Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: shadow_sea    01/06/2013    6 recensioni
Il seguito di "Come ai vecchi tempi".
Questa volta le avventure del comandante Trinity Shepard fanno riferimento agli eventi narrati in Mass Effect 3.
Come nella storia precedente, la mia intenzione è quella di scrivere storie che traggano spunto dal gioco originale e se ne discostino allo stesso tempo, sempre attente a non stravolgere la trama o i personaggi. Le storie che troverete qui sono frutto di considerazioni ed emozioni personali, sono frutto del mio amore appassionato per questa trilogia e per Shepard ma, soprattutto, per Garrus Vakarian.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Shepard e Vakarian'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Premessa
Mi sono resa conto che sto continuando ad aggiungere capitoli a questa storia. Inizialmente erano dieci, ora ne conto quattordici. Forse sto prendendo tempo per procrastinare la fine, per prepararmi psicologicamente ad affrontare gli ultimi tre capitoli, già pronti da mesi, dedicati allo scontro finale contro i Razziatori.
Spero di non starvi annoiando.
A parte Andromedahawke, che colgo l’occasione di ringraziare con vero affetto, Johnee (che immagino attualmente in una delle sue pause e che saluto, augurandole il buon vecchio “in bocca al lupo”), e Lisey91 (che ringrazio per le recensioni che riesce a scrivere, preziose, proprio per il tempo così scarso che ha) non ho il piacere di ricevere molti commenti, ma so di avere alcuni lettori che mi seguono.
A loro, doverosamente e con enorme piacere, aggiungo kikkisan, che mi sta leggendo con un po' di ritardo rispetto a quando ho pubblicato, ma che è diventata uno dei miei recensori più affezionati e di fiducia.
Mi piacerebbe molto trovare qualche osservazione, impressione, critica o suggerimento. Se troverete il tempo di farlo ve ne sarò davvero grata.
E ora, vi auguro semplicemente una buona lettura di questo nono capitolo.


DOVERI


Amazing Piano Song



Sarebbe potuta essere una delle poche parentesi felici in quella guerra tanto disperata, invece la morte di un altro amico aveva tramutato in tragedia anche quell’ultima missione.
Rannoch era stato riconquistato e i Quarian erano finalmente tornati in possesso del loro pianeta natale. La ritrovata collaborazione con i Geth, non ancora amici, ma di certo almeno validi alleati, avrebbe anche permesso una rapida ricostruzione. In pochi decenni quel popolo errante avrebbe potuto liberarsi dalle tute e ricominciare a vivere come prima della Guerra degli Albori, contro le IA da loro stessi create.

Il piccolo ammasso di parti metalliche e di circuiti che Garrus stava ricomponendo, ripulendolo dalla terra e dai pezzi di roccia del suolo arido di Rannoch, per riportarlo a bordo della Normandy, non lo turbava più di tanto, ma di certo feriva il comandante, poco distante da lì, seduto sul terreno a parlare con Tali.
Il turian aveva chiesto ad un Geth che passava in quel momento nelle vicinanze se rivolessero indietro il corpo di Legion e quella unità aveva estratto alcune parti dall’ammasso inerte, commentando che il resto era privo di valore.
Garrus era leggermente rabbrividito, pur rendendosi conto che era una reazione logica e razionale. Forse, però, era un po’ troppo razionale... almeno per un essere vivente che aveva conosciuto un Geth particolare, quello con un inspiegabile pezzo di armatura N7, quello che aveva ascoltato pronunciare la domanda questa unità ha un’anima?

Lanciò nuovamente un’occhiata alle due donne che si erano alzate in piedi e guardavano verso l’orizzonte. Vide Tali sganciarsi la maschera che le copriva il volto e immaginò la sua gioia nel respirare per la prima volta l’aria del pianeta natale.
Ci sono momenti che si aspettano e si sognano per tutta una vita intera. Nulla di ciò che avverrà dopo riuscirà a eguagliare le sensazione provata in quell’attimo di perfezione.
Era felice di aver potuto assistere a quel miracolo insperato e nello stesso tempo era preoccupato per la reazione che avrebbe avuto Shepard, più tardi, quando fossero tornati a bordo. Si chiese se la felicità della quarian sarebbe stata sufficiente a controbilanciare il dolore nell’apporre una nuova targa sul memoriale della nave.
In pochi giorni troppi amici si erano aggiunti a quel triste elenco e Shepard faceva sempre più fatica a restare padrona di se stessa e delle sue emozioni. Era stato Mordin ad inaugurare quella triste sequenza, subito dopo Thane e ora Legion.

Mentre Garrus si alzava a sua volta, notò che le due donne si stavano avvicinando verso di lui.
- Non lo portiamo a bordo - gli comunicò il comandante, fissando lungamente la sua vecchia armatura N7 che copriva parte del petto, della spalla e del braccio destro di Legion.
- E’ qui che è nato e qui vorrebbe riposare - aggiunse lentamente la voce di Tali, dietro la solita maschera, priva della usuale patina argentina.
Chiamò un altro quarian e gli dette le opportune disposizioni, prima di raggiungere Shepard e Garrus davanti al portellone aperto della navetta da sbarco.

Appena rientrati sulla Normandy, la sirena elettronica che annunciava la perdita di un membro dell’equipaggio risuonò tristemente dagli altoparlanti su tutti i ponti e pochi minuti dopo Shepard andò nella sala macchine per consegnare a Tali la targa con il nome di Legion.
Passò sul ponte per dare ordine a Joker di dirigersi sulla Cittadella, ma per il resto della giornata il comandante non comparve più sui ponti della nave, restando rintanata nella sua cabina anche durante l’ora di pranzo, senza che nessuno trovasse il coraggio di andarla disturbare.

- Quando avete finito di mangiare, mi porteresti qualche avanzo? - fu la domanda che risuonò nella batteria primaria nel tardo pomeriggio.
- Certamente - rispose Garrus, stupito dalla strana richiesta, che fra l’altro rendeva evidente come il comandante non avrebbe presenziato alla cena commemorativa per il geth caduto.
- Cosa preferiresti? - aggiunse in tono incerto.
- Non ha alcuna importanza.

Era stata una cena strana, con i commensali che si erano scambiati sguardi incerti, domandandosi cosa fosse accaduto realmente su Rannoch, perché non riuscivano a spiegarsi l’assenza del comandante. Era la prima volta che Shepard mancava alla celebrazione dell’addio ad un membro dell’equipaggio e quel cambiamento era apparso a tutti piuttosto inquietante.
Il silenzio era stato rotto da Tali che aveva preso a raccontare le fasi salienti di quell’ultima missione e il sacrificio di Legion, poi l’atmosfera si era andata un po’ rasserenando quando si era passati a ricordare alcuni aneddoti che avevano alleggerito il clima cupo.

- Come sei riuscita a farla mangiare? - chiese Garrus alla dottoressa che era tornata in sala mensa per dargli una mano a preparare un vassoio di cibo da portare nell’alloggio del comandante, dopo la sosta davanti al memoriale.
- Facendo leva sui doveri di un condottiero - fu la risposta lapidaria - Se si lasciasse morire di fame perderemmo la guerra prima di cominciare a combattere sul serio.
- L’hai accusata di questo? - chiese il turian, senza riuscire a credere che la Chakwas si fosse espressa in quei termini.
- Credo di essere stata più… incisiva.
- Spiriti!... Cosa le hai detto?
- Che se non se la sente più di guidare questa guerra disperata dovrebbe ammetterlo apertamente, visto che tutti contano esclusivamente sul comandante Shepard. Ricorrere a simili sotterfugi per svincolarsi dai doveri che le sono stati assegnati è indegno di lei.
- Ma dottoressa!
- Ho imparato dalla migliore, Garrus - osservò lei in tono stanco - Tu non le avresti mai detto niente del genere. Nessuno, su questa dannata nave, avrebbe avuto il coraggio di muoverle un’accusa di questa portata - aggiunse con determinazione, posando sul vassoio che il turian teneva fra le mani anche una bottiglia del vino preferito dal comandante.
- Tu sì, invece...
- Ti insegno un antico detto umano, Garrus: il medico pietoso fa la piaga verminosa. E accompagnato da questa piccola briciola di buon senso, vedi di portarle il tutto prima che si raffreddi... - concluse la Chakwas ritirandosi con calma nell’infermeria.

Nel silenzio dell’ascensore il turian provò a immedesimarsi nello stato d’animo del comandante, dopo essere stato accusato di un simile crimine. Le era stato detto a chiare lettere esattamente quello che lei temeva di ascoltare, con l’aggravante di un’accusa impensabile di vigliaccheria.
Forse era un sistema efficace, ma definirlo devastante, per una persona come Shepard, era un banale eufemismo.
“No, io non avrei potuto dirti una cosa simile. I turian non sanno mentire... E se anche ci fossi riuscito, tu non mi avresti creduto” si rese conto, sentendosi irritato contro la dottoressa e nello stesso tempo grato che avesse preso in mano la situazione.

Non le augurò - Spero ti piaccia quello che ho portato - entrando nella cabina e posando il vassoio sul tavolo. Sapeva che avrebbe mangiato un pezzo di carta con lo stesso gusto.
Versò un po’ di vino e le porse il bicchiere, aspettando pazientemente che si decidesse a smettere di consultare la mappa galattica, piena di sistemi cerchiati in rosso, per evidenziare l’avanzata dei Razziatori.
- Grazie - fu l’unica parola, pronunciata in tono distaccato e distratto, che Shepard gli rivolse togliendogli il bicchiere dalle mani, mentre Garrus resisteva alla tentazione di approfittare di quel brevissimo contatto fra le loro dita.
Aspettò in silenzio fino a quando il comandante prese uno dei piatti dal vassoio e cominciò a mangiare meccanicamente, mentre scorreva con evidente ansia e nervosismo il contenuto di un paio di datapad che aveva appoggiato a fianco a lei sul letto. Si sedette anche lui sul bordo, a poca distanza, fissandole la nuca, tanto più esile e delicata rispetto a quella di una femmina della sua razza.
Con un movimento fluido e lentissimo cominciò ad accarezzarle le spalle, in un massaggio gentile, che seguiva le fibre muscolari della schiena, certo che lei non avrebbe frainteso le sue intenzioni, con i capelli che aveva appositamente lasciato legati in quel solito nodo. Eppure Shepard si irrigidì lo stesso, per un attimo, prima di tornare a dedicarsi alle letture e al cibo.
Garrus ripensò alle domande irritanti che Kaidan aveva pronunciato nel salone poche ore prima, ma non riusciva assolutamente a immaginare come potesse riuscire a infrangere quel muro che il comandante si era costruito attorno senza provocare danni peggiori.

Quando Shepard chiese - Basterà? - qualche minuto più tardi, accorgendosi che il piatto era finalmente vuoto, il turian lasciò cadere le mani dalle sue spalle accorgendosi che stava per rispondere male. Se poteva ancora accettare di essere del tutto ignorato, trovava inammissibile che il comandante gli facesse addirittura indossare le vesti del carceriere che vigila su un detenuto.
- Spiriti, comandante! Non sono qui per controllare quanto mangi! - protestò immediatamente.
- Mi dispiace... Lo so - replicò Shepard alzandosi stancamente dal letto e tornando verso la mappa galattica.
Garrus prese il piatto e lo posò sul vassoio che aveva preso in mano, prima di uscire dalla cabina con l’animo pesante.

°°°°°

La Normandy era tornata ancora una volta sulla Cittadella e Shepard aveva avuto un lungo colloquio con il Consigliere asari, al termine del quale aveva fatto ritorno sulla nave, con l’ansia di ripartire nel più breve tempo possibile.
La possibilità che su Thessia fosse custodito un manufatto probabilmente determinante nella costruzione dell’arma contro i Razziatori l'aveva riempita di speranza, nonostante la rabbia provata nel verificare, ancora una volta, quanto la sua lotta venisse continuamente ostacolata dalla mancanza di fiducia da parte di quelli che sarebbero dovuti essere i suoi alleati.

Fu necessario parecchio tempo per arrivare nei pressi del pianeta natale delle asari, ma per tutto quel lungo viaggio Shepard si limitò a fare la spola fra il suo alloggio, la sala tattica e la stanza del primo ufficiale.
Non entrò mai nella batteria primaria e Garrus non passò in cabina, sicuro che la sua presenza non potesse aiutarla affatto in quel momento e che l’umore tetro dal quale lui stesso non riusciva a liberarsi non rendesse consigliabile alcun colloquio su argomenti estranei alle prossime missioni.
Alla fine era stato il comandante a cercarlo, la sera prima dell’arrivo sul pianeta.
Gli aveva teso il fucile di precisione chiedendo - Gli dai una sistemata, Garrus? Il prossimo scontro sarà duro, ho bisogno che tutto funzioni alla perfezione.
Al cenno di assenso del turian aveva aggiunto sbrigativamente - Prepara anche il tuo equipaggiamento: tu e Liara scenderete su Thessia con me.

La mattina dopo, appena sveglio, il comandante si diresse sul ponte, per sapere quanto tempo mancasse all’atterraggio su Thessia, poi verso la stanza di Liara, come faceva sempre, da quando aveva saputo che i Razziatori avevano attaccato anche quel pianeta.
Non aveva parole di conforto da offrirle, perché non ne esistevano: sapeva perfettamente cosa stesse provando la sua amica. Le immagini di Palaven sotto assedio dovevano esserle tornate alla mente, più vivide che mai.
Si limitava a gironzolare per la stanza, a volte leggendo qualche missiva indirizzata all’Ombra, altre volte ascoltando i monologhi di Liara o le comunicazioni senza accento di Glifo.
Ogni tanto cercava di incitarla a sperare che quella missione potesse contribuire in modo determinante alla guerra, ma per la maggior parte del tempo restava semplicemente in silenzio, con uno sguardo triste che ben si accordava allo sguardo della asari.

Quando entrò nella stanza del primo ufficiale, poco prima dello sbarco su Thessia, trovò Liara indaffarata intorno al suo equipaggiamento.
- Sei pronta?
- E’ la settima volta in mezzora che la dottoressa T’soni effettua i medesimi controlli - osservò Glifo con quel solito tono privo di inflessioni.
Il comandante si avvicinò e la strinse forte fra le braccia - Ti prometto che farò tutto il possibile per aiutare il tuo pianeta. Dobbiamo prendere il catalizzatore e prepararci alla battaglia conclusiva.
- Lo so, Shepard. Sono pronta - rispose la asari asciugandosi le lacrime.

°°°°°


Alone Wolf (violin)


E invece la battaglia si risolse in una piena sconfitta. Avevano perso tutto, quasi la stessa vita di Shepard.
La speranza di poter completare l’arma contro i Razziatori si era infranta miseramente: Kai Leng aveva ridotto drasticamente le loro speranze nella vittoria e solo il gesto rapido della mano di Liara aveva impedito che il comandante si sfracellasse nel baratro che si era aperto sotto i loro piedi decretando la fine dello scontro.
Già nel viaggio sulla navetta di sbarco e poi dopo, una volta tornati a bordo, Shepard aveva provato a consolare ripetutamente la sua amica, cercando di trovare parole piene di una speranza che non provava veramente più. Poi era andata davanti al memoriale a fissare la lastra con tutti quei nomi incisi.
“Devo combattere” aveva continuato a ripetersi, sfiorando con le dita quella parete imperturbabile, mentre nella mente scorrevano sorrisi lontani e frasi antiche. Alla fine ingoiò le lacrime cercando di usare ancora una volta quei caratteri impressi sul memoriale per continuare a combattere lo sconforto che la amareggiava “Non posso arrendermi: tante morti devono trovare un senso e una giustificazione”.

Radunò l’equipaggio in sala tattica e chiese se qualcuno avesse un suggerimento, un’ispirazione qualsiasi per cercare di rintracciare la base dell’Uomo Misterioso verso la quale si era certamente diretto Kai Leng.
Le parole di IDA e della specialista Traynor le offrirono una tenue speranza e lei comunicò a tutti i presenti l’intenzione di seguire quella traccia vaga, dato che comunque non avevano niente di meglio.
Guardò i suoi compagni con una sicurezza che sapeva effimera, ma che doveva apparire ferma e sicura: aveva un equipaggio da motivare e rassicurare.
Tutto era ancora possibile, la battaglia appena persa non avrebbe segnato le sorti dello scontro finale. I Razziatori potevano ancora essere sconfitti.
Questo, per grandi linee, fu il discorso che fece ai suoi uomini e alle sue donne, con quel tono che sapeva ispirare fiducia e speranza anche quando la situazione appariva compromessa al di là di ogni ragionevole illusione.
Solo quando finì di parlare si rese conto che Garrus non era presente. Non lo aveva più visto dalla fine della missione su Thessia.

Avrebbe desiderato dare l’ordine immediato di inseguire Kai Leng, ma gli scambi di idee al videoterminale con Hackett e Anderson le avevano fatto modificare i progetti. Nonostante la rabbia che provava e il desiderio di vendetta nei confronti di quel dannato ex ufficiale N7, anche lui addestratosi nella Marina dell’Alleanza, Shepard dovette riconoscere la sensatezza dei consigli dei due ammiragli, che le avevano quasi imposto una nuova lunga sosta presso la Cittadella.
La Normandy aveva bisogno di essere riparata, in modo da tornare ad essere pienamente funzionante, e i rifornimenti cominciavano a scarseggiare: medicinali e munizioni erano agli sgoccioli ed era suo dovere equipaggiarsi al meglio prima di affrontare uno scontro nella base dell’Uomo Misterioso. Anche all’equipaggio avrebbe giovato una vacanza, dopo quel periodo così denso di combattimenti costellati da tanti lutti.
Decise di concedere e di concedersi una breve licenza, in modo che tutti potessero riposarsi e salutare amici e familiari, prima di prepararsi ad una battaglia che sarebbe stata sicuramente ardua.
Anche la costruzione del crucibolo volgeva ormai al termine e lo scontro finale contro i Razziatori non sarebbe stato rinviato ancora a lungo. Quella sosta all’hangar D24 sarebbe stata probabilmente l’ultima prima della battaglia finale contro i Razziatori.
Una volta comunicate questa decisione all’equipaggio mediante il trasmettitore collegato a tutti i ponti, si diresse verso la batteria primaria.

Varcata la porta si rese conto che la stanza era vuota. Cercò invano per tutta l’area, rivolgendo perfino lo sguardo sul soffitto, memore di quella volta in cui, quando era entrata senza trovarlo e l’aveva chiamato, si era sentita rispondere dall’alto - Com... a... nte? - da una voce ovattata, come se il turian fosse stato parzialmente imbavagliato.
- Ma dove sei? - aveva chiesto perplessa, prima di sbarrare gli occhi nel vederlo aggrappato con le gambe ad una trave del soffitto, a mo’ di pipistrello, mentre armeggiava con le dita intorno ad una delle lampade attaccate al soffitto.
- Cosa cavolo... - era stata la frase che aveva cominciato a pronunciare, mentre seguiva con gli occhi sempre sbarrati la mimica del turian che le aveva fatto il gesto di volerle lanciare qualcosa. Aveva acchiappato al volo la lunga lampadina che lui aveva smontato dal soffitto, mentre Garrus si sfilava una lampadina analoga, avvoltolata in uno straccio, dalla bocca, e la sistemava al posto di quella vecchia spiegando - Era fulminata da giorni. Non lo sopportavo più, stavo diventando matto.
- Lo vedo - aveva commentato sorridendo, mentre il turian si lasciava finalmente cadere al suolo con grazia. Poi le aveva tolto dalle mani la lampadina fulminata e l’aveva gettava nel secchio dei rifiuti, prima di passare ad aprire un mobile infilandoci dentro tutto il capo.
- E ora?
- C’è una vibrazione qui, mi ci sveglio di notte...
- Garrus?
- Sì?
- Hai sentito cosa ti ho detto poco fa dal comunicatore?
- Uhm... no. Non credo - aveva ammesso lui tirandosi fuori dal mobile e prestandole finalmente attenzione...

Sorrise al ricordo di quell’episodio sciocco, forse risalente a poche settimane prima. Ora sembravano trascorsi degli anni. Erano tutti stremati e logorati, erano stati letteralmente consunti dall’ansia e dal dolore. Avevano avuto ragione i suoi superiori a ordinarle di riposarsi. Anderson le aveva perfino fornito l’accesso al proprio appartamento, che aveva fama di essere uno dei più belli sulla stazione spaziale, in quanto a spazi disponibili e a localizzazione.
- IDA, dov’è Garrus?
- Non lo so esattamente - fu la risposta della IA - si è infilato nella botola sul pavimento alla tua destra. L’ho perso dopo qualche decina di metri. Ci sono intercapedini sui quali non ho accessi.
- Vuoi dire che non sei in grado di localizzarlo? - chiese aggrottando la fronte, stupita che ci fossero luoghi liberi dalla sua supervisione.
- Non con precisione, ma conosco il settore.
- E va bene, guidami allora - rispose alzando il coperchio della botola e cominciando a scendere la stretta scaletta a pioli di metallo.

Era la prima volta che strisciava lungo i condotti di quella nave. Quando era stata primo ufficiale, sotto il comando di Anderson, a bordo della SR1, le era capitato di finire in cunicoli analoghi, dove regnava un’oscurità interrotta solo a distanze regolari da piccole luci fioche, il rumore non veniva attutito da nessuno smorzatore di suoni e lo spazio per girarsi era veramente ridotto al minimo. Da quando era sulla SR2, invece, non si era mai presentata quella necessità. Gli ingegneri di Cerberus in quel caso non si erano discostati dai canoni di progettazione della prima nave, rifletté con un sorriso quasi nostalgico, ritrovandosi immersa in un buio colmo di rumori assordanti e con serie difficoltà di movimento.
Ad una curva stretta si trovò fra i piedi la parte superiore dell’armatura che Garrus doveva essersi sganciato: il passaggio diventava ancora più stretto e sicuramente non aveva consentito al turian di procedere oltre, senza spogliarsi almeno parzialmente.
Quando IDA la avvisò che da quel punto in poi non avrebbe più saputo guidarla, lei rimase ferma a osservare le varie possibilità, prima di chiedere alla IA cosa si trovasse nelle sue vicinanze.

Si diresse nell’alloggiamento del Thanix. Non aveva avuto dubbi che il turian si trovasse lì.
Quando arrivò in quella stanza, piena di congegni sconosciuti, necessari per far fuoriuscire il cannone primario della Normandy dal suo alloggio, si rese conto che non era prudente attardarsi lì senza avvisare. In caso di scontro contro un nemico si poteva finire risucchiati nello spazio, o schiacciati contro qualche macchinario in funzione, se ci fosse stato bisogno di ricorrere ai colpi del cannone primario.
Eppure Garrus era proprio lì, rannicchiato contro una paratia, con uno straccio unto e lercio in una mano e un accidente di strano aggeggio nell’altra. Dormiva, abbrancato a un tubo di metallo, come se fosse stato colto dalla stanchezza nel mezzo di una qualche operazione di manutenzione.
Avvisò IDA, strillando forte nel factotum, cercando di sovrastare il rumore di fondo, fatto di schiocchi e di scricchiolii amplificati. L’intera struttura gemeva, come se stesse tentando una ribellione contro forze esterne soverchianti, combattendo contro il vuoto dell’universo, contro frammenti minuscoli di meteoriti che scalfivano la paratia esterna della nave. Pochi centimetri di metallo li separavano dal nulla, un rumore assordante li separava dal resto del mondo.

Lo scosse gentilmente senza risultato e poi più energicamente, fino a quando fu certa di aver colto il luccichio di un'iride azzurra. Durò un istante, poi la luce del factotum mostrò un Garrus che tornava a rannicchiarsi sul pavimento, avvoltolandosi su se stesso come quegli animali terrestri dotati di armatura, come una sorta di pangolino.
Shepard rimase a fissare quell’insieme di placche e scaglie che brillavano alla luce della torcia del suo factotum: gambe ripiegate, appoggiate contro l’addome, braccia anch’esse piegate, con gomiti contro le ginocchia, che raccoglievano al loro interno la testa. Le dita delle mani appoggiate sopra le creste sul capo. Una specie di barriera di placche, creste ossee e punte che brillavano di freddi riflessi metallici.
Scuoterlo era stato inutile, ma urlare non sarebbe servito perché nessuna voce umana poteva vincere il frastuono di sottofondo.
Usò il factotum per effettuare le letture delle sue condizioni fisiche e corse verso l’infermeria.
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: shadow_sea