loro da crescere come una vera famiglia, magari l’avrebbe fatto nascere lui, e lui stesso sarebbe stato il primo che suo figlio, o figlia avrebbe visto. Ma Harry era ancora troppo piccolo per una famiglia, aveva ventidue anni. Louis era più uomo, più maturo. A ventisette anni, era normale pensare alla famiglia, allo sposarsi.
“E tu, Lou?” – chiese Liam, guardandolo sorridendo.
“Io aspetto una telefonata di Harry, ha detto che oggi deve comunicare qualcosa… non so. Non mi ha detto niente, sono leggermente preoccupato. Spero solo si sbarazzi di quell’oca dai capelli color piscio e torni immediatamente qui. Mi manca da morire.” – sbuffò prendendosi la testa tra le mani. A volte, era un caso clinico. Sarebbe volentieri andato da uno strizzacervelli, ma poi probabilmente se ne sarebbe pentito, in fondo, era un medico, santo cielo.
“Lou, sei stressato?” – chiese cauto Niall, mordendo il suo panino.
“Non dorme da ieri sera, è normale che abbia il sistema nervoso a pezzi, Tommo, ammettilo, non sei indistruttibile. Devi dormire.” – lo rimproverò Zayn.
“Zay ha ragione, ti ammazzerai così” – Louis sbuffò sentendo le parole di Liam. Mai che quel ragazzo, che teoricamente era il suo migliore amico, lo difendesse in qualche modo, sempre a dar ragione a Zayn, perché Zayn aveva ragione, sempre e comunque. Ma Louis non poteva semplicemente dormire senza Harry al suo fianco, gli veniva freddo, sapeva di dover accendere tutti i riscaldamenti della casa, e comunque, niente sarebbe stato come il calore delle braccia di Harry, quello era imbattibile, era irresistibile.
“Non mi ammazzo, l’ho fatto altre volte, sono ancora qua.” – sbuffò, spostando il suo panino da davanti a sé, la fame gli era passata del tutto, e non sapeva perché. Un nodo allo stomaco si era formato e non si scioglieva.
“Lo mangi quello?” – chiese Niall, indicando il panino. Louis scosse la testa, e incitò l’amico a prenderlo, tanto a lui non sarebbe servito a nulla, non aveva fame, era inutile.
Liam scoccò un’occhiata preoccupata a Zayn, e quest’ultimo strinse le spalle, come sconfitto. Louis si chiudeva sempre a riccio, quando si trattava di Harry, e niente e nessuno riusciva a districarlo da quei pensieri, era del tutto … fuori da ogni schema.
 
Le quattro arrivarono in fretta. A Louis tremavano le mani, mentre con Niall, Zayn, Liam, Josh, le infermiere, i chirurghi, i pazienti, accendeva la radio, e la sintonizzava sul canale della BBC in diretta speciale dall’America. E subito, la voce irritante di Nick Grimshaw raggiunse le sue orecchie.
“Dio, quel coglione lo faccio fuori!” – mormorò tra sé e sé, facendosi però sentire da tutti coloro che lo circondavano.
“Ed è qui con noi, il famosissimo, e giovanissimo cantante Harry Styles, benvenuto Harry!” – si sentì dalla radio, e l’esclamazione fu seguita da uno sbuffo di Louis –“lasciatemi aggiungere che è davvero un figo. Oh Harry, come mai indossi una maglia a righe?” – Louis sbuffò sulla parola ‘figo’, non poteva farci niente, gli dava fastidio, ma sorrise quando sentì che Harry indossava la maglia a righe rubata da lui.
“Oh, non lo so, Nick, sarà capitata nel mio armadio, così.” – Louis si sentì invadere dal calore sentendo quella voce così roca, sensuale e dolce.
“Sei venuto senza band? Che significa?” – come gli aveva mentito? Perché? Perché era andato lì, mentendogli?
Oh no, la band è in studio, io dovevo fare una cosa per conto mio. E’ una cosa delicata, Nick, e tu sei mio amico, quindi mi appoggerai” – Louis non potette vedere l’occhiolino che Harry aveva fatto a Nick in quel momento, e se l’avesse visto, avrebbe sclerato e non poco.
Sicuro, Haz, tutto!” – e Louis immediatamente pensò che ‘Haz’ fosse di sua proprietà e che Nick dovesse tenere le sue zampacce lontano da lui.
“Canto una canzone, per una persona, decisamente molto importante.”
“Chi, Taylor?”
“No. Louis.”
Il cuore di Louis perse un battito. Aveva detto il suo nome, in diretta mondiale. Era il suo nome, dannazione, il suo dannatissimo nome, non l’aveva sognato, vero? Non aveva sognato tale dichiarazione?
Una dolce melodia invase le orecchie del tirocinante, prima che egli sentisse la voce del suo ragazzo, calde lacrime avevano iniziato a scorrere giù dai suoi occhi.
 
It’s in your lips and in your kiss
It’s in your touch and your fingertips
And it’s in all the things and other things
That make you who you are
And your eyes, irresistible
 
It makes your lips, so kissable
And your kiss, unmissable
Your fingertips so touchable
And your eyes, irresistible.
 
Louis sorrise come un deficiente, mentre continuava a piangere, intervallando qualche lacrima a qualche singhiozzo, qualche imprecazione del tipo “stupido, quanto ti amo” e quando la voce di Harry si spense, quella di quell’odioso – non più tanto odioso – Nick Grimshaw, riprese a parlare, Louis sentiva il cuore leggero. Avrebbe potuto abbracciare Harry in pubblico, baciarlo quando gli pareva, stringerlo possessivamente a sé, tenerlo forte anche fuori, tenergli la mano al parco. Un sogno che si realizzava per il giovane tirocinante.
“Quindi, tu e Louis state insieme?”
“Sì, da tre anni” – fece un pausa che a Louis fece mancare il fiato per un attimo –“ti amo, Louis, ci vediamo tra due giorni, amore”
“Ti amo, Harry, ti amo!” – urlò Louis in lacrime contro la cassa della radio, mentre i suoi migliori amici lo abbracciavano, i chirurghi si complimentavano con lui, i pazienti gli facevano gli auguri, alcuni disgustati non proferivano parola, ma ormai era fatta. Harry lo aveva reso per l’ennesima volta felice.
“Capo, faccio una telefonata e torno!” – urlò asciugandosi un’ultima, ma non ultima, lacrima, prendendo il telefono dai pantaloni, correndo fuori e con le dita tremanti digitando il numero di Harry. Un paio di squilli e poi la voce calda di Harry lo accolse.
“Sei scemo. Sei scemo, sei uno scemo.” – esclamò Louis tra le lacrime, una volta fuori dall’ospedale, e il sorriso che non lo abbandonava più.
“Ti amo.” – rispose il ragazzo dall’altra parte del telefono. Louis chiuse gli occhi, e finse che Harry fosse lì con lui, a stringergli la mano che aveva appena, involontariamente stretto a pugno tendendo il braccio davanti a sé.
“Harry… ma i manager…?” – chiese terrorizzato Louis.
“Che si fottano, ti amo. Voglio dirlo al mondo, amore.” – sorrise Harry. –“e tu? Tu mi ami?” – chiese Harry con una punta di malinconia nella voce, temendo di aver sbagliato qualcosa. Louis conosceva alla perfezione quel tono.
“No, no, amore. Non hai sbagliato niente, è… perfetto, è tutto perfetto…troppo perfetto.” – rispose alla domanda silenziosa del suo ragazzo –“e sì, ti amo, lo sai.” – sorrise ancora –“Harry è un sogno?” – chiese sempre ad occhi chiusi.
“No, amore. Sono venuto fuori, ho dichiarato a tutti che ti amo.”
“Ma perché…?”
“Eri stanco, Louis. Lo vedevo, ogni giorno avevi un’occhiaia in più e non rifilarmi la scusa del lavoro. Lo so che eri teso, che… eri triste, e fingevi di non esserlo per me. Sono stato un po’ egoista, ho lasciato che tu ti autodistruggessi, e-e mi sento in colpa, Lou… mi perdoni per non averlo fatto prima?”
Louis si lasciò scappare un sorriso intenerito. Ma si ricordò che Harry non potesse vederlo.
“Harry, tu non hai idea, di quando stia esplodendo di gioia, ora. Ma non ero arrabbiato con te, ti serviva qualcuno che ti supportasse, avevi bisogno di me, del tuo ragazzo, migliore amico, e compagno di vita, no?” – sorrise –“per me non era un problema sopportare. So che mi ami, so che ti pesava tutto. Non volevo caricarti anche dei miei… ecco, problemi. Ma non devo perdonarti nulla, Haz.”
“Non potevo trovare persona migliore di te, Lou, davvero. Giuro che appena torno ti bacio, ti porto dove vuoi, poi ti bacio di nuovo, e… non lo so, Lou, sono così felice, posso tenerti per mano anche fuori di casa, è… meraviglioso, Louis, Louis, ti amo!”
Louis si lasciò scappare una risata. Non era da Harry parlare così velocemente, non era da Harry agitarsi per qualcosa, ma in quel momento, era la cosa più bella che potesse sentire.
Era davvero felice in quel momento.
 
 
Due giorni passarono in fretta. La notizia che Harry Styles frequentasse un ragazzo si era estesa a macchia d’olio in tutto il mondo in qualche ora, e ora Louis non poteva ascoltare la radio, senza sentire frasi come “lo sapevo che quella storia d’amore non era reale” oppure “oddio, che spreco un bel ragazzo come lui, gay” e Louis ingenuamente si ritrovava a pensare che per lui non era uno spreco, certo che no, se Harry fosse stato etero, non si sarebbe mai innamorato di lui, e ora non toccherebbe il cielo con un dito, anche mentre assisteva i bambini nelle condizioni peggiori riusciva a sorridere, infondendo in quelle piccole anime la speranza di una vita migliore. Quel giorno non c’erano gravi emergenze, e Louis poteva tornare a casa un po’ prima, per preparare qualcosa ad Harry senza distruggere l’intera cucina, come era solito fare lui ogni volta che decideva di preparare qualche piatto per il suo ragazzo, che stanco ritornava a casa dopo un viaggio pesante.
“Lì, sicuro che tu, Zayn e Niall non avete bisogno di qualcun altro?” – chiese per l’ennesima volta Louis, infilandosi il giubbotto enorme di Harry, che per sbaglio aveva indossato quella mattina.
“Sì, Lou, tranquillo” – lo rassicurò l’amico, sorridendogli con affetto come al solito.
“Mh, va bene, ma chiamami per qualsiasi cosa, lo sai… io abito qui vicino e…”
“Lou, sono un medico anch’io, okay? E poi qui ci sono i migliori chirurghi di Londra. Vai a casa, riposa e aspetta Harry, te lo meriti.” – gli sorrise, ancora, il ragazzo regalandogli un confortante abbraccio. Louis sorrise immediatamente, staccandosi dall’abbraccio benefico di Liam, corse fuori dall’ospedale, dirigendosi a casa.
Harry sarebbe arrivato dopo diverse ore, avrebbe avuto il tempo di riordinare tutto, di far sparire le prove del fatto che avesse usato i vestiti di Harry durante la sua assenza, e sarebbe anche riuscito a cucinare qualcosa di buono per il rientro del suo ragazzo. Niente poteva andare meglio.
Si trovava ai fornelli, era sera inoltrata, lui aveva sistemato tutta la casa in tempo record, e stava mescolando con attenzione del sugo in una pentola, attento a non farlo schizzare contro le mattonelle del piano cottura, cercando di seguire alla lettera le istruzioni che gli aveva dato Niall al telefono, e ci sarebbe anche riuscito se il suo cercapersone non avesse iniziato a suonare insistentemente. Non ebbe quasi il tempo di spegnere il gas, che si trovò ad uscire di casa e correre in fretta, sotto una pioggia torrenziale di inizio novembre che aveva iniziato a cadere fittamente su Londra.
Avvertiva dentro di sé una brutta sensazione, ma tentava disperatamente di non pensarci. Lui era un medico, doveva avere necessariamente il sangue freddo. Le emergenze erano le cose peggiori. Poteva trattarsi di bambini, di anziani, di giovani, di ragazzini, di adulti. Poteva trattarsi di tutto, e lui era sempre timoroso, aveva sempre paura che qualcosa andasse storto, e quando accadeva, ci stava male. Dannazione, lui studiava per salvare vite, e quando non riusciva, era sempre un ennesimo fallimento per la sua carriera, non ancora iniziata, da medico. La corsa durò poco, in breve si trovò in ospedale, dove i suoi amici lo attendevano con delle facce funeree.
Mio dio, cosa diavolo è successo? – pensò terrorizzato.
Liam si avvicinò appoggiandogli una mano sulla spalla brutto segno, bruttissimo segno, ti prego fa che non…
“Louis, un aereo si è schiantato nell’aeroporto mentre atterrava. La pista era scivolosa, e… non si è ben capito, pare che abbia perso il controllo, e l’impatto è stato inevitabile. L’hanno comunicato poco fa, le ambulanze stanno già arrivando.” – disse Liam serio, troppo serio.
“L-Liam, non è quello che penso io, ti prego, dimmi che non è quello che penso io. Liam!” – esclamò Louis, deglutendo, iniziando a sudare freddo, mentre l’amico lo guardava impotente.
“Era l’aereo su cui viaggiava anche Harry, quello proveniente da New York” – comunicò.
Louis sentì tanti pezzetti del suo cuore sgretolarsi. Sentì che il mondo gli stesse cadendo addosso. Non sentì più il pavimento sotto piedi, ma poi le braccia di qualcuno a sorreggerlo.
No, l’aereo di Harry non aveva avuto un incidente durante la giornata piovosa.
No, Harry non era su quell’aereo.
No, Harry stava bene, era a casa, o a New York, o ancora in viaggio.
Harry non aveva avuto l’incidente.
“No…”
“Ehi, Louis, amico, ci siamo noi, okay? Vedrai che andrà tutto bene!” – si spicciò a rassicurarlo Zayn, mentre Louis sconvolto cercava qualsiasi cosa a cui aggrapparsi in quella situazione del tuo svantaggiosa per lui. Anche nella peggiore delle ipotesi, in fondo, c’era lui, no? Lui poteva salvarlo, era un dannato chirurgo, o almeno studiava per diventarlo, non poteva di certo far morire qualcuno, tantomeno lui. No, lui l’avrebbe salvato.
“Ci sono superstiti, vero?” – chiese con un filo di voce.
“Sì, sono stati ritrovati una decina di morti. L’aereo era mezzo vuoto, molti non lo hanno preso a causa delle condizioni climatiche.” – e Louis si ritrovò a sperare che tra quelle dieci persone non comparisse il nome di Harry, o che fosse tra quelle persone che erano rimaste a terra, ma conoscendo Harry, Louis era più che certo che fosse sull’aereo, non avrebbe aspettato più due o tre giorni per tornare da lui, e Louis quasi si maledì per essere così ligio al suo dovere e di non poterlo seguire sempre in ogni luogo. –“ma comunque il bilancio aumenterà, ci saranno state come minimo duecento persone su quell’aereo.”
“Qua-quanto tempo abbiamo?” – chiese.
“Poco, saranno qui tra non meno di un quarto d’ora, con i primi superstiti ritrovati”
Un quarto d’ora gli sarebbe bastato per una telefonata, anzi gli sarebbero bastati tre secondi, giusto il tempo di confermare a se stesso che Harry stesse bene, che non l’avesse lasciato in quel modo, che aveva avuto un contrattempo, si sarebbe accontentato anche di un’uscita con Nick, non gli importava. Persino Grimshaw era più sopportabile del perdere Harry con un maledetto incidente aereo.
Digitò velocemente il numero di Harry, e portò il cellulare all’orecchio, ma subito scattò la segreteria telefonica.
Niente panico, niente panico. Magari ha il cellulare scarico. Sì, è distratto, sarà sicuramente così.
Doveva sapere se Harry fosse su quell’aereo o no, per questo fece l’unica cosa sensata – subito dopo chiamarlo – che gli venne in mente: chiamare Nick Grimshaw. Era l’unico che poteva sapere dove fosse Harry in quel momento, e Louis sperò ardentemente che il tizio avesse trattenuto Harry facendogli perdere l’aereo, o qualsiasi altra cosa.
Cercò il numero nella rubrica del cellulare – Harry glielo aveva salvato per le emergenze, Lou, lo sai! – e cliccò velocemente sopra, facendo partire la telefonata.
E rispondi, rispondi, rispondi si ritrovò a pregare, prima che l’odiosa voce di Grimshaw gli riempisse le orecchie.
“Mmh, chi è?”
“Grimshaw, sono Louis, dimmi che Harry è con te, per favore.”
“Te lo direi, se potessi” – borbottò quello dall’altro capo del telefono –“ma è partito stamattina per venire a Londra, dovrebbe essere atterrato, perché?”
“Ehm… niente, ciao!” – chiuse velocemente la telefonata, maledicendo Harry, Grimshaw, l’aereo, il cercapersone che suonava nella sua tasca, tutto quello che lo circondava.
Harry doveva essere nei feriti, nei superstiti. Doveva essere tra loro per forza. Non poteva essere tra le vittime.
Con una velocità che non era da lui, corse ad infilare il camice, e con i chirurghi, con Liam, Zayn e Niall uscì fuori dall’ospedale, aspettando che si sentissero le autoambulanze arrivare da loro. E il panico prese quando si iniziarono a sentire le sirene. La prima fu aperta, Niall e un chirurgo subito la raggiunsero, mentre i paramedici tiravano fuori due barelle con due persone ferite all’addome e alla testa. Erano un bambino e una donna. Louis strinse i pugni osservando l’altra ambulanza, quella dove Zayn si era diretto, e un paramedico scaricava un’altra barella con forse un ragazzo, subito il panico lo prese, ma non aveva i ricci, non era Harry. Poi si aprì la terza, quella alla quale Liam e la cardiochirurga si erano avvicinati, ed estrassero un uomo sull’ottantina con un trauma cranico, o quelle erano le parole che gli erano giunte all’orecchio. E perse un battito al cuore quando l’ambulanza di fronte a lui era stata aperta, ed era stata estratta la barella.
“Harry Styles, anni ventidue, presenta evidenti problemi respiratori, e il cuore è andato in arresto per qualche minuto, trauma cranico ed evidenti lesioni gravi, stato critico”  
Louis spalancò gli occhi sentendo quel nome, riconoscendo quei capelli, quel viso – anche se ferito e pieno di ematomi – quel corpo.
“Oh no, no, no” – borbottò, iniziando a trascinare la barella all’interno dell’ospedale. Doveva fare qualcosa, ma cosa?
Harry, quel ragazzo era Harry. Santo cielo. Perché doveva essere proprio lui? Perché non poteva essere meno grave il suo stato?
Il cuore di Louis parve fermarsi definitivamente, quando immediatamente portarono Harry in Emergenza Uno. Li seguì immediatamente, mentre Liam lo raggiungeva, e lo spostava intimandogli di lasciar fare loro con Harry. Era meglio così, in fondo, tutti sapevano che i medici non dovessero stare accanto ai propri cari durante gli interventi. Louis deglutì e raggiunse la cardiochirurga alle prese con l’uomo anziano, ma il suo pensiero era altrove. Era in quella dannata Emergenza Uno, dove un certo riccio lottava tra la vita e la morte, ma nonostante ciò diede il meglio di sé per aiutare tutti coloro che anche nelle ore successive erano arrivati.
 
Alla fine della giornata, il conteggio delle vittime era salito a cento, i feriti in condizioni grave erano almeno una cinquantina e le ricerche per altri superstiti continuarono, nonostante in ospedale non ci fossero quasi più posti nelle varie sale d’emergenza. Louis, dopo un po’, non era riuscito a stare lontano dall’Emergenza Uno, non ci era riuscito proprio  e quando aveva visto il suo migliore amico tentare di riavviare con le  mani il cuore di Harry, sembrò come se anche il suo cuore si stesse fermando in quel momento. Attraverso il vetro, vedeva tutto. Quando Liam, sporco di sangue, con un sorrisetto soddisfatto sul viso, si staccò dal corpo di Harry e tutti i presenti nella sala gli applaudirono, Louis capì che avesse rimesso in moto il cuore del suo ragazzo, e solo per questo gli avrebbe fatto una statua. Velocemente spalancò la porta, e gli occhi di tutti furono su di lui. Nessuno osò parlare, ma Louis poteva sentire il “bip” dell’elettrocardiogramma di Harry quasi regolare.
“C-come sta?” – chiese in un sussurro, che sperò nessuno sentisse perché non voleva davvero sentirsi dire che quello era Harry, che quello era il suo ragazzo. Louis vedeva quelle scene ogni giorno, e non avrebbe mai pensato che un giorno fosse capitato proprio a lui.
“Louis, stiamo facendo il possibile. Per ora deve essere operato, ha del sangue nei polmoni, poi vedremo. Procediamo man mano, d’accordo?” – fece Liam, avvicinandosi a Louis, e guardandolo dritto negli occhi –“te lo giuro, Lou, non lo faccio morire, ma per favore, tu mantieni la calma, okay?”
“Liam…” – sussurrò –“non ci riesco, lu-lui non può lasciarmi, non ora…”
“Lo so, Lou, lo so. Lo salvo, te lo giuro, lo salvo. Fa’ una cosa, cambiati, e assisti all’intervento, così ti aggiorno man mano che andiamo avanti”
Louis era diviso in due. Una parte di lui voleva seguire Liam e quindi Harry, ma l’altra gli diceva disperatamente di andare a rendersi utile, c’erano dei bambini che avevano bisogno di lui, e non poteva essere debole, non ora, non in quel momento particolare. Non doveva, non poteva essere debole.
“M-mi fido, Liam, salvalo, okay? Chiamami quando hai finito, in pediatria hanno bisogno di me, lo sai…”
“Sì, renditi utile, almeno non ci pensi. E’ con me, d’accordo? Fidati, io e la dottoressa lo rimettiamo in piedi prima che tu possa dire…” – Louis gli rivolse un’occhiata eloquente, non voleva essere tranquillizzato, dannazione, era un medico, non un bambino.
“Ci vediamo dopo” – tagliò corto Louis inacidito, uscendo dalla sala. Più ci restava, più male si sentiva. Diamine, quello lì dentro era il suo ragazzo, il suo dannatissimo ragazzo. Quello che aveva fatto coming out, che gli aveva fatto una delle sorprese più belle, quello che lui amava più di qualsiasi altra cosa al mondo, quello… quello che semplicemente gli aveva cambiato letteralmente la vita in tre anni. Non aveva sofferto per tre anni, tenendo all’oscuro la loro relazione, per poi fare coming out, e vedere Harry … no, Harry non sarebbe morto. Lui l’avrebbe impedito, ne era più che sicuro, e poi sarebbero stati felici insieme. Harry doveva salvarsi, per forza. Louis non sarebbe sopravvissuto un giorno senza di lui, come sopravvivesse ai tour era un mistero, ma forse, la speranza che lui fosse tornato sempre e comunque, lo confortava e aiutava ad andare avanti, se Harry fosse morto, la speranza non ci sarebbe più stata, sarebbe evaporata come neve al sole, perché non lo avrebbe visto mai più, né dopo un’ora, né dopo un giorno, né dopo una settimana, né dopo un mese, né dopo un anno, mai. Tentò di scacciare quell’orrendo pensiero, ma non ci riuscì. Si lasciò cadere sulle ginocchia nel mezzo del corridoio, prendendosi il viso tra le mani, reprimendo contro di esse pesanti singhiozzi che minacciosi e violenti uscivano dalla sua bocca, rischiando di interrompere i suoi colleghi impegnati con le emergenze che ancora arrivavano. Quel giorno sembrava infinito. Non avevano tregua nemmeno la notte, ma se per tutto il pomeriggio,  Louis aveva ostentato sicurezza, appena la notte era scesa, e le condizioni di Harry non erano cambiate, era crollato inevitabilmente. E ora, piangeva rannicchiato su se stesso, sperando che quello fosse tutto un brutto sogno, un incubo, qualcosa da non rivivere mai e poi mai. Non era riuscito a raggiungere il reparto di pediatria, era crollato prima e sperava che ora Harry lo svegliasse dall’incubo con un bacio, magari, poi lo prendesse in braccio, com’era solito fare, quando Louis faceva incubi, gli preparasse una tazza di tè bollente, e poi gli cantasse una canzone a caso con la voce della quale Louis si era innamorato, fino a farlo riaddormentare tranquillo, senza incubi e solo bellissimi sogni.
Si pizzicò più volte la pancia, e non osò riaprire gli occhi, fino a che due braccia forti non lo cinsero da dietro, aiutandolo ad alzarsi dal pavimento che era davvero scomodo.
“Harry…” – sussurrò Louis, sperando che riaprendo gli occhi avesse rivisto il suo Harry, il suo piccolo, il suo Haz, il suo riccio, il suo amore, il suo tutto.
“No, sono Zayn, Liam è in sala operatoria con Harry, e mi ha chiesto di venire a controllarti, sta arrivando anche Niall. Sta tranquillo, ce la farà. Lo sai che la bambina si è salvata? Lo hanno appena comunicato. Se ce l’ha fatta una bambina, perché Harry no?” – disse velocemente Zayn, sperando di consolare l’amico, di tranquillizzarlo. Perché Harry doveva farcela, lo sapevano tutti.
“Zay…noi eravamo felici, finalmente potevamo esserlo davvero…e-e sembra fatto di proposito, i-io non vivo senza di lui, c-come farò? I-io…” – singhiozzò senza vergogna, affondando il viso nell’incavo del collo dell’amico, che lo strinse forte al petto, non come avrebbe fatto Harry, ma quasi, e tentò di rassicurarlo, fino a che anche Niall non li raggiunse e cinse Louis da dietro, inglobandolo in un abbraccio fraterno da ambo le parti.
“Lou, ho saputo… e so anche che se ne sta occupando Liam, vedrai, lui è il migliore di tutti e tre messi insieme, lo salverà, e magari una sera usciamo noi quattro, più lui e passiamo una serata da… uomini, posso dirlo?”
A Louis scappò mezzo sorriso. Niall, unico etero tra quattro omosessuali, spesso si trovava in difficoltà a definire i ruoli delle coppie. Liam era un papà, dolce e severo allo stesso tempo, Zayn una mammina apprensiva e premurosa, e Louis una donnina isterica, quindi a rigor di logica, Harry sarebbe stato l’uomo di casa.
“Puoi dirlo, Ni.” – sorrise appena –“grazie, ragazzi, davvero.”
“Siamo amici, Lou, se non ci aiutiamo tra di noi!” – esclamò il biondo, sorridendo a Louis, mentre Zayn stringeva ancora il castano in un abbraccio vigoroso. Louis gli sorrise riconoscente, e si asciugò velocemente gli occhi.
Harry non vorrebbe vedermi in questo stato, ne sono sicuro.
“Sono arrivati altri superstiti?” – chiese, ricevendo una negazione dai compagni.
Il bilancio delle vittime era salito ancora, ne era sicuro.
 
Erano le cinque del mattino, quando Liam Payne, stanco e provato dalle tante ore in servizio, uscì dalla sala operatoria. Una faccia funerea, gli occhi gonfi, le mani strette le une alle altre.  Si avvicinò lentamente a Louis, che, seduto su una sedia della sala d’attesa, sonnecchiava, anche lui provato da tutte quelle ore di sala operatoria.
Lo scosse lentamente, facendolo quasi sobbalzare.
“Ehi Lì” – biascicò –“dammi buone notizie, ti prego.”
“E’ stabile, ora è stabile. E’ stato più difficile di quanto ci aspettassimo. Aveva decisamente troppe lesioni interne, e il trauma cranico esteso. Ha avuto un arresto cardiaco e una sequenza di problemi bronco-polmonari, è vivo per miracolo, ma era davvero grave e messo maluccio, inoltre abbiamo trovato delle ferite... diciamo che gli sono state inflitte prima dell’incidente, e il suo corpo evidentemente non ha retto.” – comunicò –“Lou, è in coma. E’ coma farmacologico, e lo terremo addormentato per un po’, per monitorarlo. Non voglio dirti stronzate, sei un medico, e… non posso mentirti. Non so se quando si risveglierà avrà memoria, e se lo farà. Posso dirti solo che abbiamo fatto il possibile, davvero il possibile.”
“Ma è vivo…?” – sussurrò Louis, quasi non credendo alle parole dell’amico.
“Sì, te l’ho detto. È vivo, ma è in coma. Meglio della morte, no?” – fece un mezzo sorriso, per tranquillizzare l’amico che stava già per andare in iperventilazione.
“Mi occuperò io di lui.” – annuì sicuro Louis, alzandosi dalla seggiola blu e cercando i suoi dannati occhiali che gli erano caduti per terra.
“Lou?”
“Liam?” – sbatté le palpebre alzando gli occhi verso di lui, con un’espressione che non ammetteva i no, è il ragazzo che ami, non puoi occuparti di lui e Liam non aggiunse altro, scuotendo la testa.
“Non potresti, ma io per Zayn farei lo stesso, quindi, sì, stagli accanto.”
Louis afferrò i suoi occhiali neri dalla sedia accanto a quella dov’era seduto e li mise sul naso – di solito usava le lenti a contatto, ma in ospedale erano scomode e preferiva gli occhiali - poi si alzò da terra e abbracciò di slancio l’amico, stringendolo in un abbraccio vigoroso.
“Grazie, Lì, grazie, grazie davvero!” – esclamò, una speranza era in lui, una speranza di salvezza per Harry c’era. Lui l’aveva sempre saputo che qualcosa doveva andare per forza per il verso giusto.
“E di che, Lou?” – sorrise –“è il mio lavoro salvare vite, ah a proposito, nei pantaloni di Harry, abbiamo trovato questa, credo sia per te, c’è scritto ‘Per Boo’, quindi.” – fece consegnandogli una busta per lettere eccessivamente stropicciata e macchiata di sangue un po’ ovunque. Louis la prese tra le mani e la strinse al petto. L’avrebbe letta subito dopo essere entrato in camera di Harry ed essersi assicurato che fosse come aveva detto Liam.
“Lì, dov’è che l’avete messo?”
“Terapia intensiva, sai dov’è. Puoi accedere, sei un medico, Dottor Tomlinson.” – Louis si lasciò scappare una risatina facendo una riverenza.
“La ringrazio infinite, Dottor Payne, per aver salvato la vita alla mia unica ragione di vita.” – sorrise il castano, guardando l’altro fisso.
“Ah, bell’amico!” – fece la sua comparsa Zayn accanto a Liam, avvolgendo il suo bacino con un braccio e attirandolo a sé –“è meglio che riporti il Dottor Payne a casa, è un po’ stanco e ha bisogno delle coccole del suo ragazzo, vero?” – sussurrò sfregando il naso contro la sua guancia.
“Sì, Dottor Malik, ho tanto bisogno di coccole.” – borbottò sbadigliando sonoramente.
“Amico ingrato, noi andiamo, a domani.”
“Ciao ragazzi, grazie di tutto!”
I suoi due amici si avviarono verso l’uscita, mentre Louis si dirigeva in terapia intensiva, per stabilizzarsi accanto al suo ragazzo per tutto il tempo necessario.
Non appena entrò, e lo vide pieno di bende, tubi e flebo, capì cosa dovessero provare tutte le persone che arrivavano in ospedale e vedevano una persona amata in quelle condizioni. Era una sensazione straziante, la peggiore che una persona potesse provare. La cosa più brutta era l’impotenza. In quel momento, anche se lui era un medico, non poteva fare nulla per aiutarlo, doveva lasciare che le cose avvenissero. Lui, certo, lo avrebbe aiutato a stare meglio, e non si sarebbe arreso, ma in quel momento sentiva il peso della situazione sulle sue spalle. Il bip regolare dell’elettrocardiogramma del cuore di Harry, gli arrivò alle orecchie, e si rilassò appena.
Prese una sedia e l’avvicinò al letto dov’era adagiato il suo ragazzo. Lo osservò per istanti interminabili, era meraviglioso anche in quello stato.
“Ehi amore, sono qui, accanto a te” – sussurrò sedendosi accanto a lui, intrecciando una mano alla sua.
Sarebbe stato un lungo, lunghissimo periodo.
 
 
“Qualsiasi cosa accada, ti amerò sempre, Louis Tomlinson.
Non dimenticarlo mai.
Non dimenticarmi, amore mio, e non lasciarmi.
Non avevo pensato all’odio che sarebbe seguito al coming out, e mi dispiace, mi dispiace se verrai preso di mira, non ci avevo minimamente pensato. Non volevo farti questo, amore, volevo solo renderti felice.
Ti prego, perdonami, Lou.
Ti amo così tanto, prometto che prenderò tutti i pugni che vorranno darti, non permetterò a nessuno di farti male, a causa mia. Mi dispiace amore, mi dispiace davvero.
Ti amo, e lo sai.
Tuo, per sempre, Harry, xx
 
P.S. quando stanotte dormirò, apri la tua casella di posta elettronica, ti ho mandato in anteprima la demo del mio prossimo singolo.”
 
Louis lesse, per l’ennesima volta, con le lacrime agli occhi quella lettera che Harry aveva scritto di corsa, probabilmente in aereo, quando era ripartito per tornare. Maledetto, poteva posticipare la partenza, e non si sarebbe fatto male nessuno.
Era stato trasportato in una delle stanze, ed era uscito dalla terapia intensiva, per fortuna di Louis, che avrebbe avuto un crollo mentale se l’avesse visto ancora lì. Aveva gli occhi stanchi, rossi e gonfi. Non c’era notte in cui non sopprimesse le sue lacrime, le sue paure contro le proprie ginocchia, accovacciato sulla scomoda sedia di legno dell’ospedale. Non vedeva il suo letto da quanto? Sei, sette giorni? Quanto tempo era passato? Harry dormiva sempre, e non ne voleva saperne di svegliarsi. Liam era passato tante volte a dargli il cambio, stessa cosa avevano fatto Zayn e Niall, ogni giorno venivano e gli dicevano di andare a casa, magari di farsi una bella dormita, e una doccia, riposare un po’, e poi tornare, ma Louis ogni volta rispondeva loro che non poteva lasciare Harry da solo, non poteva abbandonarlo. Lui era il suo ragazzo, era il suo tutto, con quale coraggio l’avrebbe abbandonato? Con quale coraggio l’avrebbe lasciato lì solo senza le sue cure?
Gli accarezzò la guancia ancora violacea con il dorso della mano.
“Ehi amore, è il settimo giorno che sei tornato e sei in queste condizioni. Vuoi svegliarti? Ti prego, mi manchi così tanto…” – sussurrò, continuando a muovere la mano sul livido. Si morse la lingua con forza per non piangere ancora. Era stanco, assonnato, e visibilmente distrutto, non aveva retto, non ce l’avrebbe fatta –“ricordi cosa hai detto quando sei partito? Che sarebbe durata poco la distanza” – mormorò –“ti amo così tanto, Haz, ti prego, torna da me… ti supplico, svegliati, non puoi lasciarmi, non ora che siamo felici.” – sussurrò ancora –“e ti ricordi quando al telefono ti ho detto che sei uno scemo? Tu mi hai risposto con ‘ti amo’, quale cliché più stupido di questo, eh, Haz?” – con l’altra mano intrecciò le dita gelide di Harry con le sue calde –“e poi hai detto che mi avresti portato dovunque avessi voluto, mi avresti baciato, avremmo camminato mano nella mano, e poi mi avresti baciato ancora, e ancora fino a farmi perdere il fiato, te lo ricordi, amore?” – deglutì a vuoto quando come risposta gli arrivò solo quel fastidioso bip –“e-e sai? Ho chiamato anche Grimshaw, qualche giorno fa, non so perché l’ho fatto, ma è tuo amico, anche se lo odio, magari se anche lui ti parla, tu ti decidi a riprenderti, eh?” – strinse con vigore la sua mano, deglutendo ancora –“non morire, Harry, ti prego, non morire…” – trattenne un singhiozzo nel petto, non voleva piangere ancora –“non mi lasciare, Harry, ho bisogno di te, troppo bisogno di te, per vivere, per andare avanti, per avere fiducia in me stesso. Tu lo sai, sei tu la mia roccia. Sei tu che mi dai la forza, sei tu, sei sempre e solo tu. Oh, Harry, ti prego, ti prego…” – appoggiò il viso sul cuscino del ragazzo, cercando di reprimere le lacrime contro di esso, sperando di fermarle. Perché Louis sapeva di dover essere forte, sapeva di dover essere forte per aiutare il suo ragazzo a stare bene, sapeva che doveva fare il possibile per salvarlo, letteralmente, da quell’ospedale. Harry doveva stare bene, doveva guarire, per forza –“amore, amore, ti prego, non mi lasciare, ti supplico, lotta, io lo so che sei forte, lo so. Tu mi hai salvato dalla depressione, te lo ricordi? Quando ci conoscemmo ero quasi in depressione, e-e… se tu te ne vai, io non so come farò, mio dio, Harry… tu mi hai salvato anche il giorno del mio esame, diamine. Non ho ancora preso la laurea completa, e tu devi esserci con me, tu devi… non puoi abbandonarmi, okay? Non puoi. Tu devi essere lì, devi stringermi quando mi consegneranno a tutti gli effetti il titolo di pediatra. Sì, ho deciso, voglio diventare un chirurgo pediatrico, lo sai, che… ho salvato la vita ad una bambina?” – trattenne le lacrime –“era con te sull’aereo, la madre l’aveva protetta con il suo corpo, ma non era servito a molto. Però, Harry, l’ho salvata. Perché non riesco a salvare te? Perché non ci riesco? Harry…” – e non riuscì a trattenersi, non più. Scoppiò in lacrime accanto all’immobile corpo di Harry, vivo a  stento, attaccato a delle macchine. Louis non riusciva a spiegarsi come mai fosse ancora così incosciente, avevano interrotto i sedativi da quattro giorni e lui non si era ancora svegliato, forse lo sapeva, ma non voleva realmente credere a quella possibilità, no. Lui l’avrebbe salvato. Doveva salvarlo. Aveva salvato tante vite, perché non riusciva a salvare il suo ragazzo?
I singhiozzi erano forti, riempivano tutta la stanza, e Louis non poteva far nulla per fermarli, erano più forti di lui, tutta quella situazione era più forte di lui. Qualcuno, Louis sapeva chi fosse, gli cinse le spalle da dietro, e lo alzò quasi con forza dal cuscino di Harry, facendogli appoggiare la nuca contro il proprio petto.
“Shh, calmo, Lou” – sussurrò Liam al suo orecchio –“va tutto bene, credimi, si sveglierà.”
“Liam, non ce la faccio… non ce la faccio a vederlo così, è tutto… tutto sbagliato, dovrei esserci io lì, non lui, lui non merita di essere lì, Liam, lui…” – singhiozzò senza ritegno, mentre l’amico velocemente lo alzava dalla sedia e gli faceva affondare il viso contro il suo petto, reprimendo contro di esso i singhiozzi di Louis, che senza rendersene conto premette le mani contro il petto di Liam, cercando di spostarsi da lui, per ritornare a piangere seduto accanto ad Harry, non voleva lasciarlo solo nemmeno per pochi istanti, ma Liam tenne duro e lo strinse ancora con maggior vigore, prendendosi anche i pugni lievi che Louis aveva iniziato a dargli sul petto per scostarlo.
“Louis, calmati, calmati!” – sbottò afferrandogli entrambi i polsi, cercando di guardarlo negli occhi –“ti stai prendendo cura di lui, sei bravissimo, Lou, vedrai che lui starà bene, si sveglierà e ti sorriderà di nuovo. E avrete la felicità che entrambi vi meritate, d’accordo?”
“Liam, e-e se…? I-io che farò…?” – tirò su con il naso, fermandosi per un attimo e affondando il viso contro la spalla di Liam, che lo strinse ancora. –“non vivo senza di lui, Liam è il mio sole, la mia roccia, la mia luce, la mia fottuta vita… lui è tutto…” – chiuse gli occhi stanchi, lasciandosi andare ancora alle lacrime, facendosi sopraffare dalle emozioni come non aveva mai fatto in presenza di altri, come aveva fatto solo con Harry.
“Non dire così, devi essere forte anche per lui, lo sai, no? Quindi, continua così. Continua a lottare per te, per lui, per voi. Te lo meriti, ve lo meritate. Dovete essere felici, dopo quello che hai passato, quando dovevate nascondervi.”
“Nella lettera dice che mi ha mandato la demo di un suo nuovo singolo…”
“Vai a casa, fai una doccia, mangia qualcosa, ascolta la canzone, dormi un paio d’ore e torna qui, mh?” – chiese Liam, accarezzandogli la schiena –“ti piace come programma? Io resterò accanto ad Harry, lo monitorerò tutto il tempo della tua assenza insieme a Niall e Zayn, sei occhi basteranno a tenerlo sotto controllo?”
Louis alzò lo sguardo dal petto di Liam, puntandolo prima sul corpo immobile del suo ragazzo, poi lo spostò negli occhi dell’amico, e alternò le due visioni per qualche istante.
“Lou, non cambierà la situazione in pochi minuti che non ci sei, quindi fa’ come ti dico, fidati di me, non gli accadrà nulla finché non ci sei, mh? Riposa almeno due ore, sei distrutto sia fisicamente, che psicologicamente, che sentimentalmente, un paio d’ore di sonno non ti faranno male.”
“V-va bene, L-Liam, farò come m-mi dici, m-mi fido di-di te…” – deglutì lanciando uno sguardo al letto –“ti prego, non lasciarlo andare via…”
“No, Lou, te lo prometto.” – sorrise Liam, confortando l’amico, che lentamente si staccò da lui, e si avvicinò al riccio. Louis gli accarezzò lentamente la guancia, si piegò e gli lasciò un delicato bacio sulla fronte, prima di sussurrare:
“Ti lascio in buone mani, amore mio, ci vediamo più tardi, okay?” – sussurrò accarezzandogli ancora il dorso della mano –“ti amo, piccolo…”
Si staccò a fatica da lui, e raggiunse di nuovo Liam, che gli batté una mano sulla spalla, e lo incoraggiò ad andare a casa. Louis era pieno d’angoscia. Non sarebbe riuscito a dormire, questo era certo, ma sicuramente avrebbe ascoltato la canzone del suo ragazzo, era sicuro che sarebbe stato un pezzo dolcissimo, bellissimo a dir poco, cantato con la voce del suo Harry, sarebbe stato ancora più bello. Non sapeva quale forza motrice permettesse in quel momento alle sue gambe di muoversi autonomamente, non sapeva come giunse nella sala d’aspetto, fino all’uscita. Le mani gli tremavano, le gambe sembravano fatte di gelatina, gli occhi minacciavano di chiudersi da un momento all’altro, la testa era pesante ed ignorava il suo aspetto fisico. Con una lentezza disarmante si alzò il cappuccio della felpa di Harry, per ripararsi da quell’odiosa pioggia novembrina, che da un po’ di giorni a quella parte, dava troppo fastidio. Non sentiva il freddo, né la fatica, né altro. Sembrava un automa creato per non provare sensazioni vitali, ma sentiva solo un grande peso all’altezza del cuore, che l’opprimeva, non gli permetteva di respirare, lo faceva stare malissimo.
In una decina di minuti, arrivò a casa, che era rimasta come l’aveva lasciata lui una settimana prima, quando tutto quel disastro era successo. Quando tutto quello che non sarebbe mai dovuto accadere nella sua vita, era accaduto.
Si recò immediatamente in bagno, e si guardò allo specchio.
Il suo aspetto non lo sorprese troppo, ma lo disgustò. Occhi rossi, gonfi,  spenti e stanchi, con delle occhiaie immense, i capelli arruffati, bagnati e sporchi, la barba incolta sul suo mento, le guance infossate e una sofferenza che gli si poteva leggere in ogni angolo del corpo. Si privò degli abiti che indossava che puzzavano di ospedale, di morte, e malattia ed entrò immediatamente nella doccia, per rigenerarsi almeno fisicamente. Si lavò con cura, ma in ogni suo gesto, non riuscì a non pensare ad Harry in ospedale, ad Harry solo con Liam e gli altri, ad Harry su un letto, ad Harry che lottava ancora tra la vita e la morte. Liam aveva detto che se ne sarebbe occupato lui, che lui non l’avrebbe fatto morire, e che Louis potesse prendersi un paio d’ore di riposo, gli avrebbero fatto bene, sicuramente. La sua forza di volontà non era tanta, ma doveva farcela, per Harry. Per quel ragazzo che l’aveva rapito, anima, mente e corpo. Quello che si era infiltrato nella sua vita, e aveva fatto di essa la sua, che l’amava incondizionatamente.
Uscì dalla doccia dopo circa mezz’ora, e dopo essersi asciugato, indossò una tuta di Harry, ancora impregnata di quel profumo che a Louis piaceva da morire. Era tremendo convivere con una cosa simile, e Louis proprio non ci riusciva.
La mancanza del suo ragazzo iniziava a farsi sentire un po’ troppo. Velocemente si preparò una tazza di tè e prese dei biscotti, dirigendosi poi al computer. La notizia che Harry fosse ricoverato non era stata estesa, si era diffusa la notizia dell’incidente aereo, ma le identità delle vittime e dei passeggeri non erano stati ancora resi noti, per fortuna di Louis, non avrebbe di certo voluto che il suo ragazzo finisse in prima pagina anche per una cosa così seria, delicata e… dolorosa.
Aprì la sua casella di posta elettronica, e trovò l’e-mail di cui parlava Harry nella lettera che gli aveva scritto. Ci cliccò sopra, ma quello che trovò non fu una demo, ma un vero e proprio video. Ci cliccò sopra e vide per prima cosa un corpo che correva verso una sedia, poi il corpo del suo ragazzo fece capolino sullo schermo del PC. Aveva i soliti ricci indomabili, gli occhi grandi e verdi che brillavano, la T-shirt bianca e nera di Louis, un paio di jeans strettissimi – quelli che Louis adorava e odiava allo stesso tempo – e una chitarra tra le braccia.
Ciao, amore mio! Probabilmente ora starò dormendo e ti avrò dato un patetico bigliettino con su ho scritto di ascoltare la demo della mia nuova canzone. Beh, inizialmente volevo mandarti la demo, ma poi ho pensato, perché non cantare personalmente per te? Oh amore, lo so che vedrai questo video dopo il coming out, e spero che la sorpresa ti sia piaciuta, come potrebbe non piacerti? Ti amo così tanto, volevo urlarlo ai quattro venti. Ma perché poi quattro? Non potrebbero essere cinque, sei o sette? E sì, lo so che mi risponderai che non te ne importa un emerito…” – Louis si ritrovò a ridere appena, adorava quando Harry parlando andava in confusione e tergiversava su altri argomenti per non parlare di quello importante –“l’ho scritta da solo, comunque, la canzone, dico. Musica e tutto il resto, l’ho scritta pensando a te, ti amo, amore mio, ricordalo sempre.” – una dolce melodia seguì il monologo di Harry, e le parole più belle che Louis avesse mai sentito si estero nelle sue orecchie, accompagnate dalla dolce, suadente, e roca voce di Harry. Lo adorava quando cantava, non a caso si era sempre dichiarato il suo primo fan. Allungò la mano verso lo schermo e appoggiò un dito lì dove compariva una guancia di Harry, che concentrato fissava le corde della chitarra, prima di cantare dolcemente quella canzone, che a Louis faceva battere il cuore. Sarebbe diventata la sua canzone preferita, ne era sicuro. Le parole dolci, la melodia tranquilla, delicata. Louis già immaginava un video ufficiale, dove Harry era seduto al centro della sala di registrazione, circondato da cavi e fili, cantava con gli occhi chiusi, con il suo sorriso tutto fossette, come lo chiamava Louis, e la sua espressione rilassata da bambino. Poteva sentirlo, accanto a lui, in quel momento, anche se non c’era. Poteva sentire la sua presenza in ogni gesto che avrebbe fatto, ma, dannazione, Harry non era morto, Harry era lì, era vivo. In ospedale, ma ancora vivo. Dopo tre minuti, circa, Harry aveva finito di cantare, e sorrideva alla telecamera con quel maledetto sorriso che aveva fatto innamorare perdutamente Louis.
Allora, amore, se ti è piaciuta, baciami, baciami, baciami fino a farmi perdere il fiato, e amami, amami, amami fino alla fine dei tuoi giorni. Io lo farò. Lo farò Louis, perché sono maledettamente, pazzamente, immensamente, stupidamente, realmente, fottutamente innamorato di te. Ti amo, Louis Tomlinson. E te lo dimostrerò. Lo giuro, ti farò capire quanto ti amo. Perché ti amo, ti amo, ti amo. Spero che il coming out significhi qualcosa per te, per me è stato come togliermi un peso dallo stomaco. E tutta la forza che ho me la dai tu, che sei i miei occhi quando per la stanchezza non vedo, quando ho mal di gola e non riesco a parlare, sei la mia voce, tutto quello che sono, tutto quello che sono diventato, lo devo a te. Smettila di sottovalutarti, perché sei fottutamente perfetto, amore mio. Sei la  parte migliore di me, Louis. E ti amo così tanto, che non riesco a respirare, che non riesco a fare nulla senza di te. Ma sono migliore, perché so che mi hai amato, mi ami e mi amerai. Sei irresistibile, e sei solo mio. Sappilo.” – sorrise mandando un bacio volante alla telecamera –“devo andare ora, ci vediamo domani sera, promesso, ciao, amore!”  - Louis vide il corpo di Harry avvicinarsi alla telecamera lasciare un bacio sull’obbiettivo e poi lo schermo tornò nero. A Louis era spuntato un sorriso spontaneo sul viso - anche se le lacrime sul viso erano copiose - dato dalla speranza di rivederlo, di ristringerlo. Quella canzone, stranamente, gli aveva dato la forza che gli stava mancando in quei giorni. La sua forza era Harry, ed era stato stupendo scoprire che per Harry la forza non fosse altro ciò che Harry stesso era lui che.
Apprezzava tantissimo il gesto che il suo ragazzo aveva fatto per lui.
Quel video, quella canzone gli avevano dato ciò che stava sparendo dalla sua vita,  la speranza.
Carico di pensieri positivi, si appoggiò sul letto matrimoniale, nella metà di Harry, ancora impregnata del suo profumo e stringendo il cuscino del suo riccio, riuscì a crollare in un meritato sonno profondo.
 
 
Un raggio di luce colpì il viso di Louis, la mattina dopo.
Si sentiva rinvigorito, rinato, migliore. Sentiva che tutto si sarebbe sistemato, che tutto sarebbe andato per il verso giusto, niente poteva andare male, quella mattina. Si alzò dal letto, e si guardò allo specchio. Le occhiaie c’erano ancora, ma erano diminuite, gli occhi ancora un po’ gonfi, ma non era orrendo come il giorno prima. Senza neanche fare colazione, si diede una veloce sistemata, indossò un’altra tuta di Harry e corse in ospedale, dove un assonnato Liam, lo accoglieva un sorriso che andava da una guancia all’altra. C’erano buone notizie, riconosceva l’espressione dell’amico.
“Lou! Finalmente, stavo per chiamarti, c’è una bella sorpresa per te!” – sorrise il giovane, afferrando l’amico per una mano, senza nemmeno dargli il tempo di prendere il camice, o una mascherina, o salutare i colleghi. Lo trascinò fino alla stanza dove c’era Harry, e a Louis quasi non mancò un battito. Harry aveva gli occhi aperti, aveva ancora la mascherina dell’ossigeno sul viso, ma era sveglio. Si era svegliato.
Louis saltò al collo di Liam stringendolo forte.
“Oh, Lì, grazie, grazie! Sei il migliore, ti assegneranno il nobel! Sei il chirurgo migliore del mondo, ti adoro, ah, grazie, grazie!”
“Lou, non esagerare, ho fatto del mio meglio, e sono contento che tu sia felice, ma si è svegliato solo stanotte, quindi sta’ attento e non farlo affaticare troppo, mi raccomando.”
“Promesso, posso?”
“Che aspetti? Muoviti.” – ridacchiò spingendolo dentro, mentre un affaticato Zayn raggiungeva Liam, avvolgendolo tra le sue braccia e accarezzandogli la schiena gli sussurrava che era stato bravissimo. Louis si riempì di tenerezza. Quei due erano davvero carini.
Non come me e Harry, ma sono carini. Io e Harry siamo semplicemente perfetti.
Con un’energica scossa di mano, li salutò ed entrò nella stanza di Harry, sorprendendosi nel vederlo quasi vigile. Gli si avvicinò e gli afferrò immediatamente la mano. Il riccio gli regalò un gran sorriso, un po’ affaticato, ma comunque un bel sorriso. Il cuore era regolare ed Harry era sveglio. Tutto andava per il verso giusto.
“Oh amore, amore mio…” – sussurrò stringendogli un po’ troppo forte la mano –“mi sei mancato, mi sono mancati i tuoi occhi, le tue labbra, tutto, tutto…” – sussurrò ancora, avvicinandosi a lui e stringendolo appena. –“scusa, scusa, non dovevo farti svegliare e non ero qui accanto a te, mi perdoni, piccolo?” - Harry annuì appena, regalandogli un altro sorriso  -“oh no, non affaticarti, amore, va bene così. Sei perfetto, sei bellissimo, ed io ti amo così tanto…” – sorrise accarezzandogli il dorso della mano con il suo pollice. Dopo pochi istanti, controllò la flebo, controllò i macchinari, e tutto sembrava funzionare perfettamente. Per questo, ritornò a sedersi accanto ad Harry, ed accarezzargli i ricci con una delicatezza disarmante. Nella sua mente, suonavano ancora la canzone che Harry aveva scritto per lui. E ora Harry era sveglio nel letto d’ospedale, ancora attaccato alle macchine, ma sveglio e vigile. Stava decisamente meglio, ora.
Louis rimase accanto a lui tutta la giornata, persino quando Liam, Zayn e Niall andarono a trovarlo, era ancora lì vigile. Non si era mosso di un millimetro, a parte per cambiare le flebo, e sistemargli i cuscini, o per sistemargli le coperte e farlo stare più comodo.
“E sì, è bellissima la canzone, davvero stupenda!” – disse Louis divertito, guardando gli amici, sollevato e divertito. Tutti sorridevano,  Louis sembrava rilassato e c’erano diverse persone a supportarlo, Harry era sveglio, tutto era perfetto, fino a che, accadde qualcosa che nessuno avrebbe mai previsto, non per come si erano messe le cose nelle ultime ore. Il cuore  di Harry prese a battere ad un ritmo prima più veloce, facendo comparire delle linee sull’elettrocardiogramma irregolari prima più alte, rallentando facendo abbassare le linee, fino a segnare una linea dritta, e un bip prolungato più degli altri invase la stanza. Louis non realizzò subito, Niall invece prontamente, fu sul riccio e prese a praticargli il massaggio cardiaco, che non funzionò. Liam corse a chiamare gli altri chirurghi, mentre Zayn prendeva il defibrillatore e aiutava l’altro ad aprire il camice di Harry, e il biondo praticava ancora il massaggio, il moro appoggiò le placche cariche sul petto di Harry.
“Uno, due, libera!” – il petto di Harry si mosse in alto, e Niall riprese a fare il massaggio cardiaco, fino a che l’elettrocardiogramma non segnò un lieve movimento del cuore. Non appena arrivarono gli altri chirurghi, Harry fu caricato su una barella, Zayn e  Niall lo seguirono in sala operatoria, mentre Liam afferrava Louis che, immobile ad osservare la scena, sarebbe svenuto in pochi istanti.
“Lou, andrà tutto bene, okay? Andrà bene. L’abbiamo ripreso subito, Louis, guardami andrà bene.”  - cercò di spronarlo. Ma Louis era immobile, gli occhi fissi sul lettino dove prima c’era il suo ragazzo, e realizzò che se non ci fossero stati Niall e Zayn, Harry sarebbe morto, perché lui non aveva fatto nulla, aveva guardato e basta. –“Lou, sei sotto shock. Era un infarto, era imprevedibile, ma il cuore era troppo debole. Su, io resto con te.” – Louis non riusciva ad avere reazioni di alcun genere. Era immobile, fissava intorno a sé senza capire. Liam lo trascinò fino alla sala d’aspetto, dove lo fece sedere e si mise accanto a lui, facendogli appoggiare la testa sulla sua spalla. Il castano continuava a fissare un punto indefinito davanti a sé, contemplando il vuoto.
Passarono due ore, circa, quando Niall e Zayn li raggiunsero con due facce funeree, Louis immediatamente scattò in piedi, raggiungendo gli amici che lo guardavano mortificati.
Niall scosse la testa sospirando, mentre gli occhi di Louis si aprivano alla massima apertura, e “No, no, no”  diceva guardando l’amico, che probabilmente gli stava per dare la notizia peggiore della sua vita.
“Mi dispiace, Lou, abbiamo fatto il possibile, il cuore non rispondeva. Abbiamo provato a rianimarlo, ma… non c’è stato niente da fare, ha avuto un secondo infarto. Era troppo debole per farcela. E’…” – Liam lo interruppe prima che potesse dire quella parola, perché ormai Louis aveva capito. Stringeva forte il tessuto della sua maglia tra le dita, scuotendo la testa e continuando a ripetere no, no, no. Strinse forte gli occhi, mentre le lacrime prendevano a scorrere giù dai suoi occhi di nuovo, e inevitabilmente, lasciò andare la testa all’indietro contro il muro continuando a sussurrare dei ‘no’ sconclusionati, fino a che non crollò. Cadde sulle sue ginocchia, finendo sul pavimento e si liberò con un urlo disperato, carico di tristezza, paura, perdita. Un urlo disperato, che colpì tutti quelli che c’erano in sala d’aspetto e lo guardarono con comprensione. Fu Liam, ancora una volta, ad alzarlo da terra, caricandoselo sulla spalla per portarlo via da lì.
“No, no, lasciami, lasciami!” – urlò ancora –“fammi andare da lui, voglio vederlo, ti prego, ti prego, voglio vederlo…” – pianse contro la spalla di Liam, che lo lasciò scendere e lo condusse nella stanza dove avevano messo Harry.
Non appena lo vide, Louis crollò di nuovo, ma stavolta sul suo corpo.
Pianse, pianse tutte le lacrime che aveva in corpo su quel corpo, che ormai lo aveva lasciato. Baciò le sue labbra, ancora leggermente calde, che velocemente si raffreddavano e lo strinse forte a sé, sperando con tutto il cuore che quello fosse solo un terribile incubo, sperando che si fosse svegliato tra le braccia di Harry, vivo con un cuore che batteva normalmente e non un cadavere. E lì sì addormentò, fino a che Zayn e Liam non decisero di portarlo via da quella posizione fin troppo straziante per lui e per chiunque lo vedesse.

 

*

 
Louis si passa una mano sul collo. Non sa da dove cominciare, deve parlare, lo sa che deve farlo, ma le parole non gli escono. Sa tutto questo da dove è iniziato, sa cosa è successo, ma non lo accetta, non può accettarlo.
Come si fa a farsi una ragione della perdita di una persona importante?
Come si fa a capire che è successo, e tu non puoi fare nulla? Come si fa?
Louis non lo sa, non sa spiegarselo, o meglio lo sa, ma non vuole pronunciarsi.
Quelle ore erano state le peggiori della sua vita.
In attesa di qualcosa che non sarebbe mai accaduto,
In attesa di qualcosa che non avrebbe più fatto ritorno.
In attesa del nulla.
Non sa come sia successo, non sa niente.
Sa solo che è successo e lui è impotente.
Il corpo del suo ragazzo è davanti a lui, lui è in smoking, lì in piedi e non sa cosa fare. Fissa un punto, davanti ad un microfono e si chiede se sia giusto che lui si trovi lì ora e non accanto ad  Harry.
Ha paura, senza Harry si sente solo, vulnerabile.
Harry è la sua roccia, Harry è il suo tutto.
Harry è il suo ragazzo, Harry è la sua luce.
Tutto ruota attorno ad Harry. Perché, sostanzialmente, Harry con la sua espressione da bambino, i suoi occhioni smeraldo, la sua vitalità è il sole di Louis, e lui non può farci nulla.
Ma Harry ora è morto, ha gli occhi chiusi e a Louis sembrerebbe che stia dormendo, lì così bello nel suo smoking nero –quello che userò quando ci sposeremo, Lou, perché io ti sposerò Louis Tomlinson, è una promessa – diceva quando lo metteva accuratamente da parte per non indossarlo proprio in quell’occasione, per quella premiazione.
Louis ha voluto vederlo almeno una volta con quello smoking addosso, almeno per un attimo, e ha scelto l’evento peggiore, e pensandoci una lacrima delle tante scende dal suo occhio. Non può fermarsi. Si chiede come abbia fatto a non tentare di uccidersi – no, in effetti ci ha provato, ma quello stupido di Payne lo ha fermato prima che potesse piantarsi il bisturi nel cuore – non capisce perché è in piedi davanti ad un leggio per pregare – perché esiste un Dio che mi porta via la cosa più bella che ho? – pensa mentre deve raccogliere tutte le parole esatte per parlare.
Parlare di Harry.
Perché Louis ancora non crede che lui sia morto, lui non è morto. Lui è lì con lui, lui è ancora con Louis, gli stringe la mano, gli parla e gli dice tutto quello che vorrebbe sentirsi dire Louis in quel momento – va tutto bene, Lou, amore, va tutto bene, sono qui, mi vedi? Accanto a te, ci sono, amore mio – ma Louis non lo sente, perché Harry non è lì. E’ quella maledetta bara, è lì di fronte a lui, con gli occhi chiusi – i suoi bellissimi smeraldi che hanno da subito conquistato Louis – le palpebre serrate, le labbra socchiuse, quelle due ciliegie che Louis bacerebbe ancora, anche se sono fredde, anche se sentirebbe tutta la morte del suo amato scorrergli tra le vene, Louis vuole baciarlo. E allora lo fa, scende dal piedistallo, si avvicina ad Harry, il suo Haz, poggia le sue labbra calde su quelle fredde del riccio, e sospira pesantemente, si accascia di nuovo sul suo corpo e scoppia a piangere, sussurrando parole sconnesse e mille ‘perché’ ai quali non riceverà risposta.
Ci pensa Liam a lui. Gli si avvicina, lo scosta dal corpo di Harry e gli asciuga le lacrime, ma queste tornano prepotenti sul viso di Louis,  stavolta vengono soppresse dalla spalla di Liam, il castano stringe la giacca dell’amico tra le mani, singhiozzando senza ritegno, poi ci pensa Zayn ad avvolgerlo da dietro, racchiudendo il giovane che ha appena subito un’atroce perdita, in un abbraccio familiare, e poi Niall, infine, che unisce come un collante le altre tre persone, cercando di prendere più giacche possibili tre le sue mani. E Louis si calma appena, i suoi colleghi di studi, i suoi amici, quelli che lo hanno accompagno fino a quel giorno, che lo hanno supportato negli esami, nei primi interventi, nelle prime esperienze sono lì, quelli che lo hanno supportato quando Harry era via, loro sono lì, non lo lasciano. E per un attimo, Louis è quasi sicuro di stare bene, ma appena si stacca da quel nucleo familiare per tornare su quel maledetto piedistallo – ma perché tutta questa scena? Non posso piangere la morte della mia unica ragione di vita da solo, in pace senza nessuno?  No, ovviamente no.
Louis ritorna sul piedistallo e sfoglia un paio di foglietti. Lui ha preparato un discorso, non è bravo con le parole, Harry lo sapeva, lo sa, soprattutto quando è agitato, le parole gli escono così veloci che fa fatica a pronunciarle fa fatica ad aprire bocca.
Ma sa che in quel momento, deve. Non per lui, non gli altri, ma per Harry, per dirgli un’ultima volta – riuscirà mai ad accettarlo? - addio.
Non riesce semplicemente a mettere le parole insieme, ma non vuole seguire un discorso. Ha deciso, racconterà tutto questo come è iniziato, colpa di chi sia, e perché ora Harry si trovi in quella bara invece che accanto a lui, a stringerlo, a confortarlo, a sussurrargli qualcosa di dolce per farlo stare bene.
Louis ha deciso, sa cosa deve fare o deve dire, o meglio cantare.
Harry amava, anzi no, ama cantare. Harry ha donato la sua vita alla musica, quindi il miglior modo di salutarlo è quello. Una canzone. Louis sa che la canzone migliore è quella che ha trovato nella sua casella di posta elettronica, quella che lui, ormai, ascolta la notte prima di dormire, quella che Harry ha scritto per lui, solo per lui.
Si schiarisce la voce, e guarda davanti a sé. Harry è così bello, così etereo da sembrare finto lì in quella bara. E se solo Louis non avesse vissuto gli ultimi tre anni accanto a lui, lo crederebbe, ma i ricordi dei tre anni con lui sono così vividi che rendono l’accettazione della sua perdita ancora più atroce.
“I-Io, non sono bravo con le parole” – la sua voce è spezzata e tutti sanno il perché –“m-ma so che qualsiasi cosa direi, sarebbe inutile, in fondo, non posso spiegare a parole quello che c’è stato tra me ed Harry, insomma, era una cosa così naturale e spontanea…io e lui, eravamo… avete presente, quelle coppie da romanzo? Ecco, noi eravamo l’opposto. C’erano momenti in cui non potevamo nemmeno guardarci, per esempio dopo i litigi, ma… poi Harry arrivava con la sua espressione da… come adoro chiamarla io, cupcake, e mi cantava sempre qualcosa, finivamo per fare pace, e non vi dico come!” – esclama, sono frasi senza senso, sconclusionate, ma Louis è talmente confuso che non se ne cura. Una leggera risata sale arriva dagli spettatori, quasi come una derisione triste. –“e no, non dirò, oh che bravo ragazzo che era, perché Harry non era un bravo ragazzo, era il ragazzo migliore che esistesse, no, lui è il ragazzo migliore…e…” – guarda i foglietti e li lancia per aria. Non ne può più di quelle parole che gli fanno male al cuore –“no, basta. Non ricorderò Harry in questo modo. Io lo ricorderò sempre per quello che mi ha dato. Mi insegnato tutto. E’ la mia forza, è i miei occhi, è le mie orecchie, è… tutto.” – scuote la testa –“lo è, ora, e lo sarà per sempre. Lui è sempre stato lui, fin da quando gli ho messo i punti su quella dannata mano. Quindi penso che il modo migliore sia salutarlo con…” – deglutisce mettendo insieme le parole, è stato bravo fin ora, non ha nemmeno pianto –“…quello che doveva essere il suo nuovo singolo.” – inghiottisce un singhiozzo e –“Nialler, m-mi presti la tua chitarra?” – chiede all’amico, che annuisce e, dopo essere corso nell’auto ed aver preso la chitarra, torna da Louis consegnandogli lo strumento. Louis mette la tracolla al collo, e si avvicina alla bara. Non sopporta più quel piedistallo.
Si avvicina al suo Haz e inizia a cantare con le lacrime che gli riempiono gli occhi, ma si impone di avere la voce ferma e non tremolante.
 
Am I asleep, am I awake, or somewhere in between?
I can’t believe that you are here and lying next to me
Or did I dream that we were perfectly entwined
Like branches on a tree, or twigs caught on a vine?
 
Chiude gli occhi, e cerca di non pensare al fatto che fino a poco tempo prima, Harry sarebbe arrivato cantandogliela per farlo sorridere com’era solito fare quando Louis era stanco, o triste. E Louis spera che Harry gli resti accanto anche ora che… non c’è più.
No, non lo accetta, non può farlo, e basta.
 
Like all those days and weeks and months I tried to steal a kiss
And all those sleepless nights and daydreams where I pictured this,
I’m just the underdog who finally got the Boy
And I am not ashamed to tell it to the world.
 
Scuote la testa, stringendo la chitarra di Niall tra le braccia, avvicinandosi ancora di più al suo ragazzo.
Perché lo ha lasciato in quel modo? Non doveva restare con lui sempre, per sempre al suo fianco?
 
Truly, madly, deeply, I am
Foolishly, completely fallin’
And somehow, you caved all my walls in
So baby, say you’ll always keep me
Truly, madly, crazy, deeply in love with you
In love with you.
 
La verità che trova Louis in queste parole è a dir poco snervante. Perché è davvero così.
Harry era sincero quando ha scritto quella canzone, e Louis lo sa. E non riesce ancora ad accettare quello che è successo, insomma, chi lo accetterebbe?
 
Should I put coffee and granola on a tray in bed
And wake you up with all the words I still haven’t said?
And tender touches, just to show you how I feel
Or should I act so cool, like it was no big deal?
 
Sospira, non riesce ancora a cantare bene, la voce gli trema ad ogni strofa, e non riesce a farsi una ragione sul perché debba cantare per Harry. Lui arriverà dietro di lui, appoggiandogli le mani sugli occhi, sussurrandogli che non è al suo funerale, non sta cantando per lui, per salutarlo, e loro due saranno felici, insieme.
 
Wish I could freeze this moment in a frame and stay like this
I’ll put this day back on replay and keep reliving it
‘Cause here’s the tragic truth if you don’t feel the same
My heart would fall apart if someone said your name.
 
Una lacrima prepotente cade dai suoi occhi, e lui non può far niente per fermarla. Vuole solo che il suo Harry lo stringa forte, lo faccia star bene come solo lui sa fare. Poco importa il resto.
 
I hope I’m not a casualty,
Hope you won’t get up and leave
I don’t mean that much to you
But to me it’s everything,
everything.
 
Tutto, tutto, Harry era tutto, maledettamente tutto. Come può averlo lasciato?
Un singhiozzo scappa dalla sua bocca, ma non può far altro che lasciarlo uscire, fermandosi. Non gli importa che non abbia finito la canzone, scoppia di nuovo in lacrime, fissando il corpo senza vita del suo ragazzo, lì davanti a lui che viene coperto. E scuote la testa. Lascia a terra la chitarra e si fionda su quelli che vogliono portarglielo via.
“No, no!” – urla spostando il coperchio della bara –“no, lui no… non potete, no…”
Liam, Zayn e Niall lo prendono per le spalle spostandolo dalla bara, lasciando gli addetti al loro lavoro. Tutti si avvicinano ad un distrutto Louis, facendogli le condoglianze. Ci sono tutti, i genitori di Harry, quelli di Louis, i compagni di band di Harry, tutta l’equipe medica dell’ospedale dove lavora Louis, perfino Nick Grimshaw e quella biondina, copertura di Harry, e i manager, quelli che Louis odia. Si affretta a prendere un foglietto, una penna e scarabocchiare velocemente sopra una frase che Louis sa, resterà sempre con Harry: “Always in my heart, Harry Styles, yours, sincerely, Louis. Truly, madly, crazy, deeply in love with you.
Lo lascia cadere nella fossa scavata per Harry, e questo si posa sulla bara del suo ragazzo, mentre ancora quella maledetta pioggia di novembre riprende a cadere su di lui, sul terreno, sui presenti.
La pioggia di novembre gli aveva portato via Harry.
La poggia di novembre aveva segnato la sua vita per sempre.
E ora, a causa di quella pioggia di novembre, Louis è solo, senza Harry.
Ma sa, che bene o male, Harry resterà accanto a lui, può quasi vedere il suo spirito accanto a lui, a stringergli la mano, mentre altre lacrime gli scorrono veloci sul viso.
“Lou, andiamocene” – gli sussurra Liam, afferrandolo per le spalle. Louis scuote la testa e resta lì, sotto la pioggia orrenda di novembre, che gli ha portato via il suo amore.
Incrocia le gambe e resta lì, mentre tutti vanno via, lui resta lì, senza parlare, senza piangere, quasi lontano da qualsiasi emozione, resta semplicemente lì, in attesa di qualcosa che mai più tornerà indietro.



When there's no one left to blame
So never mind the darkness
We still can find a way 
'Cause nothin' lasts forever
Even cold November rain.
(November Rain - Guns N' Roses) 

 




No, Jimmy Protested!

Salveee. Allora. Mi volete ancora bene, dopo questa?
Avevo già ucciso Louis, mi sembrava giusto uccidere anche Haz.
Scusa Haz, scusa ç_ç
Vi spiego velocemente com'è nata.
Io sono una drogata di telefilm come Grey's Anatomy, ER - medici in prima linea, e molti simili. E... okay avete capito.
Povero Haz.. ha subito la mia.. ehm, ispirazione?
Allora.. 
Non so cosa dire. Ed è meglio che non dica nulla.
Se siete ancora vivi, sono contenta per voi, se non siete vivi... mi dispiace tanto. :c
Vi ame lo stesso :3
Ringraziamo la mia Lu per il banner meraviglioso, guardate quant'è bello, ammiratelo! Suvvia.

Vi lascio, sì vi lascio.
*wooosh*
   
 
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