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Autore: Princess Kurenai    02/06/2013    8 recensioni
Era passato oltre un mese dal suo rientro a Casa Baggins - includendo i giorni passati a risolvere i vari problemi legati alla sua 'presunta morte' che aveva assolutamente dovuto fronteggiare nel minor tempo possibile -, e per quanto Bilbo avesse sentito la mancanza di quelle mura così familiari e rassicuranti, del suo letto e dei suoi libri... in quel momento sentiva una 'mancanza' ben diversa.
Perché l'idea di vivere di nuovo solo dopo aver passato quasi un anno in compagnia di tredici chiassosi ed invadenti Nani, più uno Stregone, lo rendeva nostalgico e triste... e non era da lui.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Dìs, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Titolo: The Long Way Home
Titolo del Capitolo: XVI. The Long Way Home
Fandom: The Hobbit
Personaggi: Bilbo Baggins, Thorin Oakenshield, Dìs
Genere: Introspettivo, Romantico
Rating: Verde
Avvertimenti: Slash, What if? (E se…)
Conteggio Parole: 3050
Note: 1. Ambientata alla fine del libro Lo Hobbit, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti.
2. AhahaXD SORPRESA! Pensavate che vi avrei abbandonato in quel modo, vero?XD Era già mia intenzione farvi quello scherzo, dandovi tanti finali e facendovi pensare al peggio... sì, sono una stronza. Ma è stato divertente vedere le vostre reazioni XDDD quindi, buona lettura per l’effettivo capitolo finale della fic, al quale seguirà un piccolo epilogo (mercoledì 11) :3
3. Immagine del banner: Kaciart
4. Non betata BWAH!


L’idea di scrivere un libro aveva sempre solleticato la fantasia di Bilbo - era un qualcosa che si portava dietro sin da quando era un bambino -, e dopo aver passato oltre un anno a piangersi addosso per la partenza definitiva di Thorin, aveva finalmente deciso di iniziare a raccogliere le sue memorie.
Aveva tante cose da raccontare, e ad ogni modo quello si rivelò essere un buon passatempo che lo distoglieva da volgere lo sguardo verso nord-est... verso Erebor.
Il tempo non era riuscito a lenire le sue pene, ed ogni giorno continuava a svegliarsi con l’istinto di fare i bagagli e prendere la Grande Via Est, che lo avrebbe portato alla Montagna Solitaria... ma puntualmente riponeva in un cassetto quel desiderio, cercando di pensare aulla sua vita.
Come aveva già compreso non era semplice non pensare a Thorin - al fatto che lo avrebbe potuto raggiungere - ma, giorno dopo giorno, stava riuscendo a superare quei momenti di sconforto concentrandosi sulle pagine bianche del suo libro.
Aveva iniziato a descrivere i suoi compagni di viaggio, concentrandosi su ogni aspetto della loro personalità, sulle abilità e sulle armi.
C’era il giovane Ori ad esempio, che non possedeva nessuna arma importante se non una piccola fionda. Il Nano era un animo buono e gentile, che, al contrario dei suoi compagni, non era un guerriero e come lo Hobbit era impreparato ad una simile avventura, ma erano riusciti entrambi a cavarsela fino alla fine. Inoltre, Ori aveva sempre con sé un set da scrivano sul quale aveva annotato tutto quello che era accaduto durante il viaggio per Erebor, e Bilbo - nonostante non conoscesse neanche una parola di khuzdul - pensava che possedesse una bella scrittura e che fosse anche un abile ritrattista - di fatti, custodiva ancora il disegno che gli aveva donato.
Con lui i suoi fratelli, il maggiore Dori ed il mezzano Nori. Diversi come la notte ed il giorno, ma entrambi degni di fiducia - Nori forse un po’ meno, ma non aveva mai tradito il gruppo.
Dori era forse uno dei Nani più eleganti ed educati che Bilbo avesse mai conosciuto, e sicuramente anche il più pignolo. A guardarlo non si sarebbe mai detto, ma era abbastanza forte fa poter essere definito ‘il rivale di Dwalin’.
Al contrario, Nori, preferiva utilizzare l’astuzia alla forza bruta. Era agile e scaltro, doti indispensabili per un ladro, e lui era forse uno dei migliori tra i Nani - lo Hobbit si era spesso chiesto perché non avessero assunto lui come scassinatore. Litigava spesso con Dori - la sua ‘professione’ non era di certo tra le più onorevoli a detta del maggiore -, ma era chiaro che fossero affezionati l’uno all’altro e che, soprattutto, tenessero più alla sicurezza di Ori che alla loro.
Poi c’era il buon Bofur, uno dei primi insieme a Fìli e Kìli ad avergli offerto la propria incondizionata amicizia. Neanche lui era un guerriero, era più che altro un ex-minatore diventato giocattolaio per esigenze di vita. Aveva uno strano senso dell’umorismo che utilizzava per alleggerire le situazioni più drammatiche con frasi del tipo: “ Beh, poteva andare peggio.”
Con lui viaggiano suo fratello Bombur ed suo cugino Bifur.
Bombur, a detta di Bofur, era il Nano più grosso mai nato, e proprio per il suo amore per il cibo era diventato il cuoco della compagnia. Era un essere timido e buono, forse non un grande guerriero ma non si era mai tirato indietro davanti alle battaglie. Esattamente come Bifur che, al contrario, si lanciava nella mischia come una macchina da battaglia.
Era un Nano ‘singolare’, ed ogni sua stranezza era causata dall’ascia conficcata nel suo capo. Un triste ricordo di una battaglia che Dwalin gli aveva raccontato senza mezzi termini - Bilbo aveva trovato inopportuno chiederlo ai suoi parenti.
Bifur era in grado di comunicare solo attraverso il khuzdul ed era vegetariano. Lo Hobbit non sapeva molto di lui, ma era certo che fosse anche particolarmente sensibile visto che più di una volta aveva notato come cercasse di dare il suo supporto a Bofur e a Bombur nei momenti più complicati.
Con loro avevano viaggiato anche Gloin ed Oin, un’altra coppia di fratelli. Entrambi abili combattenti e, tra tutti, Gloin era l’unico ad avere una famiglia che lo attendeva alla fine di quell’avventura - una moglie, a suo dire bellissima, ed un giovane figlio di nome Gimli.
Possedeva un’ottima parlantina ed era particolarmente interessato alle questioni di Stato, per quel motivo era diventato il tesoriere della Compagnia - inoltre era particolarmente pignolo e spilorcio, aggiunse tra sé e sé Bilbo.
Il fratello gli somigliava parecchio sotto quell’aspetto - era una caratteristica dei Nani -, ma era anche particolarmente dotato nelle arti mediche che lo avevano reso il cerusico del gruppo. Inoltre, come ricordava lo Hobbit, Oin era anche un po’ duro d’orecchio a causa della sua età avanzata e forse anche per via di qualche trauma riportato in battaglia.
Poi c’era Dwalin, il migliore amico di Thorin, uno dei guerrieri più forti della Compagnia. Serio e fiero di sé, dai modi spicci e dalla forte fedeltà verso il suo Re. Era stato il primo Nano a fare visita a Bilbo, ed era stato anche quello ed offrirgli un cappuccio per il viaggio. Era stato quel gesto a far capire allo Hobbit che sotto quell’aspetto autoritario si nascondeva un animo gentile.
Al contrario, suo fratello Balin, non aveva mai nascosto il suo buon animo. Era un grande amico di Thorin, nonché il suo consigliere. Diplomatico ed erudito, ma anche un guerriero letale e pericoloso nonostante l’età avanzata.
Per finire, insieme al capo di quella Compagnia, c’erano i suoi Fìli e Kìli.
Giovani e coraggiosi, legati tra di loro da un sentimento che andava oltre l’amore fraterno. Si erano dimostrati sin dall’inizio spensierati e curiosi, ansiosi di dimostrare il loro valore non solo in battaglia ma anche agli occhi dello zio - cosa che li aveva portati ad un passo dalla morte durante la battaglia che si era tenuta alle pendici della Montagna Solitaria.
Bilbo dovette fermarsi e posare la sua penna mentre descriveva i due Nani con i quali aveva condiviso tanto. Con una mano si nascose il volto, emettendo un sospiro tremulo e frammentato da un piccolo singhiozzo.
Voleva trattenersi e non lasciarsi andare a quel pianto, ma più pensava a loro, più li descriveva e riportava alla luce le memorie di quel lungo viaggio e di tutto quello che avevano fatto per lui... più sentiva la loro mancanza.
Tentò di affogare quel suo dolore abbandonando lo studio per andare in cucina e prendersi un bel tea caldo, salvo poi rendersi conto che il sole era quasi tramontato.
Più che tea, si disse, avrebbe dovuto mettere su il fuoco per prepararsi la cena. Mise infatti la pentola sul fuoco per riscaldare lo stufato avanzato dal pranzo.
Si sedette, osservando poi il calendario appeso sulla parete. Mancavano due settimane al suo compleanno. Avrebbe compiuto cinquantatre anni.
Gli Hobbit avevano una vita ben più lunga degli Uomini - più corta dei Nani, ma erano ugualmente abbastanza longevi - e quello lo portò a chiedersi a che cosa avrebbe fatto Thorin quando lui sarebbe morto.
Lo avrebbe mai saputo? O la sua morte sarebbe passata inosservata?
Cercò di scacciare quel pensiero scuotendo il capo, pendanso al fatto che non c’era nessuno davvero interessato a lui nella Contea - ad esclusione dei Sackville-Baggins, che volevano solamente impadronirsi di Casa Baggins e dei suoi averi -, e che a ben pensarci si sarebbe dovuto trovare un erede.
Chiuse gli occhi nel tentativo di rilassarsi e di lasciar scivolare via ogni traccia di negatività, anche se la solitudine nella quale stava vivendo non lo aiutava.
D’un tratto avvertì dei forti colpi alla porta che per poco non lo fecero saltare sulla sedia.
Rimase immobile, indeciso sul da farsi.
Aveva davvero sentito qualcuno bussare o se lo era sognato?
Si alzò ancora incerto, muovendosi lentamente verso la porta. Era troppo tardi per essere uno dei suoi vicini - che, in ogni caso, non si azzardavano neanche ad avventurarsi fin lì - e per un istante gli parve addirittura di essere tornato indietro nel tempo, a quando aveva ricevuto la visita di Dwalin e poi di tutti gli altri Nani.
Ovviamente non poteva essere il suo vecchio compagno, e con quella certezza aprì la porta ritrovandosi poi quasi senza fiato quando incrociò lo sguardo di una persona fin troppo familiare e che aveva temuto di non rivedere più.
“ T-Thorin?”, esalò il suo nome così piano da fargli pensare di non aver addirittura aperto bocca. Non osò muoversi, come per paura che un suo movimento azzardato avrebbe fatto svanire il suo inaspettato - ma altrettanto desiderato - visitatore.
“ Bilbo.”
La voce calda del Nano lo abbracciò facendogli balzare il cuore in petto.
“ Sei... vero?”, chiese stupidamente, mordendosi poi le labbra come per punirsi per aver fatto quella domanda - il leggero e fastidioso dolore nel sentire i denti affondare sulla carne gli fece comprendere di essere sveglio.
Thorin assentì senza però parlare, tant’è che Bilbo trovò solo la forza di farsi di lato, invitandolo ad entrare.
C’erano tante cose che gli avrebbe voluto dire, ma il suo corpo si muoveva a scatti, come un burattino.
Il Nano assentì passandogli accanto. Aveva sempre lo stesso portamento fiero ed il profumo forte che Bilbo aveva imparato a conoscere e ad amare.
Chiuse la porta alle sue spalle, inspirando a pieni polmoni quel profumo come se fosse la prima volta dopo tanto tempo... e senza accorgersene sentì la terra mancargli sotto i piedi ed il pavimento dolorosamente più vicino.
Si rese conto di aver persi i sensi solo quando riaprì gli occhi - quando li aveva chiusi?! - e si trovò sulla poltroncina del salotto.
Si guardò attorno. Casa Baggins era proprio come l’aveva lasciata: vuota.
E Thorin? Era un stato un crudele sogno?
Forse, si disse, si era immaginato tutto.
“ Thorin?”, domandò ugualmente, alzandosi senza però aspettarsi una vera e propria risposta che, tuttavia, giunse con dei passi provenienti dalla cucina.
“ Bilbo... mi sono permesso di prepararti una tisana.”, borbottò il Nano serio, entrando nel salottino. In una mano stringeva una tazza fumante e con l’altra, libera, costrinse lo Hobbit - ancora incredulo - a sedersi.
“ Che cosa... ci fai qui?!”, esclamò Bilbo senza trattenersi, accettando la tisana - era calda, bollente, tremendamente reale. “ P-perdonami! N-non volevo...”, si riprese subito dopo, occhieggiando il Nano che prendeva posto davanti a lui.
“ Perdona me per la visita inaspettata.”, rispose invece Thorin serio, evitando accuratamente di guardarlo in viso - era più interessato al pavimento, come se fosse nervoso e teso. “ Ma ho intrapreso questo viaggio con il solo intento di... vederti e parlarti.”, ammise dopo un attimo di esitazione, trovando la forza per guardare il volto dello Hobbit.
“ Che... cosa è successo?”, chiese Bilbo.
“ … stavo morendo.”

 

Non era la prima volta che Thorin, al suo risveglio, metteva a tacere la rabbia e la delusione nel rendersi conto di essere ‘solo’.
Sognava spesso Bilbo. Lo immaginava nella Contea o ad Erebor, talvolta anche a Gran Burrone o in un accampamento disperso nella Terra di Mezzo.
Già da tempo aveva compreso che non gli importava il luogo se con lui c’era lo Hobbit, ma quei sogni gli avevano semplicemente dato la conferma del suo unico desiderio. L’unico che non poteva essere realizzato.
Quella triste certezza lo aveva messo in uno stato di malinconia ed ira costante, costringendolo ad isolarsi da tutto e tutti.
Passava ore ed ore tra i tesori di Erebor, a fissare il vuoto e ad ascoltare nel silenzio di quella sala i battiti lenti e regolari del suo cuore... come se aspettasse di non sentirli più.
Era conscio che quel suo atteggiamento distruttivo causasse non poche preoccupazioni a Dìs, ai suoi nipoti e ai suoi amici. Una volta li aveva addirittura sentiti parlare della ‘Malattia del Drago’, lo stesso morbo che aveva reso pazzo suo nonno.
Aveva sinceramente sperato di cogliere a sua volta quella debolezza, ma non provava più alcun attaccamento per l’oro e per i gioielli. Non aveva neanche quella via di scampo dalla sua vita.
Ma, ovviamente, questo Dìs non poteva saperlo ed infatti, dopo aver passato mesi e mesi a lamentarsi e a trattenersi dal prenderlo a pugni, entrò con rabbia nella sala del tesoro con tutte le intenzioni di aggredire suo fratello.
" Ne ho abbastanza di te, Thorin!", gridò adirata, puntandogli contro il dito.
Il Nano, tuttavia, non rispose. Magari, si disse, qualche pugno ben assestato gli avrebbe fatto sentire... beh: qualunque cosa.
" Erebor non ha più un Re da quando sei tornato. Hai la testa altrove!", continuò Dìs, afferrandolo per il colletto della tunica come per scuoterlo. “ Vuoi fare la fine del Nonno?”, aggiunse con un tono vagamente preoccupato.
Già in passato avevano affrontato quel discorso, ma in quel momento la paura era più che reale.
“ Non sento più alcuna attrazione per i gioielli e l’oro...”, ammise Thorin senza però ribellarsi.
“ Allora perché vieni qui?”
“ Per la pace...”
“ Oh Thorin...”, la presa sul colletto si allentò. “ Non puoi continuare così, devi reagire...”
" Che dovrei fare?", mormorò grave Thorin. " Non posso smettere di..."
Dìs si inginocchiò ai suoi piedi, prendendogli le mani e stringendole tra le sue.
“ No che non puoi smettere...”, rispose. “ Lo so che non puoi... e per questo che devi andare da lui."
Quell’affermazione fece irrigidire il Nano, che scosse il capo mormorando un: " Non posso."
" Non pensi ad altro che a Bilbo e questo ti sta uccidendo.”, continuò con dolcezza Dìs, sembrava essersi calmata non poco dopo aver appreso il motivo dell’isolamento del fratello in quel luogo. “ Hai bisogno di lui. Hai bisogno di essere felice... non mettere sempre davanti a tutto Erebor. Anche perché in questo momento... non stai facendo niente per il tuo regno."
Ed era vero, ammise tra sé e sé Thorin. In quei lunghissimi mesi non era riuscito a fare niente per la sua gente, aveva lasciato tutto in mano a Balin e a Dwalin, che affiancavano sua sorella in ogni decisione.
" Dìs..."
" Bilbo ti accoglierà a braccia aperte nella sua dimora, e anche se non fosse - cosa altamente improbabile -, troverai un luogo dove vivere e resterai vicino a lui. È quello che desideri.", continuò la Nana.
" Mi stai chiedendo troppo..."
" Ti sto chiedendo di vivere.", ribatté Dìs con sicurezza.
" Erebor ha bisogno di un Re.", rispose a sua volta Thorin.
“ Che al momento è come se non esistesse. Ma questa deve essere la tua ultima preoccupazione, hai cresciuto Fìli e Kìli per prendere il tuo posto, ed io, Dwalin e Balin saremo sempre accanto a lui per aiutarli.", insistette l’altra.
Thorin la osservò indeciso, tentato dall'accettare quel idea della sorella. Aveva ragione, Fìli e Kìli erano destinati a diventare il futuro della Montagna Solitaria - il Re ed il suo Consorte, si erano sempre definiti in quel modo quando erano bambini e non volevano neanche prendere in considerazione l’idea di una Regina -, tuttavia...
" Non sono pronti.", mormorò, dando voce ai suoi pensieri..
" Dopo questi mesi, penso di poter continuare a gestire questo Regno fino a quando Fìli e Kìli non saranno all'altezza del loro compito.", sorrise la Nana, carezzandogli poi il volto con un'espressione più triste. " Non riesco a sopportare l'idea di perderti... tuttavia preferisco saperti lontano ma felice piuttosto che qui con me, ad un passo dalla pazzia e dalla morte."
Thorin abbassò il capo, senza riuscire ad ignorare lo strano calore che gli stava lentamente riempiendo il petto.
Poteva davvero farlo? Lasciare Erebor nelle mani di Dìs?
Si fidava di sua sorella ed era certo che avrebbe regnato in modo giusto e che lo stesso avrebbero fatto Fìli e Kìli quando sarebbe giunto il momento.
Ma Bilbo? Lui lo avrebbe accettato dopo tutto quel tempo?
Magari in quei mesi aveva trovato qualcuno e...
" Thorin..."
" Non so se lui...", mormorò scuotendo il capo, sia per scacciare quel pensiero che per rispondere alla Nana.
" Lui ha scelto di restare lì per orgoglio e per timore. Ci ho pensato a lungo e penso che sia quella l'unica spiegazione.", rispose Dìs. " E tu puoi fare la stessa scelta. In fondo: cos'hai da perdere?"
Niente, si disse Thorin. Non aveva niente da perdere.
Stava già morendo dentro e la sua situazione, una volta nella Contea, poteva solo migliorare. Quello era più che certo.
" Ci penserò...", acconsentì, venendo poi abbracciato da Dìs, chiaramente sollevata dalla sua scelta.
Ci avrebbe davvero pensato?, si chiese. No. Non ne aveva bisogno - sarebbe partito anche in quel momento! -, ma voleva sentire Balin e Dwalin, i suoi consiglieri ed amici più fidati.
Allontanò dolcemente la Nana, carezzandole il volto come per chiederle perdono per tutti quei mesi di preoccupazioni.
“ Potresti chiamare Balin e Dwalin?”, domandò. “ Incontriamoci nella Sala del Trono.”
“ D’accordo.”, assentì Dìs, mettendosi in piedi e ricomponendosi. Thorin annuì a sua volta, osservandola poi in silenzio allontanarsi e sparire dietro la porta.
Era di nuovo solo, ma al contrario delle altre volte, in quell’istante si sentiva pieno di speranza.

 

“ Balin e Dwalin erano della stessa idea di Dìs. E dopo la discussione con loro, ho preso la mia decisione. Ho annunciato che lasciavo il regno nelle mani di Dìs ed preso il primo pony per venire qui nella Contea.”, concluse il Nano. Non aveva distolto lo sguardo dagli occhi di Bilbo neanche per un attimo mentre parlava, come se quel contatto fosse in grado di dargli coraggio.
Lo Hobbit - che stringeva la tazza ormai fredda della tisana -, era rimasto senza parole e riusciva solo a sentire il suo cuore battere fortissimo - un rumore quasi assordante.
“ So di non avere alcun diritto di farti una simile richiesta...”, riprese Thorin con non poca difficoltà. “ Ma saresti disposto ad... accoglier-”, le parole gli morirono in bocca quando Bilbo, lasciando cadere per terra la tazza, lo abbracciò di slancio nascondendo il volto nell’incavo del suo collo.
“ Non osare... n-non pensare neanche di... di lasciarmi!”, singhiozzò con rabbia e felicità lo Hobbit, lasciando che il Nano lo stringesse con forza a sé, sentendo quel peso che lo aveva schiacciato fino a quel momento dissolversi.
“ Mai.”, mormorò. “ Non ti lascerò mai.”
“ Ti amo... ti amo... ti amo, maledetto idiota di un Nano!”, rise Bilbo tra le lacrime, cercando poi le labbra del suo compagno per baciarlo.
Thorin assecondò con gioia quel suo desiderio, mormorando poi un: “ Ti amo anch’io Bilbo Baggins.”, prima di reclamare ancora e ancora la bocca del suo compagno come se non potesse più farne a meno.
Avevano fatto tanta strada insieme ed anche separati, ma alla fine avevano preso lo stesso cammino: quello che li aveva portati a casa.

 

 

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