Weakness.
Era stata una bella scossa quella che mi aveva dato Cassidy. Non sapevo perché, ma non mi ero mai interessato in quel senso a una
ragazza e per questo ero piuttosto perplesso. Immerso nei miei pensieri,rientrai a casa,posai le buste sul tavolo,davanti alla faccia
sbalordita di mia madre, e mi richiusi in camera. Chiamai Stan, e dopo qualche squillo, mi rispose una voce assonnata. << Cosa
vuoi,Louis? >> mi rispose quasi irritato. Io risi. << Hai fatto le ore piccole,Stan? >> chiesi ironico. << Ahaha. Simpatico. Sono andato a
dormire tardi e sono le nove e un quarto! >> - << Ma volevo sapere come era andata la serata! >> protestai io,ridendo. <<
Mmmm,bene,poi ti racconto. Ora torno a dormire! >> - << Si, beh..quando ti svegli vieni da me,devo parlarti >> - <
Lou! >> - <
sapere il perché. Ripensai a quello che mi aveva detto Cassidy; perché non le avrei chiesto di uscire se l'avessi conosciuta? Forse era già
fidanzata, pensai. In effetti tra i corridoi di scuola l'avevo vista in compagnia di alcuni ragazzi, ma erano sempre diversi. Forse erano solo
amici, e allora perché? Mentre continuavo a spremere le meningi su quell'argomento, entrò in camera mia Daisy che mi atterrò sulla
pancia, facendomi piegare in due dal dolore. << Scusa, Lou! >> rise lei. << Cosa fai, sei impazzita? >> le chiesi, togliendomela di dosso.
<< Volevo spaventarti e poi ti volevo chiedere se potevi aggiustarmi la bambola che mi ha rotto Phoebe! Guarda, le ha staccato un braccio!
>> iniziò a piagnucolare la mia sorellina. << Avanti, da qua', fammi vedere >>. Si era staccato un braccio, ma era uno di quelli rimontabili
facilmente, così l'aggiustai, meritandomi un bacio sulla guancia da Daisy, che uscì saltellando dalla mia camera. Scesi dal letto e mi chiusi
in bagno, decidendo di fare una doccia calda. Non appena finii, sentii il campanello suonare, così scesi, pensando fosse Stan.
Mi ritrovai davanti lei, Cassidy. Ci guardammo per qualche secondo in silenzio, io con una faccia sbalordita e lei con una che sembrava
dispiaciuta. << Hai dimenticato questo in cassa. >> mi disse, mostrandomi un pacchetto di caramelle che avevo comprato per le gemelle (
* ho fatto rima lol*). Me lo porse, facendomi un timido sorriso. << Grazie! >> le risposi imbarazzato. << Senti, volevo scusarmi per quello
che ho detto prima, alla cassa. Non ero in me, ero solo nervosa, e..e.. mi sono svegliata con la luna storta,ecco tutto! >> si giustificò
lei,iniziando ad arrossire. Io la guardai, sorridendole bonariamente. << Non devi scusarti, sono stato io lo sfacciato, perdonami >>. Lei mi
sorrise di nuovo, questa volta senza timidezza. << Perdonato, ma sta comunque attento, la prossima volta, a quello che mi chiedi. >> mi
ammonì,lei. << Lo farò >> le risposi, cauto. Lei annuì e mi salutò con un cenno del capo. La osservai uscire dal cancelletto di casa mia e
riprendere i suoi passi per andare di nuovo al supermercato.
Stavo per richiudere la porta, quando sentii la voce di Stan chiamarmi. Veniva dalla parte opposta alla quale era venuta Cassidy. Appena mi
vide, fece una faccia interrogativa. << Che c'è? >> gli chiesi, irritato, facendolo entrare in casa. << Quella era Cassidy Osborne? >> mi
chiese con un sopracciglio alzato, in segno di perplessità. << Si, e allora? >> - << E allora da quando te la fai con Cassidy Osborne? >> mi
chiese, ancora perplesso. << Non me la faccio né con lei, né con nessun' altra! >> gli risposi, ancora più irritato. << E perché allora era
qui? >>. Sospirai, allentando la tensione. << E' di questo che ti volevo parlare.. >> - << Sono tutt'orecchi! >> mi disse il mio amico,
sistemandosi comodamente sul divano. Lo guardai per qualche istante, poi anche io mi sedetti. << Stamattina mi sono svegliato presto a
causa della sveglia del cazzo che mi hai regalato.. >>. Stan sghignazzò. << E così ho deciso di andare al supermercato a fare la spesa. Dopo
essermi perso, sono arrivato e.. >> - << La prossima volta ti regalo un Tom Tom, allora! >> mi interruppe Stan, ridendo. Risi anch'io e poi
ripresi. << Stavo dicendo che tra i reparti mi sono imbattuto in lei e l'ho aiutata a raccogliere delle scatole che le erano cadute, senza
all'inizio ricordare chi fosse. Poi mi è venuto in mente e alla cassa ho iniziato a fare lo sfacciato con lei, chiedendole a che ora sarei potuto
passarla a prendere e cose così. Lei ha risposto a tono a tutte le mie provocazioni, fino a che mi ha detto che se davvero l'avessi conosciuta,
non le avrei chiesto di uscire. >> - << E poi? >> chiese Stan, a bocca aperta. << E poi niente, se n'è andata e io ho fatto lo stesso. Poi
adesso è venuta qui per riportarmi delle caramelle che avevo dimenticato in cassa e per scusarsi del suo comportamento, ma mi ha
avvertito di stare attento a quello che le chiederò la prossima volta... è piuttosto enigmatica come ragazza! >>. Stan scoppiò in una risata
fragorosa che durò a lungo. Io lo guardavo senza capire il motivo di tanta ilarità. << Oddio, Lou, ahahah! Ma stai scherzando, vero? Quella
ragazza è aperta come un libro, e come le sue gambe! >> - << Le sue gambe? >> chiesi stranito. << Si, Louis! Ma non te ne sei mai accorto
che sta sempre con ragazzi diversi a scuola? >> - << Si,beh.. ma pensavo fossero amici.. >> risposi con voce flebile. Lui invece ricominciò
a ridere. << Amici? Davvero lo credevi? Nono, Lou! Sono tutti quelli che la pagano per fare una scopata e via! >>. Rimasi sconvolto. <<
Una scopata e via? Ma perché? >> chiesi. << Non lo so, sono affari suoi, so solo che è brava e basta perciò è più “ richiesta” delle
cheerleaders! >> sghignazzò Stan. Mi rabbuiai. << Anche tu lo hai fatto? >> - << Cosa? >> - << Anche tu l'hai pagata per una scopata e
via? >>. Stan rimase in silenzio e da quello capii che lo aveva fatto. Mi alzai dal divano per andare in camera mia. << Ehi, Lou! Aspettami!
>> gridò Stan, rincorrendomi. << Non voglio ascoltarti! >> urlai dalla mia camera, sbattendo la porta. Sentii Stan bussare alla porta,
sussurrando un “mi dispiace”. Poi lo sentii scendere le scale e andare via da casa mia.
Perchè, perché mi ero arrabbiato così tanto con Stan? D'altra parte era colpa di quella ragazza se faceva quello che faceva, ma Stan era
caduto nella trappola, se ne era approfittato senza capire davvero quella ragazza e andando con lei, aveva anche tradito Stephanie, se il suo
amore era vero. Sospirai. Non lo sapevo, non sapevo cosa mi aveva colpito in quegli occhi, che cosa nella sua espressione del viso sorpreso
mi aveva fatto battere il cuore più velocemente, non la conoscevo eppure mi aveva fatto effetto. Decisi di doverla conoscere. Ma non come
lei si aspettava che facessi.
Il giorno dopo, un lunedì grigio, a Doncaster, mi svegliai presto e mi preparai le parole da poter dire a Cassidy. Camminavo avanti e
indietro, davanti lo specchio, inconsapevolmente nervoso, fino a quando non mi accorsi che avrei fatto tardi se non fossi uscito subito.
Arrivato a scuola, per fortuna mancavano ancora dieci minuti alla campanella, così mi misi a cercare Cassidy nei corridoi,tra gli armadietti,
tra le classi già mezze piene. Finalmente la vidi con le spalle ad un armadietto, forse il suo o quello del ragazzo che le stava davanti con una
mano sul suo fianco e che le parlava, sorridendo come un ebete. Lei faceva lo stesso, sorrideva, ma riuscii a notare che quel sorriso, dietro
la maschera del seduttore, nascondeva una profonda tristezza, rabbia e rassegnazione. Se fosse stato per lei non avrebbe fatto tutto quello
che faceva, perciò doveva essere qualcuno o qualcosa ad obbligarla. Scossi la testa. Erano tutte supposizioni, che mi sembravano tanto
ovvie, quanto improbabili. Il fatto era che quello che mi aveva attratto, nel suo viso, era una richiesta d'aiuto che sperava di trasferirmi solo
con uno sguardo. Ma perché a me? Che ne sapeva che io non ero come tutti gli altri ragazzi che la notavano solo per le curve che aveva?
Cosa l'aveva spinta a chiedere aiuto proprio a me? Domande senza risposta che mi frullavano in testa, mentre cercavo il coraggio di andare
da lei e parlarle, ma con quel ragazzi di almeno 100 kg solo di muscoli, il mio coraggio stentava a comparire. Stan mi si affiancò. << Hey,
Lou >>. Io non gli risposi e rimasi a fissare Cassidy. Per un momento lei si voltò e i nostri sguardi si incastrarono alla perfezione come una
chiave nella sua serratura. Io cercai di trasmetterle il mio bisogno di parlarle, ma non sapevo se mi aveva compreso quando mi fece
semplicemente un sorriso timido e rivolse di nuovo la sua attenzione all'imbusto (?) di fronte a lei.
Mi accorsi solo allora che Stan aveva iniziato a parlare e che chissà quante parole aveva già detto, poiché quando doveva scusarsi per
qualcosa, attaccava a parlare a raffica ed era difficile seguirlo o fermarlo. Perciò mi limitai a guardarlo negli occhi e attraverso quelli, che
sono lo specchio dell'anima, riconobbi che diceva la verità, che era davvero dispiaciuto, e per questo lo perdonai.
La campanella suonò e tutta la massa di studenti della Doncaster High School si riversò nelle classi. Io cercai di seguire con lo sguardo
Cassidy e mi accorsi, con disgusto, che il coglione di prima le aveva messo una mano sul sedere, mentre la accompagnava in classe. Ma la
cosa che più mi dava fastidio, e che mi procurava grattacapi, era il comportamento di lei: perché non impediva tutto questo? Perché si
faceva, evidentemente, usare da quei palestrati senza cervello? E cosa voleva ottenere facendo ciò?!
Prestai poca attenzione alla lezione di storia, con la professoressa che blaterava date su date e cercava di attirare l'attenzione della classe
che, ovviamente, faceva tutto tranne che seguire la lezione. Stan era alla classe di algebra e io mi chiedevo cosa, invece, stesse facendo
Cassidy, se quel cretino senza pudore stesse a lezione con lei o, se peggio ancora, nessuno dei due fosse a lezione, ma da qualche altra
parte, insieme. Scacciai dalla mia mente quei terribili pensieri, eppure un cattivo presentimento persisteva in me, come a volermi divorare
per spingermi verso qualcosa, verso di lei. Senza pensarci due volte, chiesi alla prof di andare al bagno, e lei, rassegnata, me lo concesse.
I bagni delle ragazze e dei ragazzi erano vicini e quando mi avvicinai, di soppiatto, a quello delle ragazze, sentii un singhiozzare sommesso,
come se qualcuno stesse piangendo, ma non voleva farsi scoprire. Entrai, incurante delle persone che mi avrebbero potuto vedere. Man
mano che mi avvicinavo all'ultimo bagno della fila, il pianto diventava più forte. Bussai piano e il pianto si interruppe bruscamente. << Chi
è? >> chiese una voce, spezzata. << Sono io >>. Non sapevo perché avessi detto “io” e non “ Louis”, mi era sembrata una cosa naturale da
dire, come se io e Cassidy ci fossimo conosciuti da anni e fossimo migliori amici. Lei aprì piano la porta, cercando di asciugarsi le lacrime e
sistemarsi il trucco colato alla bell'e meglio. Aveva il viso basso, forse troppo imbarazzata perché l'avevo scoperta in un momento debole.
Io la guardai intensamente e le alzai il viso per farmi guardare dritto negli occhi. I suoi, di occhi si riempirono di nuovo di lacrime e si gettò
tra le mie braccia. Io la strinsi forte a me, senza parlare, mentre lei singhiozzava e mi bagnava e sporcava la maglia. Restammo così
avvinghiati fino a quando la campanella non suonò. Poi Cassidy si staccò, prese la sua borsa e uscì dal bagno, senza dirmi una parola.