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Autore: lilyhachi    01/06/2013    6 recensioni
(STORIA IN REVISIONE)
(What if; Killian Jones/Ariel; spoiler seconda stagione)
Visto che la Sirenetta dovrebbe apparire nella terza stagione e che adoro Hook, ho provato ad immaginare cosa sarebbe potuto succedere se le strade di questi due personaggi si fossero incrociate prima (precisamente sull'Isola che non c'è) e su come la presenza di Ariel potesse "incastrarsi" con gli eventi della prima e della seconda stagione. Spero tanto che vi piaccia e vi auguro buona lettura.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ariel, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VII

Carry me home

 
Tell me would you kill to save your life?
Tell me would you kill to prove you're right?
Crash, crash...burn, let it all burn.

This hurricane's chasing us all underground”.
(Hurricane – 30 seconds to Mars )

Ce l'aveva fatta. Era tornato a casa. Casa...che strano termine.
Poteva definire quel luogo come la sua casa? No, la Jolly Roger era la sua casa.
Ariel era la sua casa. No! Scosse la testa immediatamente.
Quella ragazza gli aveva mentito sul suo nome, sulla sua natura...adesso non aveva più valore ai suoi occhi, lo aveva soltanto preso in giro e non credeva di meritarlo.
Una sirena, dannazione.
Se la regina non l'avesse smascherata come sarebbe andata? Sarebbero tornati nella Foresta Incantata e probabilmente lui avrebbe messo da parte la sua vendetta contro Tremotino.
Stava davvero per farlo?
Per una ragazza che aveva conosciuto da così poco tempo: doveva davvero aver perso la testa.
Ovunque si voltasse, sentiva ancora il suo profumo, come se lei non se ne fosse mai andata. Poteva vederla ancora girare per la nave con quel bellissimo sorriso stampato sul viso.
Si sentiva ancora più vuoto di prima.
Ricordare il loro bacio era quasi doloroso: lo aveva reso completo per un breve lasso di tempo.
Se Regina non fosse arrivata, lui sarebbe tornato da lei nella sua cabina.
Le avrebbe preso il viso con la mano sana e l'avrebbe baciata per tutta la notte.
L'avrebbe cullata, abbracciata e chissà che altro.
Il senso di vuoto aumentava a quel pensiero. Cosa sarebbe rimasto del suo cuore? Per un secondo, desiderò che Tremotino lo avesse strappato a lui e non a Milah, così avrebbe smesso di fare pensieri assurdi e surreali.
Dopo che aveva fatto gettare Ariel in mare, la ciurma si era incupita, Flynn in particolare. Lo trattavano tutti con uno strano timore e sembrava che gli stessero quasi nascondendo i loro pensieri reali. Volevano forse fargli capire che aveva fatto uno sbaglio? No, lei gli aveva mentito e nulla giustificava quel suo gesto.
Tuttavia, non si fidava molto di quella donna, Regina, e per quanto lei lo avesse invitato a fargli visita, lui non aveva molta intenzione di farlo...non gliela contava giusta.
Grimsby lo richiamò alla realtà, chiedendogli dove si sarebbero diretti.
Già, come se lui lo sapesse.

Ce l'aveva fatta. Ariel aveva attraversato il portale e si era ritrovata, ovviamente, in mare.
In lontananza riuscì a vedere la Jolly Roger che avanzava distante da lei, per fortuna. Ora che era riuscita ad arrivare in questo mondo di cui Hook le aveva tanto parlato, era sola. Non c'era nessuno a tenerle la mano e a guidarla, cercando di insegnarle a cosa stava andando incontro: era completamente e tristemente sola. Sarebbe riuscita a sopravvivere?
Fin quando fosse stata in mare, forse sarebbe riuscita a cavarsela ma era questo che voleva?
Non aveva certo attraversato il portale per vivere ancora in acqua.
Sentì un dolore all'altezza del petto e vi si portò una mano.
Il suo era un senso di vuoto straziante, provocato dall'uomo che le aveva strappato il cuore, per poi romperlo in mille pezzi.
Sarebbe potuta andare con lui ma sarebbe stata soltanto una ridicola presa in giro, perchè Killian non sarebbe mai cambiato né aveva intenzione di farlo: sarebbe stato sempre Hook, l'uomo senza cuore...o meglio, l'uomo dal cuore completamente marcio.
La percezione del tempo era diversa nel luogo in cui si trovava.
Sembrava che fossero passate settimane dalla sera precedente: la sera in cui lei e Killian si erano baciati.
La ragazza non poteva fare a meno di ricordare quell'attimo così intenso in cui le loro labbra si erano incontrate dopo tanto cercarsi. Sembravano combaciare alla perfezione. In quel momento, il suo viso andava letteralmente a fuoco e non poteva sentirsi più completa.
Il suo bacio le aveva riempito l'animo...e il cuore.
Una lacrima silenziosa le rigò il viso e la ragazza l'asciugò rapidamente.
Scosse la testa, allontanando quei pensieri più che poteva.
L'unica cosa che in quel momento riusciva a distrarla era il desiderio di un paio di gambe e di una vita nuova.
“Serve aiuto, cara?”. Una voce sconosciuta le fece alzare il viso.
Una figura era ferma sulle rocce, poco lontana da lei. Era un uomo, ma c'era qualcosa di strano in lui.
“Cosa siete?”, domandò Ariel avvicinandosi cauta.
“Cosa sono?”, ripeté lui con tono offeso. “Mia cara, che brutta espressione!”.
“Chiedo scusa”, esclamò lei con tono sommesso. “Non so esattamente cosa sto facendo” (1).
“Lo vedo”, ribatté lui, guardandola con sguardo quasi comprensivo.
“Ad ogni modo io sono Tremotino, al vostro servizio”, concluse facendo un leggero inchino.
“Non credo che voi siate in grado di aiutarmi”, esclamò Ariel abbassando lo sguardo.
Il fatto che ci fosse un modo per tornare ad essere un'umana era alquanto improbabile.
“Perchè non provate a chiedermelo?”, domandò lui chinandosi leggermente su di lei.
La ragazza alzò il capo, leggermente speranzosa. “Io non sono proprio...umana”.
Tremotino fece una risatina divertita. “Lo so, e scommetto che vogliate un paio di gambe. Gambe per saltare, per danzare, per camminare sulla...come si dice? Ah, strada!” (2).
“Come fate a saperlo?” chiese lei, meravigliata.
“Non dovete chiedervi questo!” ribatté lui, incrociando le braccia al petto. “Chiedetevi piuttosto come posso farvi diventare umana”.
Ariel lo fissò interdetta, e poi una sola parola le venne in mente: magia. Solo con la magia poteva farla diventare umana, proprio come aveva fatto Bae la prima volta che l'aveva visto.
Sorrise inconsciamente, consapevole del fatto che il suo desiderio si sarebbe realizzato, ma poi si ritrovò a pensare che nessuno dava niente per niente. Quell'uomo avrebbe certamente chiesto qualcosa in cambio, altrimenti sarebbe stato fin troppo facile.
Ariel strabuzzò gli occhi. “Cosa volete in cambio?”, chiese timorosa.
“Solo che voi facciate qualcosa per me”, rispose lui stringendosi le mani, sorridente.
“Cioè?”, continuò Ariel, sperando che non fosse nulla di impossibile.
“Nelle profondità dell'oceano, c'è un calamaro gigante, dotato di un inchiostro magico di cui ho assolutamente bisogno”, concluse la frase accompagnandola con un risolino.
Alla ragazza non sembrò un'impresa titanica. Era una sirena e doveva semplicemente nuotare.
Se quello era il prezzo da pagare per avere un paio di gambe, non poteva certamente rifiutare.
“Abbiamo un accordo?”, domandò Tremotino, facendo caso alla sua incertezza.
“Affare fatto!”, rispose la ragazza, lanciandogli uno sguardo complice.

Belle.
Lei era la chiave per la sua vendetta, finalmente.
Hook era a conoscenza del punto debole del Coccodrillo e l'avrebbe usato a suo vantaggio.
Doveva sapere come ci si sentiva quando l'amore della tua vita ti viene tolto, o peggio, viene rivoltato contro di te. L'avrebbe usata, per ucciderlo. L'unica cosa che lo lasciava dubbioso era il fatto che questa Belle si trovasse prigioniera nel castello della regina, ma eludere le guardie non sarebbe stato un problema, permettendogli di liberare la ragazza, così da portarla con sé.
Decise di agire da solo. Ormai lo era completamente, poiché la sua ciurma gli stava accanto per inerzia.
Avevano perso lo spirito di avventura che li alimentava mentre erano sull'Isola.
Sembrava che con lei se ne fosse andato quel poco di vita che c'era sulla Jolly Roger.
Entrare nel castello fu stranamente semplice. Si sarebbe introdotto nella cella della ragazza, fingendo di portarle del cibo.
Nel caso fosse stato scoperto non avrebbe perso tempo ad uccidere chiunque cercasse di sbarrargli la strada, in un modo o nell'altro. Il punto a suo sfavore fu dato dal fatto che non era orario dei pasti, quindi dovette improvvisare. Quegli stupidi soldatini gli avevano dato dello schiavo, e questo gli bastò per mettergli al tappeto.
“Schiavo? Preferisco capitano”, disse togliendo le chiavi della cella ad uno di loro.
Aprì la porta della prigione con cautela, facendo attenzione a non fare troppo rumore, e, una volta aperta, si trovò dinanzi una delle donne più belle che avesse mai visto.
“Ciao. Immagino che voi siate Belle”.
Non sembrava in un ottimo stato di salute.
Era pallida, molto magra e gli occhi erano circondati da profonde occhiaie, ma questo non gli impediva di notare quanto fosse bella. Il Coccodrillo sapeva scegliersi bene le proprie donne, doveva ammetterlo.
La ragazza, come volevasi dimostrare, pensò subito a male, ipotizzando che lui fosse stato mandato dalla regina per ucciderla.
Non era vero, ma faceva bene a non fidarsi di lui, viste le intenzioni.
Si mostrò il più gentile possibile per far sì che lo vedesse di buon occhio, ma non appena parlò di Tremotino e del pugnale per ucciderlo, la ragazza sembrava non considerarlo affatto.
Sembrava che stesse già considerando errato o ridicolo ciò che lui stava dicendo: quasi come se lei “parteggiasse” per Tremotino. L'evidenza lo colpì pesantemente, facendogli capire che quella ragazza era completamente e fastidiosamente fedele al suo nemico, ergo non gli sarebbe servita proprio a niente.
“Allora, mi dispiace ma non sono qui per salvarvi”, esclamò con tono ovvio.
Colpì violentemente la ragazza.
“Così bella, così inutile”.
Per un secondo, provò pena per lei ma poi si ricordò che era la donna dell'Oscuro, quindi perchè avere pietà di lei quando per Milah non l'aveva avuta? Era inutile e meritava di morire.
Sollevò l'uncino in aria, pronto a conficcarlo nel petto della ragazza ma non appena cercò di scagliarsi su di lei, si accorse che era sparito.
“No, non inutile”.
Eccola lì. L'ultima persona che sperava di incontrare: Regina. Era bellissima e perfetta nel suo lungo vestito blu con un vertiginoso scollo sulla schiena. Non la ricordava così bella, o forse non lo aveva notato molto l'ultima volta, vista la presenza di qualcun altro a catturare la sua attenzione.
La donna stringeva il suo uncino fra le mani e non sembrava intenzionata a ridarglielo.
“Ci avete messo un po' per venire da me, capitano”, esclamò con tono offeso.
Lui non rispose e sperò che non gli scagliasse contro chissà quale incantesimo. Cominciò a girargli attorno, come se fosse una sua preda e come se stesse per saltargli al collo, tuttavia nei suoi occhi poteva ancora leggere le malvagie intenzioni che la caratterizzavano durante il loro primo incontro. Non si fidava di lei. Era chiaro.
Gli dava l'impressione di quel tipo di persona che si serviva di tante pedine, promettendo loro il mondo e poi privandole di ogni cosa. Eppure, non gli era rimasta altra scelta. Sapeva come sarebbe finito quell'incontro: con la loro alleanza.

Ariel aveva accontentato Tremotino, procurandogli ciò di cui aveva bisogno: l'inchiostro magico.
Onestamente, non le importava a cosa gli servisse e perchè.
Voleva soltanto ciò che le spettava: un paio di gambe e non vedeva l'ora di tornare ad essere un'umana.
Quella sensazione le mancava, la faceva sentire più vicina ad Hook.
Doveva essere davvero una stupida per fare quei pensieri: quell'uomo l'aveva gettata in mare, senza nemmeno il coraggio di guardarla negli occhi e lei voleva ancora sentirlo vicino.
Aveva consegnato l'inchiostro a quello strano mago e lui, come promesso, le aveva donato le gambe, tuttavia, l'aveva avvertita che a contatto con l'acqua si sarebbe trasformata in sirena, ma a lei non importava. Qualunque cosa le sarebbe andata bene.
Ritrovare l'uso delle gambe, la fece sentire bene...calma e serena, come se potesse un attimo respirare e godersi un momento di assoluta tranquillità. Non sapeva dire con certezza assoluta quanti giorni fossero passati da allora, né sembrava interessarle.
Era diventata il fantasma di sé stessa. Andava avanti senza una ragione precisa e non per il gusto di farlo. Era sola e senza amore. Dopo essere tornata un'umana, si era addentrata nel bosco senza sapere dove stesse andando.
Quel luogo era completamente nuovo ma in qualche modo doveva pur iniziare.
Dopo un po' di tempo di cammino, si era imbattuta in un piccolo villaggio e in una ragazza: l'aveva trovata mentre cercava di rubare del cibo e senza darle addosso o altro, l'aveva semplicemente accolta e aiutata senza fare domande troppo invadenti (3). Ariel non poteva certo dirle di essere una sirena. Anche con questa ragazza stava iniziando un qualcosa costruito su una bugia, ma almeno le aveva detto il suo vero nome.
Lei si chiamava Red ed era la gentilezza fatta a persona.
Portava sempre un mantello rosso che non toglieva quasi mai, chissà per quale motivo.
A piccoli passi, Ariel aveva ripreso a vivere per quanto fosse ancora molto difficile.
Ogni giorno il suo pensiero andava ad Hook. Si chiedeva dove fosse e cosa stesse facendo, probabilmente si era recato da quella strega, così da ottenere la vendetta che tanto agognava.

Quante cose gli erano capitate da quando aveva fatto ritorno dall'Isola che non c'è?
Erano successe così tante cose che faceva quasi fatica a ricordarle. Si era trovato impigliato in una sgradevole situazione che lo vedeva coinvolto in un conflitto madre-figlia alquanto problematico.
Regina lo aveva incaricato di uccidere sua madre, Cora, poi quest'ultima lo aveva costretto a fare l'inverso, poi Cora, rendendosi conto che sua figlia le voleva ancora bene, aveva cambiato i suoi piani, decidendo di proteggerli dalla maledizione che stava per arrivare. Non aveva mai assistito ad una dinamica familiare così complessa.
Cora gli aveva accennato per sommi capi in cosa consisteva questa maledizione di sua figlia: avrebbe semplicemente trasportato tutti gli abitanti della Foresta Incantata in una nuova terra, dove nessuno avrebbe ricordato la sua vera identità, Tremotino compreso. Perchè non si era fatto colpire anche lui da quel sortilegio? Forse dimenticare chi fosse non sarebbe stato poi tanto male, almeno non sarebbe stato ossessionato dalla vendetta.
Vedeva un'enorme nube viola in lontananza, pronta ad abbattersi su di loro e non poteva dire che non fosse inquietante come scenario, visto l'accompagnamento di tuoni e fulmini.
Cora conficcò un bastone magico nel terreno, che andò a creare una barriera magica che avrebbe protetto una parte del regno: li avrebbe congelati per ventotto anni, ma a detta della strega, non se ne sarebbero nemmeno accorti.
“Questa maledizione...”, cominciò Hook, cauto. “Colpirà solo questo mondo?”.
La donna lo guardò, inclinando il capo con fare confuso e stendendo le labbra rosse in un sorriso.
“Siate più specifico, capitano”, rispose lei, incuriosita dalla sua domanda.
Hook sbuffò, non contento di dover dare spiegazioni: temeva che la donna intuisse il vero motivo della sua domanda e questo non doveva accadere.
Non poteva mostrare di avere ancora un punto debole, e non sapeva nemmeno se fosse corretto definirlo tale.
“Sappiamo che esistono altri mondi oltre questo”, rispose lui allargando le braccia. “Come il Paese delle Meraviglie, l'Isola che non c'è...saranno anche loro sotto la maledizione?”.
“Perchè volete saperlo?”, chiese con voce profonda.
“Curiosità”, rispose lui in tono vago.
“In realtà no”, esclamò la donna tornando ad osservare la nube viola che avvolgeva le terre circostanti. “Mia figlia ha deciso chi portare con sé ma in teoria sono previsti solo gli abitanti della Foresta Incantata”.
Il capitano, per un attimo, tirò un sospiro di sollievo.
Almeno Ariel sarebbe stata al sicuro da quel sortilegio.
Scosse immediatamente la testa, contrariato da ciò che aveva pensato.
 
Storybrooke, 1983.

Monotonia.
Una costante nella sua vita, ormai. Tutti i giorni erano dannatamente e fastidiosamente uguali.
La sua vita procedeva per inerzia, come se le gambe si muovessero da sole, senza che fosse il cervello a comandarle. Viveva in quella città, Storybrooke, da quando aveva memoria e non poteva certo dire di avere qualcuno su cui contare, anzi, era sola.
Era un'orfana. I suoi genitori l'avevano abbandonata, perchè probabilmente non la volevano o non erano in grado di crescerla, e adesso lei si era ritrovata, a ventidue anni, in quella cittadina sperduta del MaineEra una ragazza sola, senza nessuno al suo fianco. Lavorava nell'acquario della città. Stava principalmente all'entrata, controllando l'elenco delle prenotazioni, essenzialmente delle scuole elementari, e non parlava molto con gli altri.
In realtà, non le piaceva parlare con gli altri. Era alquanto introversa come persona. Non sapeva il motivo, era così semplicemente da quando aveva memoria.
Le persone non le piacevano, le trasmettevano un senso di ansia e di sfiducia indescrivibile, come se non si fidasse di loro a prescindere. Le bastava uno sguardo per percepirlo.
Tuttavia, questo le permetteva di essere estremamente seria e professionale, motivo per cui il proprietario l'aveva assunta. Non si lasciava mai trasportare o influenzare da altri.
Spesso le era capitato di udire qualche ragazza della sua età prenderla in giro, la etichettavano come una strana che non dava mai confidenza a nessuno.
Ogni sera, dopo il lavoro, tornava a casa e si metteva sotto la doccia: quello bastava per farla sentire al sicuro, nell'acqua fredda. Era strana la sensazione piacevole che l'acqua le trasmetteva: era come uno scudo, in grado di proteggerla da tutte le malignità e le ingiurie di quella città.
Forse, sarebbe dovuta andare dallo strizzacervelli della città, Archie. Scosse la testa immediatamente, perchè doveva sentirsi diversa quando non lo era? Lei non aveva nulla di sbagliato. Era solo un tipo fuori dalla norma, nulla di più, nulla di meno.
Eppure, quel pensiero spesso la tormentava, facendola sentire come se quella non fosse “casa”.
Forse sarebbe dovuta assomigliare di più a Ruby, la cameriera della locanda.
Quella ragazza si vestiva in modo strano e sempre di rosso: si divertiva ad attirare l'attenzione, a differenza di lei che adorava restare sempre nell'ombra.
A lei non importava dell'opinione altrui, anche perchè non avevano poi tutti i torti: era in effetti alquanto strana.
Una ragazza della sua età doveva uscire con le amiche, avere un fidanzato, essere sempre allegra, invece, lei era l'esatto contrario di tutto ciò.
Spesso, si sentiva quasi come se non avesse una voce (4).
 

Note:
  • (1) dialogo tra Regina e Tremotino, ripreso dalla 2x05;
  • (2) frase ripresa dalla versione disney de La Sirenetta;
  • (3) come avete visto, le ho fatto incontrare Red, la quale l'ha aiutata un po' come ha fatto con Snow, sempre buona e gentile lei u.u;
  • (4) non ho trovato un espediente serio per togliere la voce ad Ariel così ho pensato che nella maledizione potevo renderla un po' introversa, quindi l'esatto opposto della sua versione nel mondo delle favole.
  • (5) il titolo è tratto da una canzone del gruppo The Killers.

Un capitolo un po' piatto, purtroppo. Chiedo venia ma come avete avuto modo di leggere, ripercorre un po' gli eventi della serie tv, almeno per quanto riguarda Hook, l'unica differenza è che lui non si rivolge subito a Regina ma cerca di agire da solo, per poi cadere nelle sue grinfie. Per quanto riguarda Ariel, ho descritto il suo arrivo nella Foresta e il primo giorno a Storybrooke, in teoria quello in cui viene colpita dalla maledizione. L'ho resa chiusa, un po' scontrosa e poco incline alla conversazione, quindi come se non avesse una voce. Un po' insolita come idea, ma non sapevo come altro renderla. Più avanti avrò anche modo di descrivere il suo “non rapporto” con gli altri cittadini.
Spero che questa idea non faccia troppo vomitare ç_ç.
Ho smesso di tediarvi e spero che vi sia piaciuto. Lasciate un commento se volete, anche piccino piccino.
Un grazie a tutti coloro che seguono e recensiscono questa storia, senza di loro non andrei così avanti :)
Alla prossima C:
 
 
 
   
 
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