Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Laylath    31/05/2013    2 recensioni
"Non ci siamo promessi di coprirci le spalle l'uno con l'altro?"
Non sei mai stato in grado di farlo, Jean Havoc… sin da quando eravamo cadetti…
Fanfict sulle vicende di Breda e Havoc, prima del loro ingresso nella squadra del colonnello Mustang
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Heymas Breda, Jean Havoc, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Accidenti! – sbuffò Havoc scendendo dal treno – una delle cose più noiose dell’essere in guerra è che i treni non sono mai regolari e ci tocca arrivare con due giorni d’anticipo”
“Se questo è il maggior disagio che devo sopportare ci metterei la firma” lo rimproverò Breda, mentre si avviavano verso l’uscita della stazione ferroviaria di East City.
“Beh, eccoci qua. – dichiarò Havoc – Venti febbraio 1908: il sergente Breda e il caporale Havoc riprendono ufficialmente servizio nell’esercito. Perlomeno non c’è più la neve: quel freddo così pungente aveva iniziato ad infastidirmi parecchio”
Breda annuì a quell’ultima considerazione: il clima era tornato quello tipico dell’inverno in quella parte di Amestris, ossia senza quei picchi di freddo raggiunti nei mesi precedenti. Finalmente le strade erano libere da quel bianco monotono che, nei centri abitati, assumeva spesso diverse sfumature di grigio a causa del viavai della gente. Adesso camminare non era più così faticoso e decisamente era una novità che la sua caviglia avrebbe apprezzato.
Ormai sia lui che Havoc erano guariti del tutto (l’unico ricordo di quel giorno era una sottile striscia bianca sul fianco di Havoc), ma era meglio non rischiare troppo, anche perché venivano entrambi da un periodo di riposo abbastanza lungo e dovevano rimettersi in forma.
“Credi che al Quartier Generale troveremo qualcuno della squadra?” chiese Breda
“Pochi. La maggior parte di loro proviene da zone meglio collegate e quindi arriveranno domani, ma sono pronto a scommettere che il capitano Harris è già lì, da almeno una settimana”
“Ci avrei giurato. Non credo che quell’uomo abbia una vita al di fuori dell’esercito. Un po’ come il colonnello Grey”
“Può anche sposarlo l’esercito – sorrise Havoc – ma per me non esiste un superiore migliore di lui”
Breda si trovò perfettamente d’accordo con l’ultima dichiarazione di Havoc.
Era stato estremamente felice quando il capitano Harris aveva proposto a lui e ai suoi uomini di entrare nella Squadra Falco: si trattava di essere ammessi in uno dei più rinomati corpi d’elite dell’esercito, un onore che pochi avevano. Ma soprattutto, per il sergente, era motivo di grande soddisfazione essere agli ordini di qualcuno per cui nutriva profonda stima e ammirazione.
I superiori che aveva avuto variavano dalla totale scadenza del capitano Rhea (che sapeva essere stato degradato in seguito ad un processo della corte marziale), alla mediocre buona volontà di altri. Non era per cattiveria che pensava queste cose: sapeva di essere un soldato al di sopra della norma e dunque era normale che avesse delle aspettative nei confronti dei gradi più alti.
Una persona come il capitano Harris corrispondeva finalmente al suo ideale di leader.
Gli era sempre piaciuto, sin da quando era un suo allievo all’Accademia. Sebbene fosse di media statura e con i lineamenti del tutto comuni, era il tipo di persona che emanava quel carisma che un soldato cerca nel suo superiore. La sua voce era sempre calma e controllata, eppure non si poteva fare a meno di ascoltarla. Era un uomo che dava estrema importanza ai suoi subordinati: si preoccupava della loro condizione (non a caso la Squadra Falco era sempre perfettamente equipaggiata), del loro addestramento, delle loro opinioni. Pretendeva il massimo da tutti ed in primis da se stesso, ma non in maniera indiscriminata: aveva quella rara intuizione per cui capiva quale ruolo si adattava alla perfezione al singolo soldato, e riusciva ad inserirlo nella squadra in totale armonia con gli altri.
Sì, Breda non vedeva l’ora di stare nella sua squadra.
 
Il Quartier Generale di East City, purtroppo, era sempre nelle medesime condizioni di degrado dei mesi precedenti. Sarebbe stato stupido pensare a dei cambiamenti in un lasso di tempo così breve, ma Breda continuava a trovare fastidiosa un’incuria simile. Almeno le giornate non erano più così fredde e forse si poteva stare senza cappotto all’interno degli edifici.
Dopo aver sistemato il proprio bagaglio si diresse con Havoc al poligono di tiro: se c’era un posto dove poteva essere il loro capitano era quello. Ed infatti non si sbagliavano: Harris era lì, nel ruolo di istruttore, ed i suoi allievi erano due dei soldati di Breda
“Molto meglio, ragazzo, - stava dicendo, battendo alcune pacche sulla spalla di Nick – ricordati di rilassare la spalla ed il gioco è fatto. Forza di nuovo”
“Sergente Breda! – esclamò Denis, l’altro allievo, vedendoli arrivare – Bentornato!”
“Salve ragazzi, - li salutò Breda – è un piacere rivedere i vostri musi dopo tante settimane. Allora, vedo che siete messi sotto torchio eh?”
“Non sono niente male – annuì il capitano, andando verso di loro e prevenendo qualsiasi saluto formale – bisognava correggere alcune cose e per questo ho chiesto loro di presentarsi con anticipo rispetto agli altri.”
“Scommetto che ha notato queste cose il giorno della battaglia” sorrise Havoc
“Ovviamente. Mi sono preso la libertà di osservare i superstiti del tuo plotone, sergente… se loro erano ancora vivi un motivo c’era. Allora, signori, le vostre ferite sono guarite del tutto?”
“Sissignore” annuì Breda
“Ne sono felice. Tra una settimana voglio la Squadra perfettamente operativa”
“Abbiamo già qualche nuova missione?” chiese Havoc
“Denis, Nick, voi continuate pure… quando ritorno voglio vedere quel bersaglio colpito nei punti vitali, chiaro?”
“Sissignore!”
Fece quindi segno a Breda ed Havoc di seguirli, fino all’ufficio che gli era stato concesso.
Era una piccola stanza, quasi uno sgabuzzino: ma per una persona come il capitano Harris un ufficio serviva a ben poco. Lui stava sempre nel poligono di tiro, nel terreno della parata, ovunque ci fosse azione: non era un ufficiale da scrivania. Infatti non si sedette nemmeno sulla piccola poltrona dietro il tavolo, ma rimase in piedi, davanti ai suoi due uomini.
“Inanzitutto voglio complimentarmi con voi, sergente Havoc e sergente maggiore Breda”
“Siamo stati promossi?” chiese con un sorriso compiaciuto Havoc
“Sì, le vostre azioni durante la missione a Giyoir sono state riconosciute come degne di questa promozione. In particolare una menzione speciale va a te, Breda, per il buon senso che hai dimostrato prima che intervenisse la mia Squadra: la tua città natale ti deve molto.”
“La ringrazio per i complimenti, signore” annuì Breda
“Adesso passiamo a questioni meno gradevoli: – disse Harris facendosi più serio del previsto e mettendosi a braccia conserte – stanno circolando parecchie voci, abbastanza fondate a parer mio, sul fatto che entro questa primavera il Comandante Supremo prenderà delle decisioni drastiche in merito ad Ishval”
“Questa guerra sta durando da ormai sette anni, signore, - ammise Havoc – per quanto solo negli ultimi due si sia inasprita così tanto da coinvolgere buona parte degli altri distretti”
“Non fraintendermi, Havoc – continuò il capitano – sono il primo a volere che questa storia finisca, e sarei pronto a partire anche domani mattina per quel fronte maledetto”
“Ha parlato di misure drastiche, signore, – commentò Breda, fissandolo con attenzione – quanto drastiche?”
“Quanto può essere drastica una guerra di sterminio?”
Il silenzio scese nella piccola stanza, mentre quelle ultime tre parole rimbombavano pesanti nelle menti dei tre presenti.
Breda non commentò: lui considerava Ishval il suo nemico, alla stregua di Aerugo. Riteneva quei paesi responsabili dei disordini che avevano devastato il paese, portando alla morte di tanti innocenti, tra cui suo fratello. Ma se un conto era combattere contro dei soldati, contro dei ribelli, un altro era accanirsi con donne, vecchi, bambini.
No, lo sterminio non era una cosa che lui riteneva giusta, a prescindere che si trattasse di Ishval o meno.
“E quanto è sicura questa notizia?” chiese con voce sommessa
“Direi che è solo questione di mesi, sergente maggiore” gli rispose nel medesimo tono Harris
“E verrà mandata su quel fronte anche la Squadra Falco?” domandò Havoc, con un tono serio, così strano per lui
“No. Ho già stabilito che partiremo, tra una settimana, massimo dieci giorni, per il fronte contro Aerugo. Noi andiamo a combattere contro altri soldati, non contro i civili”
“Ce lo consentiranno? – chiese perplesso Breda, mentre la sua stima per quell’uomo saliva ancora – In fondo se Central decide di inviare anche la nostra squadra al fronte di Ishval non sarà facile opporsi”
“Sì, sergente, ce lo consentiranno… contro Ishval, Central farà scendere in campo un’altra elite” quell’ultima parola la disse con una sfumatura di disprezzo
“Qualche corpo speciale proveniente da Briggs? – si chiese Havoc, grattandosi la testa – Perché non riesco ad immaginare una squadra pari alla nostra. Non per vantarci signore, ma la Squadra Falco è la più rinomata tra…”
“Non è una squadra quella di cui parlo, Havoc. Loro agiscono come singoli.”
“Alchimisti di Stato” annuì Breda, capendo
Havoc aspirò rumorosamente l’aria, indicando in questo modo la sua sorpresa.
“Pare che Central manderà sul campo di battaglia tutti gli Alchimisti di Stato… voi ne avete mai visto uno all’opera?”
“No, signore – mormorò Breda – ho visto degli alchimisti normali riparare alcune strutture, una volta, ma non sono la stessa cosa, presumo.”
“Quelli sono alchimisti comuni, magari senza la qualifica – scosse il capo Harris – e su di loro non ho alcun preconcetto. Ma qui stiamo parlando di macchine da guerra, armi umane vere e proprie”
“Non sembra averne una buona opinione, signore…” commentò Havoc
“Perché ho visto alcuni di loro in azione: conoscete il Colonnello Basque Grand?”
Sia Breda che Havoc scossero il capo: entrambi sapevano che esistevano gli Alchimisti di Stato, ma nessuno di loro ci aveva mai avuto a che fare e quindi non si erano mai preoccupati di conoscere meglio quelle figure così particolari.
“Non chiedetemi come fa, perché io stesso non capisco molto di alchimia, ma è in grado di trasformare le cose in armi da fuoco di una potenza inaudita… l’ho visto fare anche al suo stesso corpo. E’ stata una strage. Lui è considerato uno dei più forti, ma so per certo che ce ne sono almeno un’altra decina che non gli sono da meno.”
“Se scendono in campo uomini di questo tipo, allora la guerra verrà conclusa in breve tempo” mormorò Breda
“Sì, ma francamente io non voglio sporcarmi le mani con il massacro della popolazione civile, per quanto di un paese nemico. Un soldato deve combattere altri soldati, persone in grado di combattere… non donne e bambini. E non voglio che la mia squadra sia complice di tutto questo. Vi ho addestrati per combattere, non per massacrare indiscriminatamente: voi siete diversi da persone come quel cretino di Rhea e la sua facile soluzione di rivalersi su civili inermi”
“Signore, capisco perfettamente il suo punto di vista. Ma purtroppo è anche vero che pur non partecipando direttamente alla guerra, non potremo impedirla…” iniziò Breda
“Sì, la colpa di quelle morti cadrà indirettamente anche su di noi… ma più di questo non posso fare. Posso solo evitare che vi sporchiate le mani personalmente. Ovviamente vi sto dicendo tutto questo in forma strettamente confidenziale: ho grandi aspettative su di voi, sin dall’Accademia”
“Sissignore!” annuirono Havoc e Breda, capendo di essere stati congedati.
Una volta usciti dall’ufficio, nessuno dei due ebbe voglia di commentare quanto saputo.
 
Quella sera i due soldati non uscirono, ma preferirono restare nella stanza del dormitorio che condividevano. Era come stare nella stanza da letto di Havoc, senza però la sorella che imperversava.
“E’ la terza sigaretta di fila… la vuoi smettere di appestare la stanza? - disse seccato Breda, seduto nella sua branda – Senza contare che fumando a letto rischi di dare fuoco alle lenzuola”
“Oh, finiscila di rompere le scatole! – rispose Havoc – Finalmente posso fumare in santa pace senza mia madre a seccare, e tu ti metti a fare le sue veci?”
“Puoi fumare solo perché ormai tutte le regole dei dormitori sono abolite per via di questa pseudo anarchia del Quartier Generale.”
“Meglio così… tu non puoi capire che travaglio è stato poter fumare pochissimo e sempre di nascosto. Accidenti a mia madre che ancora non si rassegna al fatto che io fumi”
“Santa donna! – sogghignò Breda – Mi ha fatto vivere uno dei momenti più divertenti di tutta la mia convalescenza!”
“Tu e quella piccola spia di Janet! – borbottò Havoc, capendo a cosa Breda si riferisse – Subito a dire che stavo fumando in camera… io dico, la prima fottutissima sigaretta dopo una settimana di astinenza!”
“Jean Havoc, se ti ripesco di nuovo a fumare in camera, giuro che quella ferita al fianco sarà l’ultimo dei tuoi problemi! – recitò Breda, mimando lo sguardo irato della signora Havoc – Non sai che fatica trattenere le risate! Giuro che ho seriamente pensato che ti fracassasse in testa il vassoio con le medicine”
“Lo stava per fare… mia madre a volte è davvero seccante!”
“Per lo meno ti tiene in riga”
“A proposito di madri, come sta la tua?”
“Abbastanza bene. – annuì Breda – Ho ricevuto una sua lettera la settimana scorsa: fisicamente si è ripresa e piano piano beh… va avanti”
“Mi è dispiaciuto di non averla conosciuta” ammise Havoc
“Se ci sarà occasione te la presenterò”
“E tuo padre?” chiese il biondo lanciandogli un’occhiata in tralice
Breda si limitò a scuotere la testa ed il discorso cadde lì. Nella lettera che aveva ricevuto non c’era nessun riferimento a suo padre e questo voleva dire che anche sua madre se ne stava piano piano staccando. Forse aveva visto giusto quando gli aveva detto che lui era morto insieme ad Henry.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, mentre Havoc terminava la sua sigaretta e spegneva la cicca su un piattino che aveva riadattato a posacenere.
“Che ne pensi della scelta del capitano Harris di tenerci fuori da Ishval?” chiese Havoc all’improvviso
“Molti la considererebbero una fuga, – iniziò Breda – ma io la ritengo una scelta carica di buon senso. La Squadra Falco ha una reputazione notevole e lui non vuole infangarla trascinandola in quello che alla fine sarà un massacro”
“Insomma vuole lasciare il lavoro da macello agli Alchimisti di Stato”
“Se sono così potenti come dice, allora a noi non resterebbe che un lavoro di coltello. Non lo so, Havoc, ti giuro che dopo quello che ho passato a Giyoir preferisco andare in trincea contro Aerugo. Basta vedere i civili coinvolti… sul serio… basta”
Disse queste ultime parole scuotendo il capo con sincero convincimento. No, non voleva più tenere tra le braccia il corpo di un adolescente che con la guerra non deve aver niente a che fare. Non voleva più vedere persone uccise per la loro disperazione… madri che piangevano e padri che si tormentavano per i sensi di colpa. Famiglie distrutte… Non voleva assolutamente vedere in maniera amplificata quello che era successo nel suo paese.
“Siamo soldati, Jean, non assassini” disse sommessamente
“A volte non ci vedo molta differenza…” mormorò Havoc in risposta
Breda lo fissò con attenzione. Non capitava spesso che il suo compagno si lasciasse andare a simili affermazioni. Attese quindi con pazienza che continuasse; e infatti dopo un minuto di silenzio il biondo riprese
“Quando ho fatto quel corso di specializzazione mi sono piazzato primo. Ne ero dannatamente fiero: avevo fatto tutto senza il tuo aiuto, solo merito mio. E quando il capitano Harris mi ha proposto di entrare nella Squadra Falco ero al settimo cielo… non avevo ancora compiuto vent’anni e già venivo ammesso in un corpo d’elite come quello. Quante altre persone possono dirlo?”
“Pochissime…” annuì Breda, senza sorridere. Vedeva che il viso del suo amico non esprimeva alcuna felicità per quelle parole che invece dovevano suscitare sentimenti simili. Forse in quei mesi di separazione erano successe diverse cose di cui Havoc non gli aveva ancora parlato.
“Breda, che… che cosa hai provato quando hai ucciso il tuo primo uomo?” chiese Havoc fissando il soffitto.
Il sergente maggiore sussultò, mentre quel ricordo che aveva sepolto in un angolo remoto della sua anima tornava prepotentemente fuori
“Era un fuorilegge… uno della peggior specie. – disse con voce piatta – Se fosse stato preso vivo l’avrebbero messo sulla forca nell’arco di venti minuti. Il mio plotone era in ricognizione dopo che una banda era stata sgominata: mi fu ordinato di entrare con alcuni miei compagni in un vecchio magazzino… ci separammo e io salii al piano di sopra. Me lo sono trovato davanti, nelle scale, con una baionetta strappata a qualche cadavere: mi ha attaccato come una belva… io avevo il fucile puntato e ho premuto il grilletto, più per istinto che per volontà. Il colpo l’ha mandato contro il corrimano ed è caduto al piano di sotto… merda… una visione tremenda. Eppure poi ne ho viste tante in altre missioni, forse anche peggiori, ma… quello l’avevo ucciso io… E’ stato come se…”
“Come se scoprissi di essere una persona diversa da quella che pensavi di essere…” mormorò Havoc senza guardarlo
“Sì, è così. Dai per scontato che essendo un soldato dovrai uccidere… ma farlo, cazzo farlo è tutta un’altra cosa”
“L’hai visto nei tuoi sogni?”
“Quell’uomo? Sì, per settimane e settimane e a volte ancora oggi… ne ho uccisi tanti altri, ma è sempre lui a tornare. Con tutto quel sangue e quell’odore di polvere da sparo così diverso da tutte le altre volte”
Stette poi in silenzio, aspettando che fosse Havoc a raccontare la sua esperienza.
“Wiradu: un centocinquanta chilometri a nord di East City. Un buco di culo che non sapevo nemmeno esistesse… ma lo sapevano alcune bande di ribelli. Solita azione della Squadra Falco. Stani quelli nascosti e poi attacchi la base: lavoro pulito e lineare. Il capitano Harris mi mette accanto a Dominic, tu non lo conosci ancora, il cecchino più preparato della squadra: dovevamo stare lì, nascosti in un’altura a sparare contro tutti quelli che potevamo: ne ho fatti fuori almeno dieci… ed era la mia prima missione”
Breda annuì, un risultato considerevole…
“Dopo dieci minuti che è iniziata l’azione ho sparato per la prima volta… il tizio che ho colpito era distante, non l’ho nemmeno visto in faccia, ma… non potrò dimenticare mai quel movimento così innaturale del suo corpo mentre cadeva di lato. Era così scomposto, come se… come se fosse una marionetta a cui un bambino invisibile ha strattonato i fili. E Dominic accanto a me, si congratula per il mio primo bersaglio e mi incita ad andare avanti. E io lì, come uno scemo, a puntare e sparare… puntare e sparare… una, cinque, dieci volte… poi perdi il conto”
“Havoc…” mormorò Breda, sentendo che il tono di voce dell’amico stava assumendo una strana intonazione, rasentante l’isterismo.
“No, aspetta! Non sono ancora arrivato alla parte migliore! Finisce la missione, la banda viene sgominata: scendo dall’altura con Dominic che mi porta davanti al capitano Harris e gli dice che sono un ottimo cecchino. Si vanta dei miei risultati, come se fossi un bravo bambino che ha fatto il compito senza errori… Ed io sono lì, che mi godo quei complimenti… il ricordo di quel movimento così innaturale del tipo a cui ho sparato si fa lontano. La squadra inizia a ritirarsi e io vedo alcuni miei compagni che stavano dall’altra parte del campo dove si è svolta la battaglia: decido di andare da loro per fare il grande figo… cazzo, ne ho fatti fuori dieci alla mia prima missione, chi non si vanterebbe!? E mentre cammino abbasso lo sguardo a terra… e c’era quel cadavere… non chiedermi come ho fatto a capire che era il mio primo uomo ucciso, Breda… ma era lui, te lo giuro. Aveva solo metà volto… il resto era una massa schifosa di ossa, terra, carne, cervella… una visione da vomito. Ma l’altra parte del volto era integra e quell’unico occhio, castano scuro, mi guardava come se mi riconoscesse, come se sapesse che ero io il suo assassino…”
“Jean… dai, calmati” mormorò Breda alzandosi e andando a sedersi accanto a lui. Non l’aveva mai visto tremare in quel modo. Come si fu seduto nel letto, Havoc si alzò a sedere e gli afferrò convulsamente il braccio.
“Ne ho uccisi dieci quella volta, va bene? – sussurrò con le lacrime agli occhi – E poi ho perso il conto… non ce la potevo fare. Eppure erano tutti così fieri di me: il grande Jean Havoc, l’infallibile cecchino… sono un assassino Breda, altro che cecchino! Ci addestrano a sparare usando sagome a forma di persona perché poi sono persone quelle che uccidiamo! E sono così fieri di me! Sono così bravo da saper sparare ad un centimetro dal volto del mio miglior amico e colpire un uomo dietro di lui”
“Mi hai salvato la vita, Havoc! – lo strattonò Breda – Se sono qui lo devo a te e alla tua cazzo di mira! Tu non sei un assassino! Nessuno di noi lo è!”
“Porca troia, Breda! – singhiozzò lui, senza nemmeno ascoltarlo – Possibile che il mio unico pregio, l’unica cosa per cui la gente si sia mai complimentata con me, è la mia grande capacità di uccidere le persone?!”
“Merda, Jean… - mormorò Breda, mentre l’amico gli si accasciava contro, piangendo – Da quanto te li stai tenendo dentro questi pensieri?”
“Ma… ma che cazzo… ne so…”
Breda gli accarezzò i capelli biondi, colpito da quel momento di fragilità emotiva così intenso.
Dannazione, dovevo essere con lui quando è successo. Aveva bisogno di me e non ero presente. Non doveva tenersi queste cose dentro l'anima senza sputarle fuori
“Ascolta… Jean, da bravo, ascoltami… - gli disse con voce gentile – Non è vero che uccidere è il tuo unico pregio. E’ l’ultima cosa che mi importa di te, sul serio… è l’ultima cosa che importa a tua madre, a tuo padre, a Janet. Tu non sei un assassino: non provi nessun piacere ad ammazzare persone, e lo sai”
“Non… non sarei mai dovuto entrare nell’esercito”
“Non sarei vivo se tu avessi preso una decisione simile… non ci saremmo mai incontrati ed il mio corpo sarebbe stato cibo per animali in quel bosco maledetto. Havoc… noi… noi continueremo sempre a vedere quei morti, i volti delle persone a cui abbiamo levato la vita. Ma altrettanto potrai vedere quello della tua famiglia… quello mio, per quanto non so quanto ti possa far piacere… Se fossi un assassino credi che tua madre ti accoglierebbe a braccia aperte? Eppure lei lo sa qual è il dovere di un soldato…”
“Non potrei… non potrei andare ad Ishval a massacrare donne e bambini” balbettò lui
“E non ci andremo, Havoc. Adesso capisci perché stimo così tanto il capitano Harris? Credo che lui sappia perfettamente quello che hai provato, quando hai visto quel morto. Dimmi, anche lui si è congratulato tanto con te?”
“No… - ammise Havoc – si è… limitato ad annuire. Penso di essermi… anche leggermente offeso”
“Lui sa che non c’è da vantarsi nell’uccidere le persone… e credo sia molto fiero di te perché tu non lo sei e non lo sarai mai”
“E allora perché lo facciamo?”
“Perché siamo soldati… e le nostre azioni, seppur ci lasciano un peso nell’anima, almeno salvano le altre persone. O almeno, mi illudo che sia così”
“Ad Ishval non sarà così…”
“No. Ed io spero… anzi mi auguro con tutto il cuore, che gli Alchimisti di Stato… a prescindere dalla loro potenza, provino le stesse cose che stiamo provando noi. Uno… almeno uno di loro… non chiedo molto”
“Il capitano ha parlato di loro come armi umane…”
“E allora speriamo che la parola umane sia più forte di armi”
“Cazzo… - tirò su col naso Havoc, staccandosi da lui – scusami, ma ti giuro… quello che ha detto oggi il capitano mi ha fatto risalire fuori questi pensieri…”
“Quando avrai bisogno di me io ci sarò. – dichiarò Breda, recitando il loro giuramento e tendendogli la mano dove si era procurato il taglio, quella sera di più di un anno fa – E’ così che funziona, no?”
“Sì – annuì mestamente Havoc, con un pallido sorriso – è così che funziona”
Le loro mani si strinsero di nuovo e per diverso tempo nessuno dei due mollò la presa. Avevano estremamente bisogno di quel contatto fisico.

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Laylath