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Autore: Yavanna Norrey    31/05/2013    4 recensioni
Il rapporto fra Break e la sua Ojou-sama visto attraverso le stagioni.
Ogni stagione un sentimento che cambia, e che si evolve...
Dedicato alla mia chan, che sopporta i miei scleri e le mie manie senza fiatare.
Dedicato a chi perderà un po’ del suo tempo a leggere o a recensire.
Dedicato anche a quell’adorabile Cappellaio di carta e inchiostro a cui è bastato rosicchiare una lecca lecca per ottenere il mio eterno affetto.^^
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sharon Ransworth, Un po' tutti, Xerxes Break
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Seasons’ Tale - Not only Servant and Lady
  
* Spring

Inespressivo.
Ecco cosa pensava la piccola Sharon nel guardare quello straniero.
Il suo volto aveva virato da una maschera di dolore e sofferenza all’inespressività pura.
Qualsiasi altro bambino della sua età sarebbe rimasto ferito da quello sguardo che dichiarava indifferenza al mondo intero.
Ma non lei.
Che aveva deciso di farlo sorridere.
Perchè aveva sentito dentro di sè che quel giovane, apparso dal nulla lacero e moribodo, si meritava un sorriso.
E così, di fronte all’ennesima supplica da parte di Reim di lasciar stare in pace il taciturno ospite, Sharon aveva risposto “Diventerà il mio fratellone, ho deciso!!”
Perché voleva a tutti i costi dargli l’affetto a cui non sembrava essere abituato.

§§§

“Onii-chaaannn!!!” faticosamente aprì la porta, issandosi sulle punte. “Non sei sceso a colazione!” trotterellò  fino al letto, dove l’albino fissava inespressivo la finestra affacciata sul giardino. Sharon frugò nella tasca del suo ricamato vestitino rosa antico “Non hai fame?” e ne cavò una caramella dalla carta viola. Si issò sul bordo del letto, sempre sotto lo sguardo distaccato di Kevin. “Scendi a mangiare?” sorrise allegra allungandogliela. In cambio ricevette la solita occhiata disinteressata. Ma si sentì realizzata quando le dita sottili di lui raccolsero la caramella.
“Grazie” un sussurro appena udibile che le strappò un “Oh!” Scese dal letto per poi correre alla porta “Sbrigati onii-chan!”
Sharon percorse il corridoio saltellando allegra. Dietro di lei Reim si esibiva nella sua solita fiera di  facce scandalizzate. Quel semplice e banale ringraziamento, dopo tre giorni di monosillabi, aveva il sapore di una conquista.

§§§

“Mi aiuti Reim?” Sharon allungò la manina verso un grazioso servizio da colazione. Il ragazzino la scostò dolcemente “Ci penso io miss, si occupi dei fiori” la piccola saltarellò al tavolo, velato da una tovaglia dai colori pastello, e prese a disporre le rose bianche nel vaso.
Reim scosse il capo: non capiva perché la bambina si impegnasse così tanto a compiacere un uomo che nemmeno degnava di uno sguardo i suoi sforzi. Si rendeva conto di essere impietoso: ma aveva sperimentato sulla sua pelle quanto quello straniero fosse ostile verso chi dimostrava di volergli esserei amico. Porse il servizio a Sharon che lo depose sul tavolo. Una cameriera con un carrello comparve sulla porta “Avete ordinato la colazione, miss?” Sharon indicò con cipiglio organizzativo il fianco destro della tavola “Mettilo lì, Marlene!” Reim si passò una mano sui capelli: dubitava seriamente che sarebbe sceso.
“Onii-chan!!” Reim sussultò: l’albino era comparso sulla porta. Ma diversamente dalla solita smorfia di indifferenza, sembrava stupito. “Vieni, se non si fredda!” la piccola corse a tirargli la manica della tunica “Marlene, vai pure, ci pensiamo io e Reim!” il giovane, sentendosi interpellato, scattò verso il tavolo ed iniziò ad armeggiare con la teiera. Kevin si lasciò condurre dalla bambina alla sedia: sembrava quasi intimorito da tutte quelle attenzioni. Reim si ritrovò a sorridere: gli ricordava un micio randagio, non abituato alle coccole tanto che, non appena lo accarezzi, abbassa le orecchie preso in contro piede. Preparò il tè e lo versò nella fine tazza di ceramica, mentre Sharon era alle prese con una fetta di pane da indorare di marmellata. Il terzo era impegnato a fissare l’orlo ricamato della tovaglia, indeciso sul da farsi.
Sulle prime era stato tentato dall’idea di filare via, col piede ancora sulla soglia dell’ingresso, ma poi il sorriso allegro della piccola l’aveva spinto a rimane. Per quanto si sforzasse di ignorarla, quella bambina gli faceva tenerezza.
“Ecco!” Sharon finì l’opera cospargendo la fetta di piccole palline di zucchero. Reim valutò l’operato con un cenno del capo. Kevin si trovò in dovere di fare qualcosa: abbozzò un sorriso e prese la fetta dalle mani piccole e rosee di lei.
Sharon restò ad osservarlo mangiare intrattenendo una conversazione sulla qualità delle rose in quella stagione. Gli occhi le brillavano.

§§§

“Perché mi detesti?”
“Io non vi detesto” il tono estremamente semplice della bambina lo lasciò sorpreso: aveva posto la domanda come se si trattasse di qualcun altro e non di lei.
Sharon lo fissava seria. Kevin si sentì a disagio: perché diavolo quella peste gli faceva quell’effetto?!
“E allora perché hai sempre quella faccia triste, quando mi guardi?”
"Perché mi ricordi la piccola Sinclar, perché vorrei rimanere solo quando devo sopportarti attorno, perché vorrei buttarmi da una finestra ma ci sei sempre tu dietro e non posso!" pensò mantenendo una parvenza di inespressività.
“Io ti voglio bene”
Kevin sussultò: Sharon aveva allungato una mano ad accarezzargli i capelli. Sorrideva.
“Perché lo fate?” la piccola sbattè gli occhi incredula “Perché ti voglio bene!” “Ma perché!!!” perse la pazienza andandosi a rincantucciare in un angolo del salotto. Viso contro il muro, pugni serrati.
Sharon sbuffò, marciando verso di lui “Mi piaci, no? E’ così semplice!” Kevin ruotò appena la testa: quel poco che gli permetteva di sbirciare la piccola rimanendo nel suo angolo.
“E invece non lo è!”
Perché stava litigando con una bambina di quattro anni?! Oltre a un occhio doveva aver perso anche il senno…
“Non mi conoscete, sono capitato mezzo morto in casa vostra e vi tratto male: perché continuate a volermi bene… ad essere…” esitò rabbrividendo “Gentile?”
Sharon lo tirò per la manica, facendogli capire che doveva abbassarsi al suo livello. L’albino si inginocchiò. Occhi negli occhi con la piccola miss.
“Tu sei buono. Lo sento. Ti è solo capitato qualcosa di molto brutto e ora ti senti triste e solo. E forse in colpa... Ma non sei solo: hai me, mamma e Reim!! Noi ti vorremo tanto bene, qualsiasi cosa succeda!”
Restò immobile, con un groppo in gola e le lacrime che premevano per uscire. Il tutto davanti a uno scricciolo di quattro anni che pur non conoscendolo aveva capito almeno una parte del dolore che lo lacerava. La bambina lo abbracciò, accarezzandogli la testa come una mamma col suo bambino. Un attimo dopo era totalmente avvinghiato a quello scricciolo. Il viso affondato nella manica del suo vestitino color lavanda.
“Onii-chan…” Sharon sgranò appena gli occhi “Stai piangendo?” sentiva la manica tutta bagnata e le mani del suo fratellone la stringevano. Sorrise appena.
“Ti voglio bene, onii-chan”
E Kevin singhiozzava, singhiozzava sulla spalla di quella bambina. E se la stringeva perché qualcosa dentro gli urlava che se ne sarebbe andata anche lei, che l’avrebbe persa.
Sharon lo scostò dolcemente, guardandolo in viso “Ti si è scomposta tutta la benda ,vergognati!” lo ammonì sorridendo “Adesso chiamiamo mamma, che io non sono capace…” si lasciò trascinare per l’orlo della giacca da quella piccola creaturina.
“Mamma!” la donna era seduta in un piccolo salottino in stile classico, intenta a leggere un minuto libro in fodera color ottone. “Amore,che è successo? Perchè stai maltrattando Kevin?”
“Non lo maltratto!” sbuffò offesa la piccola “Gli si è rovinata la benda!” la citata penzolava un po’ sbilenca. Shelly sorrise, alzandosi “Sharon, vai prendere da Lottie il necessario” la piccola corse fuori dalla stanza.
“Ti fa ancora male?” mormorò dolce la nobildonna, accarezzandogli il viso.
Kevin restò sulle sue. Sapeva di essere in uno stato pietoso: l’unica iride presente più rossa del solito e lucida, la benda malfatta per aver strusciato il viso sulla manica della miss. Abbassò lo sguardo, limitandosi ad annuire. La donna gli asciugò il viso col dorso della mano “Va tutto bene”sorrise rassicurante.
“Mamma!!!” la piccola tornò con le braccia cariche di bende, disinfettante e cotone. Shelly prese il necessario e lo fece sedere
“Io resto!” decretò autoritaria la bambina.
Shelly sorrise accondiscendente e con movimenti lenti e capaci prese a cambiargli la fasciatura. Sharon osservava compunta: non una nota di disprezzo o disgusto attraversò il suo visetto rosa mentre osservava il lavoro della madre. Quando la donna finì prese a saltellarle attorno “Mamma, possiamo andare fuori? Facciamo vedere le rose a Kevin?”
Shelly lo prese delicatamente per mano, un contatto a cui non era abituato, e lo portò fuori.
Davanti a loro Sharon saltellava allegra.

§§§

Erano stati insieme tutto il giorno. L’aveva portato nel roseto, sulla collina. Gli aveva riempito i capelli di fiori. Le piaceva accarezzare quella coltre bianca, argentea. Sembrava neve, ma non era fredda. Dopo cena si era dileguato, lasciandola ad osservare la madre ricamare.
Ora Reim la stava accompagnando in camera: sul viso l’espressione di uno che non vede l’ora di buttarsi a letto.
“Reim,posso salutare Kevin?” il giovane restò perplesso “Miss, non mi chiedete mai il permesso di fare qualcosa che ritenete importante…”
La bambina liquidò la faccenda con una scrollata di spalle “E’ tardi, forse dorme già, tu che dici?” Reim sorrise accondiscendente “Provate a bussare” la sollevò appena, per permetterle di essere al livello della maniglia. Sharon battè il pugno sul legno: non ottenne risposta. Riprovò un paio di volte, poi il servo la riadagiò a terra.
“Miss, credo che dorma. Lo vedrà domani.” Sharon acconsentì alla richiesta di andare in camera, salutando Reim con un piccolo sorriso furbo sulle labbra.
“Buona notte, miss” 
“Notte Reim...”
Aspetto che uscisse e che i suoi passi si perdessero in fondo al corridoio. Poi sgattaiolò via dalle coperte, si mise la vestaglia ricamata e facendo attenzione, in punta di piedi, salì le scale che la dividevano dall’albino.

§§§

Faticò ad aprire la porta, a trovare il letto nella penombra della camera. Una volta arrampicatasi scoprì con gioia che un raggio di luna, filtrante dalle tende accostate, illuminava il viso del giovane dormiente. Studiandone il volto si chiese quanti anni avesse: più di Reim di sicuro. Era più alto, di tanto anche.
Era così bello addormentato: il volto rilassato era meno imperturbabile rispetto a come era abituata a vederlo di giorno. Con la punta delle dita accarezzò i capelli legati nella coda scomposta sparpagliati sul cuscino fino ad arrivare alla frangia che copriva la benda. Fu un piccolo movimento di lui a farla sobbalzare. Fremendo aprì l’occhio: Sharon sorrise con fare innocente.
“Perché non siete a letto, ojou-sama?” forse era per via della sonnolenza, ma la voce e l’espressione erano meno gelidi del solito. La piccola si avvicinò al suo viso “Volevo chiederti il bacio della buona notte, Reim se l’è dimenticato…” lo vide sorridere appena. Esibì lo sguardo più dolce che le riuscì “Ti prego onii-chan!”
Kevin si sporse: era l’unico modo per far sparire quella piccola peste e tornare a dormire. Le posò un bacio leggero sulla fronte, senza stare a pensarci troppo. La bambina sorrise soddisfatta e si calò giù dal letto “Torno indietro da sola, buona notte onii-chan!”
Nel buio della camera, col volto affondato nel cuscino, il profumo delicato della piccola ancora nell’aria, e la ferita che a intervalli regolari pulsava dolorosamente, si ritrovò a sorridere.

§§§

Era da un po’che ci rifletteva.
Una nuova vita, un nuovo nome.
Poi una mattina, bighellonando per i corridoi, sorprese Sharon nella biblioteca: quell’enorme dispensa di libri antichi e pregiati. La bambina era in un angolo, a rigirarsi uno spesso volume fra le mani.
“Ojou-sama,che fate?” la bambina sussultò con aria colpevole, poi ripresa la sua solita autorità di piccola padrona, esclamò “Sto cercando un libro da farti leggere… ma sembrano tutti noiosi…” Kevin si inginocchiò accanto a lei, sbirciando la copertina del volume “Non so se una raccolta di versioni dal greco possa essere considerata una lettura per bambine…”
Sharon gli allungò il volume “Apri una pagina a  caso e leggi!” l’albino esitò: dubitava di possedere ancora ottime doti di traduttore.
Si rassegnò di fronte allo sguardo serio della piccola. Fortunatamente la memoria non lo tradì e riuscì a rendere omaggio in maniera abbastanza decorosa (ma era certo che Senofonte l’avrebbe strozzato, se fosse stato ancora vivo!) alle lunghe frasi che scorrevano sotto i suoi occhi.
Sharon aveva ascoltato con grande attenzione.
“E’ una lettera aperta al re dei Persiani, Xerxes, che viene esortato dallo storico a mantenere una linea di governo saggia e giusta. Come ho detto prima, non mi sembra una lettura adatta a voi, miss…”
“Che vuol dire Xerxes?”
Kevin ci riflette sù “Er… credo principe fra gli eroi, o qualcosa del genere…”
“Mi piace!” esclamò entusiasta Sharon “Ti starebbe bene, onii-chan!! E’ un bellissimo nome e poi tu sei il mio principe!!” la bambina gli serrò le braccia attorno al busto con affetto.
Kevin rimase immobile col libro sollevato a mezz’aria. “Miss!” in quel momento Reim fece capolino sull’uscio e vedendo i due si lasciò scappare un sorriso. “Scusate se disturbo, ma vostra madre desidera vedervi!” Sharon si alzò “Ci vediamo dopo Kevin!” la piccola si allontanò trascinandosi dietro il servo di casa Barma.
Che per arcani motivi era una presenza costante in villa.
Kevin  si sistemò meglio sul tappeto che ricopriva il pavimento. Con lo sguardo fisso sul volume.
Una nuova vita.
Xerxes
Principe, cavaliere: quel poco di buono che era rimasto della sua vita passata.
Il sentirsi lacerato, spezzato... rotto...
La volontà di creare una frattura fra quello che era stato e quello che voleva essere adesso.
Break
Sorrise, accarezzando distrattamente la copertina logora del volume.
Xerses Break.
Tutto merito di Senofonte.

§§§

“Vuoi farlo sul serio, Xers-nii?” era consapevole di avere uno sguardo da cerbiatto supplicante.
Reim, dietro la piccola osservava il tutto con aria critica.
“Sul serio. Un taglio netto, non pensateci troppo, ojou-sama”
Xerxes sembrava così deciso...
Già, perché ora voleva farsi chiamare così: Kevin era finito nel cassetto, e presto sarebbe stato seguito anche dai suoi capelli...
“Non puoi evitare di tagliarli? Puoi essere Xerxes anche coi capelli lunghi…” mugugnò la piccola dispiaciuta
“Non sarebbe lo stesso, miss. Per favore...”
“Un giorno mi spieghi perché non ti piace più il nome Kevin?”
Sorrise, di fronte a quelle iridi di quarzo rosa supplichevoli .
“Quando sarete più grande, miss, ve lo prometto...”
Sharon annuì incerta, poi si decise a fare un ultimo tentativo: perché a lei quella coltre bianca piaceva troppo.
“E se mamma viene a sapere che ho usato le forbici?”
Xerxes sorrise: Sharon era una bambina molto sensibile e intelligente per la sua età, ma rimaneva pur sempre una bambina.
E, com’era naturale, anche capricciosa e testarda.
L’albino sorrise accondiscendente “E se vostra madre viene a sapere che ieri avete finito tutto il pacchetto di biscotti e alle due di notte mi avete fatto scendere a preparavi una tisana?”
Sharon serrò le labbra indispettita: fece schioccare le forbici.
“Hai vinto tu, Xers-nii…” borbottò offesa.
E un secondo dopo a terra giaceva la lunga coda di capelli argentei: Sharon li fissò un po’ malinconica.
“Non stai male…” giudicò passando la mano nei nuovi capelli del suo fratellone: ora gli sfioravano gentilmente il collo.
“Xerxes!!!” Reim fece una salto: già faticava ad abituarsi a chiamarlo col suo nuovo nome, e ora quello cambiava pure pettinatura!
L’albino abbassò lo sguardo, Reim si diede una pulitina alle lenti.
“Ti piace il nuovo taglio di onii-chan!?” Reim annuì precipitosamente “Certo!”
Sharon si alzò strattonando per la manica il maggiore dei due “Vieni onii-chan! Mamma deve vederti!”
Reim li seguì a ruota.

§§§

“La bambola parla!” lo sguardo di Reim era fisso sulla bambolina che Kevin, Xerses, aveva il compito di far parlare. Il problema era che il sopracitato non parlava affatto, riempiendosi la bocca di dolci, e la bambola di pezza invece lo faceva fin troppo.
Sharon era a dir poco entusiasta “Emily parla!!”
“Kevin è intelligente! Reim è stupido!”
Quello che doveva essere un tranquillo tè party con le bambole di Sharon si era trasformato in una fiera dell’assurdo, in cui Reim si sentiva decisamente fuori posto.
Sorrise, posizionandosi la bambola sulla spalla sinistra.
“Muoviti o farai tardi e la piccola peste non ci darà respiro!” chiocciò Emily.
Si concesse un’ultima sistemata alla frangia, che ormai copriva una ferita cicatrizzata.
E poi uscì dalla stanza.

Note dell'Autrice:

Eccomi di nuovo qua.

Questa fic me la sono sognata in un tedioso lunedì sera.

Io adoro Xerxes e a volte mi metterei letteralmente a piangere mentre leggo il manga... Come si fa a non volergli bene? E poi c’è Sharon, col suo sorriso dolce e  i suoi letali ventagli di carta!!^^

Ho pensato di unire il concetto delle stagioni col mutare del sentimento fra i due. Perchè per come la vedo io dovrebbero stare insieme... molto insieme!

E’ una raccolta di momenti tra loro due, con contorno degli altri protagonisti.

*sembra che stia parlando di un piatto da portata*

Sperando che possa piacere, la vostra autrice.
  
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