OS – 2013, Verona.
“Mio
dio, non vedo l’ora di arrivare” disse Anna,
iniziando a saltellare sul sedile dell’auto.
“Lo
so, anche io, ma non è che se me lo ripeti venti
volte riesci ad accelerare il tempo, babbea” le dissi, stanca
di sentirmi dire
quanto sia eccitata, ma morendo dalla voglia di arrivare. Forse tra le
due io
ero quella più introversa, più ostinata a lasciar
trasparire i miei sentimenti,
ma solo all’idea di poterli vedere mi sentivo morire. Le
lanciai un pacchetto
di fazzoletti – uno delle migliaia che mi ero portata via
– per infastidirla un
po’.
“Pensa
se solo avessimo i biglietti, non credo sarei
sopravvissuta al viaggio” esclamò lei, in un misto
di ironia e tristezza.
“Già..”
fui in grado di rispondere io, pensierosa. Ma
faceva male, troppo male, pensare che non avrei potuto vedere i miei
idoli, che
non avrei potuto assistere al loro primo concerto in Italia. Volevo
cantare con
loro, emozionarmi alle splendide voci che hanno, ma tutto quello che
potevamo
fare era cercare di ascoltare le canzoni al di fuori
dell’Arena, forse assieme
a molte altre ragazze.
“Oddio,
guarda! Verona, c’è il cartello con scritto
Verona! Manca poco, vero?” chiese vivace ai suoi genitori.
“Si,
Anna, tra poco raggiungeremo il centro, ma penso che
dovremmo lasciarvi scendere, perché non penso troveremo
parcheggio. Quei
quattro ragazzini stanno per mettere in subbuglio la
città.” Proferì suo padre,
con una vena di umorismo, ma probabilmente già immaginandosi
la camminata
chilometrica che lo aspettava per raggiungere l’Arena.
“Sono
cinque, papà, te l’ho già detto.
C-I-N-Q-U-E e non
sono dei ragazzini” disse convinta, mentre io sorrisi: quel
monologo l’aveva
già sentito miliardi di volte, ed ero giunta alla
conclusione che suo padre si
divertiva a chiamare così i nostri idoli, giusto per vedere
le reazioni della
figlia.
“Si,
si, cinque.. ora dammi una mano con la cartina e
dimmi che strada devo prendere” disse suo padre, passandole
il pezzo di carta
raffigurante la mappa di Verona.
Anna
scrutò con gli occhi i nomi delle vie, fino a
trovare quella giusta e dare le indicazioni al padre.
“Oddio,
guarda quanta coda! Ci sono un sacco di macchine”
disse lei, indicando fuori. C’erano tre file di macchine,
praticamente ferme, e
noi eravamo in mezzo. Mi girai dal lato sinistro, e non potei fare a
meno di
sorridere.
“Ehi,
Anna, guarda là” le indicai la macchina a fianco a
noi: nei sedili posteriori erano sedute tre ragazze, più o
meno della nostra
età; attaccato al finestrino c’era un foglio, ‘One Direction, Arena di Verona’,
nel cui angolo era stato
disegnato un cuore.
“Salutiamole,
dai!” disse Anna, così aspettammo che una
di loro ci guardasse e facemmo un cenno con la mano, che venne
ricambiato. Chissà se loro ce
l’hanno, il biglietto mi
ritrovai a chiedermi.
Dopo
qualche minuto di coda, riuscimmo a scendere
dall’auto, per dirigerci a piedi verso la rinomata Arena.
“Sai
da che parte dobbiamo andare, vero?” le chiesi,
convinta che avremmo finito col perderci, ma consapevole del fatto che
almeno
lei, un po’ di orientamento ce l’aveva.
“L’istinto
mi dice che è per di qua?” affermò
convinta,
spingendomi verso il lato destro del marciapiede “Si dai,
guarda: quella
bambina ha i poster dei ragazzi dentro lo zaino, di sicuro sta andando
all’Arena. Cristo, ma quanti anni avrà?
Sette?” mi fece notare, irritandosi
poco; già, perché magari lei il biglietto ce lo
aveva, e si portava con sé
anche madre e padre.
“Sai,
se c’è una cosa che mi da fastidio, forse
più di
non avere i biglietti, è che parteciperanno anche degli
adulti, solo perché non
si fidano a lasciare la propria figlia da sola. Non si rendono conto
che così
occupano solo del posto che potrebbe far realizzare tanti
sogni?” dissi
esprimendo quello che pensavo, per poi distrarmi a calciare un sasso.
“Promettimi
che il prossimo anno, se fanno un concerto,
riusciremo ad ascoltarli dal vivo..” disse lei, quasi
supplicandomi.
“Non
sai quanto lo vorrei, Anna..”
Non
appena arrivammo di fronte all’Arena, ci era già
possibile vedere la folla di ragazze che avevano preso posto in piedi;
mancavano
più di quattro ore all’inizio del concerto e la
piazza era già gremita.
Sembrava di essere a casa: tutte quelle ragazze, tutte noi eravamo
accomunate
da un’unica cosa: l’amore per i nostri idoli.
Quell’amore che ti spinge a
piangere di gioia, quello che ti fa sentire la persona più
triste e felice al
mondo. Ero contenta da morire perché molte delle sorelle che
avevo acquisito
diventando parte di questo fandom avevano
l’opportunità di realizzare il loro
sogno, ma al solo pensiero di averli a pochi metri di distanza ma non
poterli
vedere mi faceva morire dentro.
Al
centro della folla c’erano delle ragazze, vestite con
la stessa maglia, che intrattenevano le persone intonando canzoni o
facendo
brevi balletti; altre, giravano tra la gente con un megafono, cantando
a
squarciagola e ridendo; avrei voluto rimanere lì tra loro in
eterno.
Dopo
aver preso posto, se così si può dire, restammo
ferme per un periodo di tempo che mi sembrò infinito.
“Pst..”
la chiamai “Anna..! Chiediamo a queste qui dietro
se hanno il biglietto” le sussurrai.
“Okay..
vai”
“Veramente
quando ho detto ‘chiediamo’ intendevo che
dovevi farlo te” ammisi ridendo, e trascinando con me anche
lei. Dopo aver
ricevuto uno sguardo minaccioso da parte sua, mi convinsi.
“Scusate”
le chiamai sorridendo; “Voi avete il
biglietto?”
Una
ragazza, alta più o meno sul metro e sessanta, si
girò verso di noi, e ci donò un sorriso
amareggiato; “No, di noi sette solo lei
ce l’ha” rispose gentilmente, indicando una ragazza
mora dagli occhi marroni.
“Oh..
nemmeno noi. Ma di dove siete?” si intromise la mia
amica.
“Di
qui, di Verona” disse, appena prima che gli cadesse
l’ombrello. Si chinò a raccoglierlo, e
appoggiò sopra il manico entrambe le
mani; “Voi? Da dove venite?”
“Venezia”
“Oddio,
guarda, si sta affacciando qualcuno!” urlò Anna,
ma non feci in tempo a realizzare ciò che aveva detto che
già si erano alzate
le grida delle ragazze; guardai in alto, ma rimasi interdetta.
“E
quello chi cazzo è?” domandai ridendo, notando che
ad
affacciarsi non era stato uno dei ragazzi, ma un vecchio dai capelli
bianchi.
“Non
lo so, dev’essere uno dello staff
dell’Arena” disse
lei alzando le spalle.
La
ragazza con cui avevamo parlato prima dovette sentirci
discutere, poiché rispose che anche lei non sapeva chi fosse.
“Se
per uno sconosciuto urliamo così, non voglio
immaginare cosa succederà quando si affaccerà uno
di loro” dissi ridendo.
“Crolla
l’Arena, me lo sento”
C’erano
varie persone, ora, a guardarci dall’alto
dell’Arena; eravamo riuscite a vedere la madre di Lux, la
quale aveva tirato
fuori il telefono e ci aveva scattato qualche foto, ma dei nostri idoli
non
c’era nemmeno l’ombra. Lo spettacolo da
lassù doveva essere fantastico, sotto
tutti i punti di vista; pioveva a tratti, e le ragazze attorno a me
urlavano,
qualunque movimento sospetto ci fosse sopra le nostre teste. La cosa mi
faceva
divertire, e cominciavo a urlare anche io, ansiosa di vedere la
reazione di una
folla enorme come quella che c’era, non appena fosse spuntata
la testa di anche
uno solo dei nostri ragazzi.
“Dio
mio, ma quando escono? Giuro che sclero!” disse Anna
emozionata, costretta ad urlare un po’ per sovrastare le
altre ragazze.
Non
feci in tempo a rispondere che mi sentii morire:
Niall si era affacciato! Le grida che si alzarono non appena lo vedemmo
non
riuscirò mai a dimenticarle. Continuavamo a gridare, ad
agitare le mani, mentre
il ragazzo faceva lo stupido, incitandoci ad urlare di più,
per poi mettersi a
ridere.
“Oh
Dio, non ci credo” sussurrai, tra un urlo e
l’altro.
Non riuscivo ancora a realizzare che lui, Niall Horan, era a una
ventina di
metri da me. Ebbi giusto il tempo di capire quello che stava
succedendo, che si
affacciò Harry. Sentivo che a quel punto potevo davvero
morire.
Non
mi piaceva quando una ragazza, che si definiva
Directioner, amava solo uno del gruppo, ma odiavo il fatto che se avevi
un
membro preferito, venivi considerata una bambina. Non so se
l’amore sia
alchimia, o chimica, ma se lo è, ero tremendamente attratta
da Harry, e tutto
quello che faceva. Le sue fossette, quei pozzi verdi, il sorriso
sghembo; la
sua ostinazione a farsi vedere un duro, ma la sua umana
fragilità di fronte
all’odio delle persone; la sua troppa considerazione di
ciò che pensa la gente,
e la sua preoccupazione verso tutti. Ora, vederlo dal vivo, assieme ai
miei
idoli, era una cosa fantastica. Intorno a me tutto fremeva e emanava
amore
verso quei ragazzi, così giovani e così amati.
“Fai
un video, fai un video!” disse Anna, e tirai fuori
il telefono. Quasi non riuscivo a tenerlo, le mani che mi tremavano.
Harry
se ne andò quasi subito, lasciando posto, in
compenso, a Liam, che si affiancò a Niall. Continuammo a
urlare, seguendo le
indicazioni dei due, che ci facevano segno prima di stare zitte, e poi
di
alzare a squarciagola.
“Ma
dimmi te, esiste qualcuno di più idiota?” chiesi
retoricamente ad Anna scoppiando a ridere.
Continuammo
a urlare e a chiamarli, finché non sparirono,
e quella fu l’ultima volta in cui li vedemmo. Mi sentivo
talmente felice per
averli visti da non sentire il vuoto che si era già creato
dentro di me. Ora
non restava che aspettare che, tutte quelle che potevano, entrassero in
quel
monumento magico e ci rappresentassero nel miglior modo possibile.
Mano
a mano che passavano i minuti, c’erano sempre meno
ragazze, ma eravamo comunque in un numero molto elevato, e la cosa era
orrenda
da vedere; pensare che solo alcune riuscivano a realizzare il loro
sogno,
pensare di avere i propri idoli ad una distanza relativamente piccola
ma non
poterli vedere, sentire, ed emozionarsi con loro, era straziante.
Non
appena cominciò il video di inizio del concerto, o
così immaginammo noi, sembrò che
l’Arena tremasse, tanto potenti erano le urla delle
fan. C’erano davvero tante ragazze fuori
dall’Arena, troppe
Fu in quel momento, non so se per la tristezza o per l’amore verso i miei idoli, ma mi promisi che non mi sarei mai arresa, che prima o poi, l’anno prossimo o quello dopo ancora, li avrei visti, li avrei abbracciati, gli avrei fatto sentire l’amore di una fan che ha finalmente raggiunto il suo sogno.
EHI
CENTE!
è
da un po’ (troppo) che non mi faccio viva su questo sito, ma
vi
prego di perdonarmi çç (come se mi cagasse
qualcuno AHAH)
allora,
mi è venuta l’ispirazione per questa storia dopo
essere
stata a Verona. Premetto che non l’ho scritta per deprimere
le ragazze che non
ci sono andate, anche perché io stessa non ho partecipato al
concerto
#ticketonemerda
Mi
dite cosa ne pensate, con più di dieci parole?
So
che è un po’ depressa, ma io non mi arrendo.
-
xirresistjble